ITALIA

 

 


La Repubblica italiana, il velo, il crocifisso e la kipa

''Je est un Autre'' Arthur Rimbaud

 

A tutte le compagne e compagni musulmani d'Italia.

 

Ricordo che la laicità implica il diritto costituzionale di credere o di non credere, dunque la separazione del mondo religioso privato e particolare dove deve dominare la coscienza individuale, dal mondo politico collettivo e generale dove deve dominare l'uguaglianza politica e sociale tra tutti gli individui. In materia di laicità, esistono secondo me tre criteri di giudicio principali: la separazione del religioso e del politico, il primato della libertà di coscienza, e i necessari compromessi operati nel mondo privato quando si entra in conflitto con l'interesse generale repubblicano della collettività. La Stella Polare rimane il principio secondo il quale la libertà degli uni finisce precisamente la dove comincia quella degli altri. Di qui deriva un trattamento differenziato secondo che si tratta della vita quotidiana o secondo che si tratta della vita repubblicana. Nel testo seguente le mie preoccupazioni riguardano particolarmente l'aspetto quotidiano, cioè quello degli ''utenti''. E chiaro pero che anche al livello dell'amministrazione pubblica si debba cercare un modo di convivere rispettoso della convivenza civile e della necessaria neutralità della funzione pubblica.

 

Al contrario di quello che tante buone anime sempliciotte e/o demagoghe e arcaiche pretendono, la laicità non implica nessuna tirannia religiosa o di costume da parte della maggioranza, maggioranza cattolica o filo-semita nietzschiana che sia. Senza cultura laica, e dunque senza cultura non-esclusivista, non potrà mai emergere nessuno internazionalismo, o se preferite nessuno modo democratico di pensare globalmente il futuro del pianeta nel rispetto dei diritti umani e dei diritti dei popoli sanciti dalle costituzioni, dalle dichiarazione dei diritti umani e dalla Carta e la Dichiarazione dei Diritti dell'ONU. In questo testo il mio tema principale è la convivenza laica nella nostra Repubblica. Le mie critiche ermeneutiche costruttive sono importanti, credo pure fondamentali e totalmente scientifiche, ma idiosincratiche - dal punto di vista strettamente religioso - e dunque subordinate nel ambito specifico di questa discussione. N altre parole, da sole non possono determinare la pratica comune ancora da inventare, se non altro perché non esiste una sola interpretazione ufficiale o non-ufficiale. Il denominatore comune della convivenza laica comune deve ancora essere inventato: questo rappresenta al vera posta del presente saggio.

 

Detto questo arriviamo subito al dunque. Ieri, nella tarda serata, guardavo la TV su Rai International. A Porta a Porta c'era un programma di intento discriminatorio e poliziesco sopra la pseudo-questione del velo: si facevano discorsi e si davano ''lezioni'' spesso perentori, senza dimostrare molto comprensione dei diritti e doveri implicati dalla nostra Costituzione. Un programma a dire vero concepito in modo poco compatibile con la missione pubblica laica della Rai. Approfittando del ''zapping'', lo stesso tipo di programma, con i stessi toni e le stesse insinuazioni, si poteva vedere su altri canali, per esempio su TVOntario. Ovviamente non si tratta di uno puro azzardo. Oggi tira un aria di messa sotto processo pubblico dello straniero e del laico, mentre quelli che sono presunti difendere i principi costituzionali repubblicani taciono o tradiscono (ricorderete Luigi Berlinguer, il fratello del Enrico che preferiva la Nato in privato, a proposito del finanziamento delle scuole private...)

 

L'offensiva contro l'integrazione repubblicana dei cittadini e immigranti di origine musulmana in Italia, in Europa e nel cosiddetto mondo Occidentale, fu lanciata dai servizi di contro-informazione filo-semiti nietzschiani americani ed altri. Non a caso la ormai defunta Oriana Fallaci era un'apolide sciovinista che ci ritornava degli Stati Uniti dopo il 9/11 come un capello sul piatto di spaghetti, mentre degli Huntington parlavano di ''clash of civilizations'' ed altri pitres come Bernard Lewis pretendevano discutere ex cathedra dei ritardi endogeni del mondo islamico, tacendo nel processo la distruzione del Egitto laico di Ghamal Abdel Nasser o dell'Iraq laico di Saddam. Nel stesso modo in cui tacciano scrupolosamente la deportazione silenziosa, ma continua, dei Palestinesi dalle loro terre da parte dei dirigenti sionisti di destra attualmente al potere a Tel Aviv in un contesto nuovamente deleterio. E un contesto nel quale le logge massoniche occidentali tentano di accreditare le tesi di Nietzsche a proposito di un San Pietro di legenda stabilito come ''Grande fratello'', perché giudicato essere un ''ebreo'' fedele alla Tradizione sancita dal Sanhedrin, mentre San Paolo, colpevole di avere accentuato l'odiato aspetto ugualitario del messaggio di Cristo predicandolo ai ''gentili'', sarebbe solo un ''piccolo fratello'' assai indegno, un basso clero subalterno ma sempre sospetto ... se non un ''utile idiota''! (Si sa che per Nietzsche e i suoi seguaci, fra i quali in parte Benjamin, non esiste una storia oggettiva risultato della ''filosofia della storia'' di Vico-Herder-Hegel, o del ''materialismo storico'' di Marx, esiste solo la mutevole ''narrazione'' storica che le classe e le caste dirigenti sono capaci di accreditare agli occhi del popolo per tentare legittimare, senza ricorso alle armi, il loro dominio, con tante menzogni e tanti tradimenti ... come è sfortunatamente accaduto a noi comunisti italiani .. di recente... gia a più occasioni ...) In oltre, non vi dimenticherete i casi di manipolazione avvenuti in Francia (casi totalmente artificiali, orchestrati dall'allora Grande Maestro del Grand Oriente di Francia il pitre Alain Bauer*), in Danimarca o anche, di recente, in Germania. Ultimamente. il contesto pubblico del rilancio di questa offensiva ideologica, legata al ''ritorno'' del pensiero e delle pratiche nietzschiane, fu creato dal intervento di Jack Straw. Trovando subito una risposta con la clique nostrana del Vaticano e la Moratti nel Milano delle destre.

 

