ITALIA

 

 


"Commenti sopra l'articolo intitolato Intervista al grande intellettuale Marcello Cini liberazione.it" (14/11/2004)

Seguiti dai "Commenti rapidi" del 27/08/2005)

Contra pitre: Manifesto di un professore comunista contro le malattie infantili dei rinnegati, dei pitre e dei bassi cleri filo-semiti nietzschiani.

 

 


"Commenti sopra l'articolo intitolato « Intervista al grande intellettuale Marcello Cini  » liberazione.it" (14/11/2004)

Care compagne, Cari compagni,

 

Vi mando questi rapidissimi commenti non avendo tempo ora di offrire un commento più ampio e più curato. Fidel Castro e Cuba, paese dove si dimostra che ''un'altro monde è possibile'' oltre che discuterne nei salotti, parlano di « Battaglia delle idee''. Nel nostro Partito della Rifondazione Comunista è rimasta gente che, pure dicendo apertamente di non essere più comunista, pretende ''rifondare'' il Partito come partito social-democratico. Non come un partito social-democratico tradizionale, ma come uno partito della ''social justice'' conforme al progetto costituzionale neoliberale europeo, più Giddens e Rawls che Eduard Bernstein o Millerand! Una giustizia sociale tutta subordinata all'obbiettivo costituzionalizzato della concorrenza neoliberale globalizzata senza nessuno ostacolo.

 

Questa battaglia delle idee la dovete menare voi. Senza lasciarne il compito ad altri.

 

Dobbiamo usare della nostra eredità intellettuale comunista con grande spirito critico (nel senso nobile, scientifico e fraterno del termine). No lasciate che vi si propongono delle vecchissime idee di caste o vecchissimi schemi concettuali di ''basi cleri'' come della merce nuova e originale.

 

Oggi, la battaglia delle idee è diventata la parte più critica della lotta di classe e della prassi comunista. L'egemonia intellettuale è nostra. (Modestamente, se ho visto occultare i miei due libri, ma non ho ancora visto un solo tentativo scientifico di falsificazione.) Ma dobbiamo ancora (ri)fare della rinascita del marxismo, in tutti i campi della conoscenza, lo strumento collettivo per eccellenza del Partito e del proletariato. In quanto la legge del valore marxista rimane la dimostrazione scientifica la più compiuta dell'uguaglianza umana e della possibilità sociale di realizzarla pienamente, essa deve diventare il segno dell'appartenenza o meno al Partito. Senza dogmatismi. Ma neanche senza oscillazione di tipo ''ritorno furtivo del marginalismo'' come evidenziato qui sotto.

 

In risposta alla lettura dell'articolo menzionato sopra vi dunque prego di considerare queste rapide obiezioni:

 

1.Secondo il Signore Cini che differenza c'è tra economia intangibile e marginalismo? Come criticare Moratti se, in realtà, si adotta una teoria (marginalista) che già dall'inizio mette fuori campo i settori detti « non-marchands » dal Medef (i padroni francesi che hanno copiato l'idea dell'economia sociale di Walras a modo loro)? Una teoria che, in realtà, mette anche fuori uso il concetto marxista di lavoro improduttivo, concetto formulato da Marx con una ''espressione'' mai capita dai piccoli borghesi, i quali, con solita falsa coscienza, hanno paura di essere chiamati ''non produttivi''. Marx intendeva solo parlare del lavoro produttivo che non rientra direttamente nel ''processo di produzione immediato'', come ad esempio il lavoro compiuto da un professore che insegna ai suoi allievi le materie che poi serviranno loro, tramite la loro formazione professionale, nel loro lavoro produttivo immediato. Ovviamente, la falsa coscienza produce paura anche delle parole e dei concetti !!) La scienza fisica borghese ha sempre sofferto di cecità metodologica menando ad un ''imperialismo paradigmatico'' che solo i tipi come Cini fingono ancora di ignorare (quelli del Manifesto poi, e i loro contatti in Liberazione sembrano addirittura avere bisogno delle sue ''autorevoli'' spiegazioni e del suo appoggio (la sua cauzione ''intellettuale''. Coraggio, almeno questa volta no si cerca presso il Vaticano!!!) . Sarebbe meglio, una volta nella vita, prendere il tempo di leggere e di capire quelli primi tre capitoli del Capitale!

 

2. Cini vuole l' economia intangibile, ma vuole anche i fondi pubblici per la ricerca! Le contraddizioni logiche, che c'è n'importa? Non per niente un Huntington ripiangeva, per il conto della Trilaterale, il ruolo sociale del dovuto rispetto alle ''Autorità'' (''deference''), di stampo filo-semite nietzschiane, più che il dovuto rispetto alla scienza e ai suoi metodi di falsificazione e di validazione. Scienza, verità, rivoluzione, certo che c'è da pensarci sopra!! E anche certo che nella fisica di Cini come nell'economia di Marshall ''natura non facit salta'', malgrado tutte le discrepanze tra ideologia e mondo reale. Perciò, si capisce che un uomo nella situazione di Cini non doveva tifare né per Gargarin né par la Nasa. Diceva il compagno Guccini ironico: ''chiesa, nobili e terzo estate, solo ho fregato sempre per me." Cioè, nel merito, per i maestri auto-eletti dei servi in camera del Manifesto. (Nel vernacolare di un D'Alema quelli che sono (auto)eletti da ''dei maggiori''! Mo ... vogliono anche darci ''lezioni'' dimostrando così una grande capacità di ''adattamento'' ad il grande ''fad'' dell'epoca! In questi casi, come si fa a ritornare alla serietà?

 

3.L'uguaglianza dei consumatori. Ovviamente di fronte alle tabelle di valutazione dell'utilità marginale!! Cini me la ricopia 100 volte! Ci dica, di più, che relazione esiste tra la ''domanda aggregata'' dei consumatori reali e l'organizzazione sociale della produzione (e dunque il livello dei salari). Può, se vuole consultare i Manoscritti parigini del 1844 da Marx. Non è proibito.

 

4.Nelle mie ''Notes sur la lettre à tous ceux qui aiment l'école'' ( testo disponibile in questo sito come pure nel sito http://lacommune1871.tripod.com ) ho esposto rapidamente tre modelli alternativi fondati sulle relazioni possibili entro una ''società dei beni intangibili'' e il così detto ''lavoro improduttivo''. La questione è di grande attualità in tutte le società moderne. Con questi tre modelli, cercavo fra l'altro di iniziare la teorizzazione del problema concreto del settore scolastico in Francia, ma anche del settore collegato dei lavoratori della cultura, oggi rapidamente precarrizzati. Lo stesso problema si presenta per tutte le società e particolarmente per le società occidentali. Cini (o i comunisti e il precari della cultura italiani) preferiscono le soluzioni ricavate dal marginalismo generalizzato di Cini? Scelta loro. Ma allora, dal punto di vista della teoria, come si conciliano i ''sindacati dei precari'' con l' ''utilità marginale'' applicata al mondo della coltura e della ricerca?

 

5.Abbiamo avuto prima Keohane e Nye con la loro teoria dell'interdipendenza (opposta alla formulazione marxista della dependency theory). Dopo, Thurow con il suo libro Head to Head. In breve, l'economia intangibile, economia dei "servizi haut de gamme'', rappresenterebbe un vantaggio in termine di ''valore aggiunto'' e dunque in termine di cambio internazionale. Bene. Questa gente non ci ha mai detto come un'economia intangibile può sussistere nel medio e lungo termine senza la base di una forte economia tradizionale. Ha creduto che l'Occidente, specializzato nei servizi ''haut de gamme", potesse usare questa specializzazione per accaparrare una parte della sovrappiù prodotta da un Terzo Mondo da specializzare nei settori economici tradizionali. Pigra pretensione neocoloniale! In pratica, gli USA furono costretti di firmare un accordo tipico di interdipendenza subordinata con la Motorola del Giappone. Vernon della Harvard Business School, già nel 1991, notava che 30 % di tutti i gadget elettronici usati dalle armate americane provenivano dal Giappone. Il Giappone, inoltre, tramite le pianificazioni a lungo termine del famoso ministero MITI, aveva già lanciato un vasto programma di ricerca di quinta generazione sull' ''intelligenza artificiale'' e la ''robotica''. Oggi, la Cina segue le stesse tracie avendo capito di vincere solo se al suo sviluppo industriale tradizionale poteva aggiungere la scelta definitiva per la qualità (qualità dei prodotti e qualità delle innovazioni tecniche-scientifiche pianificate dallo Stato nazionale.) Siamo lontani qui del miserabilissimo intellettuale dei nostri grandi intellettuali e politici italiani!! Detto, ovviamente, senza cini-smo!

L'uguaglianza del marginalismo non è altro che l'uguaglianza praticata nella repubblica di Weimar o nel modello democratico di Westminster. Sommato da George Orwell nel suo 1984 (il libro dove profetizza la sorte nietzschiana-dostoevskiana dell'Inghilterra nel futuro, e non della Unione sovietica come si è solito dire) e nel suo Animal Farm. In poche parole: certi sono più uguali degli altri (primus inter pares). In venti anni, in un mondo globale hyper-marginalista, chi sarà più ''uguale'', la Cina (da non confondere con Cini, dato che si tratta di un soggetto che pratica ancora un tipo ibrido di pianificazione economica) o l'Occidente dell'incommensurabile intangibilità (o, per meglio dire, della vacuità)? Thurow nel suo libro Fortune favors the bold (2003) nota che nel 2000, i Stati Uniti avevano 32 % del PIL mondiale, l'Europa 25% il Giappone 16 %. Poi ci ripensa (altrimenti si metterebbe male con la gente del PUND e farebbe magra figura al MIT!) e per mettersi al sicuro dice: se si considera invece il Purchasing Power (poter di acquisto) i Stati Uniti anno 23 % del totale mondiale, l'Europa 20 % il Giappone 8 %. Mo, guarda un può! Se mai il Purchasing Power non prende in conto l'effetto monetario della speculazione che-  pace Cini - caratterizza l'economia intangibile, e sopra tutto la finanza mondiale assieme ai suoi nuovi strumenti eletronicizzati come i ''derivatives'', siamo nei guai. Cini come me la mette? I diagrammi marginalisti rendono conto di questo effetto o non? Nel fra tempo però, gli squilibri fondamentali americani continuano a crescere anche se il dollaro fu fortemente svalutato a Doha. Oggi , nei Stati Uniti del MIT di Thurow, dove una volta si agonizzava per la pigra educazione scientifica dell'America, no si sa nemmeno più come si pagheranno le pensioni (Social Security) dopo il 2008! Se poi si guarda alla copertura dei dollari detenuti all'estero, meglio stare zitti perché se non si rischia una crisi acuta (almeno di presa di coscienza : oggi il valore del dollaro all'estero è funzione della guerra preventiva, un'azione un può nietzschiana nella sua logica intima, dato che porta il prezzo del greggio molto al di sopra della sua forchetta massima di $ 28 dollari in vigore prima della guerra contro l'Iraq !!! Il grande intellettuale Cini o la sua gente al Manifesto come c'è lo spiegano? Con una lezioni sulla Shoah? Per l'uguaglianza selettiva, per intenderci bene?

6.Nel frattempo, quelli del buco nero intellettuale del Manifesto (più Cini che cinici o vice versa?) optano in massa, tali pecore di Panurgo, per l'economia del intangibile e delle piccolissime imprese (la scarpa italiana si vende ancor bene, sa ...) Perciò, in Italia, sono pronti a lasciare partire, senza stato d'anima particolare, il settore dell'automobile, quello dell'aeronautica ecc, ecc. Anche le commanderie dei porti, in un paese come l'Italia, sono state privatizzate, o per meglio dire offerte a mani incapaci ma private. (Agosto 2011: Da anni ormai, sulla base delle statistiche di Istat, denuncio la generalizzazione del balordo presunto modello del Nord-Est all'Italia intera - cioè, liberalizzazioni, privatizzazioni e federalismo fiscale, più ogni sorte di demagogie xenofobe propagate dalla balorda Lega Nord-, così che, oltre al lavoro nero ed al precariato dilaganti, più di 90 % di tutte le imprese della Penisola impiegano meno di 10 impiegati. Poi si parla di crisi e di finanziarie e di manovre a ripetizione, condannate prima di essere approvate in Parlamento perché messe male ogni volta che gli interessi sui BOT ecc - o lo "spread" con il bondi tedeschi - aumentano solo marginalmente. Intanto, in una lettera anti-costituzionalmente rimasta segreta, Trichet e la BCE mettono l'Itala sotto "commissariamento"!!! Eppure, i nostri dirigenti non si vergognano e propongono sempre le stesse medicine, anche nelle istanze incaricate della difesa della nostra Costituzione partigiana fondata sul lavoro dignitoso e la solidarietà nazionale!)

 

Consideriamo solo il settore automobile. Chiudendo la Fiat si dice addio anche a tutti i settori legati alla Fiat, per causa della delocalizzazione verso paesi che offrano manodopera molto più ''competitiva'' (in termine di salario.) Comprando quei milioni di macchine all'anno ogni anno dal estero, come si colma il buco risultando nella bilancia commerciale e nei conti correnti nazionali? Con l'introito del Veneto dopo la ''devolution''? O forse si colmerà con la depenalizzazione dell'evasione fiscale? (A questo punto allora, meglio andarci a fondo, e organizzare il riciclaggio proto-legale dei soldi della droga 300/500 miliardi all'anno secondo l'Osservatore mondiale delle droghe tramite la creazione nell'isola di Lampedusa di una Las Vegas tutta italiana benedetta dal Vaticano e dai suoi finanzieri londinesi, ma capace di impiegare moltissimi lavoratori immigrati arrivando a barche piene dal mare. Diventerà subito il settore più competitiva dell'Italia! (Tanto il ''premier'' adatto l'abbiamo già!) Un settore intangibile per eccellenza della ''casino society''. Faccio ridere? Con il neoliberalismo in Nord America come in Europa tutti i governi sono ora vittime della loro dipendenza agli introiti fiscali proveniente dalle lotterie e altri giochi di azzardo simili. L'Italia così rimanerebbe il paese dei miracoli, più che delle meraviglie.

Ovviamente, per quelli del Manifesto (e si deve concludere logicamente, anche per il Cini dell' ''intangibile'') il costo pubblico di una nazionalizzazione parziale della Fiat, capace di offrire così una voce allo Stato e ai lavoratori nello ''management'' della Fiat, non deve essere messa a confronto con il buco nella bilancia commerciale e nei conti correnti. La moda dell'intervenzionismo di Stato sarebbe passata. (Con la buona pace dei miliardi di dollari versati dallo Stato americano alle imprese del ''militaro-industrial complex'' (espressione dovuta al Presidente Eisenhower) con la scusa dell'interesse nazionale, tolti così dall'ingerenza della WTO o dell'ONU a scapito dei candidi rivali commerciali ...)

Ovviamente, la teoria dell'utilità marginale no si occupa della provenienza dell'offerta (e neanche del costo di ogni ''unita'' di una data produzione o di una data offerta totale). L'uomo come ''cittadino'', si sa, deve anche lui essere ''superato'' come essere obsolete, stampato ''non marchand'' fuori dell'utilità che li viene attribuita dalle tabelle marginaliste. Servono solo domestici, schiavi moderni ed i soliti ''servi in camera''. Il cittadino deve anche essere ''superato'' come essere legato alla vecchia ''nazione'' (cosa già previsto da un progetto costituzionale europeo che ha poco a che vedere con la restituzione della democrazia al livello europeo in un Parlamento di Strasburgo degno del nome. Ma una costituzione che dovrebbe piacere a Cini ed al Manifesto, dato che adotta il punto di vista della concorrenza generalizzata e senza ostacoli statali, o di natura ''non marchand''. I guai vengono dal fatto che questi ''grandi intellettuali'' hanno imparato dalla loro rapida frequentazione dei comunisti che la contraddizione è nella natura. Così, pazienza!!! Peccato, perché osservato dal punto di vista delle bilance esteri dell'Italia e dei posti di lavoro, diretti e indiretti, la salvezza degli ultimi settori industriali italiani (e dei settori intangibili legati a loro. Pensiamo a Pinninfarina o a Olivetti se no era stata mandata giù) diventerebbero una ottima opportunità, economica e sociale, anche se non sembrano corrispondere alla logica dell' intangibilità e dell'uguaglianza marginalista! I ''servi in camera'' con stipendio mensile assicurato (almeno per un tempo) sono più uguali degli altri nel mondo filo-semita di oggi.

 

7.Dopo Ingrao et al. ecco addirittura Cini! Una questione si presenta da sola: hanno ancora molto riserve di grandi intellettuali italiani del Manifesto? (Se vengano a mancarne, possono sempre usare il metodo di certi giornalisti nord-americani lavorando sulle note trasmesse loro, ovviamente senza condizione, dal Mossad, o dal consolato israeliano più vicino. Il Mossad si sa è un po di parte, dal punto di vista concettuale. Ma avendo un accesso prioritario a Interpol, Echelon, NSA ecc dispone di vaste quantità di informazioni sempre in sintonia con le grande tendenze mondiali dell'Impero, cosa che sanno benissimo tutti i grandi e piccoli ''pitre'' del mondo globalizzato attuale.) L'unico problema sarebbe di imparare a evitare una dipendenza (''addiction'') acuta, con le conseguenze prevedibile dell'invecchiamento mentale accelerato e della senilità. C'è il rischio di rimanere vispo sulla solita vespa arrugginita sotto il lustro nietzschiano nelle strade della Città eterna.

 

Liberazione dovrebbe lasciarci in pace con sti ''grandi intellettuali'' anti-comunisti e quelli del Manifesto, è cominciare a comportarsi come un giornale comunista! Cini non è più utile di un Ingrao o di una Rossanda o di un Curzi. La storia recente ha già mandato questa roba al mucchio di letame della Storia perché è gente che, senza averci mai capito niente, crede di potere affossare il marxismo come metodo di investigazione e di investigazione scientifico. Il marxismo che, appunto, con la laicità repubblicana, costituisce l'unico ostacolo occidentale al dominio dell'Impero filo-semite nietzschiano.

 

Un consiglio fraterno a quelli che desiderano vaccinarsi da queste derive ''alternative'', certo, ma anti-comuniste nel fondo. Leggetevi, ''Economic theory of the leisure class'', la critica magistrale del marginalismo di Nikolai Bucharin. Leggete anche il capitolo di Marx su « L'ultima ora di Senior » nel Capitale, Libro I. Date anche un'occhiata al mio Tous ensemble come pure al capitolo sul socialismo cubano nel mio Pour Marx, contre le nihilisme, e agli altri scritti sul mio sito web (in particolare in Contra-pitre disponibile qui sotto.)

 

Se leggete Bucharin ricordatevi la mia dimostrazione. Cioè che il ratio pv/v va in senso proporzionalmente inverso (rispetto a v) a v/C dove C = c+ v. (Questo oltre a essere una necessità stabilita dalla Legge del valore marxista, risulta anche essere una necessità aritmetica: illustrazione semplice: prendete una somma divisa in due parti uguali, poi senza variare la somma in questione modificate una parte, l'altra evoluirà proporzionalmente in senso inverso.) Nelle tabelle della Riproduzione Semplice poi si comincia con una situazione generale dove v/C rimane identico nel settore dei Mezzi di produzione (MP) e nel settore dei Mezzi di consumo (MC). Poi, ricordando la relazione logica della composizione organica del capitale con il tasso di sovrappiù (e ovviamente con il tasso di profitto) si fa variare (come ho mostrato io partendo da Marx) non il rapporto pv/v in uno dei settori (come fanno nei modelli fasulli della così detta ''trasformazione dei valori in prezzi di produzione'') ma il rapporto v/C. La relazione di proporzionalità inversa permette di ottenere ogni volta, il tasso di pv/v e il tasso di profitto pv/c+v. Automaticamente e organicamente. Si deve dunque distinguere con precisione tasso di profitto e volumi del profitto: solo questi ultimi spiegano le leggi di mozione principali del capitale, cioè la concentrazione e la centralizzazione del capitale con i loro effetti sulla manodopera e dunque la sovrapproduzione e il sotto-consumo. Questa è l'unica soluzione del falso problema della trasformazione. E l'unico modo puramente marxista di completare i ''prolegomeni'' di Sraffa. Guarda caso, produce una relazione idealmente accettabile per i marginalisti, almeno quelli che, come Tugan-Baranovski, cercavano di conciliare marginalismo (o per meglio dire l'andamento dei prezzi) e legge del valore, per non cadere nell'ovvia trappola, se non della vacuità, almeno del nonsenso comune a tutti i marginalisti borghesi! Prima di parlare d'economia, Cini, e tanti altri, da buoni scientifici dovrebbero leggere Marx con cautela, e con modestia anche Paul De Marco (e anche forse Einstein e il suo articolo ''Why socialism'' in Monthly Review) Se non meglio stare ziti!

 

Non è la prima volta. Nesi e i suoi, e anche qualche dottore, sempre su Liberazione, hanno cercato di seminare zizzania usando le solite tabelle della valutazione marginalista dei bisogni applicata al settore della salute (proprio quando il governo con la sua finanziaria preparava i tagli alla sanità pubblica.) Questo in realtà ammontava a un'apologia del sistema britannico di messa in concorrenza degli ospedali gestiti come fabbriche ma su fondi pubblici, una ricetta per un disastro annunciato, ma una ricetta che non manca di valorizzare gli amministratori e i dottori (togliendo agli pazienti ogni possibilità reale di impugnare la giustizia se vengono trascurati perché non corrispondono alle liste di malattie la cui ''utilità marginale'' è la più alta da punto di vista della redditività degli ospedali!) Ho già risposto nel mio articolo Neoliberal constitutional coup in Europe (July 13, 2004, sezione ''Economie Politique Internationale'' di questo sito e del sito http://lacommune1871.tripod.com ) nell'Annexe: Social surplus value and public sectors. Queste cose non fanno più ridere. Non basta avere una riputazione da scienziato. Bisogna anche meritarsela. Almeno se si pretende essere di sinistra. Anche nell'Italia di Ingrao e di Rossanda et al.

 

Cini si legga Why socialism di A. Einstein per apprendere come un vero scienziato, e un grande teorico della fisica moderna, si comporta quando pensa di poter cambiare il suo capo di investigazione e rendersi utile. O forse, cosa sempre possibile, l'articolo su Liberazione non da conto del suo vero pensiero?

 

Paul De Marco, Copyright 14 Novembre 2004

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Commenti rapidi (a uso personale per causa di pessimismo causato dal pezzo di M. Cini qui sotto) (back)

 

Didascalia sul capitale (o il lavoro?) intellettuale: è possibile che il lavoro di un operaio specializzato valga 10 o 15 000 euro all'anno suppergiù, mentre il bel lavoro intellettuale di Fazio (questa volta senza hedge funds e senza contare i suoi cloni e camerati) valga più di 600 000 euro all'anno, senza tenere conto del contributo alla bilancia commerciale e neanche di Cirio e di Parmalat? Io sono contrario al cambiamento dei statuti di Bankitalia nel presente contesto, ma è possibile che la coerenza del sistema economico-finanziario del Paese non possa reggere senza questo tipo di fazio-sità di destra e di ''sinistra''?

 

Si può leggere questo:

 

''Una caratteristica essenziale della proprietà tangibile è che il suo valore deriva dall'uso che ne fa chi la possiede, ma la proprietà intellettuale trae il suo valore dall'uso che ne fanno gli altri: gli scrittori vogliono che il loro lavoro sia letto e gli inventori che sia utilizzato...''

 

Lasciamo da parte la distinzione primordiale tra ''valore di scambio'' e ''valore di uso'' che sembra non godere dell'attenzione dell'autore. A questo conto la divisione del lavoro non sarebbe esistita nella produzione di merci tangibili dato che la proprietà sarebbe dipendente del uso personale e non dell'alienazione di almeno una parte della propria produzione. Non sarebbe neanche esistita l'accumulazione capitalista. Forse sarebbe il caso di reintrodurre il canto gregoriano e la didattica figurativa! Futurista l'autore ci farebbe quasi viaggiare sul concetto dell'auto lasciando cadere una Fiat poco compatibile con il neo-platonismo economico di un capitale intellettuale totalmente ''disemboddied'' come direbbe Polanyi! Cioè, è propenso a confondere la ''fictio'' fumosa dell'intelletto con la tecnologia. Rileggere Vico sull'oggettivazione delle idee nei concetti, le istituzioni e i prodotti umani.

Un ''viva'' per la difesa della ricerca italiana e per i servizi pubblici! In questo campo sono d'accordassimo con il Prof. Rubbia che almeno si intende di ricerca e di produzione energetica. Ma non mi sembra che si possa concepire una tale teoria del sviluppo sostenibile con la teoria della interdipendenza globale asimmetrica e specializzata a favore dell'Occidente. Che la realtà abbia già negato questa possibilità è da me dimostrato in Keynisanism, Marxism, Economic Stability and Growth: supply-side vs social demand politics. Vedi ad esempio i quota sul tessile cinese (e per estensione per tutti i settori tradizionali); ma non è tutto. Oggi, a parte la risibile sufficienza intellettuale delle élite occidentali, la Cina e l'India laureano più ingeneri e scienziati dei Stati Uniti (che per parte loro ne laureano o ne importano più dei paesi della EU  i quali cantano all'unanimità al Vertice di Lisbona più a favore dell'agenda della privatizzazione che a favore della necessita di favoreggiare la ricerca e la sua applicazione industriale.) Il che vuole dire che siamo già entrati in un mondo dove il capitale intellettuale orientale è molto competitivo, costa molto di meno ed è dunque capace di produrre dei mezzi di produzione per la produzione dei mezzi di produzione a bassissimi prezzi. Tutto il resto segue, incluso il risparmio, i profitti e l'investimento privato e pubblico. Chiaramente, i dati ambientali debbono essere integrati nello ragionamento della produttività microeconomica e della competitività macroeconomica. (vedi il mio Ecomarxismo) Pero nessuna teoria ambientale sarà coerente senza tenere conto del Uomo e dell'uguaglianza, come pure della pari dignità irrefutabile di tutti i membri della specie umana. Questo implica un mutamento delle relazioni di proprietà fondate sul controllo democratico e collettivo della ''sovrappiù sociale''. Chiaramente un compito per una sinistra degna del nome.

 

Paul De Marco,

Copyright 27/08/2005

 

Ps : Reality check: Dato che la nuova economia del capitale intellettuale è dimostrabilmente più energivore dell'economia industriale tradizionale dovrà tirare molto vento in Italia per rispondere alla domanda prevedibile con le fonti di energia rinnovabili! Il che non sembra aldilà delle possibilità delle nostre elite, incluse intellettuali. Almeno che non si riesce a legittimare la decrescita in un paese in recessione cronica con più di 27 % di lavoro al nero, di tanti laureati in scienza che non trovano lavoro e di una Olivetti (nelle mani di de Benedetti) che non ha saputo negoziare la sua posizione dominante nelle macchine da scrivere elettroniche adattandole al PC dato che la rapina dei beni pubblici privatizzati al ribasso rendeva di più e in più breve tempo! E ancora senza badare a quanto ci costa tutt'ora questa bella scelta pseudo-ambientale, anche senza tenere conto dei grotteschi ''certificati verdi'' necessari ad una Italia inquinata e incapace di fare fronte agli impegni internazionali. Poi i grandi pedagoghi italiani ci diranno come convertire i lavoratori di eta matura, già abbandonati una volta da piccoli da un'istruzione borghese, in programmatori di avanguardia! Almeno che no si convertino nella produzione dell'intangibile facendo così coàcorrenza a tanti poterti forti, vaticani o meno, e a tanti bassi cleri e pitre associati! Fin cui si poteva affermare che il 70 % della domanda veniva dai consumi interni. Con tutto questo bel lavoro intellettuale di avanguardia questo 70 % inizierà una bella dieta e così, magari sognando alla visione sociale del compagno Pasolini, si potrà almeno ''ritornare'' alla poesia di un Petrarca corretta da Boccaccio. Se si riesce a riabilitare il Marsala ci potremo anche sguazzare un tuorlo, facendo cin-cin e tirando così a campà.... Io mi chiedo : ma come si fa ad evitare il gulag capitalista? Evitando di pubblicare nel Manifesto o in Libero a secondo delle tendenze personali?

 

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Contra pitre: Manifesto di un professore comunista contro le malattie infantili dei rinnegati, dei pitre e dei bassi cleri filo-semiti nietzschiani. (back)(Ritornare alla Sessione Elezioni 2008)

 

INDICE

1) La legge del valore

1a) La sovrappiù sociale e alcune delle sue conseguenze.

2) Mercato, offerta e domanda, domanda sociale e equilibrio generale.

3) Dal Capitolo II di Keynesianismo, Marxismo, Stabilità Economica e Crescita

Patto di stabilità vs politica dell'offerta o politica della domanda.

4) Critica di vari tipici slittamenti sofisti rinnegati

5) Materialismo storico: Dialettica della natura (distinti); dialettica del divenire storico (opposti); dialettica globale (identità contraddittoria del Soggetto storico.)

6) Schema dei rapporti di sfruttamento, dei rapporti di distribuzione e dei rapporti giuridici

7) Oltre al marxismo?

Con il femminismo?

Con l'ecologia?

Con i diritti fondamentali e civili?

Con la psicologia?

7a) Falsa rappresentanza

8) Pedagogia, dissuasione, idiomi e linguaggi.

8a) Formalizzazioni logiche e pluralità degli idiomi

8b) Teoria della dissuasione come idioma

8c) Etica, marxismo vs filo-sionismo nietzschiano

8d) Etica e relazioni giuridiche (contro l'osceno EP Thompson et ali.)

9) Democrazia censitaria vs democrazia socialista

10) Psicoanalisi marxista (dare riassunto in italiano della seconda parte del mio Pour Marx, contre le nihilisme)

11) Note

12) Pastiche del metodo di investigazione e di esposizione del professore Bellofiore

13) Lettere relative a Halevi, Bellofiore e il Manifesto (a, b, c, d)

14) Appendice: Gödel, Wittgenstein ed un esempio delle inettitudini del metalinguaggio accademico senza oggetto.

L'Impostura tipica di Gödel (Nota aggiuntiva di Agosto 2011, in italiano)

15) Indexation, noosphère et lubies indigestes

 

Care compagne, Cari compagni.

I tentativi di occultazione del pensiero marxista da parte di tutti quelli filo-semiti nietzschiani da poco va risolutamente respinta; si tratta di gente che malgrado la loro ignoranza profonda pretendono andare ''oltre Marx'', cioè fare dell'anti-marxismo mentre si continua ad essere pagato come politico comunista o professore marxista.

Nel mio manifesto Contra pitre spiego perché considero essere in prima linea di questa scellerata occultazione ed esclusione. Questa mia denuncia parte dalle manovre di Bertinotti e di Bellofiore (e da Halevi), ma la sua portate è ovviamente più generale. Nel mio testo espongo la legge del valore marxiano; poi, seguano analisi sopra le nozioni di mercato, offerta e domanda, domanda sociale e equilibrio generale; sopra il femminismo, la linguistica, la dissuasione, Wittgenstein e Gödel, l'ecomarxismo, la psicoanalisi marxista, ecc Questi riassunti tematici servano per illustrare, non solo l'aspetto scientifico del pensiero marxista autentico, ma anche la sua ineguagliabile importanza per la comprensione della realtà storica del passato, del presente e del futuro. Una teoria scientifica non si occulta, sopratutto non si esclude; al limite, chi qualcuno si considera all'altezza, critica scientificamente ed in buona fede, rendendo così servizio agli altri lettori ed in particolare all'autore.

Sembra che le difficoltà attuali non mi concederanno di finire la dattilografia delle note relativi a questo testo con la dovuta rapidità. La teoria marxista è per principio ''pratica teorica", serve a comprendere la lotta e le alleanze di classe; dovrebbe servire ad informare la discussione collettiva sopra il programma e la condotta di un vero Partito del Comunismo e della Libertà, coscientemente iscritto nella linea diretta nel pensiero del nostro Gramsci, dunque dei principi politico-sociali più avanzati sanciti dalla nostra Costituzione partigiana, ancora tutta da attuare, come pure nella complementare Carta fondamentale della ONU. Nel cotesto attuale della hold-up tentata sopra il Prc ed il Pdci in favore di un'altra Cavolata Rossa del tipo Bolognina, penso che sarebbe un grosso sbaglio di non mettere a disposizione delle compagne e dei compagni quello che, anche scritto in cattivo italiano (per cui chiedo scusa), rappresenta una gran parte del mio modesto contributo allo sviluppo di un pensiero marxista autentico in questa lingua. Si tratta comunque di una brutta copia ancora da completare, anche se già protetta dal copyright; viene comunque messa a disposizione solo per l'uso teorico personale delle compagne e compagni, sperando di contribuire così a smantellare l'attuale manovra anti-comunista (interna ed esterna) in Italia.

Tenterò di finire questo testo il più presto possibile per inviarlo ai suoi destinatari.

Vostro,

Paul De Marco, 20 ottobre 2007.

 

XXX

Alla Presidenza della Repubblica Italiana

Al Presidente del Senato della Repubblica Italiana,

All'Associazione degli Economisti Italiani,

Al Diparto di Economia del signore Bellofiore,

Al Partito Della Rifondazione Comunista,

Alla Sinistra Europea,

Alla Commissione europea dei diritti umani,

A tutte le compagne ed i compagni,

 

Oggetto: il furto del mio materiale e l'occultazione calcolata del mio contributo marxista da parte di Bellofiore e di Bertinotti.