Da cittadino italiano io vi consiglio di parlare della kipa ebrea e del crocifisso cristiano in relazione alla Costituzione partigiana italiana ogni volta che qualcuno pretenderà parlarvi del velo islamico. Il vostro interesse risiede nella ferma ed intelligente difesa di una scuola e di una società laiche, dunque capaci strutturalmente di uguaglianza e di tolleranza. La generalizzazione delle scuole private spalancherebbe la porta a tutte le discriminazioni unilateralmente a favore della maggioranza e delle minoranze più potenti, aprendo così la via a l'instaurazione di una società di caste religiosamente esclusivista. La scelta della laicità 8l'unico modo per salvare la tolleranza democratica e la laicità in Europa ed in Italia facendo opportunamente ostacolo al dilagare di un nuovo imperialismo globale, gia pronte a riabilitare il vecchio colonialismo per aprire la strada allo stabilimento di un Nuovo Regime di Apartheid Globale filo-semite nietzschiano con l'uso della ''guerra preventiva''. Se avete un minimo dubbio, informatevi sopra le origini bibliche e protestanti (colonialiste e di destra) del vecchio Apartheid messo in pratica in Africa del Sud fine a poco tempo fa. Poi riflettete sul perché tutti i filo-semiti nietzschiani, compreso l'ultra-reazionario Ratzinger, vogliono capovolgere la nostra Carta fondamentale facendo constituzionalizzare la falsità storica fra l'altro molto mutilante per l'Italia, erede della civiltà greco-romana - delle le ''radici giudeo-cristiane'', dunque esclusiviste e razziste, nella futura costituzione europea, mentre la borghesia filo-semita nietzschiana che dirige le organizzazioni centrali della UE fa adottare una Direttiva per legalizzare un orario settimanale più lungo e un età pensionabile rimandata agli ultimi anni di vita, calcolo compiuto secondo la longevità media della gente. Così, per i lavoratori generalmente ridotti al precariato e poi alla ''vecchiaia attiva'' (e forse anche per Bertinotti, chi lo sa?), sarà allora possibile lavorare 48, 65 o anche 72 ore settimanali per un salario minimissimo, ma solo in modo ricorrente e non stabile, dato che la produttività del capitalismo moderno non necessita più di 20 % della forza del lavoro disponibile in Occidente! (Gli altri 80 % debbono allora per forza essere occupati, impoveriti e avviliti economicamente e culturalmente per creare le condizioni sistemiche di sottomissione ed evitare così una ennesima rivoluzione egalitaria. Non ha caso Nietzsche faceva l'elogio della Legge di Manu, le cui conseguenze sociali e culturali possono tuttora essere verificate nella sorte riservata ai Dalit in India.) La difesa dei nostri principi costituzionali di laicità e di uguaglianza sociale ed individuale, e del nostro Articolo 11 che condanna il ricorso alla forza per risolvere i conflitti internazionali, deve continuare ad unire tutte le componenti progressiste e di buona volontà del popolo italiano. Questa è diventata un'emergenza politica, un emergenza di civiltà a causa delle scellerate interpretazioni ultimamente date a questo articolo dai guerrafondai nostrali che si gargarizzano con la ''nonviolenza'' mentre non esitano a mandare i carri armati per fare il lavoro sporco di Bush Jr. o di Olmert (con un costo di quasi 2 miliardi a l'anno allorché si tagliano più di 4 miliardi agli enti locali e ai servizi sociali universali nella Finanziaria del 2007!) Nessuno dovrebbe ignorare che questo Articolo 11 pretendeva formalizzare una delle lesioni più sacre della lotta contro il nazifascismo, mettendo fuori bando i sogni dei ''maestri del mondo'' putativi assieme alla legittimazione del uso della violenza al livello internazionale, opponendo così i concetti di ''stato di diritto'' e di ''sicurezza collettiva'' sanciti dalla Carta fondamentale delle Nazioni Unite nel rispetto della sovranità dei paesi membri e non membri, alla pratica statale predicata da tutti i tenenti della Realpolitik come Bismarck, Nietzsche o ancora il loro erede nazista Carl Schmitt, oggi tanto amato dai filo-semiti nietzschiani che dominano l'Alleanza atlantica.

 

Importa sottolineare che il velo musulmano viene declinato culturalmente in quasi ogni forma possibile ed immaginabile. La questione di fondo è quello del ''pudore'' cioè, nel spirito più sviluppato del Profeta Maometto, una questione di etica personale che non può essere risolta ma solo mediata con segni esterni e rituali Tali simboli sono sempre potentemente legati alle tradizioni locali. Funzionano come prova ''figurativa'' se si può dire così dell'adesione alla fede per la massa. In quanto tale, la questione del pudore vale anche per gli uomini. Alla fine, se è vero che il velo concerna specificamente le donne, si tratta, in maggioranza, di donne non-minorili, cioè di soggetti maggiorenni, liberi di scegliere per loro stessi. Certi demagoghi e censori convenzionali contemporanei vorranno forse considerarli come soggetti alienati da vecchie ed arcaiche ''tradizioni'', ma se questo fosse verro, lo sarebbero né più né meno per tutte le donne cristiane che portano il crocifisso o accettano ancora di sposarsi in Chiesa, giurando improbabilmente fedeltà eterna e sottomissione cieca al loro sposo! Per altro, almeno a me non risulta che la kipa ebrea sia così costituzionalmente innocua come il velo musulmano: In realtà, la kipa, come la circoncisione ebrea forzata dei bimbi maschi, intende simboleggiare l'elezione divina esclusiva, e dunque discriminatoria e razzista, del popolo ebreo, ma di nessuno altro popolo, essendo tutti questi altri considerati ''gentili''. Di più, a questo esclusivismo collettivo ebreo si aggiunge una discriminazione di casta interna la tribu levita essendo considerata superiore alle altre . A questo discriminazione tribale si aggiunge ancora ovviamente una discriminazione di genere, dato che la struttura matrilineare e patriarcale fortemente chiusa della ''societa'' ebrea tale che sognata dai rabbini più ''conservatori'' mette i maschi in una posizione di dominanza assoluta sulle donne, cosa che il Profeta Maometto cerco di superare in modo ugualitario, ad esempio quando decise di permettere il divorzio per le donne in un tempo dove tale misura era davvero rivoluzionaria. Presa nel senso religioso stretto, come certi vorrebbero prendere il velo musulmano, la kipa ebrea non sarebbe solo un simbolo della superiorità maschile, ma anche il primo segno ostentatorio ed arrogante di superiorità di razza, peggiore ancora al razzismo diffuso, presente nelle altre religioni di casta fondate sulla trasmigrazione delle anime secondo il merito personale di ciascuno durante un specifico ciclo di vita. In materia di segni religiosi, se si pretende parlare, con la più minima serietà ed onesta intellettuale e morale, di liberazione e di disalienazione, si dovrebbe anteriormente realizzare l'importanza del buon senso del popolo dei fedele. I popoli in generale non confondono mai le pratiche legate alla loro tradizioni culturali (il modo di comportarsi in società legate dai genitori e della comunità ecc...) con il fanatismo religioso dei loro preti, pastori, rabbini o imam che siano, gerarchie spesso incapaci di distinguere la ''pedagogia'' moderna dalla ''direzione'' antiquata delle coscienze (vedi a questo soggetto il luminoso commento di Gramsci sopra la pedagogia positiva o negativa.) Ognuno di noi deve potere compiere il suo proprio camino sulla base delle migliori condizioni materiali ed intellettuali possibili, sapendo, come recitava la prima costituzione partorita dalla Rivoluzione francese, che la libertà degli uni finisce la dove comincia la libertà degli altri. Il mondo moderno non ha più bisogno di ''fruste'' e di babau (''pères fouettards''). E bisogna pure realizzare l'importanza cruciale dei principi costituzionali ancora vigenti nel nostro Paese ed in Europa. Principi in realtà riconosciuti di valore universale dalla Dichiarazione dei Diritti Umani dell'ONU. L'emancipazione umana e la disalienazione spirituale non possono essere partorite con i forcipi dei metodi istituzionali coercitivi e discriminanti, che aspirano a sottomettere a scherzi pesanti la libertà di coscienza degli individui. Per raggiungere tale mirabile meta, si deve necessariamente creare le condizioni materiali ed istituzionali necessarie allo sviluppo di personalità libere ed emancipate. Oltre alla stretta separazione della politica e della religione (vedi nella storia italiana la travagliata opposizione tra la politica e la repubblica da un lato e il Vaticano e Luigi Sturzo dall'altro ...), a me sembra che la via repubblicana implica un accordo laico di convivenza politica e religiosa, incluso un accordo sopra i segni religiosi. Ma ci vuole anche la pedagogia non-coercitiva e la creazione di strutture di sopporto e di integrazione repubblicana. Le leggi per raggiungere questi obbiettivi esistono gia, in particolare le leggi che tutelano la famiglia e l'infanzia. Ad esempio, se una donna (sposa o figlia) viene violentata in famiglia per causa del velo, il ricorso al giudice dovrebbe essere immediato (le pene includendo corsi di comportamento civico e lavoro comunitario appropriato). A questo punto la questione di fondo sarà trattata ed espressa in modo repubblicana. Riguarderà dunque la violenza, soggetto di accordo comune, e non il velo per se, dato che non appartiene allo Stato di immischiarsi nella vita privata della gente purché la sicurezza delle persone venisse garantita. (Malgrado le demagogia della Lega e di tanti altri, la violenza familiare non è più alta nelle comunità di origine straniera. In realtà tutti i studi da me conosciuti indicano che questo tipo di violenza è fortemente trasversale senza frontiera di genere o di classe.) In queste condizioni rispettose, l'evoluzione si farà allora secondo la scelta personale di ogni individuo. La stessa cosa va detta per il trattamento dei figli maschi minorenni in presa col il loro proprio ''futur chock'', quando non vorranno sottomettersi al diktat dell'autorità familiare esercitato con la violenza fisica. Detto questo non dobbiamo dimenticare che tale percorso democratico e laico non funziona bene senza adeguate strutture di mediazione e di accoglienza delle persone represse. Aggiungo che tutti i dati confermano che la repressione non costa meno caro alla società di quanto può costare la creazioni di tale strutture sociali di sopporto. Non vi è dubbio però che l'abuso del monopolio detto legittimo della violenza contro le comunità considerate straniere, ma spesso cittadine della secondo o terza generazione, costituisce uno dei terreni privilegiati delle destre più demagoghe ... che dovrebbero essere tutelate dalla legge in modo più rigoroso.

 

Immaginate un momento cosa succederebbe se il conduttore di Porta a Porta chiedesse alle donne italiane di non vestirsi di nero durante un periodo di lutto, o a certe nostre nonne di non più portare i vestiti tradizionali con gli appositi veli e altre superbe cuffie e parure tradizionali!!! Io non so proprio quale concessione certe persone pretendono avere dei ''diritti umani'' e del rispetto della vita privata altrui, in particolare in un paese come il nostro ancora sprovvisto di una autentica parità uomini-donne ai livelli economici e sociali. Un paese, a dire vero, molto in ritardo, anche quando viene paragonato a paesi come l'Iran, per la rappresentanza delle donne in politica o nelle materie scientifiche non dedicate tradizionalmente alla cura di altre persone! Vecchia storia della polvere e della paglia nel occhio che non riesce a mascherare il progetto reazionario sotto-giacente, più o meno cosciente secondo gli individui. Sembra chiaro che per tanti ''opinion makers'' servili della borghesia contemporanea non si tratta a fatto di diritti umani o di diritti garantiti dalla nostra costituzione, ma di una manovra di indottrinamento e di intimidazione filo-semita nietzschiana puramente anti-costituzionale. Sarebbe più importante fare opera di pedagogia repubblicana e informare tutti i cittadini italiani, di origine musulmana o meno, dei loro diritti e dei doveri costituzionali, per definizione uguali per tutti.

 

Da un punto di vista personale la mia posizione è conosciuta. Ne troverete il dettaglio nel mio ''Nietzsche as an awakened nigthmare'' disponibile nella Sessione Livres-Books del mio sito http://lacommune1871.tripod.com o negli articoli disponibili nella Sessione Fascism/Racism/Exclusivism del stesso sito. In questa Sessione troverete in particolare il prezioso link a ''La questione ebrea'' di Marx nel suo ''La santa famiglia''. In lingua italiana, nella Sessione Italia del stesso sito, troverete ''Anticorpi laici contro la reazione contemporanea.'' (24/02/2006) e ''Elogio della Ragione e della laicità dello Stato'' (14/01/2004. Trad. 24/02/2006)

 

Per quanto riguarda, il problema qui discusso, questa mia posizione può essere riassunta così. Le costituzioni europee sono laiche nello spirito e nella lettera. Stabiliscono la sovranità del popolo. Sfortunatamente, questa laicità non viene sempre rispettata. Invece, dovrebbe essere difesa da tutti i cittadini se si vuole salvare l'uguaglianza repubblicana ed evitare il ritorno insidioso della società filo-teocratica di casta che, in Europa, piace tanto ai rabbini di destra e a Ratzinger. Le minoranze come le comunità musulmane non hanno niente da guadagnare dalla degenerazione attuale del principio costituzionale della laicità. Al contrario. Questo mi sembra ovvio. Altrimenti, a termine, si potrebbe arrivare ad una situazione grottesca come quella della Francia (30 % degli alunni ebrei e degli alunni cattolici e protestanti frequentano la scuola privata dato che, storicamente e economicamente, possono permettersela). Oppure si potrebbe parlare della situazione grottesca delle scuole materne italiane abbandonate ai cattolici. La questione rimane: A cosa potrà mai servire ai musulmani italiani ed europei di frequentare scuole private se la società in generale adotta delle forzature costituzionali e delle pratiche sociali ed istituzionali ideate per ghettizzarla in silenzio? Ad esempio, con la discriminazione relativa ai segni religiosi. A me sembra che le comunità minoritarie hanno un forte interesse a difendere la laicità, sopra tutto la laicità della scuola in modo da impedire la messa in opera di una integrazione di casta fatta contro gli interessi delle comunità minoritarie o della maggioranza del popolo italiano in generale. Senza laicità repubblicana nella scuola non ci può essere nessuna integrazione vera, e sopra tutto non potrà mai emergere la necessaria mobilità sociale fondata sul merito che dovrebbe costituire uno dei punti cardine di ogni regime repubblicano degno del nome.

 