 

Data: 14 Luglio 2007

 

Alla Presidenza della Repubblica Italiana,

 

Con la presente lettera vorrei chiedere con la massima fermezza la destituzione del Signore Bertinotti e del Signore Bellofiore dai loro incarichi rispettivi. Ecco perché:

 

Essendo personalmente, se non nominalmente, per pura e vigliacca strategia di occultazione, messo in questione nel articolo di Bellofiore pubblicato nel libro Da Marx a Marx? (ed. manifestolibri, 2007), sono obbligato di produrre questo Contra pitre: Manifesto di un professore comunista contro le malattie infantili dei rinnegati, dei pitre e dei bassi cleri filo-semiti nietzschiani. Ha detto Mao: Per un dente tutta la bocca, per un occhio i due occhi. Noto già in partenza che con questi tizi anche il titolo Da Marx a Marx? risulta essere una truffa calcolata, anche se poveramente mascherata da un punto interrogativo, poi che lo scopo dichiarato del libro è di discreditare il marxismo per andare oltre a Marx, cioè per tentare di seppellire il comunismo di Marx.

 

Scrive il tanto incolto quanto rinnegato Bertinotti: Dunque, dalla terra della pratica sociale come dal cielo della teoria ciò che ci si propone oggi è la ricostruzione. Per quanto io condivido la formula Marx è necessario, ma non è sufficiente, che impone di andare aldilà della mera esegesi dei suoi testi. (sic! Mi permetto di chiedere: di quale esegesi si parla?) La condivido per i nuovi elementi di analisi critica della realtà del capitalismo del nostro tempo che questa posizione ha posto in questi anni e per la necessità che deriva dal non poter più usare un apparato che si riferisce al meccanicamente determinato. (In Da Marx a Marx? Manifestolibri, 2007, p 257) (Io chiedo : quale Marx ha letto per arrivare a questo sempliciotto "meccanicamente determinato", quello di Bellofiore e Cie? A cosa dobbiamo affidarci per questa analisi critica, se non alla legge del valore, cioè al riconoscimento che la sovrappiù viene prodotta solo dai lavoratori e certamente non dall'ordinamento misterioso dei fattori di produzioni da chi sa quale "mano invisibile"? Tramandando la legge del valore possiamo affidarci forse alla scienza economica di Milton Friedman palpabile dietro quella di Rawls, di Giddens, di fu Tarantelli e di fu Biagi (o sarà forse quella dell'Onorevole Treu?), oppure quella di un Sraffa parziale, ma mai realmente compreso dai vari Passinetti, Roncaglia e tutti quanti, o quella dei vari Dini, Ciampi, Prodi e altri Padoa-Schioppa che hanno rovinato il Paese, sin dal 1992, con l'aiuto dei presunti sindacalisti non-deterministi (!) come Trentin, Epifani ed altri subalterni come Bertinotti? Si nota poi che lo stesso Bertinotti finisce il suo articolo con una tanto retorica quanto ambigua denuncia della guerra; pretende farlo, mentre il suo gruppo vota servilmente l'aumento di 11 % delle spese destinate alla condotta della guerra preventiva dunque illegale nel 2007, accetta la sostituzione di una parte dei nostri soldati in Iraq con mercenari anti-costituzionalmente costituiti o con gruppi di Carabinieri, vota il rinnovo delle missioni militari in Afghanistan ed in Libano, più i fondi necessari a queste missioni, non rifiutando neanche di avvallare la militarizzazione offensiva delle nostre forze armate (con l'acquisto del F 35, il quale sovradetermina tutta la dottrina militare - , oppure ad accettare non solo il raddoppio e l'allargamento delle basi americane in Italia (sono ora più di 121 sparse sopra tutto il nostro territorio da Dal Molin a Sigonetta ...). Non hanno avuto neanche il coraggio di contestare la partecipazione segreta e anti-costituzionale del nostro Paese allo scudo spaziale, un dispositivo guerrafondarolo specificamente americano, cioè uno che non è nemmeno controllato dalla Nato, e meno ancora dal nostro Parlamento! A dire vero Bertinotti sa benissimo che con il suo rinnegamento sopra la questione della guerra ha perduto l'appoggio del popolo della sinistra e del popolo della pace tutto, perciò si preoccupa prosaicamente dei modi da adoperare per controllare lo spazio politico-culturale di basso clero stipendiato che oggi gli scappa sotto i piede, come si può facilmente notare dalla frase seguente, dato che per il resto parlano i fatti : Il fatto è che essa (la guerra) entri così tanto nella nostra vita, così tanto nel bisogno politico pratico e così a fatica nell'ordinamento della ricerca è indicativo di quale spazio si apra di fronte a noi. (idem) Ergo, il patetico e criminale tentativo di occultazione malgrado la chiarezza del ripudio della guerra sancito dall'Articolo 11 della nostra Costituzione partigiana... Certa gente incolta e opportunista non ha neanche il coraggio di vergognarsi!

 

Scrive l'incompetente, venale e l'indegno docente Bellofiore, purtroppo pagato con fondi pubblici in una Università pubblica, malgrado il suo zelo ideologico: No so se sia vero (nota mia : si allude a Coletti che avrebbe potuto copiare su Rubin): ma in fondo, anche nel caso degli studenti, non conta se si copia, ma come si copia, e ancora prima la lucidità di saper scegliere cosa si copia (idem p 212, preferiamo non commentare!) Aggiunge con la caratteristica modestia del ansino nutrito in una stalla di convento: Dovremmo a questo punto chiederci in che modo questo peculiare ritorno a Marx, che è anche un passo avanti rispetto a Marx, (sic! Nota mia : Da ora in poi, leggete Bellofiore, non perdete più tempo con Marx, e portatevi il proverbiale brown bag poi da seppellire, non come una cosa tabù ma come una cosa dimostrabilmente nociva?) sia davvero stato in grado in questi ultimi decenni di dar conto delle mutazioni dopo il fordismo, delle novità del capitalismo, delle metamorfosi del lavoro. E di come questa lettura si sia contrapposta alle molte ideologie che, anche e sopra tutto a sinistra, hanno reso il marxismo, così come il post-marxismo, qualche volta di moda, ma certo sempre inutilizzabili come strumento di conoscenza della realtà sociale data. (Idem p. 244. Nota mia : in realtà avete già potuto appressare l'utilità della coppia occultista Bertinotti-Bellofiore anche in Parlamento con la Legge 30, le pensioni, i tagli agli Enti locali, il ticket sanitario, la riduzione del obbligo scolastico, la guerra, ecc, ecc ...) Aggiunge il Bellofiore, alludendo al contenuto positivo della sua lettura "a ritroso": Sarà per un'altra volta (Idem p 244) E, per una volta, ha anche ragione, anche se al suo malgrado, come tenterà di dimostrare ora questa mia critica orgogliosamente marxista. Sul terreno del metodo, vi proporrò una storia a ritroso (idem, 198) così aveva avvertito Bellofiore all'inizio del suo saggio. Lasceremo da parte il valore metodologico di queste narrazioni storiche, parziali e selettive, sempre fatte a ritroso e sempre dotate di una validità tutta soggettiva o, peggio ancora, ideologico-politica! Si nota pero la definizione data dal dizionario del termine ritroso:

1) poco socievole per timidezza o per modestia | che è restio a dire o a fare qualcosa: essere ritroso a parlare in pubblico
2) nella loc. avv. a ritroso, all'indietro, in senso opposto a quello normale: procedere a ritroso avv. con ritrosia.(http://www.garzantilinguistica.it/interna_ita.html)

Il povero Bellofiore dice sempre incoscientemente di più di quanto pensa. Confrontato a queste regressioni, il Partigiano Vercors parlava giustamente di "animali ri-naturati". Nel suo opporre la volontà alla dialettica del divenire storico di Hegel, Schopenhauer affermava che quando si errava importava errare in modo massiccio. Attitudine metodologica adottata con tipica furbizia da Nietzsche. Non stupisce che tale attitudine volontariamente interpretata lontana dai metodi scientifici di falsificazione sia proprio quella rivendicata poi, con caratteristica ambiguità sarcastica, dal rettore Nazi Heidegger. Alcune frequentazioni non sono certo mai sprovviste di conseguenze.

 

Sono un cittadino italiano con la doppia cittadinanza italiana e canadese. Per dieci anni ho insegnato le scienze politiche. Ho compiuto i studi per il Ph.D in Economia politica internazionale ma non ho potuto presentare la mia tesi, dato i furti a ripetizione commessi contro di me, a cominciare dai miei direttori di tesi alla York University di Toronto (i stessi ruffiani che mi accusarono di essere "ossessionato dalla legge del valore"! e che contribuirono alla mia codarda esclusione amministrativa illegale ed abusiva); a queste villanie si aggiunsero poi gli abusi della direttrice temporanea del Reparto di Scienza Politica della UQAM di Montreal. Pertanto considero la tesi di dottorato ormai superata dato che, finché non sia presentata la prova scientifica contraria, considero il miei tre libri tre premi Nobel di economia. So inoltre che, all'immagine della mia tesi di MA presentata a York, non ci sono professori universitari attuali in grado di correggerla, dato che imparano leggendo anche quando dimenticano di citare le loro fonti (1) Da decenni sono sottomesso ad una sorveglianza di ogni istante. Si tratta di una sorveglianza illegale ed legalmente abusiva, aggravata da un intenso assillo politico, una sorveglianza che sin dall'inizio ha servito per rubare e cercare di denaturare il mio lavoro intellettuale, proprio nel momento in cui ne scrivevo i primi abbozzi, forzandomi così a rendere il mio lavoro pubblico con la massima fretta per non essere poi obbligato a citare dei volgari ma numerosi plagiari tanto ignoranti quanto malintenzionati. A questo giocco non hanno nemmeno saputo controllarsi tizi come Claude Allègre l'ex-ministro dell'Educazione del governo Jospin o l'altro ministro dell'Educazione di destra, de Robien (2) Per il resto, sapendo di non essere pubblicato e rifiutando in nome del proletariato e in mio nome proprio l'occultazione di classe, ho preferito rendere il mio lavoro accessibile in italiano prendendo, con la massima umiltà, la responsabilità di tradurre me stesso. Le compagne ed i compagni che troveranno il coraggio di leggermi non dovrebbero perdere il loro tempo; credo pure che l'esercizio non sia poi così nocivo alla loro propria sintassi e alla loro propria grammatica, se non altro perché ho messo da parte quelle formule vuote che, secondo Keynes, trasformano la poesia in prosa, e la prosa in gergo!

 

In questa lettera voglio pero denunciare specificamente i signori Bertinotti e Bellofiore. Ambedue si sono messi in testa di escludere marxisti come me, come pure di occultare, per fini politici ed anche personali, il marxismo autentico. Il Bellofiore ha adottato qualche precauzioni oratorie che lo condannano ancora di più, mostrandone la viltà personale ed intellettuale. L'analisi tematica e semantica, l'analisi dei contenuti da lui nietzschianamente denaturati, mostra chiaramente che sono io il maggiore bersaglio di questa manovra, cosa facilmente dimostrabile con altri metodi ancora più diretti, ad esempio usando le mie lettere e le mie critiche al Prc. Tuttavia finge di ignorare il mio lavoro purtroppo da lui e da Bertinotti bene conosciuto. Va sottolineato che ambedue lo fanno contro la deontologia accademica e quella della funzione stessa di Presidente della Camera. Aggravano poi la loro manipolazione quando cercano vanamente di proteggersi, restringendo l'analisi ai solo presunti marxisti italiani (!) quando non possono ignorare che sono anche io italiano; nemmeno possono ignorare che la loro infame impresa di occultazione, coscientemente iscritta in una impresa filo-Semita più vasta, è direttamente diretta contro la mia opera marxista, soprattutto nel momento in cui ho deciso di tradurne rapidamente alcuni brani per rompere la loro odiosa cospirazione del silenzio. Credono che il loro facile accesso alla pubblicazione ed alla stampa di grande tiraggio, aggiunto alla presunta credibilità derivata dalle posizioni istituzionali e professionali da loro usurpate, possa conferirli il potere, non solo di rubarmi e di cercare a denaturare i miei concetti marxisti, ma pure di occultare il mio, forse criticabile ma intanto ineguagliabile, contributo scientifico alla mia disciplina, un contributo autenticamente marxista, orgogliosamente ottenuto senza nessun compromesso accademico o sociale. Cercano di sostituire all'analisi marxista scientifica una narrazione filo-semita nietzschiana preventiva. In questo modo, violano tutti i principi intellettuali e politici. Violano la deontologia scientifica assieme alla trasparenza della rappresentanza politica, chiave della democrazia ed esigenza della nostra Costituzione partigiana. Credono, in modo abbastanza ingenuo, di essere in grado di approfittare del controllo istituzionale dei flussi cosiddetti "autorizzati" delle comunicazioni. Ignorano pero tutto della nostra Costituzione e dei diritti sanciti tanto dalla UE, dalla UN e dalla ontologia universitaria ed intellettuale.

 

Ognuno ha il diritto alle proprie opinioni. Da un punto di vista accademico-intellettuale si può anche scegliere di non essere marxista. Ma non è mai permesso di pretendersi marxisti, o di essere pagato come rappresentante eletto dai comunisti, per tentare di mistificare o di occultare il marxismo autentico; se non altro perché la dialettica umana marxista è antitetica alla regressioni filo-semite nietzschiane (il resistente Vercors parlava con ragione di "animali ri-naturati", cosa diversa ma ben più seria della a-secolare apostasia). La scienza pero non è materia ad opinioni: non si può abusare della propria posizione per occultare la scienza solo perché conviene dal punto di vista politico. Si può fare opera di critica scientifica citando i testi criticati, dando così la possibilità all'autore, giustamente  sottomesso a tale esame critico, di comporre una risposta; ma non si può pretendere decretare, per fini politici e personali, la fine di una scienza della quale non si sa niente, o comunque non si sa gran cosa. Dal punto di vista del Presidente della Camera, la cui funzione dovrebbe invece essere quella del rispetto di tutte le cittadine e di tutti i cittadini, le cose sono ancora più serie: soprattutto perché Bertinotti fu pagato come comunista, continuando ad esserlo proprio sopra questa base. Questo diventa allora un crimine molto serio contro la scienza e contro la Costituzione. Assieme, il Bertinotti e il Bellofiore, nella loro opera cosciente di occultazione e di denaturazione, risultano operare secondo il modo delle classiche associazioni finalizzate a delinquere. Da questa gente non chiedo scuse senza riparazioni. Perciò, chiedo la loro immediata destituzione dalle loro cariche. Fa proprio ridere udire questo ubbuesco Bertinotti, nel suo abito auto-cucito di presunto becchino del marxismo, lui che di Marx non conosce un bel niente come, in fatti, di quasi tutto il resto. Incluso, della nostra Costituzione, secondo la propria ammissione personale quando si apprestava a prendere la presente sua carica istituzionale! Per negare Marx si cerca di raccontare che si deve andare oltre a Marx. Ma se Marx è scienza come si può pretendere andare oltre alla scienza? Con le narrazioni filo-semite nietzschiane? O forse con l'aiuto di qualche spirito scimmiesco, caro alla mente sifilitica del apologo delle caste e della Legge di Manu, Nietzsche? Ecco il problema. Problema scientifico eccellente ma anche costituzionale, perché la nostra Costituzione impedisce il ricorso ad ogni forma di fascismo, mentre non si può negare che il nietzschianismo sia fascismo, e peggio ancora, il nietzschianismo filo-sionista. Tanto dal punto di vista sostantivo che dal punto di vista metodologico e politico. Nel nostro Paese, basterebbe ricordare il ruolo deleterio quanto criminale dei Sarfatti nel partito socialista italiano, e sopra tutto quello di Margherita Sarfatti nel finanziamento e nella formazione del "duce", come pure del fascismo italiano e mondiale.  Come abbiamo già accennato, il Bertinotti fa la stessa cosa con il problema della guerra nella conclusione del suo articolo antecedentemente citato, pero, sopra questo capitolo specifico, sanno ormai tutte e tutti cosa pensare! Fatto sta che l'impresa di oscurantismo è generale. Essa cerca di investire tutto il campo intellettuale, politico e culturale. Necessità pero poco giudizio per realizzare che in questo modo imitano il pavone di Apollinaire quando fa la ruota per farsi ammirare e mostrare quanto è bravo e bello!

 

Bertinotti mi sembra un ruffiano nel senso etimologico del termine, un ruffiano nato e pasciuto. Uno che crede di farsi eleggere da comunista per fare dell'anticomunismo, abusando le cariche istituzionali; uno che crede di potere trattare i compagni di partiti e grandi intellettuali come me da "incompatibili" con impunità. In questa storia, il Bertinotti non può pretendere ignorare niente della giustezza delle mie accuse, neanche per quanto riguarda la sorveglianza illegale, l'intenso assillo politico, o i furti commessi contro di me usando illegalmente di questa sorveglianza. (Io pero non sono nella situazione né di del grande tenore americano Paul Robeson sotto mira della CIA-FBI, né del grande teorico marxista Althusser sotto mira coniugale tramite l'assistenza pubblica del Intelligence Service Inglese, se non altro perché fruisco delle loro tragiche esperienze; poi, io sono nativo di Calabria.) In oltre, al signore Bertinotti come ad altri avevo mandato dei contributi marxisti che ora si cerca vigliaccamente di occultare. Per primo, il mio saggio del 1996 intitolato Tous ensemble, già all'origine scartato dagli inqualificabili Ingrao ed altri tizi del genere al Manifesto (Per quanto al oggi defunto Napoleoni, avevo chiesto che li fosse trasmesso, e non posso credere che no lo sia stato, il che costituisce una condanna assai severa per non meritarsi altri commenti.) Bertinotti non è degno della sua carica: deve andarsene. Intanto, richiamandomi alla Giustizia, a Bertinotti ed a tutta la sua famiglia mando la mia maledizione, augurando che siano tutti sottomessi alla stessa esclusione e a forme di torture varie che sono e continuano ad essere praticate contro di me, in quanto marxista, senza nemmeno risparmiare la mia famiglia, ma approfittando appunto della sorveglianza continua ed illegale alla quale ho già accennato.

 

Arrivo ora al professore Bellofiore ed al suo articolo incluso nel libro Da Marx a Marx? Bellofiore è proprio un caso patetico. Il suo utilizzo del mio materiale senza che si diano mai le fonti non risale a questo articolo. Ho già avuto l'occasione di contestare la sua mancanza alla deontologia accademica per un articolo pubblicato assieme ad Halevi nel giornale Il Manifesto. Nonostante l'avvertimento, il giocco continua. Questa gente si è fabbricata un senso profondamente radicato dell'impunità, oppure si è creata una convinzione soggettiva irrazionale di essere aldilà della deontologia e delle leggi! Contribuisce così a diminuire il progresso scientifico, dunque marxista, della disciplina, ed in realtà di tutte le discipline appartenenti alle scienze sociali. Per lottare contro il marxismo, arma intellettuale del proletariato, Bellofiore riprende, in senso inverso, la mia denuncia dei marxiani ed altri marxologisti. In seguito, ignorando ovviamente tutto dell'epistemologia come della metodologia, ci propone una caratteristica lettura a ritroso, pensata proprio per occultare i miei risultati scientifici, e per proporre delle piste del tutto a-scientifiche ma congruenti con il disegno di Bertinotti e dei suoi veri maestri ed ispiratori: in breve tentano di imbrogliare le piste per togliere al proletariato le sue avanzate scientifiche di punta e, potenzialmente, le sue avanzate politiche e sociali. Nel paese del massone fascistofile per eccesso di liberismo, Benedetto Croce, per il quale la storia è sempre storia contemporanea, non vede neanche che una storia a ritroso può soltanto essere una storia di asino nietzschiano (3) nato e pasciuto. Almeno che non sia una storia, al dire di Thomas Kuhn, già normalizzata, cioè la storia di una scienza che non chiude le sue indagini future, ma che è invece capace di dimostrare la correttezza della sua ontologia, della sua epistemologia, della sua metodologia, della sua o sue teorie, almeno nel quadro di un determinato universo; una scienza che sa dunque utilizzare scientificamente i suoi risultati, formulare utili ipotesi ed essere sempre lucida a proposito delle sue presupposizioni, delle sue premesse, della logica dei suoi ragionamenti, come pure dei suoi limiti ontologici, cioè della possibilità d'esistenza di altri universi, il che porrebbe il problema dei rapporti necessari oppure solo possibili tra questi vari universi. Ma allora, se così è, come si potrebbe arrivare ad una storia normalizzata del marxismo, cioè alla realizzazione che il marxismo è scienza senza tenere conto dei miei risultati, pure sapendo in modo innegabili che esistono? E che la loro esistenza costituiscono proprio l'arma scientifica della coscienza del proletariato, perché sono capaci di restituire Marx e di prolungarlo per meglio interpretare con efficacia pratica il mondo attuale, e per progettare delle piste di ricerca concrete per il futuro scientifico dell'umanità, cioè per la realizzazione del comunismo con il suo regno della necessità (gestione economica legata alla dialettica della natura e dunque alle forze produttive) ed il suo regno della libertà, cioè la democrazia socialista, dunque il regno del divenire storico umano finalmente astratto della preistoria delle società caratterizzate dal dominio dello sfruttamento del Uomo dal Uomo. L'impresa bertinottiana, assistita da Bellofiore, non è altro che un'impresa oscurantista di mistificazione. Sarebbe come se il Tizio-Bellofiore pretendesse riproporre il flogistico in chimica dopo Lavoisier, o ancora il Caio o Caino-Bertinotti e il Sempronio-Bellofiore che pretendessero proporre di ritornare a Broglie, Ramsay ed altri prima del 1905 in materia di fisica per potere ignorare i risultati della teoria della relatività ristretta e della relatività generale di Einstein!!! Si dice che il ridicolo ammazza. Ma questo detto non si verifica con questi tizi: questi fanno invece professionalmente il loro lavoro di mistificazione, in realtà furono appunto scelti proprio per la loro faccia coltivata come tale. Rimane che sono pagati con soldi pubblici e questo è intollerabili. Propongono de facto delle versioni di neo-nietzschianismo allorché dovrebbero sapere che questo, nella nostra Repubblica, fu dichiarato anti-costituzionale (vedi Articolo XII delle Disposizioni transitorie e finali.)

 

La storia a ritroso di Bellofiore cerca di impadronirsi per meglio denaturarli certi concetti resi nuovamente attuali dal punto di vista scientifico da me; le mie delucidazioni presentavano un contenuto nuovo rispetto a quello dei marxiani attuali, ma un contenuto fedele al concetto originale di Marx o dei miei compagni marxisti autentici, fra i quali, per prima, i miei compagni bolscevichi, molto più avanzati in materia di materialismo storico come scienza nonché tutti questi grotteschi ruffiani. Non mi allungherò troppo sopra questo soggetto perché tutto è ormai diventato ovvio. Fra l'altro, c'è, in parte volontariamente ed in parte per cretinismo coltivato al modo nietzschiano, un insopportabile e volubile lassismo in questo tipo di presunta esposizione filo-nietzschiana a ritroso, una che no può neanche pretendere essere un esercizio di puro stile del tipo prediletto da Roland Barthes! Tuttalpiù rileva delle grottesche mistificazioni di un pitre come Derrida ed altri di questo tipo. Vi darò qualche esempi e poi tornerò subito al più importante, cioè all'esposizione di alcuni veri problemi scientifici di Marx e del marxismo, proprio quelli che i vari massoni e teorici borghesi hanno cercato di strumentalizzare contro il marxismo e sopratutto contro il proletariato, trovando in camino molti imbecilli stipendiati del tipo Bellofiore. Questa esposizione scientifica mostrerà più di ogni altra cosa la vacuità pretensiosa di questi tizi, e renderà chiaro il loro disegno di mistificazioni che ho qualificato, pesando bene le parole, di criminale e di ruffiano.

 

Ecco dunque per prima i concetti ripresi con la volontà di denaturarli. Il lavoro vivo (si, ma dopo di me, dopo il mio Tous ensemble, come si fa a parlare del lavoro vivo in astrazione del problema della produttività, dunque della composizione organica del capitale, e dunque della commensurabilità del valore della forza del lavoro da non confondere con l'espressione generica di "valore del lavoro". Come ricorda Palloix citando Marx, il quale si ispirava del rigore logico di Leibniz (il giallo non è l'amaro), il valore del lavoro altro non è che un "sillogismo giallo", cioè il concetto ricardiano del valore, mentre Marx parla di valore di uso e di valore di scambio delle merci, dunque del valore di scambio della forza del lavoro, il che li permette allora di concepire la sovrappiù.) Il salario come variabile indipendente (Ma come si fa a parlarne in modo marxista se prima non si è affrontato il problema delle riproduzione e sciolto il falso problema della trasformazione dei valori in prezzi di produzione? Il Bellofiore per conto suo afferma che tale problema non esiste perché sarebbe un problema falso, ma omette di dire che questo l'ha letto per prima nei miei testi, come pure omette di sottolineare che tale affermazione rimarrebbe totalmente gratuita senza riferimento al mio contributo definitivo! Lui, Bellofiore, non sarebbe neanche in grado di capire che se non si risolve il problema della produttività, cioè se non si riesce ad delucidare la legge del valore nelle Equazioni della Riproduzione Semplice tali che poste da Marx, rimarrebbe totalmente illegittimo, dal punto di visto scientifico, pretendere che non esiste nessun problema: Paul Sweezy, un grand marxista con una metodologia scientifica rigorosa, non le fecce quando ripropone modestamente il problema... Solo asini nati e pasciuti possono pretendere "autorevolmente" cambiare affermazioni personali per dimostrazioni; fra l'altro questo Bellofiore crede di poter farlo con autorevolezza "accademica"!!!) Il paniere di Sraffa da collegare al lavoro (Ma come si può pretendere questo se non si specifica che si tratta del lavoro socialmente necessario in quanto valore di uso e valore di scambio, cioè quantitativamente e qualitativamente, che, contrariamente alle mistificazioni, questa volta involontarie, del asino Bellofiore non è il "lavoro vivo" ne il "lavoro astratto", ma bene il "lavoro socialmente necessario"? Ora, è proprio questo concetto di lavoro socialmente necessario che serve a capire il fatto che il salario sia pagato al suo valore di scambio come ogni altra merce, cioè non è un semplice furto alla Proudhon, per intenderci bene, così che, contrariamente a Ricardo permette di fare emergere razionalmente la genesi del profitto. Ed al stesso tempo, almeno quando collocato al concetto giusto di composizione organica notato e dimostrato da me essere v/C dove C = c + v , invece dell'usuale ma incorretto v/c -, permette di capire la razionalità della riproduzione marxista contro le teorie del equilibrio generale, a cominciare da quella emblematica di Walras sempre imitato in qualche modo da tutti gli altri, anche da Sraffa. Va sottolineato che Sraffa non era ingenuo quanto i suoi autoproclamati discepoli: il suo "paniere di merci per la produzione di merci ci" costituisce un tentativo maldestro - diciamo: reificato per causa di falsa coscienza politica - di recuperare il concetto chiave di Marx di "lavoro socialmente necessario" per la produzione di merci; il tentativo di Sraffa falli: ma Sraffa non aveva illusioni al riguardo e parlava di "prolegomeni". I neoricardiani invece si gargarizzarono con testi così utili scientificamente quanto quelli di Bellofiore, ma con un prezzo socio-economico preciso: cioè, la rapida distruzione dell'Italia sin dal cosiddetto Patto sociale del 1992. ) La moneta di Rosa Luxemburg (Ma come si fa a parlarne se non si mostra come la Rosa Luxemburg, per altro importante per la comprensione dell'imperialismo e della via pacifica al socialismo come ho mostrato nel mio Réformes démocratiques révolutionnaires nella seconda parte di Tous ensemble, sia stata sfortunatamente influenzata dal modo falso di porre il problema che risale a Böhm-Bawerk, a Tugan-Baranovoski e a Bortkiewics? Per passare al serio, senza insistere sopra i contributi meno utili di una grande rivoluzionaria comunista, io avevo a proposito ricordato solo la critica definitiva ma costruttiva di PP Rey: ogni scambio deve essere mutuale. In altre parole, il problema della moneta non si risolve senza rispettare le equazioni della Riproduzione Semplice, poi passando alla Riproduzione Allargata. Per più chiarezza, possiamo brevemente aggiungere qui (vedi più sotto) che il settore di Lusso non è, e non può essere, come in Tugan-Baranosvki il settore della moneta (e dell'Oro). Guardo caso quest'asino di Bellofiore accusa Althusser di non aver letto i tre primi capitoli del Capitale mentre il suo professore Napoleoni ha imparato a leggere Marx, come molti altri, con il contributo del grande teorico marxista Louis Althusser! Risulta sfortunatamente che questi tre primi capitoli, se furono mai letti, ovviamente non furono mai capiti da questo asino, in quanto mostrano che ogni merce può funzionare come moneta nello scambio, che la moneta metallica o di la moneta di carta diventa una merce specializzata nel scambio ma non assume mai la natura di un equivalente universale, perché solo il valore della forza del lavoro può funzionare come equivalente universale, anche per la cosiddetta economia dell'immateriale, una versione teorica moderna che non è mai stata in grado di capire il concetto di lavoro detto improduttivo di Marx. (Nota aggiuntiva: L'origine moderna di questa teoria dell'immateriale va trovata nel tentativo di neoliberali marginalisti del tipo Stiglitz e Cie, i quali reagivano al tentativo sraffiano di ristabilire la priorità dell'economia reale: va ricordato che per Sraffa era "materiale" quello oggetto al quale si poteva "dare un calcio", concetto materialista primitivo, lontano dal materialismo storico di Marx, per il quale il credito, pure essendo una mediazione monetaria necessaria ai cicli del capitale nella Riproduzione, era non di meno molto "reale" dal punto di vista sociale, economico e storico, una realtà manifestata concretamente tramite "le conseguenze socio-economiche" prodotte dalle crisi capitaliste, pagate da operai "in carne e ossa" secondo la lucida espressione di Keynes ... I neoliberali si illudevano che l'economia immateriale - servizi e sopratutto servizi finanziari -  poteva finalmente essere astratta dalla logica della legge del valore: assurdità del tipo di quelle di J.B Say che fa nascere il miraggio di una economia capitalista senza trade cycles e senza nessun'altra contraddizione (tra capitale e lavoro, tra salario e profitto, sopratutto tra produzione e consumo ecc...); assurdità tragicamente palese dal punto di vista marxista, che oggi tutti possono verificare con il clamoroso fallimento del cosiddetto paradigma della "banca universale" con i suoi subprimes, i suoi CDS ed altri OTC ...cioè la New Economy caratterizzata dall'egemonia dei servizi finanziari senza altre base oltre che speculative, con i suoi Stati capitalisti venduti, anima e corpo, ai "spiriti animali" di questo tipo apolide di capitale ... A questo proposito, vedi pure la mia denuncia del pitre Cini.) Maximilien Rubel o , se si vuole un marxologista della peggiore spezia, da me denunciato viene perciò difeso da un Bellofiore, il quale in realtà non ne deve sapere molto. Dobbiamo allora chiederci: Perché? Di fatti, se come me Bellofiore avesse letto con carte e penna in mano la sua edizione di Marx nella La Pléiade, avrebbe visto come tra i tagli, i rinvi nelle note e i commenti, l'opera di Rubel non rappresenta niente altro che il tentativo ciarlatanesco di negare la scientificità di Marx e di operare la sua sussunzione nella sociologia di Weber o di Mannheim. Per sfortuna, oggi sappiamo tutti come il Max Weber divento messo scemo dopo avere letto Marx, dato che il suo mondo colorato dal presuntuoso junkerismo post-hegeliano gli scappava sotto i piedi, sappiamo in oltre che ritrovo il suo equilibrio mentale solo dopo una convalescenza in Italia dove adopero in parte il metodo nietzschiano di narrazione, ma facendolo con una voglia scientifica sociologica, problema tutto astratto per il nostro asino Bellofiore, che scrupoli di coscienza scientifici di questo tipo proprio non sembra intrattenere, e nemmeno intuire. Questo tentativo rubeliano di seppellire i contributi scientifici dunque rivoluzionari del marxismo sotto le varie stratte borghese della "sociologia della conoscenza" ebbe un risultato paradossale:  lavoro da pitre eccellente, perché facendo così, credendo distruggere Marx senza crederci realmente, al modo di Böhm-Baverk prima di lui, questo Rubel pubblicò le lettere di Marx à Engels relative al problema dei prezzi di produzione che aprirono la strada a P.P Rey e poi, tramite il bello lavoro critico di PP Rey, a me ... Così, Rubel venne pagato per suoi sforzi all'immagine del Gran Maestro Nietzsche finalmente "pietosamente" appeso al colo del cavalo ferito ...!)

 

Mi fermo qui perché non sembra essere di grande utilità dimostrare che un asino sia asino, o che crede di sapere cantare meglio degli altri. Meglio allora riproporre qui i veri problemi scientifici, i sviluppi compiuti per attualizzarli assieme ai sviluppi ancora da attualizzare nell'opera di Marx in modo da fare non solo opera profilattica di denuncia contro i nostrani mistificatori di basso livello, ma anche opera di pedagogia generale scientifica, dunque marxista, almeno per quanto riguarda le scienze dette sociali, e più specificamente la regina tra di esse, il materialismo storico, considerato giustamente così al stesso modo che la logica è considerata la regina delle scienze formalizzate e delle matematiche.

 

Quali sono dunque i presunti problemi, da me per prima scientificamente dimostrati falsi, nel opera di Marx?

 

1) La legge de valore 

 

La storia vera, documentata, di questa travaglia risale alla furbizia borghese di Böhm-Bawerk. Si tratta di una furbizia borghese caratteristica perché anche se fosse stato vero che si verificassero contraddizioni logiche insormontabili nell'opera di Marx, doveva anche lui riconoscere di non essere mai stato capace dimostrare di potere fare meglio, cioè doveva riconoscere di avere fallito nel suo tentativo di porre le basi scientifiche del concetto di valore o, ancora peggio, di avere fallito nel tentativo di risolvere nel suo proprio sistema il problema ex-ante, post-hoc della trasformazione dei valori in prezzi di produzione i.e. quello appunto della coerenza nella Riproduzione da lui imputato arbitrariamente a Marx. Per la critica del concetto di valore di Böhm-Bawerk si vede il mio compagno marxista bolscevico Bucharin, uno che era tutto forca di un marxologista, anche se Lenin diceva affettuosamente da lui che aveva una propensione scolastica; la critica di Böhm-Bawerk iniziata da Bucharin fu portata da me al suo termine definitivo, anche riportando alla luce la critica di Marx a Senior. E giusto parlare di termine definitivo, visto l'organicità esauriente marxista della mia dimostrazione, almeno che non si faccia la prova scientifica del contrario ... L'occultazione è ignoranza e demagogia di classe, non è critica. (Di Nikolaï Bucharin, Economic theory of the leisure class, in Monthly Review Press, 1972, vedi la Nota 80 (p 194) dove si riassume la critica di von Wieser al concetto di "utilità marginale". Wieser dice: se 1 prodotto ha una utilità marginale di 10 più si aumenta la quantità più l'utilità marginale si abbassa per finalmente raggiungere zero: una bella contraddizione! In realtà, pure se intuisce le contraddizioni nella teoria delle economie di scale (Sraffa), l'argomento non è totalmente logico perché l'offerta e la domanda interagiscano per stabilire l'equilibrio, il quale pero è sempre istantaneo e fugace portando alla situazione descritta da Marx nei Manoscritti parigini del 1844: a) sul lungo termine la concorrenza si cancella e i prezzi diventano valori; b) di più, come ho dimostrato, sé si fa finta di credere che l'utilità marginale ad un punto preciso della produzione è uguale al prezzo di vendita del stesso prodotto sul mercato (problema visto da Samuelson ma subito seppellito), il marginalismo è ontologicamente incapace di superare il problema ex ante/post hoc attribuito falsamente da Böhm-Bawerk a Marx perché - a parte il problema in (a) tra dato istantaneo o di lungo termine, non è capace di collegare la microeconomia con la macroeconomia in modo coerente, quello che Marx chiamava la domanda sociale, la quale sovradetermina il mondo epifenomenologico dei prezzi capitalisti; con la pianificazione, dunque le Equazioni della Riproduzione Allargata, questa epifenomenologia in prezzi del "mercato" viene rimpiazzata con il sistema valore di scambio calcolato dal uso della forza del lavoro disponibile nella priorizzazioni messe in atto dalla pianificazione. Pero a questo punto vorrei solo sottolineare come tutto sommato sia ancora confusa e prigioniera dei presupposti marginalisti la critica di Wieser rispetto alla critica magistrale (e diciamo anticipata) di Marx contenuta nel capitolo La ultima ora di Senior del Capitale Libro I, dove si dimostra che il valore non può essere solo definito dal margine ma deve anche corrispondere ad una verifica di proporzionalità qualitativa e quantitativa - del lavoro incorporato- in ogni prodotto come pure nella somma dei prodotti di un dato processo di produzione immediato. Questa critica di Marx è letale: e la prova definitiva né viene data dalla mia restituzione della produttività nelle Equazioni della riproduzione semplice. A buon diritto Marx poteva ridicolizzare Senior e i suoi maestri gli industriali inglese notabilmente di Manchester nel loro piangere sul fatto che passando da 12 ore di lavoro a 10 si perdeva tutto il profitto prodotto nelle ultime due ore ...!!! Va sottolineato che gli avversari attuali della riduzione del tempo del lavoro sono così pertinenti di Senior, incluso Samuelson con la sua grottesca "lump sum theory of labor".)

  

Böhm-Barwerk dice questo: Guardando le tabelle della riproduzione del Libro II e del Libro III del Capitale (in realtà, pubblicati in modo postume da Engels con il sfortunato aiuto di Kautsky ed altri), pensa potere esultare in trionfo perché è convinto di avere afferrato una contraddizione capace di sradicare Marx "roots and branches": lui che era sul bordo del collasso morale, come tanti altri piccoli borghesi e massoni dopo la lettura del Libro I, nota con euforia che ci sarebbe un'antinomia logica tra gli input in valore del Libro I del Capitale pubblicato da Marx medesimo - anche in versione francese data da Marx come l'edizione di riferimento - e gli output in prezzi di produzione delle tabelle del Libro II e del Libro III. Rimando al mio sito ed in particolare ai miei libri Tous ensemble, Pour Marx, contre le nihilisme, Keynésianisme, Marxisme, Stabilité Economique et Croissance come pure al mio saggio intitolato L'anti-Varela. Per facilitare l'esposizione darò qui una di queste tabelle che si trovano già nel mio Tous ensemble del 1996, notando en passant tutti questi anni perduti per causa di questi idioti pagati come professori o come deputati e presidente della Camera. E dunque ora basta! - Essendo questi libri in francese o in inglese ecco dunque in italiano la tabelle più importante con il richiamo della formulazione delle equazioni di base della Riproduzione semplice (RS) riassunte in modo corretto da Bucharin, la RS essendo secondo Marx il luogo teorico dove si pone il vero problema analitico, la Riproduzione Allargata essendo poi solo una questione di generalizzazione dinamica dei risultati ottenuti con la Riproduzione semplice.

 

Ecco per prima le equazioni di base della Riproduzione Semplice (RS) secondo Marx-Bucharin:

 

c2 = v1 + pv1

M2 = v1 + pv1 + v2 + pv2

M1 = c1 + c2

 

Queste equazioni si leggono nella tabelle illustrativa della RS che propongo qui:

 

Settore I: c1:80F         +         v1:20F         +         pv1:20F = M1:120F

                80Mp/80h         20Mp/20h         20Mp/20h = 120Mp/120h

 

Settore II: c2:40F         +         v2:10F         +        pv2:10F = M2:60F

                 40Cn/40h        10Cn/10h         10Cn/10h = 60Cn/60h

 

In questa tabella abbiamo i due settori della RS di Marx, il Settore I dei Mezzi di produzione (Mp) e il Settore II dei Mezzi di consumo (Cn). Il capitale costante viene chiamato c, il capitale variabile viene chiamato v, la sovrappiù pv, il prodotto di un settore M. Poi nella mia tabella, già corretta come vedremo per la composizione organica e dunque per la produttività e la commensurabilità del valore della forza del lavoro, sono in grado per la prima volta di dare in modo coerente il valore di ogni elementi in temine della produzione del settore medesimo (se si vuole prezzi ovvero valori relativi), e in termine di ore e, anche se qui risulta superfluo perché si tratta di una situazione dove la composizione organica e i tasso di sovrappiù sono identici da un settore all'altro, in termine di denaro (F), cioè di valore di scambio generale. Questo è importante perché già qui notiamo che le critiche di Böhm-Bawerk e il modo di porre il problema della RS di Tugan-Baranovski e di Bortiewicz sono del tutto falsi.

Va ricordato che Tugan-Baranovski e Bortkiewics dopo di lui ambedue pongono la RS nel modo falso seguente, che risulta solo essere un stratagemma utilizzato per ottenere una formulazione quadratica che pero non ha più niente à che vedere con il problema economico posta da Marx! Ecco questa quadratica formalizzazione con stesso numero di equazioni quanto di ignote. Basta così dare il settore III come settore oro - unita di conto ad apparenza materiale ma totalmente arbitraria -, et voilà, le tour est joué:

c1 + v1 + s1 = c1 + c2 + c3

c2 + v2 + s2 = v1 + v2 + v3

c3 + v3 + s3 = s1 + s2 + s3

Ripeto: Questa formulazione non ha più niente a che vedere con il problema economico-scientifico posto da Marx (più che la sostituzione in contrabbando del modello "matematico" alla realtà si tratta solo di un sotterfugio conosciuto, proprio quello che fu portato al suo ultimo termine grottesco ahimè! dal re dei positivisti moderni, l'ideologo Karl Popper: cambiare i termini di un problema tramite una formalizzazione nuove e pilotata del problema, la quale cambia la finalità della ricerca che diventa così compatibile con le narrazioni borghesi; sviluppo verificabile con Tugan-Baranosvki stesso, il quale cerca di salvare la faccia con una teoria sintetica del valore (sic!), e con tanti altri.)

Va notato che prima delle mie delucidazioni questo modo falso di porre il problema, sopratutto nella versione di Bortckiewics, fu quasi unanimemente accettato, anche da Sraffa che ne trae l'idea della risoluzione simultanea dei suoi set di equazioni (senza pero saper spiegare la genesi del profitto più di Ricardo ...) Bucharin si rese conto che la discussione girava attorno ad un "cerco vizioso" ma non vide l'importanza del capitolo del Capitale I relativo all' "ultima ora di Senior": quando letto bene questo capitolo contiene già in se tutta la critica del marginalismo nascente nel sue varie forme ante-Marshall, notabilmente la Scuola austriaca e i contributi di Tugan-Baranosvki e di tanti altri. Paul Sweezy fu il solo ha porre onestamente il problema mettendo anche a disposizione i saggi di Tugan-Baranosvki e di Borkiewics, mentre cercava purtroppo senza riuscirci, ad andare oltre lui stesso (fallimento che spiega poi il suo concetto marxiano-keynesiano di "surplus".) Questi fallimenti avevano in realtà occultato la scientificità del lavoro di Marx, notevolemente per quello che riguarda la legge del valore. Avendo ristabilito la legge del valore al suo ineguagliabile pregio scientifico dimostrando la legge marxista della "produttività" e inserendola in modo totalmente coerente nelle Equazioni della RS secondo le esigenze di Marx, ho così sgomberato le narrazioni pseudo-scientifiche del campo di studi economico: In questo campo almeno finché non si riesce a criticare scientificamente la mia dimostrazione, la legge del valore di Marx assieme al metodo del materialismo storico regna suprema (anche se questa vittoria scientifica strategica nella Battaglia delle Idee viene occultata dagli avversari di classe e da tanti grotteschi pitre. In any case, the ball is in their camp, now. Credendo di avere notato una contraddizione tra il Libro I e i Libri II e III del Capitale Böhm-Bawerk dichiaro di avere distrutto il marxismo "roots and branches": la mia critica mostra che era solo un pitre perché così facendo una volta le false contraddizioni nell'opera di Marx tolte da me rimane solo il problema ex ante post hoc sollevato da Böhm-Bawerk ma ora rivolto in modo micidiale alle sue stesse teorie come pure a tutte le altre varianti delle teorie economiche borghesi, le quali per dirlo in modo semplice non riescono mai a conciliare micro e macroeconomia. la legge di Marx restituita da me rimane la sole teoria scientifica capace di farlo in modo totalmente coerente.)

Di tutto questo l'asino Bellofiore non sa un bel niente: a lui basta affermare che il problema della trasformazione dei valori in prezzi di produzione non esiste: tanto dal punto di vista accademico sa di non rischiare niente (malgrado tutto quello che si dice relativamente alla deontologia, alla formazione ecc; oppure per quello che riguarda l'uso dei fondi pubblici in università pubbliche ...)

Il mio discorso, si nota, rappresenta una procedura assai diversa di quella messa in opera dal asino Bellofiore che comincia per affermare che il problema della trasformazione non esiste per poi confabulare in modo volubile, confuso e del tutto inutile, se non addirittura intellettualmente e socialmente nocivo.

 

Il problema di Böhm-Bawer era seguente. Crede che la composizione organica si scrivesse capitale variabile sopra capitale costante (v/c); poi nota correttamente il tasso di sovrappiù come pv/v. Quando scrive v/c secondo l'uso ordinario, ma falso, sbaglia tutto sin dal inizio: Io ho mostrato che si deve scrivere in modo corretto la composizione organica del capitale come v/C, dove C = c + v, appunto perché si tratta di composizione organica del capitale la quale mette in giocco al numeratore v come capitale variabile sotto forma di lavoro vivo, e al denominatore ancora v ma questa volta come capitale variabile sotto forma di lavoro passato aggiunto a c, il capitale costante incorporato nei mezzi di produzione altri che il lavoro variabile; nella produzione la forza di lavoro è l'unico fattore di produzione capace di esibire questa dualità appunto perché è l'unico agente capace di creare nuovi valori di scambi, incluso se stesso sotto forma di salario, cioè in termini del valore di scambio della forza del lavoro sul "mercato del lavoro", o ancora, detto  più genericamente, quello che si necessita per riprodurlo come lavoro socialemente  necessario alla produzione ...)

 

A questo punto nota che se mai, tenendo questa falsa composizione organica (v/c) uguale da un settore all'altro, si facesse variare il tasso di sovrappiù, allora i conti non tornerebbero nella RS. Se i conti non tornano, la commensurabilità di tutte le merci con il valore di scambio della forza del lavoro, cioè la legge del valore marxista può essere giudicata interessante, anzi "fertile" per riprendere in modo anacronistico un termine del pitre Popper, ma dal punto di vista logico e dunque scientifico sarebbe da ritenere falsa o ancora da dimostrare, almeno che no si supera il problema in modo scientifico. Si nota en passant che le variazioni possibili tra c/v e pv/v (stesse o diverse) sono limitate, ma non hanno tutte lo stesso valore. Di fatti, queste probabilità non hanno nessuno valore per la legge del valore marxista completa cioè espressa da funzioni di produzione microeconomiche (processo della produzione immediata) reinserite nella macroeconomica marxista dunque la RS (per poi passare alla versione dinamica della Riproduzione Allargata o RA) Questo rimane irrifiutabile finché non si realizza che la composizione organica del capitale sia correttamente notata v/C , cioè dopo avere completato l'analisi di Marx relativa alla durata, l'intensità, l'intensità strutturale ovvero la "produttività" del lavoro, per arrivare poi alla sovrappiù sociale (per il concetto di "sovrappiù sociale", vedi Marx Critica del Programma di Gotha, poi ripreso da Che Guevara in On the budgetary finance system (feb. 1964, Che Guevara Reader, 1977, Ocean Press, p 164), e finalmente interamente delucidato da me.) In realtà, il ristabilimento della composizione organica in modo scientifico come v/C tramite la teoria della produttività, dimostra allo stesso tempo l'organicità dei rapporti di proporzione inversa tra v/C e pv/v. (Va notato che oltre ad essere una necessita economica, questo rapporto di proporzionalità inversa è una necessità aritmetica, cioè molto più potente di tutti gli apparati matematici pretenziosi e fuori soggetto, utilizzati (vedi Tugan-Barnovski) dai marginalisti per sostituire un modello compatibile con la sopravvivenza del capitale ma dato come neutrale e scientifico, ad una teoria realmente scientifica che condanna senza rimedio lo sfruttamento di classe. Vanno notate anche le felicitazioni di Jules Ferry a Léon Walras (pace Auguste Walras con la tua economia sociale!) per il suo uso economico delle matematiche, nel quale Ferry vedeva un metodo capace di mettere potenzialmente l'economia fuori della portata della classe operaia, alla quale Marx dedicava la sua opera maestra Il Capitale ... Intanto, si metteva su piede il sistema di educazione repubblicano, laico e gratuito, ma sotto controllo delle logge massoniche, sempre regnate dietro le quinte, sempre maestre delle preselezioni che rendono la democrazia rappresentativa, l'educazione nazionale e la propaganda accademica e dei mass media innocua per il capitale (il vero segreto della democrazia borghese) malgrado il numero delle vittime - disorganizzate - del capitale. Per memoria, poniamo una somma A divisa in due meta uguali x e y;  A rimanente costante, se x aumenta, y deve per forza diminuire in modo proporzionale inverso; basta allora applicare il concetto alla funzione di produzione marxiana, verificando in termini di valori di scambio (qualitativi) e in termine di valori di uso o prodotti, cioè in termini quantitativi) Nessuno si stupirà: Succede che l'asino Bellofiore ha anche imparato, ovviamente in modo nietzschiano caratteristico, a parlare di proporzione inversa, senza sapere niente né della durata, né dell'intensità, né a più forte ragione della difficile teoria della produttività. Certe persone sono fatte così ...

 

Se adottiamo l'ipotesi v/c identiche e pv/v diverse, i conti non torneranno soprattutto perché se si segue quest'ipotesa si è subito confrontato ad un saggio di profitto differente da un settore all'altro, una cosa ritenuta impossibile da Marx visto che, se tale fosse il caso, il capitale lascerebbe il settore meno profittevole per andare ad investirsi in quello più profittevole finché l'equilibrio sia raggiunto. Il tasso di profitto è notato pv/c + v, cioè la differenza, in valore di scambio, prodotta nella giornata di lavoro tra la lavoro socialmente necessario e sovra-lavoro. Quest'ultimo viene intascato dal padrone nonostante pagasse il lavoratore al suo valore cioè al valore di scambio corrispondente al lavoro socialmente necessario, ovvero ai mezzi di consumo necessari per riprodurlo. Al lavoro socialmente necessario corrisponde il salario (salario individuale o reddito globale netto), o se si vuole il paniere di merci - pace Sraffa!- necessario per produrre altre merci nel sistema capitalista. Come vedremo in seguito, in questa problematica, Marx non ritiene possibile andare oltre a questa cattiva situazione dove v/c è uguale nei due settori ma pv/v differente, questo almeno nelle pagine del Libro II e Libro III pubblicato in modo postume da Engels (con l'aiuto, guarda caso, dei giovani Bernstein e Kautsky ...), libri, in particolare il Libro III, che contengono pagine scritte prima, appunto come queste, ed altre dopo, del Libro I. Cosa che ovviamente può condurre ad una confusione della quale non si può uscire se non si riprende tutto il filo del discorso mettendosi nelle scarpe di Marx, naturalmente con il suo potente aiuto, un sopporto da tirare da tutta la sua opera, e non solo di alcune pagine pubblicate in modo postume da altri.

 

In questa situazione (v/c uguale, pv/v diversa) molto primitiva rispetto al Libro I, malgrado il fatto che venga riproposta da Engels nei Libro II e Libro III creando così una falsa impressione di continuità cronologica-concettuale, Marx proponeva di conservare le ipotesi strutturali e di eliminare le risultanti contraddizioni in materi di profitti, adoperando la via di uscita della concorrenza, operazione conosciuta come "equalizzazione del tasso di profitto". (vedi l'illustrazione nelle due tabelle qui sotto.) Solo che dopo che si ugualizza il tasso del profitto pv/c+v senza tenere conto del tasso di estrazione della sovrappiù pv/v, non si può più chiamare il risultato (M nella mia tabella) valore di scambio collegandolo direttamente o per meglio dire organicamente al valore della forza del lavoro. Marx lo chiama allora prezzo di produzione. A questo punto, il pitre Böhm-Bawerk crede allora di trionfare perché nel quadro maestro, cioè il quadro di verifica della RS, non si possono avere, come sembra proporre Marx, degli input in termine di valore e degli output in termini di prezzi di produzioni, dato che al prossimo turno della Riproduzione questi prezzi di produzioni diventano degli input (purtroppo non più coerenti.) Antinomia logica dunque, almeno fine a questo punto; altro che falso problema come pretende l'asino Bellofiore ed il suo compagno della stessa farina Bertinotti, i quali credono di potere andare oltre Marx contro Marx!

 

Ecco se si vuole il tipo di tabella della RS che si ottiene con v/c uguale e pv/v uguale in ambedue i settori utilizzando la formulazione corretta del compagno Bucharin (che, nonostante tutto, marxologista pagato per niente certo non era)

 

Settore I:  c1 = 80 euro + v1 = 20 euro + pv1 = 20 euro = M1 (120 euro)

Settore II: c2 =.40 euro  + v2 = 10 euro + pv2 = 10 euro = M2 (60 euro)

 

Ecco il tipo di tabella considerato dal pitre Böhm-Bawerk dove v/c rimane immutato ma pv/v cambia:

 

Settore I:  c1 = 80 euro + v1 = 20 euro + pv1 = 20 euro = M1 (120 euro)

Settore II: c2 =.40 euro + v2 = 10 euro + pv2 = 20 euro = M2 (70 euro)

 

Questa sarebbe la fase degli input in valore. Ma dato la disuguaglianza in termine di saggio di profitto tra i due settori, si aggiunge l'operazione di equalizzazione del saggio del profitto, la quale, si presume, sia dovuta alla concorrenza (cioè, specificamente alla mobilità del capitale da un settore all'altro.) Secondo questa operazione si aggiunge pv1 a pv2 (dopo avere messo il Settore II in termini più facilmente paragonabili a quello del Settore I, prendendo il valore c + v = 100 e poi riaggiustando per il settore II (c+v = 50) tendo conto della RS secondo la quale c2 = v1 + pv1, conservando lo stesso rapporto v/c in ambedue i settori), si divide per due per ottenere la media e si attribuisce questa media ad ogni settore correggendo per M'1 e M'2; si otterrebbe così la trasformazione in prezzi di produzione degli originali M1 e M2 tali che erano dati prima dell'equalizzazione del saggio del profitto.

 

Si ottenerebbe questo:

 

Settore I: c1 = 80 euro + v1 = 20 euro + pv1 = 20 euro = M1 (120 euro// 126, 666)

Settore II: c2 = 40 euro + v2 = 10 euro + pv2 = 20 euro = M2 (70 euro.// 63,333)

 

Si nota che il totale M1 + M2 è naturalmente lo stesso che M'1 + M'2. Lo saggio di profitto è diventato 1,26, cioè il profitto medio ora identico nei due settori.

 

Solo che risulterebbe allora una vera antinomia tra input valori e output in prezzi di produzione, output che debbono funzionare come input valori al prossimo ciclo! Altro che falso problema se questa formulazione sarebbe la formulazione finale del marxismo ...

 

Nella scienza, quando si incontra un problema simile, si deve procedere con cautela. Prima, si cerca di capire quale è l'antinomia. Poi si verifica la sue origine e la costruzione logica (se mai si potesse correggere Marx a questo capitolo!) E poi, se non c'è altra scelta, si cerca di trovare un'altra soluzione ponendo il problema diversamente ma rispettando i stessi limiti posti testualmente da Marx per se stesso quando formulò il problema: prima di tutto rispettare i dati reali e secondo rispettare la legge del valore. Se questo non succede allora soltanto si può, e si deve, completare o andare oltre, senza Marx.

 

Questa procedura scientifica non fu mai rispettata prima di me. Dopo Böhm-Bawerk, tutto il vanitoso mondo accademico, incluso un esperto di statistica doganale come Bortkiewicz, imboccarono la sua via cieca come un solo uomo! Con l'eccezione notevole dei miei compagni bolscevichi : loro, seguendo il rigoroso Lenin, erano più occupati con questioni vere, come quella della pianificazione, cioè la RS e la Riproduzione allargata, pure se furono obbligati ad adottare certe approssimazioni empiriche e teoriche, ma sempre molto più avanzate e molto più congruenti con la realtà concreta rispetto alle confusioni accademiche sul cosiddetto problema della trasformazione. Fu una vera meraviglia perché, se mai i bolscevichi si fossero comportati come questa truppa di accademici piccoli-borghesi, lo sviluppo pianificato con solo due piani quinquennali non sarebbe mai riuscito, in modo che tutti questi burattini a fili starebbero ora imitando con testa alta e manierismo accademiche in più, le teorie anti-democratiche di Nietzsche, Heidegger, Schmitt e, in Italia, forse anche quelle di Gentili e Cie!!! Da questo punto di vista pratico, le approssimazioni del famoso manuale di economia politica sovietico messe alla prova della pianificazione non erano così fuorvianti, nemmeno lo furono le imitazioni borghesi durante il periodo di mobilizzazione economica del tempo di guerra. Se non altro, come proponeva Oscar Lange, si poteva sempre utilizzare le procedure di gestione dei magazzini per la gestione dei settori, con i loro vari diparti quantitativi, prendendo cura di segnalare a monte e a vale ogni volta che le quantità di un diparto non bastavano per rispondere alla domanda! Dopo tutto gli Inca gestivano il loro vasto impero con una seria di cordicelle comportando vari nodi.

 

La procedura adottata per uscire del problema input ex ante, output post hoc già falso di Böhm-Bawerk, fu proposta da Tugan-Baranoski; come abbiamo già accennato, il tentativo di Tugan-Baranovski fini con un altro fallimento, malgrado la voglia di dare coerenza alla riproduzione con la sua proposta di sostituire il suo valore sintetico alla concezione del valore di Böhm-Bawerk, un concetto ancora meno utile di quello concetto travestito di valore proposto da vari marxiani e marxologici di Marx incapaci di distinguere tra valore del lavoro (un sillogismo giallo) e valore della forza del lavoro (il concreto pensato.) Come ho mostrato altrove, Tugan-Baranovski cerca di utilizzare le sue competenze matematiche per riformulare il problema in modo da ottenere un'equalizzazione del tasso del profitto simultaneamente (uso delle equazioni quadratiche), invece di impiegare il modo temporale dell'uguaglianza del tasso di profitto usato nelle tabelle (preliminari) di Marx. La formulazione di Tugan-Baranovski cambia totalmente il problema originale di Marx; in fine dei conti, questa formulazione non-marxista inquinerà inseguito tutta la discussione sopra Marx e sopra la Riproduzione, almeno negli ambiti accademici. Sarà in fondo l'origine di tutti gli altri tentativi di risolvere il problema, almeno prima della mia soluzione, a cominciare da Bortkiewicz per finire con Sraffa. In poche parole, si cambiava l'efficacia formale della funzione quadratica con il problema socio-economico di Marx, formulando questo ultimo in modo falso ed inaccettabile solo per permettere una procedura matematica conosciuta e dunque una soluzione. Soluzione che comunque non aveva più nessun legame con la legge del valore, il che fecce dire all'onesto Paul Sweezy, che la formulazione di Marx, anche se in questi termini non coerente, avevo almeno l'avvantaggio di fare comparire una cosa seria e fertile, cioè che solo la forza del lavoro può creare valori di scambio e spiegare il profitto (risultato difeso anche da Einstein nel suo magnifico ma sfortunatamente dimenticato Why socialism?) Va notato per memoria che il grande Adam Smith, padre della teoria del valore, non riusci mai a spiegare la genesi del profitto. In effetti, se il lavoro umano era solo l'unico del valore di scambio come si poteva spiegare e sopratutto legittimare il profitto del capitalista ogni volta che il profitto era molto più grande rispetto alla parte legittima versato lui come retribuzione del suo lavoro, pure considerando questo lavoro - da manager? -  molto qualificato? Al contrario di Ricardo, l'inventore, per la casa Rothschild d'Inghilterra, della "paper currency" dietro la quale J.B Say cerco poi di mascherare il problema del valore di scambio in termini già marginalisti, Smith non cerco mai di occultare il problema: al contrario con massima onesta intellettuale aggiunse che i capitalisti hanno come abitudine di "raccogliere la dove non hanno mai seminato" (vedi Adam Smith An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations, Oxford University Press, 1993, ed Sutherland, p. 47)

 

Ecco la tabella di Tugan-Baranovsky. Con Tugan-Baranovsky non si scrive più la RS come Marx-Bucharin le seguente equazioni già conosciute - ma in una maniera non-marxista con tre settori come riassunto nella tabella qui sotto:

 

Maniera corretta secondo Marx-Bucharin:

 

M1 = c1 + c2

c2 = v1 + pv1

M2 = v1 + pv1 + v2 + pv2

 

Maniera illusoria di Tugan-Baranovsky (poi ripresa in una versione o un'altra da Bortkiewicz e tutti quanti):

c1 + v1 + s1 = c1 + c2 + c3

c2 + v2 + s2 = v1 + v2 + v3

c3 + v3 + s3 = s1 + s2 + s3

 

Si nota qui una particolarità che inquinerà anche il modo di pensare della nostra Rosa Luxemburg. La nostra compagna spartakista fu incapace come lo disse definitivamente PP. Rey di vedere che i tutti i scambi debbono per forza essere reciprochi; nondimeno deve essere ricordata per altri importanti contributi, cioè la teoria dell'imperialismo come conquista capitalista di altri modi di produzione, per i suoi contributi relativi alla la via pacifica verso il socialismo nelle società avanzate altro che l'automatismo economistico lineare secondo Longuet! Di fatti ho cercato di riformulare questa proposta in una maniera nuova con il mio "riformismo democratico rivoluzionario" (vedi seconda parte di Tous ensemble) concetto che intende fare onore alla Luxemburg mettendo il suo contributo accanto allo Stato e rivoluzione di Lenin, classico marxista che ne esprime la forma rivoluzionaria insurrezionale, senza pero fingere di dimenticare che la Luxemburg la leader spartakista perse la vita in un tentativo di insurrezione armato, evento che non permette che sia recuperata da pitre accademici od altri in funzione anti-bolscevica.

Le formalizzazioni astratte di Tugan-Bortkiewicz, tutte pre-determinate dalla tecnica quadratica e non dal problema originale di Marx, debbono per forza inventarsi un terso settore, se non la soluzione matematica gli scapperebbe dalle mani (per mancanza del stesso numero di incognite come di equazioni). In questo comico e tragico tour di prestidigitazione, al settore I dei Mezzi di produzione, ed al Settore II dei Mezzi di consumo, si aggiunge un Settore III, settore di Lusso, trasformato da Tugan-Baranovski in Settore di produzione di oro. (Prova immediata che non capisce neanche che l'oro, come merce capace di funzionare come mezzo comodo di scambio al stesso modo delle conchiglie del Dahomey descritte da Karl Polanyi, ne più ne meno, non è altro che un equivalente generale, non l'equivalente universale. Di fatto, l'oro può benissimo essere rimpiazzato dalla carta o anche dalla carta elettronica! Comunque con tre incognite e tre equazioni, voilà! l'affare è concluso. Ma è un pontus asinorum cattivamente negoziato, dato che il problema non ha più niente a che vedere con quello posto da Marx.

 

Allora, ritornando indietro, quale è il problema di Marx? Lo dice per prima con chiarezza PP Rey, nel suo magnifico abbozzo intitolato Alliance de classe. In questo libro importantissimo, PP Rey si occupa, senza potere concludere, ma dando tutti gli elementi necessari per la soluzione definitiva, di modi di produzione ponendo la questione della dominanza e della coesistenza di modi di produzioni diversi tra di loro.

 

Ironia della storia, il lavoro di PP Rey sarà incoscientemente affiancato dai cattivi metodi di edizione di Maximilien Rubel. Credendo anche lui che esiste un antinomia logica nella teoria di Marx, il pitre Rubel non resiste al piacere selvaggio di pubblicare due lettere di Marx a Engels dove, appunto, Marx pone per prima il problema della trasformazione (per queste lettere vedi Ed. La Pléiade, Oeuvres, Economie II, p 1501 e seguenti.) così facendo pero, mette alla luce l'origine ed il contesto specifico del problema della trasformazione per Marx, cosa che non scapperà in parte all'attenzione di PP Rey occupato con il problema della delucidazione dei rapporti tra diversi modi di produzione; in quelle pagine il problema specifico sotto inchiesta di Marx era la rendita.