Senza ricorrere alla retorica, vorrei aggiungere un'altro argomento a destinazione dei nostri i concittadini musulmani più religiosi, forse più restii alla nozione di ''laicità''. A me sembra invece che la cultura e la civiltà islamica durante il suo apogeo contribui molto allo sviluppo delle nozioni di tolleranza, di convivenza e di uguaglianza che costituisce la base necessaria del concetto e della pratica laica moderna. Il Profeta rivendicava con forza il rispetto della sua religione ma nel stesso tempo, in modo molto logico, aveva sancito il rispetto di tutte le religioni dette del ''Libro''. Preso nel suo senso autentico, cioè un senso compatibile con la responsabilità delle coscienze umane di fronte a ''dio'' o anche di fronte al concetto di Bene, questa proposta sulle ''religioni del Libro'' deve per forza includere tutte le religioni e tutte le spiritualità autentiche, quelle che non negano né l'uguaglianza umana, né la responsabilità delle coscienze. Dopo la morte del Profeta l'Islam si apri alle influenze dell'Oriente, in particolare con la corrente sufi. In altre parole, in questa materia conta lo spirito del Profeta più che elenchi fatti da altri, come per altro testimoniano le pratiche reale dei fedeli. Perciò, non si vedrebbe perché né per quale motivo l'Islam sarebbe mai contrario ai dati oggettivi forniti dalla ''scienza'', se si vuole un Libro moderno, purché la scienza e la religione sappiano riconoscere i loro campi di competenza rispettivi. La famosa e fondamentale opposizione tra Ibn Ruschd e Al Ghazali diventa tutt'altra che frontale, trasformandosi in una dialettica dello spirito puro e della ragione pratica, se si considera la tesi della lingua araba come messo di trasmissione del messaggio. Cioè se si considera, in modo ermeneutico e scientifico, che ogni autentico progresso nel messo di trasmissione e di comprensione (o se si vuole di investigazione e esposizione umano) permette di essere più vicino della verità, cosa che non può certo avvenire con una zelante fedeltà letterale ad un solo libro che contiene nelle sue due copertine quello che ci fu messo dentro da i successori del Profeta, e non dal Profeta stesso. Nessuno, e meno di tutti gli altri il Profeta Maometto, ha mai preteso che si può affrancare l'Uomo della responsabilità della sua coscienza individuale. Al massimo, considerando i limiti dell'intrusione pubblica duranti i vari periodi storici, si può pretendere che i rituali e le tradizioni possono aiutare a mantenere le masse meno colte sulla strada etica giusta. Ma tale pretesa pedagogica da parte dei Profeti progressisti ebrei, o da parte del Cristo cristiano e anche da parte del Profeta musulmano viene subito corretta con il concetto fondamentale secondo il quale i più ''semplici'' sono anche i più vicini della luce e della verità. Ma la storia non finisce qui. Dobbiamo aggiungere per i nostri concittadini di origine musulmana il fatto che, mentre il Corano dimostra essere di essenza non-esclusivista, e dunque capace di riconoscere la validità di tutte le religioni del ''libro'', questo non è vero per le nostre religioni ufficiali giudeo-cristiane, in pratica ed in essenza ambedue molto esclusiviste (carattere portato al suo parossismo con l'attesa millenarista e con la credenza nella la distruzioni di tutti i non convertiti con il Secondo o il Primo arrivo del Messia.) Come ho cercato di dimostrare nel mio commento ai Vangeli e con la mia critica alla ''cabala'' (che cerchero di mettere sul mio sito quando avrò un può più di tempo a disposizione), il messaggio di Cristo, tale che trasmesso dai Vangeli, è risolutamente contrario ad ogni discriminazione, in particolare alle forme di discriminazione e di arroganze fondate sopra una comprensione letterale della Legge biblica e mosaica. Questo carattere ugualitario e libertario del messaggio trasmesso dal Cristo spiega l'odio di Nietzsche e il suo patetico tentativo di creare fraudolentemente una nuova narrazione giudeo-cristiana adatta al ritorno ad una società di casta. Così Nietzsche e i suoi seguaci inventano un San Pietro fedele alla Tradizione da mettere al di sopra di San Paolo e in questo modo, furtivamente, anche dal Cristo stesso. (Ho detto che Nietzsche è il primo ''pitre'' moderno l'altro grande pitre moderno essendo Hitler che dovette scegliere di bruciarsi vivo pure di non cadere nelle nostre mani ed essere giudicato- Nietzsche risulta un ''grande pitre'' dato che tutta la sua critica della compassione e ''pietà'' ugualitaria cristiana si concluse con una ''pietosa'' crisi di follia appeso al collo di un povero cavalo ferito sotto le stanghe della carretta che stava tirando.) Si nota che la Chiesa cattolica, almeno fino alla rivoluzione prodotta dalla pubblicazione della Bibbia di Gutemberg, preferiva il suo catechismo codificato del Consiglio di Nicea al testo stesso del Nuovo o del Vecchio Testamento. Come si sa, dopo questa rivoluzione, le gerarchie cattoliche lanciarono la contro-riforma, un tentativo di strumentalizzare un ''ritorno'' forzato con l'uso della guerra (vedi la ''Guerra dei contadini'' di Marx) verso una concessione reazionaria della Chiesa che non fu mai abbandonata fin qui, in particolare dall'ex-direttore dell'Inquisizione oggi chiamata Congregazione della fede-, Ratzinger, e dei suoi alleati più reazionari come la CIA e l'Opus Dei (sopra la relazioni della CIA e di Brezinski con Giovanni Paolo II, Ratzinger e il sindacato Solidarnocz, vedi ''The life and times of John Paul II'', Newsworld, ''The Passionate Eye'' Sunday April 20, 2003. Per il coinvolgimento del Opus Dei con la CIA e Pinochet, vedi ''Opus Dei'' Valparaiso Production, 2006 presentato da TV5 il 15 Giugno 2006, alle ore 20. Il coinvolgimento dei born-again americani e dei filo-semiti nietzschiani del mondo intero contro il mondo islamico dopo il largamente auto-inflitto 9-11 con la guerra preventiva è così ovvio da non richiedere nessuna altra referenza. Non per niente si usa la l'espressione perfettamente descrittiva di ''nuova crociata''). I nostri concittadini di origine musulmani debbono perciò apprezzare il concetto di laicità in Occidente, meno come un attacco alla qualità delle loro credenze spirituali e religiosi, che come l'unico messo costituzionalmente disponibile per imporre la tolleranza e la convivenza nelle nostre società occidentali ancora travagliate dal esclusivismo giudeo-cristiano. Oggi, questo esclusivismo è tornado ad essere apertamente filo-semita nietzschiano come negli anni venti e trenta, periodo che vide l'emergenza del nazifascismo e dell'imperialismo occidentale moderno. Perciò, nessuno deve confondere il suoi veri nemici e i suoi alleati potenziali nella marcia comune per un progresso generale di civiltà. La laicità rimane la condizione necessaria in Occidente per permettere la convivenza civile di tutte le fede e anche dei pensieri post-religiosi o non-religiosi che pongono il libero arbitro come fondamento della spiritualità autenticamente libera di una specie destinata all'uguaglianza e alla libertà ... all'immagine di ''dio'' se si vuole, secondo il Libro.

 

Mi sembra che questo argomento non possa essere seriamente confutato né per ragioni storiche né per ragioni di interpretazione teologiche. Personalmente penso anche che l'Islam del Profeta Maometto sia eminentemente compatibile con un socialismo libertario. Ci fu una grande incomprensione tra comunismo e Islam dopo la morte di Stalin. Una ostilità sostenuta dalle monarchie petrolifere legate organicamente ai Stati Uniti e dunque alla logica del conflitto frontale tra blocchi. Poi, in contraddizione con la Conferenza di Bandung, ci fu l'abbandono reale da parte della Urss del socialismo arabo di Ghamal Abdel Nasser confrontato all'offensiva militare israeliana verso il Canale di Suez. (Come si sa, le batterie di missili Sam che potevano rapidamente annientare il progresso dei militari israeliani furono ritirate dal fronte dai consiglieri sovietici più attenti degli equilibri bipolari nella regione che delle conseguenze politiche-culturali di una sconfitta parziale di Nasser. Il che spiega il capovolgimento delle alleanze messo in avanti da Butros Butros-Ghali e da Sadat. Senza poi parlare dell'errore commesso in Afghanistan, prima operazione militare diretta della Armata Rossa fuori dei suo blocco di influenza!) Detto questo, io ritengo che ogni ulteriore sviluppo della civiltà islamica non potrà avvenire fuori di un regime repubblicano affiancato da ''mercato comune'' e da un'Unione di tutte le repubbliche islamiche. Questo regime repubblicano islamico sarà giustamente portato a pianificare la sua economica e le sue forme di ridistribuzione, anche dal punto di vista religioso oltre alle necessita economiche oggettive. Ricordo che il Profeta riconosce la proprieta privata allo stesso modo di Thomas Paine: cioè una proprietà privata legata alla ricompensa del lavoro individuale e certo non al ricompenso dello sfruttamento degli altri uomini, considerati tutti uguali. Di fatti, dato che le circostanze possono falsare la ricompensa del lavoro personale, il Profeta rende la ''zakah'' obbligatoria, in altre parole, crea una forma avanzata per l'epoca di ridistribuzione socio-economica idonea ad una società dominata dalla sovrappiù assoluta legata ad una economia dominata dall'agricoltura e dal commercio dei beni agricoli o di lusso. Questo risulta così vero che se il Profeta non condanna le forme di ''credito'' necessarie allo sviluppo della comunità in particolare per favoreggiare la fluida operazione dei cicli di produzione e di scambio, fra i quali, al tempo del Profeta, le forme di scambio commerciali legate alla Via della Seta , condanna con la più grande fermezza l'usura, la speculazione e il profitto bancario cioè le forme di sfruttamento che negano il giusto ricompenso, negli occhi di dio, del lavoro personale. Se si aggiunge il pregio dato dal Profeta alla qualità della spiritualità idonea per delle coscienze libere e colte (''Leggi, Leggi, Leggi''), abbiamo qui dei principi eminentemente ''socialisti''. Di fatti, è sufficiente paragonare questi concetti molto progressisti del Profeta con il concetto più tardivo ma più limitato di ''prezzo amministrativo'' di San Tommaso o quello dell'etica protestante di Max Weber, tutta incatenata al anti-ugualitarismo legato all'elogio dello sfruttamento capitalista dell'Uomo dall'Uomo, confuso con un tipo di predestinazione! Di fatti, l'emergenza di un autentico socialismo libertario mi sembra dovere essere il punto di arrivo dello sviluppo congiunto e condiviso dell'uguaglianza, della libertà e della tolleranza sulle due sponde del Mediterraneo e in tutto il mondo.