 

In breve, Marx stava leggendo Ricardo sulla rendita e tiene presente nella sua mente il concetto di lavoro semplice di Adam Smith, concetto purtroppo superato in altri scritti, in particolare nel Libro I del Capitale , ma anche in molti tratti del Capitale II e III. Cominciamo con Smith: il lavoro semplice per il creatore della teoria della pin factory, inizio della taylorizzazione, poi anticipata da Proudhon e dalle critiche di Marx a Proudhon, risulta da una constatazione più o meno empirica secondo la quale il capitalismo prende i mestieri concreti e complessi per frammentarli in azioni semplici e ripetitive congruenti con la divisione capitalista del lavoro, anticipata appunto dalla pin factroy. Smith è così convinto dell'efficace di questa riorganizzazione del lavoro che diventerà uno dei critici più duri del sistema di apprendimento dei vecchi artigiani. Questa riorganizzazione del lavoro per Smith è un dato già visibile nelle manifatture della lana. Ma Smith non vede che la generalizzazione del lavoro non-qualificato porta anche con se lo sviluppo di una aristocrazia operaia certo minoritaria ma più qualificata. Marx, al contrario delle inettitudini di Bellofiore quando pretende parlare di lavoro vivo, di lavoro concreto, di lavoro astratto, etc concetti che non capisce mai, mostrerà che nella realtà esistono molti mestieri (concreti), che il capitalismo semplifica e omogenizza questi mestieri togliendone le peculiarità anche con lo sviluppo dell'organizzazione del lavoro; in modo che se si prende un tornitore non conta per prima il tornitore individuale, con le sue peculiarità, ma il lavoro socialmente necessario per riprodurre questo tornitore specifico nei suoi abiti generici, e forse, proprio sopra questa base, di trattarlo meno bene o meglio secondo il livello delle qualifiche, l'anzianità etc. Ma per passare di uno all'altro, dal particolare al generico, si deve passare dal lavoro umano concreto al lavoro astratto umano, corrispondente a tale professione, cioè la media o più esattamente la norma capitalista della professione che serve di base per definire i criteri del impiego come pure quelli della rimunerazione, senza altri riferimenti a considerazioni iniziali relative per tale o tale lavoratore concreto. Un tornitore non appare allora come il tornitore Tizio, Caio o Sempione, capace di fare questo o quest'altro, come negli ateliers artistici del Rinascimento italiano, ma come un insieme minimo o medio di abilita che la società, o per meglio dire la società degli datori di lavoro (dei tornitori), considera caratterizzare la professione di tornitore. Il capitalismo non produce oggetti di valore singolare ma oggetti simili per il consumo di massa. Sopra questa base comincia allora il discorso relativo al valore di scambio del lavoro socialmente necessario per riprodurre un tornitore generico, il che diventa un discorso diverso. Il lavoro semplice è un concetto ancora empirico, in realtà mai  verificabile come norma generalizzata; non esiste neanche come "lavoro del manovale" predominante, il pseudo-concetto utilizzato da Fourastié come standard di misura sul quale, a punto, valutare tutti gli altri lavori, un problema in fondo identico a quello della soglia fisiologica dei marginalisti, che soglia del tutto illusoria visto che può sempre andare a ribasso sul "mercato del lavoro" borghese, spazzando via tutti i criteri di civiltà (come d'altronde possiamo verificare oggi con l'applicazione globale della ciarlatanesca "funzione di produzione" di Solow al livello globale secondo la quale non solo il lavoro come semplice fattore di produzione viene concepito come interamente liquefattibile, dunque controscambiabile al livello internazionale sotto forma monetaria ma, in oltre, il lavoratore tedesco, italiano o francese viene messo direttamente in competizione con lavoratore della ex-Europa dell'Est e, se questo non bastasse, anche con le masse ancora meno pagate dell'Africa e dell'Asia, tutte sprovviste di codice del lavoro e di programmi sociali e ambientali degni del nome.) Secondo un metodo scientifico rigoroso, i concetti di Marx di lavoro astratto e di lavoro socialmente necessario sono dei "concreti pensati" al contrario della costruzione empirica baconiana, in gran parte più normativa che descrittiva, del lavoro semplice di Adam Smith. Né Ricardo né Torrens furono capaci di andare aldilà di questa costruzione empirica perché non analizzavano il valore di scambio della forza del lavoro nel contesto necessario della sua subordinazione reale e formale al capitale tramite la composizione organica del capitale: non per niente il Libro I del Capitale dopo avere dimostrato la dualità (valore di uso e valore di scambio) di ogni merce, incluso la forza di lavoro umano come merce, analizza i meccanismi del suo sfruttamento (durata, intensità, intensità strutturale ...) come pure le forme storiche di tale sfruttamento, tali i vari modi di produzione, poi ripresi più a lungo nel Libro III, e, notabilmente nel capitalismo contemporaneo di Marx, il macchinismo.

 

Detto questo, nelle sue due lettere, cioè nel suo tentativo di risolvere il problema della rendita ponendo implicitamente il problema della Riproduzione che porta al problema della trasformazione, Marx adotta il concetto semplificatorio di lavoro semplice di Adamo Smith; lo fa perché giudica quest'ipotesi essere una semplificazione accettabile per l'investigazione analitica del problema esaminato. Cioè si accontenta nel considerare che il capitalismo opera con lavoratori ridotti tutti, più o meno, al stesso stato. Le variazioni vengono allora dal cambiamento della durate del lavoro e non dal tasso di sovrappiù stesso considerato uguale in tutti i settori. Perché questa semplificazione? E chiaro che se il problema principale di Marx era un problema inter-settoriale puramente capitalista, questa semplificazione rappresenterebbe un modo di tenere sotto controllo analitico un set di variabili per meglio potere analizzare ad adagio le altre variabili che si desidera comprendere; Marx avrebbe allora naturalmente considerato il lavoro non come un dato semplice e generale ma come una diversità di lavori astratti acquisiti con livelli diversi di rimunerazione secondo il lavoro socialmente necessario per riprodurli, e dunque un set di lavori corrispondendo a composizioni organiche (tecniche ed organizzative) diverse. In altre parole questa scelta analitica di Marx consiste a porre il tasso pv/v identico ed a investigare le variazioni del rapporto v/c e dunque del tasso di profitto pv/c + v : cosa comprensibile solo se si considera che il problema specifico di Marx in questa investigazione è la rendita, una problematica non ancora totalmente delucidata, per cui Marx rimane ancora preso in parte nelle maglie di Smith e soprattutto di Ricardo. Senza il chiarimento cruciale relativo alla coesistenza a dominazione di vari modi di produzione, il problema della rendita appare dunque come un problema esogeno ma capace di causare la divergenza del tasso di profitto malgrado la generalizzazione del presunto lavoro semplice i Smith. Sappiamo che in altre pagine Marx mostra come l'irruzione del capitalismo nell'agricoltura contribuisce a fare sparire l'illusione che la terra sia una categoria economica irrazionale: Con il capitalismo agricolo, la terra diventa un mezzo di produzione con comportamento sempre più vicino di tutti gli altri capitali costanti, incluso nella innovazioni (chimica, macchinari ecc) e nella distribuzione geografica mondiale. In retrospettiva, sappiamo che questa impressione di estraneità della rendita corrispondeva ad un periodo di transizione in Gran Bretagna.

 

Si tiene in mente che in questa problematica della rendita Marx teneva in mira tanto Ricardo che Malthus. Nel stesso tempo il suo concetto della legge del valore doveva essere in grado di rendere conto del peso storico specifico della rendita fondiaria, e quindi della distinzione introdotta da Ricardo tra rendita assoluta e rendita differenziale, quest'ultima propriamente capitalista. Si rimanda qui alle due lettere del 7 gennaio 1851 e del 2 agosto 1862 (ed, La Pleiade, p 1502 e seguenti); si tiene in mente che il Libro I del Capitale fu pubblicato nel 1867. Per riassumere, rapidamente questa questiuncula theoritica riferita da Marx al suo compagno Engels ricordiamo solo questo: contrariamente a Ricardo e a Malthus, l'introduzione del capitalismo nell'agricoltura rendeva le terre in media più fertile. Se il limite inferiore di vendita di un prodotto (prima della bancarotta dei produttori e dunque la loro sparizione della scena storica come classe) rimane il costo di produzione, il prezzo dei prodotti agricoli debbono variare tra il prezzo dei prodotti delle migliori terre e il costo di produzione delle terre meno fertili. Intanto contrariamente alla logica della concorrenza la cosiddetta rendita assoluta (i.e. derivata dalle terre meno fertile) rimaneva statisticamente importante. Presentava dunque un problema strategico da spiegare in termini di lotta di classe tanto perché Ricardo presentava questa rendita assoluta come un prelievo inutile sui profitti capitalisti quanto Malthus ne tirava profitto per cercare di fondare la razionalità delle sue tesi (sovrappopolazione ecc.) Si nota tra parentesi che se il sistema era tutto rappresentato dalla rendita differenziale (i.e. il capitalismo agricolo) il problema da spiegare sarebbe sparito. Dal punto di vista storico, il problema era il passaggio della rendita feudale residuale (rendita assoluta protetta giuridicamente) al capitalismo agricolo, non solo in GB medesima, ma nel quadro delle Preferenze Imperiali, cioè la lotta di Ricardo (al nome degli industriali di Cambridge e dei banchieri come Rothschild) per il Repeal of the Corn Laws; siamo dunque in uno contesto di transizione di un modo all'altro, in realtà molto più avanzato in GB che sopra il continente. Vedremo più sotto che anche nel modo di produzione capitalista in quanto tale se un'industria protetta vede le sue protezioni giuridiche abbassate sul mercato sarà confrontata con prodotti simili o sostituibili e sarà così destinata a sparire se non dimostra di essere capace di sviluppare la sua propria produttività. P.P. Rey mostra come in Francia, certe vecchie protezioni agricole, politicamente necessarie visto il peso dell'elettorato delle campagne notabilmente per il Sénat, furono conservate fino alla fine degli anni 1950 a quale punto furono rimpiazzate dalle protezioni capitaliste più sottili della PAC, oggi smantellata. Comunque, dal punto di vista puramente logico, sulla base delle premesse smithiane-ricardiane che congiungano pv/v identico con c/v diverso, rimane effettivamente un bel problema (anch'esso non-esistente per l'asino Bellofiore contento nel suo mondo di narrazioni idiosincratiche di terzo rango) tanto per la comprensione della rendita, della legge del valore, della riproduzione e della legge marxista della produttività.

 

Ecco l'esempio di Marx nella seconda lettera citata qui sopra. Lasciamo parlare Marx:

 

Ecco come è la realtà: prendendo la totalità della composizione media del capitale non agricolo c 80, v 20, abbiamo (per un tasso di sovrappiù di 50 %) un prodotto uguale a 110 e un tasso di profitto uguale a 10%. c 60 e v 40 (cifre statisticamente assai giuste per l'Inghilterra) rappresenteranno in oltre la composizione media del capitale agricolo (in questo campo, la rendita proveniente dell'allevamento è senza importanza, dato che dipende della rendita del grano e non di se stessa). Dunque, con lo stesso sfruttamento del lavoro come quello dato qui sopra, il prodotto sarà di 120 e non di 110, il suo costo; la proprietà fondiaria l'impedisce di identificare, di fronte ai capitalisti, il valore e il costo del prodotto; la concorrenza dei capitali rimane qui senza effetto. Il proprietario fondiario interviene per intascare la differenza entro valore e costo. Un debole rapporto del capitale costante al capitale variabile corrisponde generalmente a un debole sviluppo (o relativamente debole) della produttività del lavoro in una sfera di produzione determinata. Così, una composizione media del capitale agricolo di c 60, v 40, e del capitale non agricolo di c 80 e v 20, dimostra che l'agricoltura non è ancora al stesso stadio di sviluppo dell'industria. (Questo fatto non ha niente di straordinario; all'infuori di tutte le altre ragioni, l'industria presuppone una scienza relativamente anziana, la meccanica, al contrario dell'agricoltura la quale riposa sopra scienze più recenti tale che la chimica, la geologia e la fisiologia.) Se (nella nostra ipotesi) avessimo un rapporto in agricoltura c 80, v 20, la rendita assoluta s'aprirebbe, sola rimarrebbe la rendita differenziale che io analizzò di tale maniera che l'ipotesi ricardiana di una deteriorazione progressiva della fertilità diventa ridicola e gratuita. ( La Pléiade, vol II, p 1508, traduzione mia, sottolineature del testo di origine)

 

Si tratta qui di un paragrafo cruciale: una volta corretto l'espressione valore del lavoro (termine ricardiano) per valore della forza del lavoro, e una volta ristabilito la teoria della produttività (cioè la relazione inversa tra v/C e pv/v) tutto il resto ricopre la sua genialità tanto per la RS/RE (Libro II) che per l'analisi di rapporti giuridici e delle alleanze di classe (Libro III) e pure, in realtà, per la storia critica dell'economia politica (Libro IV). Si nota tra parentesi che questa critica di Marx vale per tutte le versione della cosiddetta rendita ricardiana più precisamente chiamata rendita di situazione perché riposa sopra la non mobilità del suolo e (ad esempio per i carburanti fossili e i minerali) dei strati geologici. Ma è sempre la rendita differenziale legata alla produttività che farà la differenza: ad esempio, il petrolio del Mare Nero o della penisola araba è liquido e più puro di quello di altre zone; pero questo vantaggio viene attenuato da nuove tecniche di pompaggio (con ignizione di vapore, ecc) oppure con nuove tecniche anche applicabili alle sabbie bituminose, o alla liquefazione del carbone oppure quelle applicabili ad altri prodotti di sostituzione. Questo serve in seguito per sviluppare una teoria dell'ecomarxismo scientifica.

 

Vediamo le cose un può più in dettaglio. Quindi, in questo esempio Marx riassume il capitale non agricolo in un solo settore c = 80, v = 20 e pv/v = 50 %; il settore agricolo viene riassunto nei termini seguenti : c = 60, v = 40 e pv/v identico a 50 %. Prendendo prima le due funzioni di produzione sopra una basa C= c + v = 100 per facilitare il paragone, si ottiene questo:

 

c + v + pv = M

Settore I: 80 + 20 + 10 = 110

Settore II: 60 + 40 + 20 = 120

 

Si nota che qui non operiamo ancora nelle Equazioni della Riproduzione Semplice. Sopra questa base sarebbe chiaro che la proprietà fondiaria opererebbe un prelievo sopra il profitto del capitale, il che giustificherebbe il sacrificio dell'agricoltura autoctona in favore del libero commercio delle cereali in nome dei vantaggi comparativi. (appunto, il Repeal of the Corn Laws.) Questo perché la concorrenza impedita dalla forma di proprietà non potrebbe influenzare il Settore II non-capitalista che venderebbe il suo prodotto a 120 e non ad un prezzo inferiore ottenuto dopo equalizzazione del tasso di profitto. PP. Rey, che pero operava senza una teoria della produttività corretta, cosa che gli faceva accettare le ipotesi sbagliate relative a c/v diverso con pv/v uguale, notò che non si poteva mettere così a confronto il capitalismo e modi o forme produttive non-capitaliste, tenendole pero artificialmente separati: riprendendo una rimarca di Marx, Rey insisteva per dire che la soluzione doveva essere interna, cioè non poteva violare la legge del valore a favore di un diktat puramente legato a forme giuridiche, non o male radicate nella realtà socio-economica. La rimarca di PP Rey diventa ancora più ovvia se si rifletta nel quadro della RS.

 

Se sopra la base di queste ipotesi c/v diverso e pv/v identico, si considera che la proprietà fondiaria non capitalista non dispone più del potere politico per ostacolare il capitalismo agricolo, allora dice Marx la concorrenza spingerà il capitale ad operare una equalizzazione del tasso di profitto. In modo che si otterrebbe, in contraddizione con la legge del valore marxista, la tabella seguente:

 

c + v + pv => tasso di profitto pv/c+v ugualizzato

Settore I: 80 + 20 + 10 => 15

Settore II: 60 + 40 + 20 =>15

 

Intanto tutto questo imbroglio si scioglie se nel quadro della RS adottiamo le premesse più compatibili con la legge del valore secondo la quale deve esistere un rapporto organico tra la composizione organica (più giustamente notata v/C) e il tasso di sovrappiù notato pv/v, come risulta dall'investigazione della produttività seguendo i criteri del Libro I. A questo punto si otterrebbe la tabella relativa al cambio di produttività nel quadro della RS, cioè:

 

Settore I: c1= 84 + v1 = 16 + pv1 = 20 M (= 120)

Settore II: c2= 36 + v2 = 9 + pv2 = 9 M (= 54)

 

Introduciamo in questa tabella al Settore II tanto il capitalista agricolo e il proprietario fondiario non ancora capitalista. La tabella rimarrebbe la stessa, ma il Settore II sarebbe composto da due sotto-settori, II A = il sotto-settore del capitalismo agricolo; II B = il sotto-settore non agricolo, il quale produrrebbe nelle stesse condizioni del settore capitalista non agricolo I. Presi empiricamente sopra l'usuale base c + v = 100 per facilitare il confronto, IIA e IIB sarebbero ad esempio potenzialmente i seguenti:

 

IIA: c 84 + v 16 + pv 20 = M 120 (150 prodotti Cn)

IIB: c 76 + v 24 + pv 20 = M 120 (90 prodotti Cn)

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Media c 160 + v 40 + pv 40 = M 240 (240 prodotti Cn)

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Media in termine RS c 36 + v 9 + pv 9 = M 54 (54 prodotti Cn)

 

Si intraveda qui che la concorrenza micro-economica non ha grande influenza se si considera due cose: la prima, il lungo termine per i prezzi di mercato (da non confondere con il prezzo di produzione, illusorio perché derivato dal falso problema della trasformazione), i quali per un ciclo economico si sommano sempre al valore della forza di lavoro necessario per produrli; la secondo, la domanda sociale anch'essa messa in luce da Marx già nei Manoscritti parigini del 1844, domanda sociale determinata non dal mercato quanto dalla Riproduzione che predetermina le quantità prodotte e domandate.

 

Questa tabella corretta per la produttività e per le equazioni RS rimane congruente con la storia, come pure con il buon senso anche nel verificare una composizione organica superiore nel Settore I nonché nel Settore II. La tabella qui sopra permette di visualizzare quello che accaderebbe nel Settore II, il settore dei beni agricoli, se lo considerassimo come un settore occupato da due modi di produzioni, uno capitalista e dunque dominante (il capitalismo agricolo) e l'altro feudale, sprovvisto dall'egemonia giuridica-politica ed dunque in transizione verso la sua propria estinzione. Per questo basta solo notare, cosa storicamente verificabile, almeno quando non si confonde la produttività della terra derivata dal modo di produrre con la fertilità "naturale" di terre diverse, il capitalismo agricolo (nuove tecniche di produzione fondate sopra nuove scienze invece di vecchie tradizioni) risulta molto più produttivo del settore agricolo non ancora capitalista. Nonostante si prenderebbe empiricamente tutto il capitale costante in questo settore indipendentemente del modo, tutto il capitale variabile ecc sopra una base immediatamente paragonabile c + v = 100, in modo che si otterrebbe la condizione globale del settore rispetto al Settore I, il quale riportato alle equazioni della RS darebbe c2 = 36, v2 = 9, pv2 = 9 , M2 = 54. Questo risulterebbe essere un semplice dato empirico, dunque incontestabile. Dobbiamo pero ancora investigare quello che succederebbe all'interno del Settore II. Proprio quello che Marx voleva investigare in modo scientifico, perché da questa analisi dipende l'analisi delle classe e dell'alleanza del proletariato industriale con il mondo contadino. A questo punto, il tasso di profitto non deve più essere equalizzato in modo esterno, viene imposto dall'interno tramite la composizione organica. Naturalmente, il capitalismo agricolo avrà una produttività superiore per lo stesso capitale C = c + v investito e per la stessa durata della giornata lavorativa. I volumi  da lui prodotti saranno proporzionalmente più grandi e il prezzo proporzionalmente più basso per ogni prodotto: potrà allora conquistare facilmente il mercato disponibile: Ergo, per un tasso di profitto uguale i volumi di profitto saranno molto divergenti secondo la produttività relativa. Il capitalismo non-agricolo avrà poche via di scampo all'infuori dell'allungamento della durata di lavoro (e della pressurizzazione crescente dei suoi contadini) e degli ostacoli puramente giuridici, in particolare per quanto riguarda l'apertura del mercato interno e i privilegi dei latifondi e delle grande proprietà fondiarie non-interamente capitaliste. Di fatti PP. Rey nota che in Francia questa lotta di arrière-garde durò allungo, sopravvivendo in forma residuale fine agli anni 1950 (un contesto che, oltre alla politica, ad esempio il 18 Brumario di Luigi Napoleone, spiega certe inflessioni caratteristiche della letteratura francese, come viene illustrato dal romanzo Madame Bovari scritto da un Flaubert reso isterico dall'insurrezione comunista della Commune di Parigi! In quel grande romanzo si dipinge il ruolo dei notabili di campagna, rinati con la Restaurazione sopra le macerie espropriatrici degli "assignats", e diventati grandi sostenitori di Napoleone III, detto il Piccolo). Comunque malgrado gli ostacoli politici, la dominanza del capitalismo agricolo continua a verificarsi tramite il valore di scambio determinato in primo luogo dal settore più produttivo. Marx aveva dunque ragione: la rendita assoluta esisteva (sopportata dalla sovrappiù assoluta) ma era resa ogni giorni più evanescente dal capitalismo agricolo (sovrappiù intensiva e produttività), mentre le prodezze produttive di questo ultimo ridicolizzavano le tesi malthusiane. Intanto, il problema della rendita avrà permesso di fondare razionalmente la teoria della coesistenza a dominanza dei vari modi di produzione, e dunque (vedi Hobson, Hilferding, Lenin, Luxemburg ecc senza dimenticare Emmanuel Arghiri et al. con il loro falso problema dello scambio inuguale (neanche un sillogismo giallo questo ma una pura sciocchezza già rifiutata dal termine "scambio") confuso per lo sfruttamento imperialista, cioè la coniugazione di una produttività più alta e del controllo politico-militare dei mercati.). In ambedue i casi, la produttività ne è la chiave perché predetermina la coerenza del valore di scambio sulla base della commensurabilità della forza di lavoro, indipendentemente dal modo di produzione. Risultato importante questo, perché la pianificazione comunista dovrà ancora comprendere il ruolo cruciale del controllo collettivo della sovrappiù sociale (sfera macroeconomica della competitività della Formazione sociale) per aumentare la produttività micro-economica senza creare un'antinomia tra forze produttive e rapporti di produzione (dato che nel capitalismo, senza la spartizione del lavoro disponibile, l'aumento della produttività porta ineluttabilmente alla creazione di una devastante Armata di riserva anche se questa viene mascherata con tassi di precarietà grotteschi ... alla italiana.... E verro che l'introduzione di settori intermediari massificati - ad esempio dopo la Seconda Guerra Mondiale, automobili, elettrodomestici, aeronautica ecc, posso assorbire la forza di lavoro liberata dall'aumento di produttività, ma questo non cambia la logica sotto-giacente poi che anche questi settori intermedi sono sovradeterminati dalla legge della produttività; quest'ultima tramite la differenza tra i volumi dei profitti porta direttamente alle leggi di mozione specifiche del modo di produzione capitalista (Marx, Lenin e Lafargue), cioè la concentrazione e la centralizzazione del capitale, dunque la sovrapproduzione e di conseguenza la ricerca imperialistica di altri mercati esterni. Va anche notato brevemente qui che i nuovi settori intermediari (New Techs, ad esempio il PC rispetto alla vecchia Olivetti elettronica ed alla TV) dimostrano questa logica visto che essendo molto più captial intensive degli anziani portano tuttalpiù all'aumento della disoccupazione male mascherata con la generalizzazione del precariato ... Il loro contributo effettivo alla produttività reale - ovviamente non-marginalista - rimane tutto da verificare anche per i settori dei servizi, almeno se si fa astrazione dei castelli di carta speculativi (CDO, CDS, OTC altri scraps ecc...) legati alla finanza globale, che produce colossali deficit di ogni tipo anche nei budget dei Stati oggi (agosto 2011) rovinati dal salvataggio delle banche private ...)

 

La sciagurata semplificazione di Adam Smith relativa al lavoro semplice dunque ad un tasso pv/v identico nonostante il tasso c/v (o più correttamente v/C) appare dunque accettabile a Marx solo perché a quel punto è fortemente impegnato con la teoria ricardiana della rendita, problema che vuole comprendere dall'interno senza a priori. Il problema empirico per Ricardo, ma ancora di più per Marx, è il seguente: come mai, la rendita può apparire come un prelievo o un impedimento ai profitti specificamente capitalisti (Si sa o si dovrebbe sapere che nell'Impero Britannico al tempo di Ricardo si praticava una protezione tariffaria messa sotto accusa da Ricardo proprio in relazione con questo presunto problema di prelievo (illegittimo) o un impedimento operato dalla terra sul capitale; concretamente questo condurrà all'inizio della seria di leggi conosciute come Repeal of the Corn Laws (abrogazione delle leggi su i cereali) che arriveranno al loro termine solo nel 1848 in GB e, come lo ricorda PP Rey, solo negli anni 50 per quanto riguarda i loro residui francesi. Ricardo vuole fare saltare le protezioni dei proprietari fondiari per importare le cereali a buon mercato necessarie all'alimentazione della classe operaia in forte estensione nelle città industriali, beni di consumo prodotti a migliore costo in America del Nord e nei Dominion del Impero britannico nonché in GB medesima. In questo modo si cercava di garantire la crescita di redditività del capitalismo industriale inglese. In tale condizioni, i termini di scambio e le protezioni tariffarie hanno un'importanza che non avrebbero in un sistema più liberalizzato dove i residui di vecchi modi, assieme ai settori meno produttivi della terra o dell'industria ecc., vengano selvaggiamente sacrificati, come si dice oggi, tali "secteurs mous" (o settori tradizionali: si tratta qui della versione originale di quello che ho chiamato la wal-martyrizzazione mirata al consumo dei working poor (William Julius Wilson) per gli USA attuali, sapendo pero che gli USA sono impegnati a delocalizzare tutti i rami di produzione industriale o di servizi non caratterizzati da una grande intensità di capitale .... strategia del vantaggio comparativo che sarebbe certamente apparsa grottesca ad uno come Ricardo, il quale credeva ancora nel "valore del lavoro"!) Per Marx, il problema non è di agevolare i capitalisti industriali inglesi ma di capire il problema lasciato irrisolto da Ricardo, tappa necessaria per capire inseguito la Riproduzione in una società non ancora totalmente capitalista, e dunque per capire le alleanze di classe necessarie tra proletariato e classe legate alla terra, siano queste composte da operai agricoli oppure da contadini non ancora totalmente incorporati nel modo di produzione capitalista. Solo che a questo punto la rendita della terra o la rendita detta fondiaria non è del tutto ancora analizzata, neanche nelle pagine corrispondenti del Libro II e Libro III. Marx non ha ancora finito il suo lavoro analitico in quelle pagine per potere trattare della rendita (assoluta o differenziale) della terra come parte di un modo o dell'altro, e poi analizzare la forma di coesistenza a dominanza tra i vari modi di produzione come ho fatto seguendo e correggendo il magnifico contributo di PP Rey dell'inizio degli anni 70, allorché era occupato con l'analisi di terreno in Africa, e dunque propenso ad analizzare le teorie dei modi di produzione non capitalisti offerte dai Marx assieme al problema della rendita e a quello dell'imperialismo.

 

Ma ritorniamo a Marx, se questo è il problema di origine, allora oltre a correggere il meccanismo di coesistenza e di dominanza del modo capitalista sopra il modo della rendita feudale, o sopra il mondo delle rendita fondiaria feudale o capitalista secondo le regioni tramite le alleanze di classe, dunque la maestranza del potere decisionale interno e esterno (commercio ecc ), dobbiamo riproporre il problema della trasformazione in un ambito analiticamente capitalista interamente puro. Si potrà alloro giudicare delle premesse, della logica della costruzione delle tabelle e della coerenza con la legge del valore.

 

Abbiamo dunque sempre due settori (I per i Mezzi di produzione (Mp) e II per Mezzi di consumi (Cn); in oltre, usiamo sempre le Equazioni di Marx-Bucharin per la RS, dove il problema della coerenza si pone in termini generali, servendo dunque di verifica.

più, può, où, così,

 

Le possibilità sono le seguenti: (per potere paragonare più facilmente seguiamo Marx prendendo c + v su base 100 cioè il capitale costante e il capitale variabile, questo ultimo inteso come lavoro cristallizzato o lavoro morto, o oggettificato, concepibile anche in denaro, o in termine dell'equivalente generale, che deve pero, al fine, essere compatibile con l'equivalente universale, il valore della forza del lavoro. (Si nota che la base 100 è molto comoda perché trasferisce sopra una base teorica empiricamente fondata meri dati empirici baconiani. Vedi la brillantissima critica althusseriana al popperismo, ed al positivismo in generale, tramite i vari livelli P1, P2 ecc, di concettualizzazione della realtà prima di arrivare al "concreto pensato", almeno quando è storicamente possibile farlo. (vedi Louis Althusser, "Part Six. On the materialist dialectic on the unevenness of Origins", in www.marxists.org/reference/archive/althusser/1963/unevenness.htm, il testo originale in La Pensée, août 1963.) Altusser sviluppava così l'abbozzo di Marx (Metodo) contro ambedue i positivisti ed i pitre picoli-borghesi, tanto discorsivi quanto vuoti di contenuto scientifico, della Scuola di Francoforte, soprattuto Adorno e Habermas, che marxisti non sono mai stati (Dopo la caduta del Muro di Berlino Habermas, lo stesso che contro il parere più prudente di Marcuse aveva chiamato la polizia nel campus contro i studenti, rivelo come pretendeva rimpiazzare l'Imperativo kantiano, inizio della secolarizzazione scientifica ed ugualitaria moderna, con il "ritorno" mal mascherato al Levitico; vedeva pure nella tragedia tedesca il modello per la penisola coreana ...) così questa procedura dovrebbe oggi agevolare, con l'aiuto dei miei risultati, la formazione di statistiche organicamente valide e nel stesso tempo empiricamente e teoricamente fondate. Ma questo e un altro discorso: notiamo solo che le statistiche borghese marginaliste non sono ontologicamente capaci di distinguere tra interesse e profitto o tra economia reale e economia speculativa, non può capire il problema dei cicli economici, ne la necessita dei cicli di riduzione del tempo di lavoro corrispondente alla crescita accelerata della produttività (malgrado la storia: domenica non lavorata, 12 poi 10 ore al tempo di Marx, richiesta delle 8 ore con Engels e la rinascita dell'Internazionale, ferie pagate, 39 ore settimanali con Mitterrand, 35 ore con Jospin ...); e pure noto che la teoria marginalista non è neanche buon consigliera per la preservazione dell'ambiente ... In breve: a) come mostrato già da Guillaume nel suo Antiéconomique in situazione di ingorgo del traffico l'uso della benzina aumenta e così un disaggio sociale-urbano diventa un pregio perché fa crescere il PIL ...; b) se una bolla speculativa trasforma i ratio P/E (price over earnings) della vecchia media di 15/1 o 20/1 al massimo, in 60/1 ed oltre - come avvenne con la New Economy - questo fenomeno in se disastroso sarà descritto come crescita straordinaria con il potenziale (solite narrazioni) di sopprimere i vecchi cicli economici, anche dal "maestro" Greenspan dopo avere notato l'esuberanza irrazionale. ma come sappiamo Greenspan fu l'inventore del House Effect che portò rapidamente al fallimento dei subprimes ... per non parlare della situazione attuale del credito senza collaterale (vedi il mio saggio omonimo nella Sessione International Political Economy di questo sito.) Perciò, statistiche affidabili possono solo risultare dalla funzione di produzione marxista da me delucidata per la produttività e la sovrappiù sociale, dunque inserita in modo interamente coerente nelle Equazioni della Riproduzione Semplice e della Riproduzione Allargata. Si può comunque già sottolineare che la correzione piccolo-borghese ma non di meno interessante tramite la parità del potere di acquisto non è scientificamente valida: rimane alle statistiche borghesi come i prezzi costanti ai prezzi nominali.

 

Se poniamo c/v uguale e pv/v uguale alloro, in questo caso no si verificherebbe nessuno problema di coerenza interna alla legge del valore marxista)

 

Ad esempio

S I: c1 = 80 + v1 = 20 + pv1 = 20 = M1 = 120

S II: c2 = 40 + v2= 10 + pv2 = 10 = M2 = 60.

 

Tutto cui è in temine input e output valori. Il sistema è coerente. Ma questa situazione non può essere una situazione generale soprattutto in un sistema capitalista caratterizzato dal mutamento continuo delle tecniche applicate alla produzione, dunque della composizione organica del capitale.

 

Se non si corregge come abbiamo mostrato con la relazione di proporzione inversa tra v/C e pv/v si finisce con la conclusione (ridetta della grottesca conclusione di Proudhon) secondo la quale esisterebbe un "scambio ineguale", dunque un furto vero e proprio, invece di un meccanismo sistematico di sfruttamento proprio al captialismo; questa conclusione produce così ogni tipo di illusione sulle accomodazioni possibili nel quadro del sistema capitalista-imperialista. Abbiamo specificamente in mente qui i termini del problema secondo Emmanuel Arghiri nella sua mezza giusta e mezza sbagliata polemica con Bettelheim e Palloix sul problema della trasformazione, visto a torto come non risolvibile nel ambito marxista; Arghiri si ripiega dunque senza crederci realmente sopra una versione molle di Sraffa, o per meglio dire di utilizzo della tecnica delle quadratiche, e finisce così con un problema più di etica che di economia, cioè il cosiddetto "scambio ineguale", inteso come furto! Chiede Arghiri: come mai i spaghetti sono i stessi, fatti con macchine più o meno le stesse, mentre gli operai italiani sono pagati di più di quelli che fanno lo stesso lavoro sull'altra sponda del Mediterraneo? Pero Arghiri non dice quando deve spendere questo tipo di operai per comprare un treppiede o un letto - pace Aristotele - in Italia o sull'altra sponda, cioè dimentica che la formazione del valore di scambio viene data in una Formazione sociale specifica, il che mette in linea tanto la composizione organica del capitale quanto l'organizzazione e la complessità della Riproduzione! Insomma ancora accademicismi!!! Pero utili questi, anche se falsi, perché rigorosi, contrariamente al aggetto charabia di Bellofiore e Cie...Come diceva Schopenhauer poi venalmente denaturato da Heidegger: se uno sbaglia con rigore meglio che sia drasticamente, in modo che la necessita della correzione diventa ovvia e non-trascurabile...) (Per fare corto e bene si vede : Paul Sweezy Towards a critique of economics prima pubblicato in Monthly Review, giugno 1970 e poi in The review of radical political economics, vol II, n. 1 spring 1970, e pubblicato di nuovo nella stessa rivista vol 3, n. 2, en Luglio1971. Arghiri Emmanuel, « La question de l'échange inégal » in L'homme et la société, numéro 18, 1970. Nella stessa rivista, stesso numero, vedi anche Christian Palloix «La qeustion de l'échange inégal: critique de l'économie politique ». Pierre-Philippe Rey, Alliances de classe, Paris, F. Maspero, 1976. Queste fonti sono importantissime. Comunque, prima del mio contributo la legge del valore di Marx rimasse imprigionata nella ganga creata da Böhm-Bawerk, Tugan-Baranosvki, Bortkiewics et al. Certi ingnoranti e/o occultisti fanno ancora finte di non averlo capito, ma rimangano pagati con fondi pubblici come professori e ovviamente vengono pubblicati con grande facilità! Poi che il progetto rimane di andare « oltre » Marx ... Il loro obbiettivo occultista è assai chiaro: togliere al proletariato come pure al suo Partito la sua arma scientifica più utile: la legge del valore di Karl Marx.)