 

Dal punto di vista concreto, nella vita quotidiana, cosa verrebbe implicato dalla mia posizione? Per prima sarebbe preservato il principio principale tale che risulta dalla Costituzione italiana e dal Corano: cioè il principio secondo il quale non può essere tollerata nessuna costrizione o coercizione in materia religiosa. Per il resto, sempre seguendo la Costituzione ed il Corano, bisogna salvaguardare l'integrazione più armoniosa, conciliando libertà religiosa individuale, laicità generale e uguaglianza sociale e politica. Le cose sarebbero molto più semplici se tutte le scuole fossero pubbliche e se la laicità costituzionale venisse messa rigorosamente in pratica al livello scolastico, almeno fine a 18 anni, cioè almeno fine al livello dove si tratta di essere umani minorili presi nel processo di formazione della loro personalità individuale, collettiva e repubblicana. Soggetti dunque che non possono ancora scegliere da soli per loro stessi. Al massimo, nelle scuole e fine ai 18 anni, gli alunni dovrebbero essere obbligatoriamente sottomessi a corsi di storia di tutte le religioni e miti umani e di storia della filosofia dei Lumi così importante per capire l'emergenza dei principi costituzionali vigenti, in particolare l'uguaglianza umana e la libertà di coscienza. Solo in modo facoltativo, con la richiesta firmata dai genitori, gli alunni dovrebbero avere il diritto di seguire (per esempio il giovedì pomeriggio) dei corsi religiosi in quanto tale. Naturalmente, fuori del orario settimanale scolastico, i studenti e i loro genitori sono liberi di scegliere quello che vogliono. Nel caso dove le scuole private vengano tollerate purché rispettino i principi finanziari costituzionali, il curriculum di base necessario per il passaggio degli esami, incluso la storia delle religioni, dei miti e della filosofia dei Lumi, dovrebbe essere identico per tutti i futuri cittadini in formazione, cioè per tutti gli alunni. Personalmente, visto la necessita di accelerare il processo armonioso di integrazione cittadina, sarei per l'esclusione totale di tutti i simboli religiosi nelle scuole, con l'eccezione delle sale de classe riservate ai corsi di storia delle religiosi e dei miti e i corsi specifici ma facoltativi di religione. Dobbiamo pero evitare quello che ho chiamato altrove ''le dialettiche troncate''. Dobbiamo perciò tenere conto del fatto che la mente degli alunni più giovani risulta assai vicina al pensiero sintetico analizzato da Levi-Strauss e da Piaget. Troppo rigore risulterebbe contro-produttivo e mutilante tanto per la qualità del camino formativo quanto per l'emancipazione umana di ogni individuo. Ci vuole buon senso. Dunque, niente simboli religiosi istituzionali al infuori dell'eccezione delle classe facoltative, sopra tutto quando il contesto maggioritario pretende conferire una superiorità discriminante a certi simboli sopra gli altri (cioè in chiaro nessuno crocifisso su i muri della scuola), ma in cambio una tolleranza per i segni portati individualmente. Ricordando i tre principi di giudicio iniziali e la necessita di distinguere tra utenti e funzione pubblica, risulta chiaro che nel ultimo caso dobbiamo partire della assoluta neutralità laica dei funzionari e dell'amministrazione pubblici ad ogni livello. Può questo concernere il codice del vestiario? Si e non. Al minimo, l'apparenza dell'assoluta neutralità della funzione pubblica verso tutti gli utenti senza distinzione deve essere mantenuta in permanenza. Se la comunità musulmana riesce rapidamente a mettersi d'accordo sopra un velo tipicamente italiano e sopra il modo di portarlo secondo che si sia nella strada o in un ufficio pubblico in qualità di impiegato, allora il problema sparirà di se. E sparirà in un modo più elegante e libertario che l'imposizione generale di un uniforme o di altre misure vessatorie. Di nuovo, i compromessi in queste materie debbono per forza venire dal livello particolare e non dal livello repubblicano collettivo. Mi sembra che nella realtà dei fatti, i casi problematici reali siano abbastanza limitati. Non possono dare luogo a provocazioni o a tentativi di acculturazioni ma essere trattati con la mediazione e con le leggi democraticamente concertate nel rispetto dei diritti garantiti dalla Costituzione. Di più, dovrebbe essere chiaro che una volta eliminato il ritardo nel processo di integrazione scolastico e socio-economico, queste questioni poste al livello degli funzionari pubblici diventeranno evanescenti.

 

Ci sarà forse un problema con questa posizione relativa al rigorismo laico istituzionale e alla tolleranza al livello personale? A me sembra di non purché vengano implementate con rigore e equità repubblicana le disposizioni relative al proselitismo, ai diritti in materia familiare e sopra tutto ai diritti dell'infanzia. Mi spiego. Nel cotesto di una scuola pubblica e laica dominante in una societa repubblicana nella quale si offrono dei corsi obbligatori di storia di tutte le religioni, di mitologia e di storia della filosofia dei Lumi, le parure individuali sotto forma di segni tradizionali e/o religiosi non potranno in nessuno modo contribuire a diminuire la tolleranza e l'integrazione nella società di accoglienza. Al contrario contribuiranno a eliminare il sciovinismo patriottardo e clericale il più fanatico e il più esclusivista, vero nemico della tolleranza e dell'integrazione.