 

Perciò dobbiamo ora analizzare le altre possibilità ma in ambito interamente capitalista, senza le complicazioni della rendita e dei diversi modi di produzione. Le possibilità sono le seguenti:

Prima: c/v uguale e pv/v diversi

Poi: c/v diverso ma pv/v uguale

Infine: c/v diverso e pv/v diverso.

Questo lavoro non può essere portato a termine se prima non si è letto il Libro I assieme ad altri testi di Marx con carta e penna in mano; altrimenti sarà illusorio credere di potere commentare queste vicende, accusando, per colmo, come osa fare questo Bellofiore di asino, Althusser di non averlo fato! Non ci sono scorciatoie in materia di scienza, non ci sono neanche delle storie a ritroso concepite come narrazioni da pitre e bassi cleri! (i.e., il tentativo infantile di passare il filmato della storia alla rovescia nella speranza di cancellare o di offuscare l'ineluttabilità del divenire storico.)

In modo particolare, a questo punto, si deve accertare cosa siano precisamente questi due saggi (composizione organica del capitale e tasso di sovrappiù) e gli altri che ne derivano, accertando ancora cosa siano esattamente le componenti di questi due saggi e come possono variare tra di loro rispettando la commensurabilità del valore della forza di lavoro; cioè, come possono variare rispettando il punte cardine della legge del valore marxista, che ne stabilisce la pretensione scientifica a materializzare il solo metro possibile di questo valore di scambio, dunque l'unico equivalente universale. Risultato al quale Ricardo non è mai giunto, non riuscendo neanche ad essere coerente ad esempio con la natura del profitto, pure avendo imparato da Smith che il lavoro umano è l'unico creatore possibile di valori di scambi. Solo questo risultato raggiunto da Marx può permettere di affermare che l'economia politica, o per meglio dire la sua critica, è una scienza razionale degli scambi economici e dei rapporti di produzione nelle sue varie declinazioni (rapporti di sfruttamento, rapporti di distribuzione e rapporti giuridici secondo i vari modi di produzione considerati. Per il riassunto di questi tre rapporti cruciali per l'analisi della forma storica specifica assunta dallo Stato capitalista o " epoca " ridistributiva (Stato liberale classico, Stato sociale o Welfare State, Stato reaganiano o neoliberale ...) vedi ad esempio l'Anti-Varela nella Sezione dedicata a Cuba in questo sito.)

In questa analisi possiamo accettare come una semplificazione, accettabile perché non tradisce la natura del problema, la definizione di c = capitale costante " used up " secondo la utile espressione di Sweezy, v essendo il capitale variabile; dobbiamo allora ritornare al problema dell'estrazione della sovrappiù, e dunque all'analisi iniziale dei rapporti tra " v " e " c " e tra " pv " e " v " data nel Libro I.

Per fare breve si prende una industria (in francese una " branche " industriale) in modo empirico sopra la solita base paragonabile c + v = 100. Si adopera una procedura identica per un intero ciclo di riproduzione per tutte le industrie (o parte di industrie, problema eccellente per la statistica socialista) che entrano specificamente nella composizione di uno dei due settori, il Settore I dei Mezzi di produzione. Si ricomincia l'operazione per il Settore II dei Mezzi di consumo. Il ciclo di riproduzione è la versione marxista, dunque originale, del ciclo economico; esso si raggiunge dunque solo dopo ponderazione per tutto il ciclo, e certo non con una fotografia statistica istantanea, e nemmeno con le solite serie medie e lunghe della statistica borghese in prezzi cosiddetti " costanti ", quelle ad esempio che potano all'approssimazione ben intenzionata ma povera della Phillips Curve (Ho già detto altrove che cicli lunghi di Kondratiev mi sembravano essere strettamente legati con la logica della introduzione e della massificazione di nuove tecnologie, cioè con quello che ho chiamato, dopo altri ma integrandoli in una teoria fondata sopra una legge del valore delucidata, i settori intermediari.) A questo punto si nota che si può determinare simultaneamente in modo empirico e teorico la parte che corrisponde a c, quella che corrisponde a v (lavoro astratto sotto forma di lavoro socialmente necessario per il rinnovo della forza di lavoro nel settore), la parte corrispondente a pv, e infine la parte per M, il prodotto finale del settore.

La parte corrispondente a pv (la sovrappiù) può essere allora empiricamente capita nelle sue due dimensioni, sempre in termini di ore di lavoro socialmente necessario, tanto come sovra-lavoro quanto come sovrappiù, il che è la stessa cosa visto sotto un angolo diverso, cioè in termini di valori di scambio. Ad esempio, se la giornata di lavoro in un settore è di 8 ore pagate 10 euro all'ora, e se bastano 4 ore di lavoro per rinnovare la forza del lavoro utilizzata nel processo di produzione immediato, allora il salario capitalista individuale sarà di 4 ore o 40 euro, il sovra-lavoro, cioè il tempo ancora utilizzato dal capitalista nella giornata di 8 ore in quanto compratore del valore di uso della forza di lavoro, sarà di 4 ore; il benefico di queste 4 ore, sempre prodotte dal lavoratore, sarà intascato dal possessore dei Mezzi di produzione come sovrappiù, non corrisponderà ad una partecipazione produttiva del capitalista (tanto lui intasca la pv non solo di un lavoratore ma di tutti i suoi lavoratori, pure essendo un uomo ordinario ...), corrisponderà invece al diritto di proprietà in un regime di proprietà privata, nel quale il possessore dei Mezzi di produzione si impadronisce di tutto il valore di uso della forza del lavoro, ma ne paga solo il valore di scambio, l'equivalente di quelle 4 ore di salario che risulta necessario per rinnovare la forza produttiva del lavoro umano. E proprio questo meccanismo la base fondamentale dello sfruttamento di classe, in particolare capitalista. Contrariamente a quello che pretendeva Proudhon con i suoi illusori e debilitanti furti, il cambio forza di lavoro = salario è dunque un cambio uguale in termini di valore di scambio, ma rimane un sfruttamento perché si impadronisce del valore di uso della forza del lavoro, alienando così il lavoratore alle macchine e più generalmente al processo di produzione. La differenza è importantissima perché il superamento del modo di produzione capitalista da un modo di produzione ugualitario e libertario socialista o comunista non abolisce la sovrappiù, solo la trasforma in sovrappiù sociale, cioè collettivamente pianificata e ridistribuita dai lavoratori, e in modo transitorio dal loro Stato socialista. (Si nota che l'abolizione del sovra-lavoro e della sovrappiù è cosa impossibile se non altro perché esiste una divisione del lavoro la quale necessita che il produttore possa alienare nello scambio una parte del suo prodotto specifico per acquistare gli altri prodotti che li necessitano.)

Rimane che una volta ottenuto c, v e pv per tutto un ciclo produttivo, si può allora derivare gli altri elementi, ad esempio il saggio di profitto pv/C. Applicando la legge del valore alla Riproduzione Allargata si può anche procedere con una grande certezza alla pianificazione economica, cercando sempre di affinare le ponderazioni che permettano di arrivare ai dati empirici-teorici per un intero ciclo. Si nota che una volata applicata questa procedura per i nostri due settori fondamentali durante tutto un ciclo di riproduzione, tutti gli altri appariranno solo come sotto-settori di questi due, anche se, come fu detto a proposito dei settori detti intermediari, parte di questi andrà a SI e parte a SII secondo la specifica composizione e la specifica funzione socio-economica.) A questo punto si debbono anche confrontare i dati con le proporzioni imposte dalle Equazioni di Marx-Bucharin per la Riproduzione, per prima semplificando analiticamente in un contesto di Riproduzione Semplice. (Per incisa, in un modo capitalista, tale operazione farebbe subito apparire l'incredibile spreco che risulta non solo dall'obsolescenza programmata dei prodotti capitalisti, ma molto di più dalla discrepanza tra produzione e consumo, la prima essendo trascinata dalla ricerca del profitto massimo invece di esserlo dalla soddisfazione massima dei bisogni umani, mentre la seconda è fortemente costretta dalle limitazioni dei salari capitalisti e, appunto, nella sua qualità di domanda sociale dalla struttura peculiare della riproduzione in vigore.) Inutile dire che in quello che segue i nostri dati rispettano la logica della procedure empirico-teorica, dimostrandone la validità come pure la coerenza teorica, ma non sono basati sopra dati empirici precisi: sono già più di dieci anni che chiedo lo sviluppo di una statistica puramente socialista - tanto in termini quantitativi che qualitativi - sopra la base della mia restituzione della legge del valore e della flessibilità offerta dalla teoria marxista della Riproduzione Semplice ed Allargata. Verifico che molti pseudo-intellettuali trovano meno oneroso produrre varie sciocche narrazioni a ritroso, nonché rendersi umilmente utili e scientificamente accettabili ...

In questo quadro adatto ad una verifica, possiamo allora riprendere il lavoro di Marx, relativamente alle forme di estrazione della sovrappiù.

Marx afferma che l'analisi costituisce il microscopio delle scienze sociali. Cioè, se si vuole analizzare un set di variabili si deve mantenere certi sub-set invariati in modo di fare variare gli altri ed dunque capire analiticamente quello che succede, per poi cercare di generalizzare i risultati. Se questi risultati generali possono essere trattati come risultati universali, cioè come risultati sempre validi almeno nell'ambito di un dato universo, allora Marx parlerà di concreto pensato (concret pensé). Ad esempio, Aristotele anticipa il problema del valore della forza di lavoro come campione di misura quando chiede come mai sia possibile scambiare un treppiede contro un letto, cioè due merci diverse, ma il modo di produzione fondato sul lavoro dei schiavi non gli permette di concludere. Adam Smith, e più ancora Ricardo, iniziano la spiegazione scientifica del lavoro umano come campione di tutte le misure in termini di valori di scambio. Questa possibilità gli viene concessa perché il capitalismo mette interamente alla luce il lavoro umano come una merce come tutte le altre in termini di valori di scambio, mentre rimane un fattore unico in termine di valore di uso. I due fondatori dell'economia politica classica non possono pero concludere perché non sono capaci di concepire il profitto come effetto compatibile con l'uguaglianza in termine di valori di scambio, compreso la forza del valore, che prevale in ogni atto di scambio economico. Marx fu il primo e il solo a delucidare questo problema cruciale: lo fece mettendo alla luce, in modo chiaro e coerente, il fatto che ogni merce dispone di un valore di uso e di un valore di scambio, mentre solo la forza del lavoro dispone di un valore di uso particolare; si tratta di un valore di uso particolare che nemmeno il migliore robot dotato di intelligenza artificiale dispone, perché solo il lavoro umano può creare altri valori di uso dotati di un valore di scambio (cioè merci) nel processo di produzione (mentale e fisico). Il robot esibisce fra l'altro il difetto definitivo di dovere essere anche lui creato dall'uomo come strumento di lavoro oggettivato. L'uomo riproduce l'uomo ma il prodotto uomo non è mai riducibile all'oggettivazione del lavoro umano come sarà sempre il caso per i robot ed altri prodotti di Intelligenza Artificiale. (Per spiegare queste cose abbastanza ovvie - anche ammessa sotto un'altro angolo da un teorico importante come Hofstädter - ad un pitre come Cini come pure agli altri apostoli della cosiddetta economia immateriale, cioè in fin dei conti, quel solito fantasma borghese di una produzione astratta dal intervento e dunque dalle rivendicazioni dei lavoratori, è un tutt'altro paio di maniche! Altri burattini a fili, ai quali anche se gli fai un disegno neanche vorranno capire ... .)

In fine dei conti, questo è il cuore del problema della coerenza della legge del valore nel quadro della RS: si tratta di sapere come possono variare i nostri due rapporti principali (v/c - poi coretto come v/C - e pv/v); e soprattutto, quando divergono l'uno dell'altro, si tratta di sapere come e perché si mantiene la commensurabilità del lavoro umano, dunque la base razionale e scientifica della legge del valore e di tutti i sviluppi del materialismo storico.

Se cominciamo con i nostri due settori con v/c uguale e pv/v uguale, tutto concorda, cioè la legge del valore viene rispettata da un ciclo all'altro all'interno del quadro di prova della RS.

Vediamo allora a partir di questo quadro le variazioni nelle forme di estrazione della sovrappiù secondo la durata, l'intensità, l'intensità strutturale o produttività che caratterizzano il capitalismo e, per finire, quello che ho chiamato la sovrappiù sociale.

Per analizzare le varie forme di estrazione della sovrappiù simultaneamente alla nozione di composizione organica del capitale in relazione con il tasso di sovrappiù, basta inizialmente considerare un solo settore, diciamo il Settore I. Poi si potrà introdurre queste forme nella RS per modo di verifica.

Prendiamo il Settore I nei termini nel quale ci verrebbe dato in modo empirico sopra base c + v = 100 per un ciclo completo di riproduzione, dunque nella sua realtà empirica strutturale. (Si nota che questa procedura ci da per v il lavoro astratto, cioè la media o più giustamente la norma nel settore al di là di ogni lavoro o mestiere concreto caratterizzato dalle sue variazioni epifenomenali, come si è detto prima, e con lui il lavoro socialmente necessario alla riproduzione della forza di lavoro, almeno nelle condizioni di partenza, gli input. Dato che il nostro asino nietzschiano parla del lavoro vivo senza sapere realmente cosa sia, aggiungiamo che v, il capitale variabile appare qui come lavoro cristallizzato all'immagine di c, cioè come un lavoratore collettivo proto a spendere la sua forza di lavoro nella produzione che inizierà, trasferendo il suo valore di scambio al nuovo prodotto, e simultaneamente appare come lavoro vivo capace, per dirla secondo un'espressione di Dilthey, di impadronirsi delle merci necessari per fabbricare nuove merci, cioè per conferirli una nuova fattura, facendone un prodotto diverso e nuovo rispetto ai suoi input, quindi oggettivando il nuovo risultato ad un livello più alto (in termini entrambe di valore di uso e di valore di scambio! In breve, gargarizzarsi con il lavoro vivo senza rendere conto del rapporto lavoro cristallizzato e lavoro vivo oppure, ad un livello più alto, del rapporto tra composizione organica del capitale e tasso di sovrappiù, consiste solo ha rimpiazzare l'emblematico pappagallo di Mozart con l'asino di Apulée, o più precisamente della conosciuta ma ingombrate clique filo-semita nietzschiana ... )

Non sembra inutile ripetere che molti pretendono parlare di Louis Althusser senza nemmeno sognarsi che quando Althusser esponeva, contro Popper e tutti quanti, i suoi livelli di approssimazione necessari per camminare dall'empirismo verso il " concret pensé ", cioè i livelli P1, P2, P3 ecc, non ragliava come un ciuccio, per dirlo in dialettale, faceva invece lucidamente opera di metodologia mostrando di avere una maestranza completa della filosofia occidentale e della sua critica. Dunque i seguenti dati empirici non baconiani ci servono di situazione di partenza nella quale la giornata del lavoro è considerata pari a 8 ore. Questa situazione può essere rappresentata così:

Settore I, situazione di partenza: c = 80 + v = 20 + pv = 20 = M = 120

Consideriamo ora separatamente mutamenti nella durata, l'intensità e l'intensità strutturale (seguendo Marx, ho chiamato questa intensità strutturale, produttività, notando in oltre che essa costituisce la caratterista specifica del modo di produzione capitalista, il quale rivoluziona in permanenza le forze produttive; nondimeno come le due altre forme di estrazione della sovrappiù pre-capitaliste, la produttività non sparisce con il superamento di questo modo: invece saranno tutte reinterpretate sotto egemonia della " sovrappiù sociale " nel stesso modo che la durata e l'intensità furono reinterpretate dal modo di produzione capitalista come forme subalterne alla produttività.) Perciò, sempre seguendo lo spirito di Marx, dobbiamo aggiungere quello che ho chiamato sovrappiù sociale. Secondo il rigoroso metodo scientifico utilizzato da Marx nel Libro I, faremo variare una sola variabile alla volta, tenendo le altre immutate.

Vediamo allora cosa cambia quando cambia mutatis mutandis la durata del lavoro. Ovviamente, assieme alla giornata di lavoro, cambierà il numero di prodotti contenuti in M. Perché questo avvenga per la produzione di un più grande numero dei prodotti identici, si vede facilmente che si dovrà aggiungere proporzionalmente più elementi di c, l'addizione di più v essendo espressa nella giornata più lunga, o se si vuole, seguendo l'aria del tempo, nelle ore supplementari. Il bello è che questa situazione di arrivo presa su base 100 secondo il brillante modo di operare di Marx, che non cerca mai di paragonare mele con arrangi, ci rimanda alla situazione di partenza. (Scherzi a parte può esistere una divergenza marginale se la durata supplementare viene retribuita con un premio, ma in genere questa percentuale in più delle ore supplementari sparisce, visto che i nostri dati corrispondano ad un ciclo di riproduzione; comunque, niente di straordinario qui; il più tragico risulta quando la durata viene allungata senza compenso, malgrado il codice del lavoro ...) In termini strutturali non cambia niente, cambia pero il volume dei prodotti e dunque il volume del sovra-lavoro, il quale visto altrimenti rappresenta il volume del profitto. Usualmente, per questione di giustizia tra i vari capitali, la legge non autorizza un uso aleatorio delle ore supplementari, perché questo non solo falsifica la concorrenza, ma impedisce in parte l'adozione di metodi più produttivi. Oggi, l'irrompere del neoliberalismo globale assistito direttamente e indirettamente da tanti asini patentati, fa si che queste norme basiche diventano in toto trippe per cani e per gatti!

Vediamo ora l'intensità. Il discorso è simile. L'aumento dell'intensità significa solo che la giornata rimanendo invariata, le cadenze di produzioni aumentano, mettendo anche in repentaglio il tempo per il pranzo o per i bisogni naturali, come gli operai della Fiat potrebbero spiegare a Bertinotti e a tutti quelli tizi che, poco fa, per conservare il posto pretendevano dare del terrorista ai movimenti e ai comunisti autentici! E chiaro che questo aumento delle cadenze sfrutterà ancora di più la forza di lavoro senza pagarla, e aumenterà il numero di prodotti identici contenuti in M. Ma rimane chiaro che il capitalista, sempre propenso a dimenticare di pagare il lavoratore per il lavoro intensificato, non potrà non fornire la parte supplementare del capitale costante c necessaria per la fabbricazione dei prodotti fabbricati in più. In realtà, questo tipo di intensità non può essere che transitoria. La pin factory di Adam Smith, l'organizzazione del lavoro descritta da Proudhon ma già criticata da Marx, e infine il riassunto capitalista di Frederich Taylor illustrano questo fatto in relazione con il lavoro astratto e con il lavoro socialmente necessario. In altre parole, se mai mutatis mutandis l'intensità venisse aumentata in modo non transitorio senza cambiamento del salario, funzionerebbe de facto come nuova norma del lavoro astratto. Questo si è verificato ed era lucidamente aspettato con il destino della porosità del lavoro nelle 39 ore invece delle 40 del governo socialista di François Mitterrand quando paragonate con le 35 ore del governo della gauche plurielle. Senza grande effetto nel primo caso, la riduzione della porosità sopra la spiaggia più larga della riduzione acquisita con le 35 ore (4 ore invece di una sola) ha avuto un impatto notevole tanto per la creazione di posti di lavoro permanenti che per la produttività strutturale. (A questo proposito, in particolare per gli impieghi supplementari assieme ai contributi sociali ed alle entrate fiscali creati dalle 35 ore, vedi gli articoli pertinenti nella Sezione Commentaires d'actualité di questo sito.)

Passiamo ora al dunque, analizziamo l'aumento strutturale dell'intensità del lavoro, non tramite la durata, o l'intensità transitoria, ma attraverso dell'approfondimento della composizione organica del capitale, grazie all'innovazione tecnica e/o organizzativa. I problemi cominciano proprio qui, almeno che, come sono stato io il primo a farlo, non si corregge la definizione generica della composizione organica da v/c in v/C. Guarda caso per arrivare a tale correzione bisogna non solo avere letto e capito Marx, ma bisogna avere capito in particolare le due nozioni di lavoro cristallizzato e di lavoro vivo! Bellofiore dovrebbe andarsene a nascondersi fuori delle vista dei suoi colleghi, purtroppo in tanti come lui ... ma soprattutto fuori della vista dei suoi studenti ai quali il suo sciagurato insegnamento ideologico non può fare altro che indurre un profondo disgusto per la regina delle scienze sociali, il materialismo storico: almeno che, più avvertiti, non si p ... i pantaloni delle risate! Per fortuna, i lavoratori non ne sentivamo parlare prima che Bertinotti e i suoi maestri filo-semiti nietzschiani, tra i quali tanti pitre già denunciati da me all'interno del giornale Il Manifesto, incluso il Giudeo Halevi (il quale mi fa inevitabilmente pensare a Engels e Kautsky, a Lenin e Kamenev, a Sartre e Victor, a Russell e Ralph Schoenman ecc, ecc, ecc ... e anche a Nietzsche e Lou Salomè ... plagio in più ...) credessero di poterlo utilizzare per occultare il mio lavoro e tutto il marxismo autentico in Italia!

Vediamo dunque questo mutamento di intensità strutturale, cioè di produttività. Si intende come aumento di produttività la produzione di una più grande quantità di un dato prodotto durante la stessa giornata di lavoro, dunque con lo stesso costo salariale in termini reali ma non lo stesso numero di lavoratori fisici. Questo è la definizione in arrivo. Ma basta dire più prodotti con la stessa giornata di lavoro, e poi vedere come rimanere scientificamente coerente, anche rispetto alla durata ed all'intensità ora tenute invariate. Abbiamo già visto che il lavoro astratto, dunque anche il lavoro socialmente necessario, non può essere confuso con il lavoro semplice di Adam Smith, cioè con la generalizzazione di un lavoro dequalificato, dunque più o meno identico da un operaio concreto ad un altro. Abbiamo visto che il lavoro astratto in una industria o in un settore rappresenta la norma (de facto o legale). Ma cosa succede ai nostri due rapporti v/C e pv/v, e cosa succede alla persona del lavoratore collettivo, dunque anche agli operai individuali che lo costituiscono ed al suo lavoro astratto quando muta la produttività?

Notiamo in partenza che la produttività è una dimensione microeconomica, dunque da non confondere con la competitività macroeconomica delle Formazioni sociali, siano queste singole Nazioni, Stati multinazionali, o blocchi commerciali.) La produttività viene definita secondo Marx come un processo di produzione immediato (il processo microeconomico, qui per noi per tutto il Settore I) capace di produrre strutturalmente più prodotti di un stesso tipo nel stesso periodo di tempo.

La nostra situazione di partenza iniziale rimane la stessa per 8 ore.

Settore I: c1: 80 Euro + v1:20Euro + pv1:20Euro = M1:120 Euro

                   80Mp/80h + 20Mp/20h +20Mp/20h = 120Mp/120h

Questa prima tabella del Settore I corrisponde alla situazione anteriore all'introduzione che risulterebbe dall'aumento di produttività di un quarto (¼). Essa ci permette di dare la ventilazione necessaria per controllare i possibili mutamenti specifici (durata o intensità) o strutturali (produttività o gestione collettiva della sovrappiù sociale tramite la pianificazione.) Secondo il metodo di determinazione empirico-concettuale questa ventilazione concerna le nostre variabili c (capital used-up), v (capitale variabile) pv (sovrappiù corrispondente al sovra-lavoro), e M il prodotto finale. Se poi re-introduciamo la tabella RS con il Settore II corrispondente alle equazioni di Marx-Bucharin, ma caratterizzato dai stessi rapporti v/C e pv/v, tutto risulterà chiaro perché saremo qui capaci di offrire una ventilazione coerente simultaneamente in termini quantitativi (i.e., in termini del prodotto specifico del settore, Mp o Cn) aggiungendo anche la ventilazione corrispondente in ore di lavoro, il tutto sopra una base monetaria coerente perché fondata sopra il metro universale, il valore di scambio della forza del lavoro. Il rapporto Mp sopra Cn, o il rapporto euro (unita di misura monetaria) con i Mp o i Cn (rapporti relativi) saranno espliciti perché fondati sopra una produttività identica in entrambi i settori. Per comodità, abbiamo qui semplicemente deciso che I Mp = I Euro, abbiamo adottato una giornata uniforme (norma legale) di 8 ore nella quale il rapporto pv/v = 100 %, cioè la durata del lavoro socialmente necessario e la durata del sovra-lavoro saranno uguali, ovvero 4 ore ciascuna.

Se rimaniamo prigionieri del lavoro semplice di Adam Smith cosa succederebbe in queste condizioni capitaliste through and through? Succederebbe che indipendentemente al aumento di produttività, il rapporto pv/v rimarrebbe lo stesso, il mutamento venendo soltanto dal lato della composizione organica del capitale. Intuiamo già che non è probabile. Ma possiamo verificare la coerenza della legge del valore riportando questa ipotesi (v/c differente da un Settore all'altro, e pv/v identico.) Cioè, se la composizione organica del Settore I si approfondisce di ¼ mentre quella del Settore II rimane immutata avremmo qualcosa così:

c1= 84 + v1 = 16 + pv1 = 16 = M = 116

c2= 32 + v2 = 8 + pv2 = 8 = M = 48

Si nota che qui, a parte tutti gli altri problemi (includendo anche le ripercussioni nei volumi prodotti dal Settore II, la differenza entro c2 = 40 e c2 = 32 essendo persa per la produzione ecc. ) che anche ammesso l'equalizzazione del saggio del profitto, non esisterebbe nessuno incentivo, né per i capitalisti del Settore I, né per il capitalismo in generale (i due settori) di preferire l'aumento incessante della produttività, che purtroppo rimane la caratteristica rivoluzionaria essenziale del capitalismo! Il che costituirebbe un bel guai, se non altro perché una investigazione empirico-storica informata del capitalismo o del Manifesto comunista di Marx ci informa in modo lucido che la ricerca incessante di una produttività più alta costituisce la caratterizza rivoluzionaria del modo di produzione capitalista rispetto a tutti gli altri modi che l'hanno preceduto. Naturalmente, questo non avviene per i belli occhi di chi sa quale principessa nella storia fredda del capitalismo, ma solo perché la produttività trasforma la tesaurizzazione pre-capitalista in accumulazione capitalista incessante, al punto che questo processo porterà ineluttabilmente ad una contraddizione insuperabile tra le forze produttive ed i rapporti di produzione, in sintonia con quello che ci insegna Marx, ma anche con quello che dicono le statistiche attuali (54 % dei nuovi posti di lavori sono precari, dunque indegni dei lavoratori qua persone umane), oppure con quello che ho sostenuto nella mia demistificazione del progetto del nuovo filo-semitismo nietzschiano il quale, con l'aiuto di tanti pitre e bassi-cleri, cerca di operare un " ritorno ascendente " verso la società della nuova schiavitù salariale e della nuova domesticità. Se non altro, il mutamento di produttività deve portare a profitti superiori in termini di volumi come vedremo fra poco, mentre deve rispettare i parametri della critica di Marx a Senior per quanto riguarda le variabili e la proporzionalità dei loro rapporti.

Facciamo allora variare nel Settore I, il rapporto v/c (detto falsamente composizione organica e da correggere come v/C dove C = c + v ) e il rapporto pv/v. Ma come farlo, in modo coerente?

Qual che sia il modo utilizzato si arriverà ad una versione dove il rapporto di sfruttamento pv/v e dunque il saggio di profitto pv/c + v del Settore I e del Settore II diventeranno divergenti; questo ci obbliga a ricorrere al metodo della trasformazione degli input valori con gli output in prezzi di produzione. Il problema è allora che non si rispetta la coerenza entro il settore dove si produce la mutazione di produttività, il che viene confermato dal disequilibrio della RS secondo le equazioni stabilite da Marx-Bucharin! Vediamo un esempio: questo détour ci è reso necessario visto che tutti quanti (gli eredi più o meno rigorosi del metodo quadratico iniziato da Tugan-Baranowski e da Bortkiewicz, a Sraffa, e a Arghiri Emanuel ecc ) non hanno mai considerato altro problema che uno di questo tipo; questo gli spingerà in seguito a proferire varie inettitudini in termini di unita di conto, creando una situazione drammatica e abbastanza problematica se corrispondesse in realtà al problema di Marx! Per fortuna non è il caso.

Poniamo un esempio sopra la base di una composizione organica notata v/c : il capitale variabile, confuso con il tempo di lavoro, che comunque rimane immutato quando si analizza il cambiamento di produttività, non cambierebbe; ma dato l'aumento dei prodotti in M1, la proporzione di c deve aumentare, in modo che da un modo o dall'altro la parte di v nel rapporto di sfruttamento dovrebbe anche aumentare. La procedura risulterebbe già incoerente. Poi il Settore II rimasto immutato dovrà comunque adattarsi ( precisamente secondo la logica della domanda sociale già esposta da Marx nei Manuscrits parisiens del 1844 e formalizzata in appreso con le Equazioni della Riproduzioni (RS e RA) equazioni che possono sembrare facili solo a chi non conosce le tabelle di analisi preliminari di Marx relative al Tableau di Quesnay (vedi ad esempio Marx in La Pléiade Economie II, 1514), oppure a chi non riflette sopra la necessità di un vero sistema di statistiche socialiste:

Si otterrebbe questo:

c1 = 100 + v = 20 + pv = 25 = M = 150 (tasso di profitto pv/c + v = 20,83 %)

c2 = 55 + v2 = 13,75 + pv2 = 13,75 = M2 = 82,5 (tasso di profitto pv/c + v = 20 %)

A questo punto dobbiamo procedere con l'equalizzazione del saggio del profitto. Ed incontriamo lo stesso problema già conosciuto, cioè quello del falso problema della trasformazione. Con questo modo di concepire la composizione organica (v/c), la legge del valore non viene rispettata; di conseguenza non si può comprendere razionalmente il punto cardine dell'approfondimento capitalista della produttività. La commensurabilità con il valore della forza di lavoro si perde, e nessuno tour di passe-passe non può cambiare questo stato di affare. L'unita di conto non è più omogenea come dice Arghiri Emanuel!

Guardando bene a quello che abbiamo sotto gli occhi sono finalmente arrivato a capire, nella prima metta degli anni 80, nel quadro della mia ricerca per la mia tesi di Master, che si parlava di produttività senza rispettare il cuore della legge del valore, cioè la differenza tra lavoro cristallizzato e lavoro vivo. (Altro che le inettitudini e oscenità volubili e demenziali, perché prive di ogni basa reale o logica, dell'asino Bellofiore e di tantissimi altri.) Ma con questa realizzazione si arriva ad una nuova formulazione, questa volta corretta, della composizione organica del capitale: in realtà, quando inizia il processo di lavoro immediato, ambedue c e v appaiono come lavoro morto, solo che v è simultaneamente il supporto del lavoro vivo del lavoratore che si spenderà per tutta la giornata lavorativa, una parte corrispondente al suo salario, ovvero al lavoro socialmente necessario per la riproduzione del lavoratore, mentre l'altra parte, corrispondente al sovra-lavoro, costituirà la sovrappiù, cioè in altri termini il profitto (il tasso di profitto rimane il rapporto della sovrappiù a tutto il capitale investito c + v perché, come dice Marx nel Capitale, Libro I, (La Pléiade, I, p 726) una volta impiegato il lavoratore, l'uomo col sacco, il capitalista, considera questo strumento di lavoro tutto suo per tutta la durata del tempo stipulato nel contratto di lavoro, mentre il lavoratore detto " libero " sa che questa libertà formale borghese, cogitata da John-Stuart Mill, Bentham e tutti quanti, lo porta ad essere conciato come un volgare pezzo di cuoio dal possessore dei Mezzi di produzione e dal sistema capitalista (il doppio mulinello sistematico descritto da Marx: visto che non c'è scampo dentro il sistema ,dato che se lasci un padrone ne trovi un'altro supergiù identico al primo, anzi a volte peggiore!).