 

Rimane la questione del proselitismo e del settarismo religioso espresso a traverso la scelta di certe forme particolare di segni religiosi o di parure ideologicamente militanti. Per parlare chiaro si ha qui in mente veli integrali come il burqa, il tchador ecc., o, anche se pesa dirlo nella stessa frase, simboli nazifascisti. Nessuno vuole ritornare all'uniforme scolastico di obbligo. E nessuno vuole imporre a alunni ancora minorili il rigore integrale della Costituzione in materia di sette religiose o di sette ideologiche per altro condannate con l'emergenza stessa della nostra Costituzione in uno contesto scolastico nel quale la formazione del pensiero critico e della culture viene considerato il migliore metodo per la formazione del libero arbitro e della coscienza civile di tutti i cittadini. Dato che politicamente no siamo in grado di rispondere con una posizione costituzionalmente valida per tutti, dato che certi segni sono meno visibili ed altri debbono per forza essere portati esteriormente, non possiamo negare che esiste qui un reale ''problema''. Ma a me risulta essere un problema dipendente più che specifico. Mi spiego. Il fallimento dell'integrazione delle comunità musulmane nelle societa europee, astrazione fatta dell'assimilazione silenziosa e/o dei compromessi unilateralmente operati dai cittadini di origine musulmana fin qui, costituisce il vero problema di fondo. Il problema principale che si deve ancora risolvere. In Italia ed in Europa non esiste una comunità musulmana nazionale, ma una comunità di musulmani di varie provenienze nazionali e religiose. Fin qui, queste hanno sopravvissuto nell'ombra, grazie al contributo dei membri e soprattutto dei paesi e delle comunità di origine fuori dell'Europa. Mentre le comunità ebree, cattoliche e cristiane godono di una confortevole situazione economica, istituzionale ecc. ereditata dalla storia, le comunità di origine musulmane venivano messe e mantenute da parte. Furono così obbligate di appoggiarsi sopra aiuti esterni, importando naturalmente così delle tendenze congiunturali emerse in altri contesti. Fine a poco fa, non esisteva nemmeno una istanza di coordinamento nazionale di tutte le componenti musulmane in Italia, responsabile per negoziare con il governo, nel quadro della Costituzione, le regole di convivenza fra l'altro prescritte dal Corano e dal Profeta! Immaginiamo, per esempio, l'esistenza di una tale istanza di coordinamento musulmana in Italia capace di riunire per legge tutte le componenti della comunità per negoziare i punti che riguardano tutti, ad esempio la forma specifica del velo musulmano italiano e la maniera italiana di portarlo. A questo punto, il pseudo-problema religioso scomparirebbe per gli elementi più religiosi della comunità musulmana, e nello stesso tempo scomparirebbero tutti i problemi legati al proselitismo che potrebbero essere creati dai segni religiosi per definizione esterni. Mi sembrerebbe allora giusto che questa istanza di coordinamento musulmana negoziasse con il governo e con le altre istanze religiose non-musulmane, simili parametri condivisibili per tutti gli altri segni religiosi portati esternamente, dunque in modo visibile. Per esempio, la taglia massima dei crocifissi portati esteriormente dagli alunni (si vedono oggi cose proprio oscene e forse anche potenzialmente pericolose a questo soggetto in materia di crocifissi ecc ... gli oggetti e le armi contundenti essendo considerati illegali negli recinti delle nostre scuole.) A me sembra che una repubblica cosciente dell'importanza di una integrazione repubblicana armoniosa, dunque iniziata nel recinto delle scuole, dovrebbe sostenere la formazione di tali istanze religiose di coordinamento con le quali negoziare; e nel frattempo legiferare al più presto in materia di insegnamento obbligatorio della storia delle religioni, della mitologia e della filosofia dei Lumi, e in materia di segni religiosi esterni nello spirito della tolleranza e dell'equità accennato qui sopra. Se poi il governo nazionale, o livelli istituzionali subalterni (eg Milano), pretendono, anti-costituzionalmente, legiferare o agire in modo unilaterale e discriminatorio sopra il velo, allora dovranno essere consapevoli che verrano opposti non solo dalle comunità musulmane ed altre (per esempio, i Sik) ma ancora di più da tutti i laici, atei, agnostici o credenti, rimasti fedeli allo spirito e alla lettera della nostra Costituzione. Nella assenza di una tale equa e laica legislazione, non si potrà pretendere discriminare e intimidire i nostri concittadini di origine musulmana senza parlare della kipa e del crocifisso o delle pratiche matrimoniali e di lutto dei cristiani, in particolare dei cattolici. In ogni caso, lo Stato laico ha l'obbligo prioritario di facilitare tutte le organizzazioni laiche necessarie ad una buona integrazione, dato che il lato religioso non può essere che un semplice, anche se vitale, elemento del problema generale. Ricordo ad esempio che prima del sciagurato intervento di Alain Bauer e dei filo-semiti nietzschiani in Francia sulla questione del velo, più di 80 % della popolazione di origine musulmana si diceva laica e non risultava più esteriormente praticante della popolazione francese globale. Non possiedo i numeri corrispondenti per l'Italia, ma sono convinto che sono simili, ansi superiori in certe nostre regioni considerate poco fa ''da sinistra'', dove la qualità della tolleranza e dell'accoglio era superiore.

 