Riscriviamo dunque la tabella corrispondente alla crescita di produttività nel Settore I rispettando la definizione corretta della composizione organica come v/C dove C = c + v, ma mantenendo la definizione di Marx secondo la quale l'aumento di produttività produce proporzionalmente più prodotti di un stesso tipo con la medesima giornata di lavoro. Ho detto altrove come Marx abbia scritto il rapporto v/C non a caso nelle sue analisi della RS e RA nel Libro II (éd La Pléiade, II, p, 904), ma sfortunatamente trattò questo caso come un caso particolare poi abbandonato, invece che noi abbiamo dimostrato che risulta in fatti essere il caso generale, cioè quello che solo permette di rispettare la legge del valore. Merita di essere sottolineato perché questo è anche prova di come i falsi problemi, per esempio quello della trasformazione dei valori in prezzi di produzione, non nacquero nella testa ben fatta di Marx, ma in quella abbastanza vuota e malfatta dei suoi critici borghesi, come pure di tanti marxiani e marxologisti, particolarmente universitari.

Otteniamo la tabella seguente. Questa mostra allora benissimo il mutamento di produttività nel Settore I, integrandolo correttamente nelle Equazioni della RS con tutte le ventilazioni monetarie, orarie e quantitative dato che con questa procedura diventa chiaro che tutti i presupposti relativi alla legge del valore e della RS vengono rispettati dall'interno.) Avremo questo:

Tabella della RS senza mutazione di produttività:

c1= 80Euro + v1 = 20Euro + pv1 =20Euro = M1 (120Euro)

       80Mp/80h +20Mp/20h + 20Mp/20h =120Mp/120h

c2 = 40Euro + v2 =10Euro + pv2 =10Euro = M2 (60Euro)

       40Cn/40h + 10Cn/10h + 10Cn/10h = 60Cn/60h

Tabella della RS con il mutamento della produttività dove l'approfondimento di v/C corrisponde ad una crescita in proporzione inversa del rapporto pv/v come discende logicamente della mia correzione della formulazione della composizione organica e dunque del rapporto coerente tra lavoro cristallizzato e lavoro vivo.

c1 = 84Euro + v1 = 16Euro + pv1 = 20Euro = M1 (120Euro)

       105Mp/84h + 20Mp/16h + 25Mp/20h =150Mp/120h

 

c2 = 36Euro + v2 = 9 Euro + pv2 = 9Euro = M2 (54Euro)

       36cn/36h + 9cn/9h + 9Cn/9h = 54cn/54h (45Mp)

 

Qui un Mp = 0,8 Euro; un Cn = 1 Euro; purtroppo la produttività, tenendo conto degli aggiustamenti imposti dalla RS (che io chiamo Effetto RS) ci da la certezza che si tratta bene di lavoro astratto, dunque commensurabile, espresso dai valori (dati qui in Euro); basta per convincersene osservare in particolare le trasformazioni subite da v1 e c2 : ogni dubbio svanisce quando distinguiamo l'espressione valore di uso (" vu " sotto forma di prodotti concreti Mp o Cn) dal valore di scambio (vs) del quale è solo il supporto. (Aggiungiamo che dal punto di vista del valore, e specificamente in una società capitalista, questo Effetto RS non pone le stesse questioni poste da Sraffa per quanto riguarda l'espressione dei prezzi di merci prodotte durante epoche produttive diverse, e neanche quelle congiunturali dovute all'impatto dei stock sopra il prezzo di vendita, perché, per definizione, nel quadro sistematico demistificato dalle Equazioni della Riproduzione secondo Marx-Bucharin, non si tratta di altra cosa che del lavoro passato ri-vivificato o meno dal lavoro vivo in un nuovo ciclo produttivo. In realtà, una società socialista si impegnerebbe ad integrare o almeno a tenere conto di questo Effetto RS nelle sue proprie Equazioni delle Riproduzione per evitare ogni inutile spreco. Questo sarebbe ancora più ovvio nel quadro delle strutture dei costi di produzioni derivate dai parametri dell'ecomarxismo.

La sorte de v1 merita un può di attenzione dato che il suo valore, ma anche il suo supporto, il lavoratore concreto, non restano identici in questa tabella della produttività rispetto alla tabella iniziale dove le condizioni erano identiche nel Settore I e nel Settore II. Di fatti, essere più produttivo significa produrre strutturalmente di più nei stessi tempi, con lo stesso salario reale, ma questo non si può fare con un numero di operai rimasti immutati (o di ore di lavoro immutate: se non altro perché le macchine e l'organizzazione del processo di lavoro immediato sono state mutate); questo deriva dai mutamenti simultanei di v/C e di pv/v, anche se i lavoratori effettivamente impiegati possono rimanere le stesse persone (cambia naturalmente la norma del lavoro astratto nell'industria o il settore che adotta una differente composizione organica.) Di conseguenza, la stessa giornata di lavoro esprime una crescita in termine di valore di uso (quantità complessiva del prodotto Mp) che evolve direttamente nel senso della produttività, mentre il valore di scambio del quale sono il supporto si abbassa proporzionalmente in senso inverso per ogni prodotto concernuto. Questa modifica minore, in realtà una necessità aritmetica come abbiamo detto sopra, non cambia la legge del valore, al contrario ne ristabilisce le sue pretese rigorosamente scientifiche; apre così la strada ad una migliore comprensione del doppio mulinello di sfruttamento che il Modo di Produzione capitalista fa subire alla forza del lavoro quando l'introduzione di nuove tecnologie, capaci di approfondire la composizione organica del capitale, impone profondi mutamenti nella struttura della forza di lavoro, inducendo in particolare da una parte la squalifica della maggioranza accompagnata dalla sovra-qualificazione di una minoranza e, dell'altra, la formazione di una Armata di Riserva (AR) del proletariato. Almeno che, come l'ho mostrato in Tous ensemble, l'introduzione di nuovi settori, specialmente di nuovi settori intermediari, non riesce a contraddire o a rovesciare questa pesante e emblematica tendenza che caratterizza la sorta subita dal supporto valore di uso (" vu ") della forza del lavoro, quando si passa da una situazione simile alla nostra situazione iniziale verso un tipo di situazione identico a quello illustrato dalla tabella con l'aumento della produttività. (La teoria del déversement di Alfred Sauvy deve dunque essere rivisitata alla luce dei processi innescati dai mutamenti della composizione organica e dalla pianificazione o meno della Riproduzione.)

Abbiamo già detto che in questo quadro consideriamo solo il capitale used-up per il capitale constante c (cioè, non entriamo nelle complicazioni del capitale totale diviso in capitale circolante e in capitale fisso, di tasso di ammortamento ecc: pure importanti queste considerazioni sono dei dettagli superflui quando si tratta di delucidare le condizioni generali; è proprio per questo che amo particolarmente riprendere l'utile espressione di Sweezy di capital used-up, coerente con gli obblighi metodologici derivati dal concetto di ciclo produttivo, di cui abbiamo parlato prima.) Noteremmo pero con attenzione l'impatto di questo concetto marxista della produttività sopra l'uniformità organica del saggio di profitto, unità imposta dall'interno finché rimaniamo nello stesso quadro produttivo. La mobilità del capitale e dei fattori di produzione non impone nessuna equalizzazione del saggio del profitto dall'esterno tramite la sempre male definita concorrenza: in effetti, la falsa tesi dell'equalizzazione del tasso del profitto per arrivare ad illusori prezzi di produzione rappresenterebbe un doppio intervento della concorrenza, il primo, ed unico valido corrispondente alla presa empirica-teorica dei dati corrispondenti ad un settore (cioè la media o norma per i componenti della funzione di produzione), e il secondo con l'equalizzazione, ovviamente un assurdità ridondante. Al contrario, la mobilità del capitale (vero viso concreto della concorrenza capitalista) mette in gioco i meccanismi hobbesiani di concentrazione/centralizzazione del capitale tramite i volumi che ovviamente crescono con l'aumento di produttività, dato che prodotti identici o migliori ad un prezzo proporzionalmente più basso conquisteranno il mercato disponibile più facilmente; perciò, si può affermare che il capitale è un lupo per il capitale, al infuori del comunismo del capitale che esso manifesta quando deve fare fronte comune contro i lavoratori. In realtà sono i volumi reinvestiti, mutatis mutandis, che importano per capire bene la dialettica del risparmio e dell'investimento. Ma tocchiamo qui al campo di investigazione della Riproduzione Allargata (RA), per cui non ne parlerò qui. (La RA investe la scelta delle epoche ridistributive, le quali vengono esposte nel capitolo sul socialismo cubano nella seconda parte del mio Pour Marx, contre le nihilisme. Questo discorso fu poi approfondito nelle critiche fraterne disponibili nella Sezione Socialismo cubano di questo sito. Va notato con accuratezza, come ho già detto altrove, che questo capitolo va corretto al margine per quanto riguarda il concetto di democrazia socialista: un sistema socialista è un sistema dove è già instaurata la necessaria dittatura del proletariato; per mettere fine ad ogni confusione intrattenuta da piccoli-borghesi sopra questo concetto marxista chiave dato da Marx e Engels nel saggio la Guerra civile in Francia, scritto dopo il massacro della Comune di Parigi del 1871, va ricordato che questa espressione viene offerta in contra-distinzione alla contemporanea dittatura della borghesia; in termini concreti la democrazia socialista include le necessarie garanzie offerte dalla Costituzione ugualitaria comunista nel quadro di un sviluppo non-borghese del regno della necessità e del regno della libertà, senza che l'uno sia confuso con l'altro malgrado la loro naturale simbiosi che solo la proprietà collettiva dei mezzi di produzione, alleata al possesso individuale dei beni detenuti per fine personale perché necessari al sviluppo armonioso della personalità. Nella democrazia socialista, le libertà civili non sono unicamente formali ma reali, e possono dunque essere estese a tutti, senza eccezione, nel rispetto della differenza; in materie umane, anche per quanto riguarda la riproduzione sessuata, la differenza non è affatto contraddittoria all'uguaglianza delle cittadine e dei cittadini (e non più semplici donne e uomini), la differenza non è niente altro che una mediazione necessaria per raggiungere l'uguaglianza di ogni individuo come membri di una stessa specie, una specie umana, dunque necessariamente anti-post-umana alla Nietzsche, interpretando questo scellerato ex-grande maestro massonico secondo il filo-semitismo ambiante o meno.)

Basta solo aggiungere che, in conseguenza della nostra concezione della produttività e della composizione organica, non accordiamo nessuno credito al fugace abbassamento tendenziale del saggio del profitto, e a fortiori nemmeno alla sua Nemesi contro-tendenziale, e meno ancora alle himalaiesche elucubrazioni che partorirono da questi topolini; fra i quali, notevolmente, in modo similare a quello del falso problema della trasformazione, l'enunciare di una presunta legge di ferro della pauperizzazione assoluta (pace Michels! pace Popper!) imputata a torto a Marx e della quale si nutrirono demagoghi più o meno coscientemente ignari come l'emblematico Edouard Bernstein, un'altro che voleva andare oltre Marx senza capirlo ... Benedetto Croce è responsabile delle stesse imputazioni e dei stessi sbagli, ma anche una lettura diagonale delle sue critiche alla legge del valore dimostra che non sa passare oltre alla durata della giornata del lavoro: è così, si critica Marx con autorità ben sancita dalle logge! Di fatti, consideriamo la nostra tesi come una risposta definitiva alla monumentale ma vana ricerca teorica-empirica di Destane de Bernis relativa a questa presunta tendenza all'abbassamento del saggio del profitto: questo ovviamente detto senza mettere in dubbio la possibilità di un abbassamento dei volumi settoriali o globali del profitto, ad esempio nel caso di sovrapproduzione, quando questa sovrapproduzione non trova rimedio nel consumo interno o nella conquista di sbocchi esterni (colonialismo, imperialismo, neo-colonialismo ecc) , oppure nelle distruzioni causate dalle guerre inter-imperialiste. Come dimostrò Lenin contro i narodniki e contro Hilferding o Rosa Luxemburg, questo tipo di crisi del capitalismo può essere paradossalmente ma momentaneamente superato dal modo di produzione capitalista con il ricorso a nuove tecnologie e dunque con le fusioni che fanno sparire i competitori; ma oltre che come nota Lenin queste innovazioni non sono automaticamente disponibili, il sistema non può ritrovare stabilità finché l'emergenza di nuovi settori intermediari non venga assorbire la massa di lavoratori ridotti alla disoccupazione ed alla precarietà cronica. Ad un certo punto, se il capitalismo non riesce più a conciliare impiego con produttività, se crea solo impieghi falsi, disconnessi dalla produttività e pensati solamente per mantenere il proletariato in una situazione di alienazione, invece di spartire il lavoro socialmente disponibile, allora l'alternativa rimane socialismo o barbarie fascitoida. " Ancora una volta " per parafrasare il ritornello dei ricorsi sviati di Nietzsche.

Aggiungiamo solo una parole per quanto riguarda il tempo, dato che questa precisione ci permette simultaneamente di fare la critica delle inettitudini proferite da Croce a proposito della critica dell'economia marxista ed al stesso tempo di tante altre inettitudini, ad esempio quelle del pitre Camdessus ex-direttore del FMI. Al limite, lavorare più a lungo collettivamente, mentre la produttività reale cresce, serve solo per rispondere a nuovi bisogni sociali con la creazione di nuove industrie e settori; dal punto di vista individuale serve solo a impoverire i lavoratori facendo ancora crescere i profitti a scapito dei salari. Camdesus appoggiava il balordo slogan di Sarkosy " travailler plus ", slogan che avevo denunciato sin dall'inizio (vedi Sezione Commentaires d'acualité.) Oggi tutti, incluso il governo di Sarkozy obbligato dai fatti a rivedere le sciocchezze sulle ore supplementari, ammettono sotto voce che fu, appunto, una sciocchezza. Le statistiche intanto sono impietose; la teoria marxista della legge del valore ne viene confermata empiricamente ... " una altra volta ". Si tratta dunque di inettitudini con conseguenze sociali gravi. Marx dice che il tempo permette di misurare il valore della forza del lavoro (non dice mai il valore del lavoro, si nota ... per quelli che hanno finalmente capito la differenza tra Ricardo e Marx, tra i quali non si può contare l'asino volubile Bellofiore.) Comunque, Marx non dice mai che il tempo di per se è il campione stesso, solo il mezzo di misura (se si vuole, il cronometro di Friedrich Taylor), perché questo spingerebbe poi a trattare mele ed arrangi come unità identiche! Se i mestieri sono in parte crescente parcellizzati nella divisione del lavoro capitalista, la differenza viene sostituita con la variazione, più o meno complessa, della composizione organica, cioè la coniugazione della forza del lavoro con le tecniche e l'organizzazione specifiche messe in opera dal processo del lavoro; questo implica una qualificazione relativa dei lavoratori, per cui 8 ore del lavoro di un manovale vengono considerate meno preziose di 8 ore di lavoro di un lavoratore specializzato, anche se poi arrivati ad un certo livello dello sviluppo nazionale, per preservare questo sistema tanto iniquo quanto fallaccio, i lavori manovali vengono riservati agli immigranti. (Si nota brevemente l'elemento seguente: visto la mobilità del fattore lavoro, il capitalismo non spiega più questa stratificazione tra professioni come un privilegio corporativo - le gilde degli antichi artigiani - ma piuttosto come il risultato della formazione della forza del lavoro assunta in modo privato dai lavoratori stessi con le loro famiglie in un sistema scolastico borghese, per cui selettivo secondo criteri di classe. In un modo di produzione socialista avanzato, l'educazione sarebbe gratuita e accessibili a tutti, a tutti i livelli come pure ad ogni età, cosicché, per semplice equità, almeno nel quadro della giornata di lavoro legale, i salari dovrebbero essere più o meno identici come pretendeva già il compagno Jules Guesde nel suo magistrale Essai de cathécisme socialiste in http://gallica2.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k800923 (il termine " catechismo " deve essere ovviamente intenso in modo etimologico); anzi i lavori più pesanti dovrebbero essere retribuiti di più, probabilmente meno in termini di paga quanto in termini di raggiungimento più precoce all'età della pensione, visto l'usura più precoce della forza del lavoro, il resto essendo una questione di personalità e di scelte personali, anche se sempre espresse nei limiti della pianificazione; intanto, come la riduzione del tempo di lavoro averebbe in cicli continui per ridistribuire la crescita della produttività, i problemi sono minori. Intanto col socialismo, testimonia la defunta Unione Sovietica, si rischia sempre di mancare di forza di lavoro attivo, visto che quando esistono le risorse collettive - sovrappiù sociale - si può sempre approfondire la pianificazione per rispondere a nuovi bisogni sociali, ad esempio per soddisfare l'espressione individuale, ma socialmente compatibile, delle aspirazioni personali ... in modo che la crescita dei ramo " servizi sociali " e " culturali " diventa un indicatore affidabile del progresso reale verso una civiltà umana più avanzata: in somma, tutto il contrario delle pretese attuali della " public policy " oggi grottescamente importate a Cuba da Espin-Castro con di più le criminali e scellerate critiche all'eguaglianza e l'egualitarismo "; in somma, se mai si poteva, peggio della copia maledetta di Liberman con Khrushchev contro i quali il Che aveva preso le distanze senza appunto confondere questa banda di revisionisti filo-sionisti con cosiddetti " stalinisti "! (vedi la Sezione dedicata a Cuba in questo medesimo sito.) Intanto si capisce che il tempo può misurare se si riferisce alla composizione organica, se non si fa una " salade de fruits " non tanto " jolie, jolie ", insomma una noia pazzesca e socialmente nociva...)

Marx invece dice che ogni merce ha un valore di uso e un valore di scambio, che il valore di scambio caratterizza una cosa qualsiasi come merce - capitalista o non -, che la forza del lavoro umano è anch'essa una merce, ma una merce speciale perché il suo valore di uso può pensare e fabbricare altri valori di uso conferendoli un determinato valore di scambio, il che fa di ogni merce un mezzo di misura potenziale per ogni altra merce, trasformando ogni merce omogenea, e dunque facilmente divisibile e pratica da trasportare, come l'oro o le conchiglie del Dahomey di Polanyi, un equivalente generale, ma nel stesso tempo ponendo la forza del lavoro, che sola può produrre altri valori di scambio, come l'unico equivalente universale. Il tempo di per se non misura niente, non misura una potenza ma solo il tempo durante il quale questa potenza si esprime, al contrario del tempo di lavoro quando si tiene conto della composizione organica; una analogia accettabile può essere ricavata dalla differenza tra un Watt (uno joule dunque per secondo) o un chilowatt che ci permettano poi di calcolare un Wattora o un chilowattora ecc, ecc... L'analogia è accettabile se si tiene conto che i parametri della composizione organica non sono dati provenienti unicamente dalle scienze naturali (le forse produttive) perché coinvolgono dati, certo oggettivati e stabili, ma storici, quello che il rigoroso Marx chiama con precisione l' " aspetto morale " dei rapporti di produzione, espressione in generale mal capita, che io potrei forse tradurre in livello di civiltà (per esempio il lavoro dei bambini nelle mine o di notte, la giornata legale di 8 ore o meno, il livello fisiologico accettabile che in Occidente (pace Nietzsche!) non è più quello osceno che la casta bramina continua ad imporre ancora ai Dalits, continuando a considerarli come chandalas, ecc, ecc ...)

Questo spiega, per esempio, il fallimento di Jean Fourastié quando volle utilizzare il lavoro del manovale(travail du manoeuvre) per paragonare la crescita secolare di produttività, usando la confezione dei spechi, oggetti caratterizzati da una manifattura quasi immutata durante i secoli: da quello che abbiamo detto sopra è chiaro che il lavoro del manovale di Fourastié è una versione del lavoro semplice di Adam Smith, ma inteso da Fourastié come l'ultimo rango, dunque presunto cronologicamente immutevole nella scala variabile delle professioni. Come fu già accennato prima quando si parlava di produttività e di coesistenza a dominanza tra diversi modi di produzione, diversi settori ed anche diverse industrie, tenendo conto del tempo assieme alla composizione organica, dunque assieme al tasso di sovrappiù, costituisce l'ultimo mezzo scientifico per pretendere paragonare diacronicamente o sincronicamente le Formazioni sociali ed i loro componenti. Viene dunque da chiedere : Ma siamo sicuri che l'asino Bellofiore, uno che crede essere in misura di accusare Althusser di non avere letto i primi capitoli del Capitale Libro I, avrà mai preso il tempo necessario di leggerli lui stesso, pur trascurando quello che ne potrebbe capire? Questo equivalente universale, la forza del lavoro, è il campione (unità di conti omogenea se si vuole) del valore e viene misurato con il tempo durante il quale risulta impiegato, ma tenendo conto della composizione organica come mostrano le ventilazioni delle mie tabelle che introducono l'analisi della produttività. Detto questo, la comprensione primitiva del massone Croce e di tutti quanti risulta ovvia: sanno solo utilizzare il tempo con una composizione organica identica, non sono capaci di andare oltre alla variabile tempo. Cioè, parlano del Capitale ma non n'è hanno letto molto, anzi dimostrano di averne capito ancora meno! Quelli come Croce sono purtroppo tra i più grandi intellettuali borghesi (hi-ha! per parafrasare Nietzsche, ritornando il complimento del suo Zarathustra.)

(Notiamo ancora che se la produttività estrema del capitalismo moderno rende superfluo, appunto senza spartizione del lavoro, quasi 80 % della forza di lavoro disponibile, rimane solo ad occupare, imbecillire e controllare questi 80 % con lavori tagliati fuori di ogni produttività reale, lavori hyper-precarizzati concepiti unicamente come nuova domesticità e nuova schiavitù; lavoro remunerato, secondo il calcolo del Ebreo reazionario ed " eccentrico " Milton Friedman, con un " reddito minimo annuo garantito ", sottolineando il termine minimo sempre di più dopo la scomparsa del blocco socialista, e quella dei partiti comunisti francesi e italiani accompagnata dal logoramento dei vecchi sindacati autentici a loro legati, cioè una iperbole che non significa Lavoro Socialmente Necessario dotato di diritti cittadini, di dignità lavorativa nonché costituzionale, come pure di un salario decente; al contrario questa proposta friedmaniana è destinata a mascherare il significato del minimo possibile per il neoliberalismo (la sempre al ribasso soglia fisiologica dei marginalisti e del pitre Solow) nel quadro di una settimana legale di 60, 65, e 72 ore intermittenti come vorrebbero i tecnocratici fanatici di Bruxelles (certi pagati oltre 20 000 euro al mese ...), con l'aiuto di vari pitre fra i quali Alain Lipietz. In questo modo, malgrado la precarietà dilagante, si può indurre artificialmente un senso di colpevolezza nella mente della gente : siete responsabili del vostro statuto sociale perché non siete meritevoli, non lavorate abbastanza e non siete adatti alla società dell'immateriale (chiaro! Bertinotti e Bellofiore per conto loro sono sovra-qualificati e dunque meritano facilmente la loro paga ...) ecc ecc. Se dunque i lavoratori non sono pagati abbastanza non significa che non si crea più abbastanza lavoro produttivamente utile, ma solo che i lavoratori sono pigri, che non sano e non vogliono lavorare, in modo che, per chi vuole veramente lavorare, viene offerta la possibilità di fare ore supplementari, caso che permette di non alzare il salario minimo legale, cioè la misura della povertà. In questo contesto, notiamo con stupore che nessuno sindacato ufficiale dice: allora, cominciate ad offrire ore supplementari al 54 % dei nuovi posti di lavoro (in Italia) creati precari e dotati di una paga che basta solo per pagare l'alloggio e forse una parte del trasporto e niente altro! Offrite ore supplementari ai lavoratori di oltre 45 o 50 anni che non trovano neanche le ore precarie da fare. E, poi vedono pure la loro pensione calcolata sull'ultimo salario. Eccetera, senza dimenticare la " vecchiaia attiva " ovviamente da proteggere con leggi speciali perché effettivamente riservata ai soliti ruffiani già titolari, con diploma conferiti da preti o da mafie, o da ambedue simultaneamente, e con concorsi all'italiana, cioè a quei geronti capitalisti che dalle università, alla Rai e in tutte le altre funzioni istituzionali, parastatali o private dove pullulano quadri e consulenti grassamente pagati, inquinano la vita della comunità ormai da decenni con la loro mediocrità, distruggendo contemporaneamente il Paese: vedi Bellofiore, Bertinotti ed altri ? ... L'analisi della produttività è un passaggio obbligatorio in economia politica, tanto per la sua critica quanto per concepire il suo superamento comunista. Chi legge Marx e lo comprende non prende le vesciche per dei falò!

Prima di andare oltre, non guasta di dire una parola a proposito della ben intenzionata ma falsa teoria dello cosiddetto scambio ineguale di Ernest Mandel, Arghiri Emanuel, Samir Amin ed altri ... Se lo scambio tra merci, sopratutto lo scambio capitalista, fosse veramente ineguale la critica dell'economia politica perderebbe ogni razionalità, tutto diventerebbe una questione etica senza relazione con l'economia; di conseguenza, senza nemmeno soluzioni economiche stricto sensu: ad esempio, per evocare la questione originale di Aristotele ripresa nel Capitale, Libro I di Marx, come è mai possibile che una merce A possa essere scambiata direttamente o tramite la mediazione monetaria contro una merce B diversa, cosa che avveniva anche col cosiddetto scambio primitivo inteso come troc o baratto muto, dunque fuori dagli occhi dei moralizzatori armati o meno, come ogni lettore dell'Eneide sa benissimo. In oltre, non si capirebbe più come si calcolano il tasso di scambio della moneta, la competitività tra diverse Formazione sociali, il livello di vita ecc. Per riprendere l'esempio di Arghiri Emanuel, è purtroppo vero che i spaghetti sono identici e prodotti con processi suppergiù identici sulle due sponde del Mediterraneo; pero, questo autore non ci dice quanto si paga ad esempio, oltre i spaghetti, per il paniere di consumo tipico in Italia o in Marocco. Per dirlo altrimenti, la pianificazione dello sviluppo non subordinato non è roba unicamente etica ma coinvolge un'organizzazione politica sovrana e indipendente, come pure una comprensione specifica dell'economia politica e della pianificazione. Se Ben Barca fosse stato coinvolto con i gesuiti invece della Tricontinentale non sarebbe stato assassinato, avrebbe avuto tutto il tempo disponibile per predicare ... Idem per Patrice Lumumba. Ed anche per Laurent Kabila ... Qualcuno si ricorderà forse le relazioni difficili tra il Presidente Julius Neyrere ed i vari team del FMI mandati in consultazione in Tanzania, con tanta arroganza e tante capezze ed altri insopportabili legami. Capire la legge del valore marxista ed in particolare la logica della produttività e della sovrappiù sociale permette di agire concretamente in modo da riconquistare la propria autonomia, visto che solo il lavoro umano è creatore di valori di scambio; gargarizzarsi con lo scambio ineguale espone invece a ulteriori umiliazioni con l'imposizione del Consensus di Washington e delle solite condizionalità del FMI e della Banca Mondiale in più. In modo identico, l'esproprio crea una situazione di debolezza dal punto di vista della legittimità capitalista dominante, mentre la nazionalizzazione i.e. equo compenso per gli attuali proprietari permette di riconquistare la propria autonomia con il controllo ulteriore dell'accumulazione del risparmio e dei profitti nazionali (almeno che le aziende o banche straniere non vadano in fallimento essendo poi comprate dallo Stato per un euro simbolico e subito ricapitalizzate tramite banche anche esse statali.) Le possibilità iniziali d'azione dipendono allora in particolare dell'accesso al credito (canalizzazione nazionale e pubblica del risparmio domestico, poli bancari pubblici con appositi ratio Cooke-McDonough sui quali poggia la leva finanziaria, ecc ..) e dell'appoggio di altri Stati interessati a preservare la loro indipendenza politico-economico, in modo da evitare le conseguenze di un possibile isolamento internazionale (viz le pesanti azioni legali internazionali di ITT e delle altre aziende americane contro le nazionalizzazioni effettuate dal Presidente Salvador Allende.)

Forse sarà utile ricordare a questo punto quello che sarebbe scaturito della messa in opera dei Fondi Operai di Meidner nella pacifica Svezia: in meno di 10 anni, l'accumulazione del capitale proveniente dai contributi in questi Fondi sarebbe stata così grande da permettere agli operai di comprare la proprietà dei loro Mezzi di produzione ed anche di investire in joint-venture pubbliche all'estero. Si apriva così la possibilità di cambiare il regime di proprietà in modo pacifico. Tale strategia rimane ancora più valida per i paesi emergenti dotati di una piramide demografica favorevole dal punto di vista della gestione attuariale di questi Fondi, purché la pianificazione economica crea lavoro permanente capace di versare i contributi sociali. Altro che le solite geremiade accademiche o de facto compradore del scambio ineguale, incapace di concepire realmente il minimo mutamento nei rapporti di proprietà capitalisti ...

Ben inteso, la critica alla pseudo-teoria dello scambio ineguale non va confusa con la discussione relativa ai termini di scambio. Questi rinviano alla divisione regionale e internazionale del lavoro e dunque alla strategia di inserimento delle Formazioni sociali (FS) dentro l'Economia Mondiale. In breve, in termini scientifici, si tratta di gestire quello che viene chiamato in Tous ensemble l'equilibrio valore: questo viene definito in ogni FS ma costituisce la base reale sopra la quale si determina il tasso di scambio delle monete nazionali. I punti cardini sono sempre la coerenza interna dell'apparato produttivo nazionale o regionale, assieme alla gestione dei flussi di capitali; perciò, nel libro già citato ho proposto una gestione in termini di Soglie Tobin. In una FS socialista, dove esisterebbe una canalizzazione pubblica dello risparmio domestico, queste Soglie Tobin verrebbero gestite dal Organo di Pianificazione (indicativa e incitativa) secondo i bisogni tecnologici delle industrie e dei settori, mentendo in gioco quando necessario le joint-venture. In una FS capitalista sottomessa ad una buona regolazione democratica, queste Soglie Tobin verrebbero gestite dalla Borsa, istituzione che sarebbe pero profondamente mutata, in modo da raggiungere un modus operandi più razionale per impedire l'economia speculativa e favorire l'economia reale. In ambedue i casi, la mobilità internazionale del capitale cum tecnologia avanzata sarebbe mantenuta senza che possa ostacolare l'indipendenza delle FS o la coerenza strategia scelta da ognuna di loro, secondo le proprie dotazioni naturali e storiche. In oltre, in un simile quadro regolativo la predominanza dei cosiddetti outflows di capitale sarebbe annientata dalle nuove regole di gioco, dunque senza conflitti permanenti. (Oggi fine agosto 2011, nel quadro del Eurogruppo, i debiti nazionali anche per la Germania sono maggioritariamente detenuti da istituzioni esteri, in modo che gli interessi pagati - in generale, tutti gli introiti del IRPEF e anzi di più - fuggono fuori in mani esteri, ritornando solo per amplificare questo stesso sfruttamento speculativo globale e apolide: Succede che per legge (sic!) né la BCE, né i governi, né Eurostat sono abilitati a informarci chi detiene i nostri debiti sovrani e per quale montante: questo viene chiamato democrazia europea ... !!!)

Il rapporto corretto tra la composizione organica v/C e il tasso di sovrappiù pv/v, necessario particolarmente per capire la rendita e gli incrementi di produttività, permette dunque di spazzare definitivamente via il falso problema della trasformazione dei valori in prezzi di produzione, partorito non da Marx ma sui generis da Böhm-Bawerk, Tugan-Baranowski e Bortkiewicz. Permette di restituire in modo definitivo la legge del valore marxista nel quadro test della RS. In questo modo, si può relegare Sraffa proprio la dove, per conto suo, sapeva di essere, al contrario dei volubili, pubblicamente pagati e inutili, anzi nocivi, Roncaglia, Pasinetti, e tutta la clique dei Tarantelli ed altri che, con la loro balorda teoria e politica dei redditi, hanno contribuito a rovinare l'Italia dal 1992 in poi; incluso il defunto Paolo Sylos-Labini, che non ignorava il mio Tous ensemble, e non poteva non capire la sua importanza teorica cruciale, ma che ha invece preferito tacere dato che era già diventato, come tanti altri, una persona umane e un accademico personalmente fallito e già venduto ad altri maestri! Al inferno! Ed in particolare quelli che continuano ad essere pagati come marxisti e come comunisti.)

Risulta chiaro dalla dimostrazione data qui sopra che io, ed io solo, al contrario di quello che l'asino Bellofiore pretende, ero in grado di fare notare (già in Tous ensemble) che il paniere di Sraffa, quello delle merci necessarie alla produzione delle altre merci, non era altro che un misero tentativo prolegomenale di mantenere il " lavoro socialmente necessario " di Marx, ma con il patetico tentativo di eliminare lo sfruttamento di classe, aggrappandosi tragicamente al valore del lavoro ricardiano, e restando così prigioniero del problema della trasformazione. Non lo dico per vanità ma perché negli ultimi dieci anni e più ho imparato che la modestia non paga, anzi che risulta un crimine contro il proletariato permettere a questi scellerati filo-semiti nietzschiani la pretesa di parlare in nostro nome dall'alto della loro ignoranza e del loro servile opportunismo. Ma in Italia chi mai si preoccupa degli avanzi scientifici di questo ordine? Il grande problema dei capitalisti italiani e dei loro servi in camera, manifestato con la scusa della politica dei redditi, era di mettere le loro mani sporche di esproprianti sui beni pubblici, privatizzando e liberalizzando senza vergogna, senza vere ragioni economiche e senza orizzonte politico-economico relativo alla posizione del Paese in Europa e nel mondo, cioè senza nessuna prospezione per il suo " inserimento " (" insertion ") positivo nella Divisione Internazionale del Lavoro. Il che permetteva forse a questi asini individuali e collettivi di gargarizzarsi con la società dell'Immateriale - vedi le mie critiche all'ineffabile Cini che si crede autorizzato di parlare con autorevolezza di campi di studi non suoi - mentre le nostre università sono da decenni sottosviluppate, e mentre il finanziamento della ricerca risulta realmente indecente. (visitando Roma negli anni 70 e 80 ho avuto l'occasione di vedere un'università costruita al tempo di Mussolini per 20 000 persone nella quale si cercava di funzionare con 80 000 alunni ... non insisto. Li alunni facevano quello che potevano ma, a parte qualche zona rossa, avevano i vari Prodi, e i diversi Bellofiore come professori! Risultato inevitabilmente verificato oggi, spinellismo e filo-semitismo nietzschiano in più! Nel nostro Paese anche la Costituzione, che contiene paletti socio-economici precisi, non va letta dalle istituzioni che sono legalmente istituite per applicarla e per difenderla ...) Sembra che il Codice Rocco li sia sempre superiore, nonostante l'Articolo XII delle Disposizioni transitorie e finali. (vedi il testo nel sito www.camera.it )

Senza dovere fare lunghi discorsi, oltre al caso Sraffa, si può vedere come la restituzione della legge del valore permette di oltrepassare in modo dialettico, dunque in modo critico e storico, la teoria economica e sociale borghese in tutte le sue forme. Almeno che non sia scientificamente confutata (l'occultazione non rappresenta una critiche accettabile), la risoluzione del problema chiave della produttività reale coerentemente inserita nelle Equazioni della Riproduzione specificate da Marx, caratterizza un mutamento del paradigma scientifico e della società; combattendo la sua occultazione ne verrebbero trasformate le sfere dette da Gramsci della contro-cultura operaia e del " buon senso " proletario, visto la risultante confutazione scientifica di tutte le teorie borghese di economia politica, dalla concorrenza perfetta, nazionale o selvaggia e globale, al marginalismo (iniziato in realtà, come ho mostrato io, da Senior), fine alle teorie del monopolio e dell'oligopolio offerte da Sraffa, Chamberlain e Joan Robinson, ma incluse anche le diverse varianti (asimmetrie dell'informazione ad esempio) dei vari Stiglitz, pagati dalla Banca Mondiale durante una vita, gente che poi pretendono venir controllare il mondo noglobal con la loro autorità e le loro finte critiche al sistema (strategia che non data da ieri, sia sottolineato con la buona pace di Sun Tzu!)

Con rispetto al processo di concentrazione/centralizzazione del capitale mezza in luce da Marx, esso fu ripreso contro il mercantilista Hobson e i marginalisti da Hilferding ma soprattutto da Lenin in una potente e magistrale attualizzazione teorica-pratica (come direbbe giustamente Althusser) con la sua critica dell'imperialismo. Questa critica messi in moto le classe operaie e contadine in vari continenti. Fu anche presa in conto, sin dagli anni 20, da Means e poi negli anni 30 dal New Dealer roosveltiano, Berle con la collaborazione di Means. In piena Grande Depressione, divenne chiaro che l'idea del mondo mitico di Adam Smith, nella sua versione americana di " rugged individualism " del Presidente Herbert C. Hoover, portava solo ad una crisi di sovra-produzione, di sotto-consumo e di guerra inter-imperialistica, ad esempio quella già iniziata dagli Stati Uniti sin dal tempo del Commodore Perry nel Pacifico contro la Sfera di co-prosperità del Giappone ... Durante quella fase depressiva come pure negli anni del dopo-guerra, l'Establishment americano, assieme alle sue logge massoniche, contemplavano due grandi tesi. Ambedue erano nate da un studio prolungato del marxismo, in particolare alla luce della prima guerra mondiale (tradimento di Kautsky e nascita della rivoluzione bolscevica), guerra nella quale i Stati Uniti furono trascinati, consapevoli, malgrado il ritorno momentaneo all'isolazionismo, che quel episodio rappresentavo qualche cosa di più della regionale Manifest Destiny: in effetti, l'entrata in guerra fu il segnale del ruolo nascente dei Stati Uniti nel Mondo, almeno finché la corsa del sviluppo perennemente verso l'Ovest secondo Stobaugh non avrebbe imposto un ridimensionamento a quella frenetica ambizione egemonica. (Di fatti, come prima approssimazione si nota che almeno per l'Occidente la potenza economica passò del Mediterraneo verso la Olanda e la GB, poi verso i Stati Uniti ed oggi verso la Cina più che verso il cosiddetto Pacific-Rim.) La prima tesi fu enunciato da F. D. Roosevelt e poi prolungata da J. Galbraith. In breve, per conservare la democrazia, il peso delle " big corporations " messe alla luce da Means e Means e Berle, dovevano avere un contrappeso sindacale con convenzioni collettive formalizzate e legali. (vedi la Nota 15 su John Galbraith del mio terzo libro Keynesianism, Marxim, Economic Stabilty and Growth, libro marxista e anti-marxologista che né l'asino Bellofiore né il pitre rinnegato Bertinotti possono pretendere ignorare e del quale ho tradotto alcuni brani in Italiano per confrontare l'ovvio e fascistoido tentativo di occultazione. Vedi la Sezione Italia di questo stesso sito.) La seconda tesi, in realtà anteriore ma sconfitta fino all'arrivo di Reagan e dei suoi " born-again " con l'intero corteo dirigente e demenziale dei pitre filo-semiti nietzschiani, teorizzava la guerra preventiva permanente, la demonizzazione del nemico (Nietzsche, Carl Schmitt ecc), l'utilizzo permanente della disinformazione e della paura, assieme alla reintroduzione della pratica dei panem et circences che deve per forza accompagnare il ritorno ad una nuova società della schiavitù e della domesticità, con tanto populismo e tanta demagogia. E proprio al servizio di questa ultima strategia che si mise il Bertinotti, rinnegato del comunismo diventato burattino a fili (tirati dall'ambasciata israeliana) filo-semita nietzschiano per propria scelta: una scelta ormai nota a tutti dato il pietoso rinnegamento anti-costituzionale sulla questione della pace, del uso di mercenari, del finanziamento del ministero della difesa, della subalternità alla Nato ed ai Stati Uniti (basi militari e scudo antimissilistico) ecc. Il che costituisce non solo un tradimento della nostra Costituzione, ma anche della nostra Repubblica partigiana e del Paese stesso, col scopo di portare istituzionalmente avanti interessi di paesi esteri, fra l'altro colpevoli di crimini di guerra in seria, in applicazione della stessa filosofia nietzschiana condannata espressamente dalla nostra Costituzione partigiana, dato che da essa scaturi il fascismo italiano, nutrendo il duce Grande Protettore degli Ebrei fino al 1938! (vedi tra l'altro il ruolo dell'ebrea Margherita Sarfatti nella formazione di Mussolini e delle scelte fasciste.)

L'analisi della produttività fa apparire un'altra cosa importantissima, cioè la fondazione della moneta e dei fenomeni monetari. Tutto questo non è concepibile senza il concetto e senza l'analisi dell'origine e del trattamento della Armata di riserva. Ricardo fu all'origine della Banca di Inghilterra (nel ruolo di banca delle banche britanniche anche se privata) in un tentativo di controllare il credito, dunque le crisi cicliche legate alla logica del credito capitalista. Non possedendo la teoria giusta, il controllo razionale della speculazione e del uso produttivo del credito da parte della banca centrale inglese rimase confuso; la Banca non riuscì mai a portare avanti i suoi compiti di regolazione dei flussi monetari. Questo fallimento risulta generale con il sistema bancario capitalista nazionale o internazionale. Le crisi speculative e di accumulazione del capitale permisero poi a Marx di analizzare, in modo scientifico, il credito e le rotazioni della moneta. L'asino Bellofiore fa finta di ignorare il mio Tous ensemble, ma poi dimostra di non sapere niente della moneta: pero è chiaro che quello che vuole occultare è in realtà la mia pretensione marxista di fondare scientificamente la teoria quantitativa della moneta, ancora non fondata né in Keynes e sopra tutto né in Sraffa, né altrove, e neanche nelle analisi del pioniere borghese Fischer; solo che Bellofiore non dimostra neanche di sapere l'importanza della massa salariale reale distinta dalla massa salariale sociale (suppergiu M1 più le rotazioni.) Questo malgrado l'utilizzo di Graziani il quale avendo letto il mio Tous ensemble come si può dimostrare con grande facilità, non lo cita mai, ma non esita pero a scrivere un nuovo libro indirettamente (troppo gentilmente?) criticato da me sopra una base, già delucidata prima, vedi ad esempio il Anti-Jeffrey Simpson manifesto, nella Sezione Canadiana del sito http://lacommune.tripod.com. Questa critica sottolinea il fatto che un sistema di variabili interdipendenti rimane un sistema per sempliciotti se non si tiene conto della natura speciale della forza del lavoro, e che la massa salariale, quando viene inserita in tali sistemi borghesi e piccoli-borghesi, finisce per diventare una variabile di aggiustamento, che paga il presso per la disonesta, la pigrizia e l'accecamento ideologico di questi tizi.

Per sfortuna, la massa salariale per questi tizi non rappresenta tutta la massa monetaria effettiva: se si deve tenere conto degli aggregati monetari (M1, M2, M3) e del loro cambiamento con l'addizione di sotto-aggregati in Occidente in conseguenza della rivoluzione reaganiana, interpretarli indipendentemente della massa salariale diventa una mistificazione, propria quella indotta dall'egemonia dell'economia speculativa sopra l'economia reale: un mondo più pericolosamente alla rovescia nonché a ritroso... Ma ovviamente non si può chiedere troppo da asini del tipo Bellofiore ... In realtà, la comprensione della moneta del Bellofiore rimane da lungo inferiore a quella epifenomenale di Georg Simmel, autore che ci offre una emblematica espressione della reificazione borghese rivendicata come realtà di per se, assieme alla sua psicobiologia della moneta! Per il resto, quando parla di moneta segno, invece di citare Graziani, altro professore di un più alto livello ma fatto secondo lo stesso metro e la stessa farina, avrebbe forse dovuto citare Schmidt e la sua teoria (se si vuole semantica) dell'emissione della moneta segno, poi ripresa da tanti altri. Se il marginalismo era espressione della nascita del credito, come sottolineò Bucherar; se come ho detto è espressione dell'illusione creata dal ciclo del capitale finanziario speculativo privo di rapporti diretti con l'economia reale, allora la teoria dell'emissione della moneta-segno di Schmidt dice la stessa cosa, ma per sfortuna lo fa grottescamente proprio nel contesto della disfatta interna del Sistema di Bretton Woods: Nel tempo in cui si consumava questo declino, dato il suo controllo della principale moneta di riserva e dei suoi privilegi di signoria, la Riserva Federale poteva ancora fare la pioggia e il bel tempo imponendo il suo uso monopolistico della stampatrice di denaro (printing press) nel quadro del suo dominio del regime di fluttuazione mondiale dei tassi di scambio delle monete (sopra la rivoluzione monetarista lanciata dalla Riserva Federale e da Washington nel 1979-1980, vedi il mio Les conséquences socio-économiques de Volcker, Reagan et Cie, del marzo 1985. Oggi fine agosto 2011 con i CDO, CDS, OTC, subprimes e il resto la realtà della crisi economica-finanziaria ha concretamente confutato queste inettitudini con le quali si cerca di confondere il segno con l'oggetto reale...) Tutte le arguzie piccole-borghesi spariscono pero con una battuta di ciglia una volta capito la teoria quantitativa marxista della moneta da me esposta per la prima volta nell'indifferenza generale in una Conferenza all'Uqam nella meta degli anni 80, e poi elaborata nel mio Tous ensemble, mettendo in relazione l'inflazione strutturale, il ruolo della Banca centrale, la massa salariale reale ed il livello di supporto alla Armata di Riserva tramite la differenza tra massa salariale sociale e massa salariale reale. Detto altrimenti, in materia di moneta, come di lavoro vivo e di tutti gli altri temi, il marxismo non è mai un gargarismo alla Bertinotti o alla Bellofiore! Poi è chiaro che se si leggono di preferenza i marxologisti piccoli-borghesi invece di Marx e dei nostri grandi Bolscevichi, allora si che diventa tutto una cacherella (diarrea nel greggio calabrese) non-rabelaisiana di cose non bene digerite per eccesso della solita flatulente gravitas di regime!

In tanto, a me risulta, che non ho ancora visto una sola critica scientifica in materia; purtroppo senza critica aperta ed onesta la scienza non cammina ad un buon passo, anzi rischia di sviare dalla buona via, proprio l'obbiettivo desiderato da questi ruffiani patentati. Non mi sembra comunque che si possa scientificamente ignorare che l'inflazione strutturale, o il suo inverso deflazionista - o per dirlo in modo analiticamente più esatto, le crisi legate alla sovrapproduzione ed al sottoconsumo - dipende della parte della massa salariale reale trasferita tramite la massa salariale formale per il sostenimento di AR, conto tenuto della velocità della moneta. Ho proposto, nel quadro di una società non ancora dotata di una pianificazione socialista, di considerare l'inflazione strutturale residuale come un affare di civiltà, pure di non confonderla con gli altri tipi congiunturali di inflazione, se non altro perché il pieno impiego va sempre a pari passi con una disoccupazione residuale (o un volante di sovra-impiego aziendale nel regime socialista), al titolo degli impieghi stagionali o del riciclaggio della manodopera indotto dalle ricorrenti ristrutturazioni industriali o di settori interi. In oltre, si nota che la circolazione della moneta può essere formalizzata nella RS, dunque in un contesto analitico rigorosamente controllato, il quale può in seguito essere generalizzato in modo concreto alla Riproduzione Allargata (RA), tenendo conto delle variabili sistemiche di questo sistema riproduttivo, secondo le caratteristiche nazionali. Per esempio, l'asino Bellofiore avrebbe dimostrato più attenzione rispetto alle sue letture se, con la pretesa di citare Kalecki, avesse notato che Kalecki da la chiave anticipata della critica definitiva delle inettitudini della high speed money dell'eccentrico Friedman quando nota che nei Stati Uniti, la paga, soprattutto quella dei funzionari pubblici, compresi gli impiegati dell'esercito, viene pagata ogni settimana e non ogni mese come in Europa. Leggendo allora Milton Friedman nel testo, quando si parla di " greenbacks " si capisce che si tratta letteralmente dei soldati mandati a conquistare la frontiera del Ovest e della loro propagazione monetaria, rispetto ad altri mezzi allora in uso come il tabacco di Virginia ecc Per parte sua da tutta questa storia, Bellofiore sa probabilmente solo di Rintintin ... High speed money: insomma rotazioni della massa monetaria da capire prima di parlarne. Capendo anche come Volcker e Reagan sono riusciti ad eliminare la stagflazione operando unicamente sopra l'aggregato M1 (corrispondente grosso modo alla massa salariale) mentre si agevolava M2 (il primo più piccoli depositi bancari) e soprattutto M3, cioè il capitale finanziario creato quasi senza limiti dalle banche ed agevolato dalla Fed (e da tutte le Banche centrali), sopra tutto in tempo di crisi quando i piani di salvataggio -bailing out- e di rinegoziazione (sotto condizionalità) dei debiti, vengono pagati dai proletariati domestici (via il piani di ri-accantonamento delle banche esonerati di tasse) e dai proletariati esterni via i piani di austerità esaltando la produzione per l'esportazione all'unico fine di rimborsare i credenzieri, sacrificando salute e educazione, come del resto tutti i settori pubblici e le infrastrutture nazionali. Ad esempio il salvataggio (sic!) volckeriano emblematico del Mexico all'inizino degli anni 80, il quale segnalò la fine dell'indipendenza di questo paese e della sua grande impresa statale Pemex, tramite i Brady bonds, i Tesobonos e poi il Nafta ... (Fine Agosto 2011: In seguito, nel suo camino verso il " credito senza collaterale " sotto forma di CDO, CDS, OTC ecc... e di soppressione di ogni reale ratio prudenziale nel contesto della disgregazione bancaria accelerata con l'abrogazione de Glass-Steagall Act del 1999 - anno della creazione dell'euro senza ratio Cooke nazionali !!!-, la Fed ha pure cessato di calcolare M3 senza abbandonare la missione di strangolamento dell'inflazione sulle spalle dei lavoratori, tramite il controllo ferreo di M1; per il " Credit without collateral ", vedi la Sezione International Political Economy in questo sito. Questione personale: oggi quanto vale un come Mundell?)

Questo dato, tratto dal marxismo autentico, permette allora di capire, perché la borghesia continua a fare dell'inflazione un spauracchio demagogico. Ma all'inverso permette di capire la strategia di difesa contenuta nel piano di stabilità del mio terzo libro: prima, mantenimento del rigore economico marxista fondato sopra l'agevolazione progressiva del " reddito globale netto " dei focolari che rappresenta l'inverso della austerità borghese; questa prima linea di difesa si spiega facilmente perché da Schacht e Blum agli Stati Uniti ed al loro Sistema di Bretton Woods, mantenuto fine all'Accordo della Giamaica del 1976 che ne segnala la fine ufficiale, l'inflazione fu sempre utilizzata per eliminare indirettamente, ma con grande efficacia, i veri aumenti salariali ottenuti dalle lotte operaie. Dunque, visto che Volcker-Reagan e Cie c'è né hanno già fatto pagare caramente il prezzo, controlliamo l'inflazione, ma in secondo luogo sappiamo utilizzare questo controllo per fare crescere i salari reali assieme al potere di acquisto in generale, mentre, nel medesimo tempo, con il ricorso alla spartizione del lavoro disponibile ed agli investimenti produttivi da agevolare con vari mezzi, incluso nel avvenire con i Fondi Operai, sopprimiamo alla sua radice l'inflazione strutturale. Questo va oltre al recupero della sola inflazione programmatica. Controlliamo poi l'inflazione, o la deflazione, importata o dovuta al credito speculativo, senza pero sacrificare le riforme che debbono permettere una migliore adeguazione del credito per agevolare l'economia reale, assieme al suo inserimento ottimale nell'economia mondiale. (i.e. concentrazione bancaria, ma sopra tutto canalizzazione pubblica del risparmio istituzionale o privato degli operai con garanzie pubbliche e controllo operaio.)

In breve, l'inflazione come pure la disoccupazione importate possono essere tutelate da una nuova definizione dell'anti-dumping all'OMC o, in modo transitorio, da una sovrattassa variabile prelevata sopra certi beni e servizi importati, gli introiti servendo allora a mantenere il livello del sistema pensionistico, la sanità e la scuola pubblica, senza dovere innalzare i contributi oppure compensarli con regressivi cunei fiscali. Gli aggregati monetari M2 e M3 possono solo essere controllati con la gestione del Ratio Cooke-McDonough, e soprattutto con il ritorno alla segregazione funzionale del sistema bancario-finanziario e con la fiscalità del capitale; la segregazione funzionale si spiega facilmente se si considera che non si può, senza lassismo criminale, considerare i risparmi pensionistici dei lavoratori come investimenti in hedge funds all'immagine dei sovrapprofitti dei borghesi, insomma il contrario della debilitante politica neoliberale globale. Il marxismo dei marxisti mi sembra cosc più utile della confusione delirante e volubile dei marxologisti e politicanti agli ordini, del tipo degli asini Bertinotti e Bellofiore (chiedo: ma chi influenza chi in materie intellettuale, il primo o il secondo, in questa copia infernale e superflua ...? Almeno che l'ispirazione iniziale sia da trovare ancora altrove ...)

1a) La sovrappiù sociale e alcune delle sue conseguenze.

In Tous ensemble, in Pour Marx, contre le nihilisme, in Keynesianism, Marxism, Economic Stability and Growth, ho poi aggiunto il concetto di sovrappiù socialeall'analisi della durata, dell'intensità e dell'intensità strutturale, cioè la produttività. Mi sembrava importante perché chi sa la storia del comunismo reale, al contrario della storia fantasmagorica del comunismo sognata dai piccoli-borghesi per associazione, gente da poco, che da sempre, come il pitre Bertinotti, oggi convinto di essere stato promosso a un ruolo ufficiale di affossatore del marxismo per il conto dei suoi maestri, risulta chiaro che questo concetto risponde alla questione: esiste una lotta di classe specifica tanto sotto il regime socialista quanto durante e dopo il periodo iniziale di transizione? In termini puramente socio-economici, la questione diventa: che tipo di pianificazione, ovvero di democrazia socialista, adoperare per controllare collettivamente al meglio la produzione e la ripartizione della sovrappiù prodotta in comune, cioè della sovrappiù sociale per garantire i veri bisogni umani con un ordine di priorità equo e ugualitario? Cosa significano le sparate a vuoto di cani di Pavlov a proposito della libertà prima, se il sistema attuale è organizzato proprio per privare la maggioranza dei cittadini dei mezzi materiali minimi (incluso l'educazione) necessari per potere esprimere ugualmente questa libertà, che deve pure finire la dove comincia la libertà altrui? Già con il suo Nouveaux Essais sur l'entendement humain (del 1709-1710 pubblicate solo nel 1765) l'addetto del libero arbitro Leibniz notava che la questione di sapere se la volontà dell'uomo è libera o no era irragionevole e inintelligibile (ed. Garnier-Flammarion, 1966, p 152); in un tempo non ancora totalmente contaminato dalle pretensioni della proprietà capitalista con la sua logica di produzione sociale e di accumulazione privata, Leibniz notava : " Il termine libertà è molto ambiguo. C'è la libertà di diritto e la libertà di fatto. Secondo quella di diritto uno schiavo non è un uomo libero, un soggetto non è interamente libero, ma un povero è altrettanto libero di un ricco. La libertà di fatto consiste nella potenza di fare quello che si vuole, o nella potenza di volere come si deve. Voi parlate della libertà di fare, ed essa ha i suoi gradi e varietà. Generalmente quello che dispone di più mezzi è più libero di fare quello che vuole: ma si intende la libertà particolarmente della uso delle cose che sono usualmente al nostro potere e soprattutto dell'uso libero del nostro corpo. (...) La libertà di volere è ancora intesa in due sensi diversi. Uno riferisce a quando si oppone all'imperfezione o alla schiavitù dello spirito, cioè una coazione o costretta. Ma interna, come quella che viene dalle passione; l'altro senso si manifesta quando opponiamo la libertà alla necessità. " (idem, p 148, traduzione mia).

I nostri burattini a fili ci vantano la precedenza dalla libertà formale mentre il monetarismo reaganiano procede all'esproprio dei lavoratori con le privatizzazioni-liberalizzazioni ed alla precarizzazione di mazza, con la vecchiaia attivaassista dall'eutanasia! Fanno proprio ridere gli apparatcicks del tipo di Bertinotti che sono scappati dalla produzione prima di sapere cosa sia, per poi pretendere criticare gli apparatcicks sovietici per il loro burocratismo, ovvero il loro stalinismo, mentre loro si sono impadroniti della direzione del Partito del quale non sono degni di appartenere, cercando di svuotarlo dall'interno, osando pure partecipare, con un cattivo senso di impunità, alla criminalizzazione ed all'esclusione dei marxisti autentici e degli autentici rappresentanti degli operai e dei movimenti. Oltre ad essere anti-costituzionale, la loro è una cosa sinistra, ignara e presuntuosa, certo non una cosa di sinistra. Poi immaginarsi con l'aiuto di vari Bellofiore ed altri Halevi e camerati di Il Manifesto, istruiti nell'anticomunismo d'Italia da un grottesco Ingrao o da una patetica (ebrea) Rossanda che non ha proprio imparato niente dell'odiato XX secolo ... Ovviamente per tutti questi piccoli e grandi borghesi parassitari è più facile ripetere le stesse falsità sul gulag sovietico, cioè stalinista, dove il comunista esemplare per la sua epoca di contrasto guerresco al nietzschianismo ed al nazifascismo, Stalin, appunto, non mandava gli operai (vedi Un autre regard sur Staline di Ludo Martens, http://www.encyclopedie-marxiste.com/histoire_staline_martens.htm assieme alla Nota 17 del mio terzo libro), un gulag di origine dove il numero annuo dei prigionieri, sempre sotto Stalin, da non confondere con i suoi successori revisionisti, dogmatici e falsi, era inferiore a quello dei Stati capitalisti o dagli USA di oggi. Per incisa ricordiamo che questo Stalin anti-nazifascista non era criticato da Trotzki (vedi questione Finlandese ad esempio; vedi pure il divorzio violente di Trotzki con parte della comunità ebrea statunitense); al contrario di certi presunti trotzkisti mediatici moderni, non sempre distinti dagli infiltrati del Mossad e di altri servizi (per intenderci bene, malgrado il suo concetto di scambio ineguale, Ernest Mandel è una cosa, quelli che hanno opportunisticamente messo la criminale di guerra Albright ed il compagno Milosevic nel stesso sacco o un pitre come Michael Löwy sono una tutt'altra cosa), o peggio ancora di certi filo-semiti dogmatici settari eredi di quelli che assassinarono Kirov e Stalin stesso, mettendo già allora Israele ed il concetto di unica razza eletta al disopra della difesa comune del comunismo. Questi sono fatti innegabili, ma fatti mai ricordati dai soliti sovra-rappresentati in tutti i campi, anche a sinistra. Trotzki non condannava il socialismo reale, perché era forse ancora più convinto di Stalin della necessità della pianificazione e della collettivizzazione delle campagne. Il concetto di " rivoluzione sociale " di Trotzki non era niente altro che un stalinismo autentico falsificato con la teoria della rivoluzione permanente (già sconfitta negli anni venti con le questioni polacche e tedesche) ma ricattata con la critica al burocratismo, deriva divagante e sui generis dei successori revisionisti di Stalin. Perciò, questa critica di Trotzki non si può appressare senza il contributo di Gramsci e soprattutto di Mao e di Fidel Castro, se non altro perché dopo il 1927 Trotzki non era più al potere.) Le falsità sul gulag stalinista, dal quale dei criminali di guerra razzista come Begin e Sharanski hanno potuto scappare, si spiega dalla necessità di occultare la realtà del sistema di incarcerazione occidentale, una vera vergogna razzista e classista alla quale si deve ancora aggiungere il gulag della precarietà e dell'esclusione, che trasformano certi quartieri delle nostre città in campi di regressione umana a cielo aperto, con tante di quelle mafie istituzionali, clericali e private. Di fatti, nel assenza della concorrenza dell'ideologia anche vacillante di riabilitazione tramite il lavoro dei paesi socialisti, il capitalismo sta ritornando ad i suoi impulsi repressivi, col suo desiderio di mettere sotto chiave le classe dette pericolose. Si parla di doppie pene e di presunte recidive, si chiude l'occhio sopra i crimini economici dei colli bianchi, si privatizzano le prigioni già sovraffollate, si sopprime il finanziamento ed il sostegno ai programmi di riabilitazione e di inserzione copiati silenziosamente dal stalinismo da parte dei sostenitori della Just Society, si fa casino sopra crimini marginali rivelatori del livello di oppressione socio-economico ma senza incidenza statistica notevole, in breve si usa della giustizia secondo il paradigma già denunciato da Durkheim di rafforzamento della sottomissione conformista tramite la repressione esemplare dei comportamenti decretati anomici dalle classe e dal sistema dominante. Delle critiche di Michel Foucault non si ricorda più nessuno. (Agosto 2011: con il fallimento della sovra-incarcerazione legata alle privatizzazioni delle prigioni. e nel contesto della legittimazione della tortura degli " nemici " nel quadro della guerra (crociata) preventiva da parte di Israele e di certi Ebrei-Americani come Dershowitz - a Harvard, " ancora una volta "! - certi criminalisti yankee sono arrivati a cercare di legittimare apertamente forme di torture in prigione, visto che la prigione non sarebbe abbastanza dissuasiva; tutto questo va ovviamente nel senso del Homeland Security dato che la guerra preventiva vedi nemici dentro come fuori, all'immagine del vecchio maccartismo. Chiaro che nel quadro del neoliberalismo ebreo-americano è più facile parlare così nonché di mettere in questione il ruolo delle pochissime grande banche apolidi di New York che controllano la Fed (vedi http://www.eleconomista.cubaweb.cu/2010/nro385/guerra-divisa.html ) e che sono all'origine del " credito senza collaterale, come pure della crisi e del dilagare della deindustrializzazione e della disoccupazione effettiva, assieme alla crescita dei working poor...)

La questione vera diventa allora : come si deve organizzare la democrazia socialista, ed in particolare la produzione-ridistribuzione messa in atto con la pianificazione? In modo ancillare dobbiamo chiederci come si può concepire la transizione riformista democratica rivoluzionaria, (cioè la via pacifica al socialismo) dal capitalismo al capitalismo avanzato ed infine al socialismo realizzato (evitando le regressioni filo-semiti nietzschiani attuali)?

Mi sembra di avere dimostrato che l'estrazione della sovrappiù non è una cosa che sparisce con il socialismo o il comunismo. Anzi! Nel stesso modo nel quale il capitalismo con lo sviluppo della produttività libera il potenziale produttivo imprigionato nelle forze produttive e nei rapporti di produzione pre-capitalisti, specificamente con l'introduzione della ricerca permanente di una massima produttività, questa scelta alla sua volte porta a nuove e sempre meno risolvibili contraddizioni tra forze produttive e rapporti di produzione. Oggi, questo processo si verifica facilmente. (La pazzesca e debilitante ricerca di una post-umanità filo-semita nietzschiana con l'erezione di un Grande Israele dotato del falso ed illegittimo tempio di Salomone, non riesce a cancellare i crimini in seria della deportazione dei Palestinesi dalle loro terre, quelli della guerra preventiva, o quelli risultanti dal ricorso alla tortura o alla sospensione unilaterale delle Convenzioni di Ginevra, associati a quest'ultima, come pure alla volontà di ritornare manu militari ad una nuova società di caste. Insieme, queste serie criminali formano uno dei più seri attacchi mai perpetrati contro la democrazia e contro la dignità delle persone umane, oggi costrette a non potere neanche vivere con dignità del loro lavoro individuale e collettivo; si tratta qui di una volontà criminale di dalitizzazione dei cittadini, tendenza teocratica-ideologica che li ridurrebbe ad un livello più basso di quello degli animali (Nietzsche parla di Chandala), vero crimine di tutte le varianti della teoria della post-umanità e dei loro tempi di pietra, ontologicamente fanatici, crociati e criminali.)

Perciò, il controllo democratico collettivo della sovrappiù sociale permette di spingere le forze creatrici della società moderna, senza sacrificare le persone umane. Si deve pero insistere sopra il controllo collettivo tanto nel processo di produzione immediato quanto nel processo di (pianificazione della) riproduzione, e nel processo della ridistribuzione sociale secondo il principio : Da ognuno secondo le sue capacità, ad ognuno secondo i suoi bisogni, cioè nel rispetto dell'uguaglianza e della libertà di tutti.

Ho dimostrato nel mio terzo libro Keynesianism, Marxism, Economic Stability and Growth l'avvicinamento a tale concetto da parte di certi economisti in particolare, Keynes; ma si potrebbe anche parlare dei militanti comunisti che spinsero il cattivissimo, poco socialista, e molto pro-atlantico ebreo Léon Blum ad adottare le sue riforme sociali nel 1936, o ancora degli economisti nordici tale Wicksell e Myrdal (in zone direttamente esposte al progresso socio-economico sovietico accelerato dal tempo di Stalin.) Va ricordato che la democrazia liberale censitaria, nella quale solo i pochi che pagavano il censo elettorale erano considerati come cittadini (maschi) abili a votare, evolve verso una democrazia più ampia, solo per paura delle lotte di un proletariato finalmente capace di organizzarsi in modo autonomo dentro l'Internazionale comunista (vedi Le lotte di classe in Francia, Il 18 Brumaio di Luigi Napoleone e La guerra civile in Francia di Marx in www.marxists.org) La strategia di controllo dell'alternativa socialista iniziata da Bismarck assieme al suo ministro Wagner fu poi imitata alla Conferenza di Versailles per paura dell'emancipazione del proletariato inaugurata dalla Rivoluzione bolscevica di Ottobre 1917 (suffragio universale che in certi paesi venne progressivamente esteso alle donne, diritti sindacali tutelati dalla struttura monarchica tripartite della Organizzazione Internazionale del Lavoro, primi abbozzi dei sistemi pensionistici pubblici calcolati per intervenire solo 3 anni prima dell'età media di decesso degli operai ecc...); questa strategia fu poi portata a termine con l'organizzazione dello Stato sociale borghese, o Welfare State, concepito come regolazione economica keynesiana, allora giudicata necessaria per lottare contro il prestigio dell'alleato di guerra Stalin e contro gli innegabili avanzi sociali ed industriali provocati dalla pianificazione socialista; in effetti, i due primi piani quinquennali effettuati prima della Seconda Guerra Mondiale e quelli del immediato dopo-guerra misero l'Unione sovietica di Stalin in posizione di abbattere sola fino a Stalingrado la più grande potenza industriale e militare dell'epoca, la Germania Nazi, per poi stabilirla incontestabilmente come una delle due superpotenze del Mondo. Nessuno di essi, soprattutto Keynes ignorava, senza pero comprenderla a fondo, la logica dei cicli del capitale nella riproduzione stabilita da Marx. I servizi sociali del cosiddetto Welfare State erano concepiti come captazione dei risparmi istituzionali degli operai, per costituire nuovi pools di capitale, utilizzati poi per affiancare gli interventi dello Stato nell'economia ecc. Già in Tous ensemble ho cercato di mostrare come, evitando la regressione filo-semite nietzschiana, questa tendenza del capitalismo avanzato di socializzare una parte crescete dei risparmi e dei profitti, dunque della sovrappiù sociale, doveva essere portata a termine tramite i Fondi Operai, i Fondi di Produttività, le Soglie Tobin e una nuova definizione dell'anti-dumping (come versione flessibile ed operazionale delle preferenze comunitarie di Maurice Allais) nel quadro della riduzione del tempo di lavoro, in modo da spartire il lavoro dignitoso disponibile, invece di spartire la miseria pianificata delle classe laboriose alle quali si destina i panem et circenses, più l'oppio del popolo, che ti sana con l'aiuto della polizia e degli allievi ebrei di Nietzsche, di Heidegger e di Schmitt, o quelli degli SS, come il Ratzinger e le sue intollerabili ingerenze negli affari interni della Repubblica partigiana e laica italiana. Ed è proprio l'avvio di questa nuova regolazione economica avanzata che l'operato degli asini Bertinotti e Bellofiore ha vocazione di occultare, occultando il mio lavoro e decretando ex nihilo che il marxismo no risponde più ai problemi attuali, ignoranti e presuntuosi idioti che sono. Ma davvero l'uno crede di essere degno di fare il Presidente della Camera dei Rappresentanti della Repubblica partigiana italiana fondata sopra il diritto al lavoro, e l'altro di essere un insegnate universitario che si crede autorizzato di parlare per e contro i marxisti, senza capirne l'opera e senza citare quelli che non entrano nella clique auto-selezionata ed auto-confermata dei marxiani ed altri marxologisti? In Italia, tutti sanno come si arriva a certi posti ed a quale prezzo. Pero, certi esagerano. La loro attitudine non è solo intellettualmente, accademicamente e costituzionalmente intollerabile, ma non sarà tollerata.