Ovviamente la negoziazione di regole di convivenza civile comuni, rispettose dei diritti fondamentali di tutti, non può essere che un primo passo. Conviene ancora creare in Italia ed in Europa dei diparti universitari di storia delle religioni e della mitologia di altissimo livello per affiancare le scuole di teologia necessarie (in queste istanza di teologia musulmana), in modo di costituire rapidamente una teologia ed un pensiero laico musulmano tipicamente italiano ed europeo di grandissima qualità, capace di parlare su un piede di uguaglianza e di colto rispetto con tutte le grande scuole e le grandi tradizioni del mondo musulmano plurale attuale. Ad esempio, a me sembra che dal punto di vista storico tutte le religioni furono portate a confondere tradizioni locali, necessarie al mantenimento del potere politico, con precetti religiosi fondamentali. Questo è il caso per le comunità ebree, cattoliche e protestanti in Europa ed altrove. Ovviamente risulta anche vero per le comunità musulmane. La teologia o la psicoanalisi marxista (vedi il mio Pour Marx, contre le nihilisme) possono discutere sopra la relazione specifica dei principi religiosi fondamentali con la scienza e con l'emancipazione umana. Ma in questo campo, e ancora di più nel campo del rispetto delle tradizioni localmente innestate sopra questi principi fondamentali, no si può sostituire niente alla persuasione critica fondata sopra la storia e sopra regole di interpretazione riconosciute, se non la tolleranza e al rispetto legale il più equo possibile dei principi costituzionali comuni. Nel caso dei principi fondamentali del Corano, anche se va detto che io non sono un teologo, mi risulta che il velo non fa parte dei precetti fondamentali imposti a tutti i musulmani. E ancora meno imposto in modo uniforme. La posizione delle autorità religiose in materia risulta dal fatto che il velo viene menzionato dentro le ''due copertine'' del Libro, il che costituisce un dei criteri principali di interpretazione del Corano. La realtà storica innegabile risulta più mitigata. In realtà, il velo non ha la sua origine con una rivelazione divina fatta al Profeta ma con una tardiva pressione operata sul Profeta da vari cortigiani, forse gelosi del potere della sposa del Profeta, e certamente nutriti dall'eredità romana, tipicamente discriminatoria in materia sociale e politica contro le donne, mentre il rapido dilagare dell'Islam nel mondo mediterraneo all'origine è dovuto al contributo ugualitario e pro-femminista (almeno per l'epoca) del messaggio del Profeta, in parallelo con il suo messaggio spirituale progressista perché categoricamente non-esclusivista. (Dichiarandosi l'ultimo profeta, Maometto cercava in effetti di mettere fine alle divagazioni esclusiviste e millenarista più pericolose come quelle relative alla prima o seconda venuta di un Messia associato in modo poco ragionevole e certamente poco ''cristiano'' all'elezione divina di un solo popolo o alla salvezza di pochi eletti.) Rimane pero inevitabile che tutte le religioni di massa che non sono capaci di operare un salto di qualità nella comprensione della loro specifica spiritualità come aspetto culturale specifico di una spiritualità universale, tendono a diventare più rigorose in materie di tradizioni locali. Queste tendenze si verificano ancora di più quando la separazione tra mondo laico e politico e mondo religioso non risulta totalmente chiara, o quando una nazione o una intera comunità di nazioni viene sottoposta ad attacchi culturali, economici e politici frontali, costringendo le sue forze vive a trovare una forza di mobilitazione di massa difensiva nelle tradizioni, invece di godere del lusso offerto dalla pace e la coesistenza internazionale per sviluppare ad aggio gli elementi più avanzati della loro propria spiritualità specifica come contributo fraterno alla spiritualità comune che ovviamente include la ''spiritualità'' degli atei e degli cosiddetti ''increduli'', cioè per gli aderenti al primato della scienza e della libera coscienza sopra ogni altro metodo, come viene spiegato nella mia teoria della psicoanalisi marxista esposta nel mio Pour Marx, contre le nihilisme. Qui meno che in altri posti, i veri teologhi di qualità non vorranno fare inutile casistica sopra la parola ''incredule'' (o l'equivalente utilizzato in lingua araba nelle copertine del Corano) visto che il problema di base non è solo rilevante per la religione ma lo è, e come, per la psicoanalisi marxista. Lo diceva il Profeta stesso parlando di djinn, bargutti ed Arcangeli: in altre parole, in assenza del metodo scientifico, quando uno no può fare la differenza con il metodo logico capace di equiparare il Bene con il Buone, allora i pochissimi principi centrali della fede rimangono l'unico messo per non abbandonare il proprio libero arbitro in mani o influenze improprie e per salvaguardare la ''giustizia'' sociale. In questo contesto, il significato della parabola di Abramo e del sacrificio non-compiuto del suo figlio non scapo al Profeta. Come no gli scapo il dilemma di quello che non sa chi sente realmente. Non ha caso esiste nella problematica del uso della lingua araba nel Corano (comunicazione ''divina'' in se stessa o mezzo umano di comunicazione e di ''traduzione'' capace di interpretazioni più affinate quando vengono eliminate le interferenze storicamente determinate) la stessa problematica sopra l'importanza relativa della lettera e dello spirito che si ritrova altrove, anche nel pensiero storico e costituzionale moderno. In altre parole, il Corano come la nostra Costituzione è abitato da un'ispirazione libertaria (per definizione niente coercizione in materie che riguardano le coscienze) e ugualitaria. Perciò, il Corano si è sempre dimostrato storicamente capace di adattarsi ai vari costumi e alle varie circostanze locali purché la libertà di coscienza sia rispettata, anche in parte al livello delle apparenze esterne. Penso che si può fare lo stesso argomento storico-logico in materia di tabù alimentari, in particolare della carne di maiale e del vino. Nel caso della carne di maiale si trattava del pericolo grave rappresentato, nel clima sud-mediterraneo, dal verme solitario ed altri parassiti. Nel caso del vino, come fra l'altro, nel caso del gioco di azzardo o delle immagine, si trattava della condanna, di ispirazione ellenistica classica e generalmente mediterranea, di ogni eccessi associati a forme artificiali di hubris, di alienazione e di feticismo, sempre mutilanti per le libere coscienze necessarie ai veri fedeli. Questi elementi ed altri elementi simili possono fare l'oggetto di discussioni e di ricerche colte (o, sfortunatamente, nel contesto attuale, meno colte, se non addirittura demagoghe.) Rimane che la Costituzione e la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani sancita dall'ONU impone il rispetto della vita privata e dell'intimità degli individui. Di conseguenza, nessuno ha il diritto di pretendere intromettersi nella vita privata della gente e di scambiare i suoi costumi con diktat politici e massonici, con la scusa spuria se non malintenzionata di tutelare un processo di ''integrazione'' trasformato in processo di acculturazione e dunque in un quasi-crimine contro l'umanità.

 

Il tema della carne halal come fra l'altro quello del velo permette di esaminare, e forse di risolvere, i problemi legati alla discriminazione religiosa e urbana sofferta fin qui dalle comunità musulmane in Italia e in Europa. La popolazione musulmana cresce e le strutture laiche e religiose di questa comunità non si sviluppano allo stesso ritmo. Naturalmente, la repubblica laica non dovrebbe finanziare le religioni, ma dispone di una responsabilità per il mantenimento delle strutture fisiche di importanza storica o architetturali. Il Italia esiste il cosiddetto 8 per 1000, la cui ripartizione dovrebbe badare alla realtà demografica contemporanea. Rimane il fatto che le nuove comunità non hanno ereditato dal passato tutte le strutture fisiche religiose di cui hanno bisogno. Mantenendo fermo la distinzione tra strutture fisiche e finanziamento del culto o del personale religioso, che deve naturalmente rimanere una affare di doni volontari da parte dei fedeli, la Repubblica può benissimo darsi delle entrate fiscali nuove per affrontare queste nuove spese. Una tassa speciale sopra la vendita della carne halal e sopra il velo potrebbe risolvere questa questione. Se tale strada viene giudicata discriminatoria allora si dovrà trattare l'IVA sopra la vendita dei beni di natura religiosa figurine cattoliche, acqua benedetta di Lourdes o di altri luoghi, carne halal e casher, velo ecc, ecc. come un supplemento al 8 per 1000. Si potrà allora partecipare con ragionevole celerità nell'inevitabile costruzione delle nuove moschee, e richiedere dalle strutture religiose musulmane uno sforzo particolare di integrazione artistica e urbanistica. Il che non risulterà molto difficile per la comunità musulmana se si considera il fatto che il Campanile di Giotto (1266-1337) è direttamente ispirato dall'architettura araba del Magreb e della Spagna moresca (vedi la Giralda di Siviglia 1184-1196). O se si considera la mirabile Moschea di Parigi. Ma queste nuove entrate dovranno anche essere utilizzate per il finanziamento di strutture laiche di quartiere per queste nuove comunità. Aggiungo che la preparazione della carne halal o casher dovrebbe dipendere da scuole tecniche laiche di macelleria, almeno per l'aspetto tecnico. Anche qui bisogna creare la scelta tra halal e casher dal punto di vista tecnico sancito con un titolo di studio laico comune, e halal e casher religioso, cioè con l'addizione di una supervisione religiosa del processo tecnico legato alla salubrità pubblica. Questa supervisione religiosa sarà dunque offerta in modo facoltativo nelle scuole tecniche. Per i commerci, un etichettaggio adatto risolverà con semplicità ogni problema prevedibile. Si nota a questo punto che l'assenza di feticismo in questo temi musulmani li rendono in realtà molto più facili a gestire democraticamente che l'iconografia (le figurine) e l'agiografia commerciale cattolica o ebrea ecc... E chiaro che la creazione di fonti adeguati di finanziamento nazionali eliminano ogni possibilità di ingerenza esterna tramite il finanziamento legato a tendenze religiose particolari. Questo permetterà allora l'emergenza di un vero Islam plurale, federativo ma endogeno italiano (ed europeo). I doni stranieri continueranno pero ad essere accettati per le strutture comunitarie laiche che mirano a facilitare ed a accelerare l'integrazione.

 

Può il velo rappresentare un pericolo per nuotare? Non esistono studi scientifici sul soggetto, studi capaci di paragonare il velo in questo contesto con il crocefisso appeso ad una catena, o con gli agganci necessarie per mantenere la kipa. Di più, un velo legato bene attorno alla testa non rappresenterebbe niente di più grave che un capello di plastica utilizzato per mantenere i capelli lunghi durante il nuoto. Di nuovo, o si impone il capello di plastica a tutti, o si ci mette d'accordo sopra un velo specificamente italiano con una grandezza massima (assieme a istruzioni religiosi sul modo di legarlo in modo sicuro durante il nuoto), o si lascia la gente in pace finché non si arriva ad un accordo negoziato e validato costituzionalmente.

 

Si può tollerare il velo nella funzione pubblica? Idem.

 

Si possono tollerare delle piscine (o altre infrastrutture collettive) riservate ad un solo genere? La regola generale deve dire di non. Un essere umano è un essere umano è un essere umano, dunque in quanto tale ha il diritto di presentarsi in pubblico senza nessuna discriminazione ad uguaglianza con tutte e tutti gli altri. Possono esistere eccezioni, legati a ragioni specifiche, senza rapporto con la questione della discriminazione sessuale. Per esempio, classe o sessioni specifiche per imparare a nuotare (che ovviamente non possono essere aperte a tutti), classe o sessioni specifiche destinati ad una specifica clientela in funzione del oggettivo che si vuole raggiunge: certe condizioni medicali possono essere specifiche ai generi e domandare un trattamento aerobico specifico per esempio. Per prendere un altro esempio tirato da un'altro campo di attività, la danza del ventre, al contrario della danza moderna, mi sembra essere specificamente destinate alle donne desiderose di imparare quest'arte. Chi sia una ''donna'' non è poi a noi giudicare, i discriminanti sociali essendo di genere molto più generici, ad esempio, il semplice rispetto tra individui e le regole interne adottate da ogni organizzazione per garantire tale rispetto in modo interno. Falliti questi regolamenti interni rimane ovviamente il sistema giuridico generale.

 

Si può tollerare in Italia ed in Europa, che un uomo pretendesse imporre la sua presenza durante le visite medicali della sua sposa? Io credo che questo caso specifico implica un inutile problema di imputazione dei motivi. Per esempio, è diventato di modo nei paesi occidentali più sensibili all'emancipazione femminile di fare assistere il padre al parto dei figli. In molte occasioni, il sentimento di solidarieta familiare e di amore viene favoreggiato per accelerare la guarigione dei soggetti. Dunque non esiste nessuno motivo oggettivo privo di secondi fini per impedire tale presenza, di fatti per i due sessi. Ovviamente, se le due parti sono d'accordo. Esiste pero una questione di sicurezza del paziente, della quale solo il medico o il personale ospedaliero può giudicare. Sopra questo aspetto non si può tollerare nessuna discussione privata, ogni eventuale contestazione dovendo passare tra i canali adeguati, per esempio l'ordine dei medici o le specifiche istanze ospedaliere amministrative. Detto questo, non si vede perché quando la sicurezza dei pazienti non sia messa in pericolo si potrebbe, in modo medicalmente contro-producente, intervenire nella logica privata delle famiglie. L'emancipazione nel seno delle famiglie, la rimessa in questione dei schemi arcaici di potere della famiglia borghese nucleare o allargata, non si possono risolvere a questo livello, e di più con la costrizione. Riguarda altri tipi di intervento sopra i quali l'Italia cattolica, ed oggi per fine filo-semita nietzschiana e spinelliana, rimane molto in ritardo, cioè la parità politica, sociale ed economica tra i generi, le leggi sul divorzio, l'aborto, la procreazione assistita, ecc, senza dimenticare quello che ci riguarda ancora di più, se si può dire così, nella discussione attuale, le leggi relative ai diritti dell'infanzia e delle famiglie assieme alle istanze sociali di supporto (asili nidi, centri di accoglienza delle donne sottomesse a violenze coniugali ecc. per non parlare del lavoro non-precario!) Non si può parlare con severità fraudolentemente repubblicana di emancipazione umana se no si è capace di mettere a disposizione delle cittadine e dei cittadini le strutture culturali, politiche e sociali necessari al pieno esercizio dei diritti costituzionali. La democrazia borghese può bene essere ''censitaria'' (riservata unicamente ai ricchi capaci di pagare il ''cens'', come fu il caso all'origine della democrazia liberale occidentale), i diritti costituzionali, anche i diritti formali, non possono mai essere soggetti a interpretazioni di caste. Lo dice il nostro sistema giudiziario in modo lapidario: ''La legge è uguale per tutti''. Nella medicina urbana (che dovrebbe essere totalmente socializzata) è tutta un'altra cosa, ognuno di noi essendo liberi di scegliere il medico che ci piace o ci convince di più.

 

Si può esigere di essere trattato specificamente da un medico donna o da un medico uomo nelle strutture pubbliche? Enfaticamente non! Perché questo sarebbe contrario all'uguaglianza delle chance oltre all'uguaglianza costituzionale in materia di scelta della carriera. Sarebbe di più molto contro-producente visto che per quasi una meta della popolazione verebbe sprecato il merito potenziale di più della meta della popolazione! Di fatti, il Corano non chiede niente di simile. E in ogni casi tutte le religioni prevedono l'uso di eccezioni e di compromessi, quello che la Costituzione non può mai permettersi senza negare se stessa a proposito di diritti fondamentali.

 

Non penso dovere allungarmi. Questo rapido esame della questione sembra dimostrare che, al infuori di strumentalizzazioni filo-semite nietzschiani, il buon senso cittadino, il Corano e la Costituzione assieme alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dell'ONU o alla medesima dichiarazione islamica concordano sopra le questioni fondamentali della libertà delle coscienze, dell'uguaglianza tra tutti gli esseri umani, della convivenza e della tolleranza tra fede, pensieri e pratiche diversi.

 

Difendiamo assieme la laicità e i valori della nostra Costituzione partigiana. Se si esclude i spinelliani anti-nazionali, il pericolo attuale più grave per la nostra Repubblica laica viene rappresentato dalle pretensioni esclusiviste e di casta di tutte le forme ebree, cattoliche, protestanti ed altre del filo-semitismo nietzschiano. Questo rappresenta canchero che ha gia sporcato e insanguinato il nostro Paese con tizi come Mussolini, Pio XII ed Ezra Pound.

 

Copyright © Paul De Marco, 24 ottobre 2006.

Professore di Relazioni Internazionali.

 

 

* A questo proposito, riferirsi al mio sito http://lacommune1871.tripod.com nella Sessione Livres/Books. Aprite il terzo libro (Livre III) intitolato Keynésianisme, Marxime, Stabilité Economique et Croissance e andate alle pagine 169-170 per un riassunto del pseudo-dibattito sulla questione nella Francia moderna, ora dominata da pitres filo-semiti nietzschiani forse ancora di più che i Stati Uniti di America, il Canada e forse anche Israele!!! Si nota che prima del intervento di Bauer e della sua clique filo-semita nietzschiana c'erano solo quattro (4) casi difficili, due dei quali era costituiti da ragazze ebree, figlie di un padre comunista rinnegato e convertite a quel tempo al Islam! Con quello sciagurato intervento esclusivista grottescamente manipolatorio, i casi difficili salirono naturalmente a più di 1200 (molti, certo, ma tutto sommato questa non rappresenta una cifra impressionante per una popolazione di origine musulmana di oltre 6 milioni. Poi, ci fu l'intervento del Presidente Chirac che riaffermo una ''laicità pacificata'' assai lontana dalla strategia di multiconfessionnalità osta sotto il dominio dei ''Grandi fratelli'', come il pitre Bauer ed altri come lui. Oggi, secondo il ministri de Robien, ci sono solo una ventina di casi detti difficili (cioè di rifiuto), casi per i quali sono previsti modi di mediazione e di sanzione. Per lo meno questo esempio milita in favore della laicità repubblicana e della sua pedagogia e condanna ogni manovra di manipolazione da parte di presunti ''maestri del mondo'' gia sconfitti moralmente con la deportazione genocidaria dei Palestinesi e la costruzione del Muro del Apartheid in Palestina) e militarmente in Iraq, Sud Libano e presto altrove. Chi soffia il vento ricolta la tempesta: questa rimane la regola per tutte le forme di esclusivismo.

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