In una società umana, la dignità e l'uguaglianza delle persone viene garantita, come recita del resto la nostra Costituzione, dal diritto al lavoro, anche e soprattutto quando il lavoro disponibile va spartito tra tutti i lavoratori disponibili, spartendo anche la sovrappiù sociale. Va ricordato, che l'abbassamento della settimane legale del lavoro, secondo i dati della produttività micro-economica e della competitività macro-economica, non rappresenta una cosa nuova, immaginata da utopisti. Contro Senior ,ma anche prima della sua apologia per il conto degli industriali di Liverpool e di Manchester, Marx aveva analizzato le conquiste scaturite dalle lotte di classe dei lavoratori: la domenica non lavorata, le ferie legali, il passaggio dalla 12 alle 10 ore giornaliere e poi alle 8 ore; una dinamica progressista di conquiste nella quale si iscrive naturalmente la legislazione della settimana di 35 ore (RTT) in Francia, dove la produttività reale era tra le più forte al mondo, e dove le 35 ore permisero di sostenere la domanda interna, grazie ai forti incassi fiscali e contributivi legati alla creazione di lavori a tempo indeterminato, in modo da raggiungere, già nella prima fase delle 35 ore un livello di disoccupazione di un può più di 8 % (dagli 11 % iniziali) per una partecipazione alla forza di lavoro attivo attorno a 65 %. In Italia, la fasulla statistica di 8 % di disoccupazione non menziona una partecipazione alla forza del lavoro attivo di solo 57 %, né il fatto che 54 % di tutti i nuovi posti di lavoro sono precari, mentre si taciono i 27 % più o meno di lavoro effettuato al nero e i 270 miliardi di evasione fiscale annui, dai quali più della meta dovuti appunto al lavoro nero. Oggi la Francia di destra con la sua lenta ma insidiosa distruzione della RTT con l'annualizzazione, le ore supplementari lasciate alla volontà del padrone, e l'introduzione di varie forme di precariato, sta rapidamente imboccando la strada perseguita dai nostri pitre spinelliani e filo-semiti nietzschiani: non per niente si dice che la moneta cattiva caccia la buona ...) Il grande cantautore e scrittore francese, Boris Vian, che non ignorava questa storia e che, da ingegnere, intravedeva il corso della storia delle forze produttive, non scherzava quando cercava di riabilitare, con un può di provocazione, Paul Lafargue, parlando dell'auspicata settimane di due ore, il resto essendo da spendere in modo profondamente umano, come illustrato anche in situazione tragica nel suo magnifico romanzo L'Ecume des jours. Si presenta poi sempre il solite imbecille che ripete cose senza capirle, del tipo: se questo è marxismo, io non sono marxista, senza vedere che quello che Marx intendeva con questa espressione è solo quello che diceva in Salario, Salario, prezzo e profitto o ancora nel Capitale, Libro I in particolare contro " l'ultima ora di Senior ". (Agosto 2011: Questa rimarca di Marx, che significava solo che Marx si considerava un scienziato non un ideologo da parte, ha la sua origine in una lettera di Engels a E Bernstein del 2 novembre 1882; ritornando all'originale si ci rende conto che viene sempre utilizzata fuori contesto per farle dire il contrario di quello che dice Engels: Engels difende Lafargue aggiungendo che, lungo da essere discreditato, il marxismo in Francia propagato appunto da Lafargue, era molto combattuto, incluso da nemici di classe che cercavano di farsi passare per marxisti per guadagnare qualche popolarità con il proletariato, insomma non una cosa nuova! Vedi http://marx.org/francais/engels/works/1882/11/fe18821102.htm ) Per Marx, la riduzione progressiva del tempo di lavoro era inevitabile, ma sempre nei limiti permessi dalla produttività e e dalla competitività reali. Oltre ad essere inevitabile, questa riduzione secolare del tempo di lavoro permette di concepire il passaggio del regno della necessit0 al regno della libert0, dalla preistoria delle società classiste alla società comunista emancipata. Il regno della necessità è legato all'impatto residuale, ma necessario, e prezioso anche dal punto di visto ecologico, vedi il mio ecomarxismo, della dialettica della natura, dunque delle forze produttive, da analizzare con le scienze dette dure, avendo ricorso, quando necessario, alla ricerca sociologica informata dal materialismo storico, perché tutte le questioni non si valgono. Il regno della libertà deriva della dialettica del divenire storico che investe il dominio della democrazia socialista, o democrazia realizzata.

Il controllo sociale della sovrappiù sociale è l'unico metodo di concepire la funzione S = I (ovvero savings = investments, come viene chiamata nella versione detta bastarda di Hicks e Samuelson ) la quale permette di fare crescere la ricchezza reale delle società capitaliste avanzate o delle società post-capitaliste; inoltre, come venne dimostrato dal intervenzionismo di Stato di ispirazione keynesiana e dalla pratica del Welfare State, come pure dal piano di Rudolf Meidner, il controllo collettivo della sovrappiù sociale attraverso i Fondi Operai permetterebbe di mutare le condizioni di proprietà un meno di una decina di anni, garantendo nel processo le pensioni degli operai. Quelli che intratterrebbero il minimo dubbio al riguardo, guardino le mie critiche della New Economy già in Tous ensemble ed in seguito. Ovviamente, la generalizzazione della precarietà, aggravata dall'estensione dei cunei fiscali e dagli altri esoneri fiscali, come pure dall'estensione della cosiddetta no tax area ed il favoreggiamento di fittizi self-employment (partita IVA?), tutte misure spinte dalla sciagurata e fallimentare corsa verso il più basso costo di lavoro e di produzione possibile, fa si che si eliminano i risparmi istituzionali e privati dei lavoratori, rimpiazzando la vecchia funzione S = I da un'altra, cioè PS = IS ovvero profitti speculativi = investimenti speculativi; si garantiscono così bolle speculative e crolli borsiti in seria, ma con un costo crescente, visto la crescente sincronizzazione mondiale dei cicli economici dovuta al globalismo deregolamentato neoliberale attuale. Si apre allora un circolo vizioso a discapito dell'economia reale e dell'impiego minimamente legato alla produttività microeconomica ed alla competitività macroeconomica.

La crescita fittizia dei Stati Uniti è proprio fondata sul miraggio della contabilità capitalista interna (micro) riflettuta nella contabilità nazionale, la prima prendendo ora il passo sopra la seconda con la cosiddetta governance globale privata. Le conseguenze di questo miraggio possono facilmente essere dimostrate notando i squilibri fondamentali crescenti degli Stati Uniti, la crescita del debito, la rovina dei programmi sociali e di educazione, il ricorso alla guerre preventiva permanente, ed infine i miraggi del capitale speculativo, con una economia speculativa di più del doppio dell'economia reale, mentre quest'ultima si rifugia sempre di più in Asia e in Cina, dove gode ancora di una certa protezione, e dove la sua pianificazione no è ancora stata totalmente sacrificata al credito speculativo e nocivo, quel credito che non serve ad agevolare i circuiti legittimi dell'economia reale. Questa analisi non mi sembra confutabile nei suoi processi; che poi certi filo-semiti nietzschiani, all'immagina di quelli di ieri, pensino normativamente che questo sia il modo giusto per salvare il modo di produzione capitalista è un altro paio di manica, uno che non concorda proprio né con lo spirito né con la lettera della nostra Costituzione. Nondimeno, questi processi vengano utilizzati da asini ignari e presuntuosi del tipo Bellofiore per annunciare la fine del marxismo dei marxisti, per discutere ad nauseum del concetto di crisi, in modo di legittimare l'idea che il capitalismo non sia superabili, visto che la crisi fa parte del capitalismo, anzi ne sarebbe un segno di vitalità ecc, ecc ..., per poi vantare l'economia immateriale, proprio in Italia dove si riduce l'obbligo scolastico a 15 anni, e dove si mantiene un finanziamento della ricerca ai livelli del Terzo Mondo, ecc ecc ecc ... Si nota che, in Italia, con l'aiuto di vari Bertinotti, molti sperano seppellire la società industriale e l'economia reale assieme alle prospettive concrete del socialismo reale, appunto perché questo tipo di economia implica inevitabilmente sindacati rossi e rivendicazioni operaie, allorché la società dell'immateriale sarebbe un nuovo Eldorado per lunatici anti-comunisti. (si solleva dire: " Los precios estan por las nubes ", ma oggi - pace Aristofane - ci sono anche i capitalisti apolidi neo-nietzschiani ...) Lasciamo stare il fatto che, a parte il turismo, l'Italia non partecipa nell'economia detta immateriale perché non è nemmeno più in grado di pagare le sue scuole elementari, almeno quando non vengano trasferite anti-costituzionalmente ai preti e alle sorelle ecc. Fatto sta che se la FIAT non era stata riabilitata, ci sarebbe oggi un altro buco beante di oltre 8 miliardi di euro all'anno nella nostra bilancia commerciale, senza parlare della domanda interna indotta con il consumo produttivo (indotto) e individuale (salari). Imperturbabilmente, si parla pero di sacrificare l'Alitalia come pure la maestranza nazionale nell'aeronautica finanziando il F 35 americano, e dopo avere già privatizzato quasi tutto l'apparato produttivo si parla ancora di mettere 49 % del Fincantieri in Borsa, aprendo così la strada ad un'inevitabile privatizzazione totale.

Per (s)fortuna ci sono le statistiche nazionali fate all'immagina dei dirigenti patronali e politici parassitari, spinelliani e filo-semiti nietzschiani. Così, secondo la contabilità borghese, in Italia siamo a meno di 8 % di disoccupazione ufficiale, mentre si dimentica di dire che la forza di lavoro attiva è solo di 57 % % in paragone con la media europea di 67 % - in modo che, con una battuta di occhi alle statistiche vere, siamo già a 18 % ufficiali!); preme allora ricordare che quest'ultima cifra non tiene conto di tutti quelli che non compaiono nelle statistiche della disoccupazione, ma che compaiono e come nelle statistiche del lavoro in nero (più o meno 27 %) e in quelle dell'evasione fiscale ( oltre 270 miliardi all'anno, una cifra superiore al traffico mondiali di droghe e stupefacenti, dei quali attorno alla meta dovuti al lavoro nero...). Dopo il mio terzo libro (vedi Nota **) fu creato in Francia un Comitato per i numeri veri della disoccupazione, della sotto-occupazione e della povert0, cosa che si dovrebbe emulare in Italia; risultato? tutti si rendono ormai conto che i calcoli ufficiali della disoccupazione al senso dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro sono sistematicamente sotto-valutati da quasi la metà, situazione grave in se ma ancora aggravata con i controlli repressivi legati alla filosofia del workfare. Il governo attuale, capace di inventarsi una dottrina di non-intervento governativo nell'economia - a cosa serve questa gente lo sanno solo gli imprenditori più parassitari con i loro servi politici -, non ignora la sua inesistente capacità di influire sopra il livello effettivo di impiego: perciò canta in vena dogmatica le sue preghiere al dio mercato, al suo vicario in terra, l'Antitrust, prendendo pero cura di non cambiare la balorda leggi Biagi-Treu-30, mentre si inventa la vecchiaia attiva per geronti capitalisti dalle diseconomie personali già verificate. Rimangono tutti gli scoraggiati attuali che possono pesare sopra la fiscalità generale, via la repressione e l'assistenza previdenziale. Perciò, il governo Prodi e Bersani vogliono aggiungere mezzi per facilitare l'accesso al statuto di self-employed (che significherà un aumento obbligato degli esoneri fiscali con aumento simultaneo dell'evasione fiscale, aggravando ancora la ridicola e pletorica struttura economica italiana già composta da 4/5 di piccolissime e medie imprese con meno di 10 operai.) Come vediamo, in questo quadro mancava solo l'osceno Veltroni, uno capace di chiedere sul serio il superamento del problema (della concorrenza tra ) evasione-fiscalità, riducendo unilateralmente i livelli della fiscalità, accontentandosi di stabilizzare il debito nazionale, invece di ridurlo con l'aumento degli introiti in modo da ridare margini di interventi sociali ed economici al nostro Paese. Fine a quale punto evanescente si vuole ridurre questa concorrenza tra fiscalità ed evasione, il Veltroni no lo dice, pero siamo ovviamente qui di fronte alla mente degenerata costruita dagli economisti subalterni italiani ed i loro altoparlanti mediati e parlamentari. (Agosto 2011: se sono un rigorista per quello che riguarda la lotta alla criminalità non lo sono per la lotta alla piccola evasione - la quale non gode del falso in bilancio - perché, nella situazione attuale, questa è resa necessaria alla sopravvivenza di tanta gente dato il miserabilismo della nostra struttura produttiva; il vero problema sarebbe di fare ri-emergere il lavoro nero senza penalizzare i più piccoli; perciò, sto cominciando a riflettere sull'opportunità per le partite IVA con al massimo 2 operai di essere esonerati di tasse sotto 12 000 euro, per poi adottare una tassa progressiva in modo che paga di più qui fa più profitti. Per mantenere la fiscalità pubblica, tale politica dovrebbe essere completata dalla riduzione legale del tempo di lavoro e dalla proibizione del part-time non scelto e inferiore a 24 ore settimanali. Come fare riemergere il lavoro nero senza penalizzare i più piccoli mi sembra essere il vero problema da affrontare.)

La verità, ancora dimostrata con la seconda Finanziaria di Padoa-Schioppa, è che il debito nazionale costituisce un ottimo business per i più ricci, quelli che pagano tasse sopra le plus valenze a solo 12,5 % mentre la media è di più del doppio in Europa! Per il resto, si pratica il gioco delle tax expenditures a beneficio dei più ricchi, il grande segreto della Stato cosiddetto non-intervenzionista che piace tanto a Veltroni, oppure all'altro coraggioso e willing Rutelli. Di cosa si tratta? Semplicemente questo: con la filosofia monetarista-reaganiana del no tax si cammina verso la riabilitazione dello Stato minimo, anzi dello Stato infra-Smith. Per agevolare gli investimenti (speculativi) si abbassano le tasse e per favorire i più ricchi si riducono le soglie delle tasse, anzi si inventano dei scudi fiscali), si rimpiazza progressivamente le tasse doganali, le tasse sopra i redditi, le tasse sopra le successioni, e le tasse sopra le plus valenze con la generalizzazione dell'iniqua tassa al valore aggiunto; si eliminano i contributi padronali, a volte anche quelli dei lavoratori, rimpiazzando i servizi sociali universali con tagli alla spesa, distruzione dello Stato sociale e ore supplementari intermittenti destinate a mantenere i lavoratori precari sopra la soglia di sopravvivenza. In breve, si distrugge la Stato sociale assieme alla fiscalità che lo sostiene.

Ma se la timida lotta all'evasione fa entrare 15 a 20 miliardi di più di quello previsto, cosa si fa? Si potrebbe credere che il governo consacrerebbe questo surplus per ristabilire i trasferi agli Enti pubblici, in modo da risanare i servizi sociali di accesso universale, mentre un'altra parte sarebbe destinata alla riduzione del debito, in modo da potere usufruire l'anno dopo e durante tutti gli anni successivi del margine di manovra così guadagnato (cioè quelli miliardi che altrimenti servono ad ingrassare i creditori dei quest'Italia parassitaria tra i quali già 50 % sono stranieri e vivono dunque dal trasferimento del risparmio degli Italiani, ovvero capital outflows) per finalmente potere condurre veri interventi economici e sociali, strategicamente pianificati per ridare il proprio posto europeo e mondiale al nostro Paese. (Agosto 2011: re. Capital outflow: la detenzione estera del nostro debito nazionale è oggi più vicina a 60 % - anche se non si riesce ad ottenere numeri afidevoli - e risulta in crescita rapida visto l'azione combinata della recessione e della crescita artificiale del debito tramite i CDS, solo che, per legge, nella UE le statistiche non ci dicono chi sono questi detentori ...) Invece non! La filosofia monetarista-reaganiana delle tax expenditures impone di spendere a favore del settore privato questo potere fiscale prima ancora che possa essere usato dallo Stato, sempre soggetto alle pressioni democratiche e parlamentari dei cittadini e dei vari gruppi di pressioni; dunque per eliminare i surplus potenziali prima che i cittadini se ne rendessero conto, si usa perciò la demagogia della riduzione delle tasse: pochi euro al cittadino ordinario, ma 1 miliardo per le banche ed assicurazioni (si! per le banche e le assicurazioni!) e 5 miliardi per il cuneo fiscale, senza nessuna controparte per il proletariato se non l'aggravante del Protocollo sul Welfare di Damiano-Prodi-Confindustria!!!(Se mai c'è né sono molti come Damiano alla Fiom, siamo veramente nei guai; la CIGL di Epifani ci ha tranquillizzati, al soggetto ... Dice la Commedia dell'Arte: si può servire solo un padrone alla volta ...)

Va notato che la strategia preventiva delle tax expenditures è tagliata su misura per i nostri media e università servili, dato che una volta un taglio fiscale effettuato se ne perde la tracia nella presentazione delle entrate e delle spese: sono poco quelli che sanno oppure che hanno il tempo di restituire la storia recente delle leggi Finanziarie: riassumiamo così, tra questa strategia delle tax expenditures e quella complementare del controllo dei salari (aggravata con una inflazione residuale superiore all'inflazione programmata dunque non presa in conto negli aumenti salariali) fu trasferito in modo surrettizio più di 11% del PIL dai salari ai profitti solo negli ultimi 25 anni ... Non credo che sia necessario insistere. Eppure: Il federalismo fiscale con il Patto di stabilità interno per gli Enti locali, l'obbligo scolastico al ribasso, la vecchiaia attiva e l'eutanasia appaiono allora come logici accompagnamenti ai processi innescati dalla filosofia delle tax expenditures e dalle logiche dello Stato infra-smithiano. Con tanti di " servi in camera ", di pitre e di bassi cleri stipendiati con fondi pubblici. Tanto il Paese l'hanno già meticolosamente rovinato sin dal 1992, con tanta tipica arroganza e tanti caratteristici e servili ragli, anche, ahimè! con l'accento padano.

Ci mancavano solo i Bertinotti e Bellofiore, tutti partiti in guerra, asini e nani che sono, contro il marxismo autentico, perché scientificamente fondato, dei marxisti come me! Al contrario delle pratiche monetariste-reaganiane del governo attuale che non ha realmente più niente di un governo di centro-sinistra, il controllo collettivo della sovrappiù sociale permetterebbe di riabilitare la pianificazione (indicativa e incitativa in un'epoca di transizione) e con essa, di potenziare la produttivit0 micro-economica e la competitività macro-economica, regolando al meglio la domanda sociale, cioè la coerenza industriale ed economica interna (nel contesto dell'inserimento della Formazione sociale nell'Economia Globale) e potenziando al massimo la domanda interna, specialmente di consumo, in particolare con la bonifica del risparmio istituzionale canalizzato nei programmi sociali che contribuiscono alla formazione del " reddito globale netto " dei focolari, cioè il reddito che comprende il " salario individuale capitalista " più i trasferimenti sociali che tengono conto della situazione specifica dei focolari, e dunque di tutti gli aspetti della riproduzione della forza del lavoro. (Agosto 2011: i contributi per la pensione e per la cassa integrazione vanno considerati come " salario differito ", anche se questo viene mutualizzato tramite programmi pubblici e regole attuariali statali.)

Oggi gli asini nostrali, incluso quelli che si sono dati il compito di occultarci, non sanno neanche difendere il Contratto a Tempo Indeterminato (CTI) come norma legale di lavoro, unica base idonea per permettere una flessibilità dignitosa (il contrario della precarietà e della Trentratreu) fondata sopra l'addizione ai CTI delle ore supplementari massime, destinate ai lavoratori ordinari secondo i criteri legali generali e quelli negoziati con il contratto nazionale, sistema che permetterebbe allora di gestire con efficacia il lavoro a tempo parziale scelto, ma anche il lavoro casuale (10 ore settimanali al massimo); questo lavoro casuale garantito per un anno scolastico sarebbe destinato ai studenti universitari per conferirli autonomia finanziaria - necessaria per studi lunghi - ed al stesso tempo conferirli esperienza lavorativa idonea ai loro gusti ed alle loro specializzazioni, in modo da favorire la polivalenza professionale, con l'aiuto della riabilitazione della cultura generale di qualità nei vari percorsi universitari. La vera flessibilità economica deriva dalla pianificazione strategica governativa (vedi il MITI del Giappone, o la pianificazione cinese, oppure la pianificazione europea del dopo guerra sopra la quale i capitalisti privatizzatori attuali vivono ancora senza contribuire un gran che di innovativo, se non la sotto-contrattazione al servizio di grande imprese estere! Una volta accettata la distruzione del contratto a tempo indeterminato, quale ruolo rimane ai nostri bassi cleri? Si sono già inventati le offensive dell'autunno (facendo marameo di nuovo ai lavoratori ed in particolare ai metalmeccanici) mentre votano tutti senza eccezione tutte le misure volute dal governo Prodi, senza neppure badare alla costituzionalità (i.e. diritto al lavoro dignitoso, che non è la Legge 30 o il Protocollo; diritto alla dignità ed alla solidarietà nazionale, che non è la vecchiaia attiva più il federalismo fiscale ecc, ecc.)

Non si creda che avranno inventato niente di nuovo anche qui: le relazioni industriali in regime capitaliste sono piene del manovre di questi gomperiani a fili. Va ricordato pero che le offensive della primavera nel Giappone del miracolo industriale riposavano sopra una dualizzazione meno ventata della struttura della forza del lavoro, e sopra il ruolo direttivo del MITI: noi abbiamo le offensive d'autunno ma con gli allievi in ritardo dell'eccentrico Milton Friedman, con in più le lezioni dell'ambasciata israeliana e di Veltroni, se mai c'è una differenza più che formale di passaporto sopra la questione della guerra e della pace alla barba dell'Articolo 11 della nostra Costituzione, la quale non riconosce né popoli esclusivamente eletti, né volgare caste di ignoranti, razzisti, e criminali di guerra auto-selezionati ma assistiti internazionalmente. Tanto è vero che il pitre si fa un concetto illusorio della realtà e crede di potere trasformare la storia in narrazione con impunità! (con tutto ciò sono in tanti a gargarizzarsi con Satayana relativamente alle lezioni del passato fatalmente ripetute se non si impara niente da esse ...) Ribadisco che " pitre " è un concetto importantissimo della psicoanalisi marxista (vedi sotto), non un'inulta; di fati, chi mai vorrebbe perdere il tempo ad insultare delle nullità di questo tipo, se non c'era di mezzo la loro voglia di ingannare e rovinare il popolo, la Repubblica e il marxismo autentico?

2) Mercato, offerta e domanda, domanda sociale e equilibrio generale.

(Si dovrebbe aggiungere una parola a proposito della domanda sociale, della concorrenza e del equilibrio generale di Walras (e in realtà di tutti gli economisti borghesi); a proposito della funzioni di produzione di Samuelson vs quella di Sraffa e Robinson vs quella di Marx da me restituita; a proposito dello scambio non necessariamente capitalista vs il mercato (o i mercati) il quale risulta solo essere l'organizzazione peculiarmente capitalista dello scambio generico di merci. Con richiami a Karl Polanyi, ai suoi mercati topologici (emporio etc) e alle sue forme di redistribuzione sprovviste di ogni legge del valore e senza nessuna legge di produzione. Sopra la distinzione tra scambio e mercato si vede anche i studi di etnologia tra i quali Marcel Mauss e E.E. Evans-Pritchard relativamente al potlach oppure Peter Blau relativamente al dono e contro-dono. Secondo questi teorici borghesi tutto sarebbe dominato implicitamente o direttamente dal ''mercato'' ( o per dirlo con Macpherson, studioso di Hobbes, dalla mentalità acquisitiva'') anche nelle società dette ''primitive''; questa illusione viene del fatto che lo scambio di merci (valore di scambio) deve necessariamente rispettare un'uguaglianza, senza la quale non esisterebbe nessuna razionalità economica possibile, ma non vedono che la forma di questa uguaglianza proviene della forma di estrazione della sovrappiù (assoluta, relativa, produttività o sovrappiù sociale) e delle forme di redistribuzioni che questa partorisce. Questa teoria fu criticata da vari etnologi marxisti tra i quali Godelier, Meillassoux ecc., e, soprattutto, Pierre-Philippe Rey. Pero tale discussione non può essere portata a termine senza la chiarificazione del problema della rendita e della produttività che permettano di capire a fondo la coesistenza a dominanza dei vari modi di produzione. Il concetto di domanda sociale è cruciale: fu proposto da Marx nei Manoscritti parigini del 1844 come critica della concorrenza; in realtà, la domanda sociale viene interamente delucidata scientificamente da Marx nel Libro II del Capitale con le Equazioni della Riproduzione Semplice e Allargata (basta soltanto correggere per la produttività.) A questo punto si capisce che la concorrenza rappresenta solo una manifestazione epifenomenale interamente sottomessa alla domanda sociale via la riproduzione; dato che nel sistema capitalista la Riproduzione, invece di essere affidata alla pianificazione, viene abbandonata all'egemonia cieca della ''mano invisibile'', l'epifenomeno prende le apparenze della realtà (con tutto lo spreco capitalista coinvolto da questo sistema): perciò, Marx affermava che il capitalismo come il sistema hegeliano cammina sopra la testa, presentando il mondo sempre alla rovescia, cioè presentando i prezzi istantanei, dunque auto-aboliti nel lungo termine dalla concorrenza stessa - in un approssimazione del valore dato dalla funzione di produzione - come la ''verità'' del mercato, oppure, con Walras, del mercato dei mercati…!!!! In termini althusseriani la domanda sociale, dunque il valore, sovra-determina il prezzo di mercato. La ricerca della produttività massima tramite i volumi del profitto induce la concentrazione e la centralizzazione del capitale, cioè le due leggi di mozione principali del capitalismo, con le sue forme coloniali, imperialiste, neocoloniali ecc.

Si nota, di più, che la rimessa in questione delle Elizabethan Laws discussa da Polanyi nel suo magnum opus La grande trasformazione, andava di pari passi con le teorie della fine delle enclosures necessaria al capitalismo manifatturiere nascente, e con la pseudo Etica dei riformatori borghesi tra i quali Owen con la sua torre di controllo nell'edificio di inquadramento della nuova povertà urbana (nuove comunità viste addirittura come nuove armonie), creata dall'esodio rurale capitalista, imitato dall'originale napoletano del Re e massone Ferdinando, passato poi a Friedrich Taylor e all'organizzazione moderna delle fabbriche con la torre centrale di sorveglianza del management sui posti di lavoro. Seguì poi il progetto urbanistico operaista degli industriali filantropici e riformisti, tra i quali Robert Owen stesso, i.e. con la razionalizzazione della vita sociale (riproduzione della forza di lavoro) mentre la produzione veniva lasciata nelle mani delle imprese private. All'origine, queste Elisabethan Laws andavano ugualmente di pari passo con l'invio manu militari nella marina inglese nascente di quelli rastrellati nelle grandi città inglese perché considerati vagabondi. Di questa critica, Polanyi tira il suo concetto principale quello del disembedding(individualismo atomizzato nel senso di Hilferding) prodotto dal capitalismo, con il pericolo di farci ricadere reattivamente nel senso pre-capitalista e personalizzato di ''comunità'' fondata sopra il statuto come in Weber. Va ricordato che la critica di Marx contro l'aspetto sociale ''freddo'' del capitalismo non implicava un ritorno a relazioni sociali comunitarie pre-capitaliste o gerarchizzate e personalizzate; al contrario, Marx salutava la distruzione rivoluzionaria capitalista di questi relazioni arcaiche incluso le strutture della famiglia borghese e più largamente di classe, vedi la Sacra Famiglia. Al loro posto, sopra la base dell'emancipazione materiale collettiva nella sfera della necessita economica Marx intravvedeva il superamento delle relazioni personali e sociali alienate e alienanti nella sfera della libertà socialista, la personalità di ognuno possendo allora sbocciare nella massima libertà possibile senza infrangere la libertà altrui: Marx è un libertario compiuto ma non un anarchico piccolo-borghese alla Bakunin.)

 

Nota (a) del saggio Quelques faits vitaux (3 settembre 2003) nella Sezione relativa al socialismo cubano in questo sito o nel sito http://lacommune1871.tripod.com (con qualche parentesi in più per delle semplici ragioni di chiarezza.)

 

In un saggio relativo a Karl Polanyi del inizio degli anni 80, poi in una presentazione al Congresso della ACFAS a Montreal (offerta in maggio 1986 in una indifferenza ed una incomprensione totale, la quale per fortuna contribuì a proteggere i miei concetti dal furto e dalla deformazione calcolata) avevo ripreso, in maniera critica e marxista, la discussione di Polanyi relativa alle differenti forme di " mercato ". Questa discussione doveva servire a l'eminente etnologo per chiarire le sue idee sopra le forme di ridistribuzione sociale. Così Polanyi opponeva il mercato capitalista all'emporio romano e ad altre forme fisiche o istituzionali d'organizzazione (localizzazione) dei mercati, reperibili tanto nelle società occidentali pre-capitaliste, che nelle società africane tale la società del Dahomey pre-coloniale. In un sforzo più sincronico che diacronico (secondo la distinzione di Galtung), Polanyi tentava così di concepire concretamente le forme di integrazione possibili, cercando di specificarle (reciprocità, redistribuzione, scambi e focolari), come dei processi istituzionalizzati. Il tentativo conserva qualcosa di tomista ... L'emergenza del mercato capitalista in quanto tale fu analizzata fra l'altro nel suo libro intitolato La grande trasformazione. In questa sua opera, Polanyi descriveva un mercato interamente volto a strappare dalle relazioni economiche ogni rapporto sociale, purtroppo necessario. Forse in modo troppo generale designò questo processo con il termine disembedding(se si vuole, disincarnare, visto che Polanyi non sembra sfidarsi troppo dai possibili letti di Procuste) commettendo così un controsenso tanto sopra Marx che sopra Max Weber. Marx aveva messo a nudo lo sfruttamento freddo del capitale, cioè la sua implacabile logica totalizzante che unisce economia e potere politico nel seno stesso del libero contratto salariale con il quale si mette brutalmente in relazione i possessori dei Mezzi di produzione ed i proletari, senza più nessuna mediazione da parte dei vecchi statuti pre-capitalisti. Per conto suo, Max Weber cercava di sfumare ideologicamente i concetti di Marx con le sue arguzie regressive e letteralmente di secondo ordine sopra le società fondate o non sopra un concetto istituzionalizzato del statuto sociale.

Per misurare pienamente lo slittamento concettuale operato da Polanyi, basta ricordare che la società senza classe, nella quale i mezzi di produzione sono detenuti e gestiti collettivamente, non potrebbe essere una società che re-introdurrebbe lo statuto, dunque le gerarchie ossificate, nel cuore delle sue relazioni sociali, ma piuttosto una società erede della libertà conquistata da alta lotta dalla borghesia contro il regime feudale, ma impegnata ad provocare la sua autentica espressione tramite l'instaurazione dell'uguaglianza economica e sociale senza la quale la libertà non è niente altro che che un crimine di classe, perpetrato contro la maggioranza sfruttata, nonostante questa libertà fallacia fosse adornata di quello formalismo universalistico che non inganna ormai più nessuno. (Agosto 2011: In nome della marcia verso l'emancipazione generale dell'Umanità, il concetto di Marx di recupero individuale e collettivo del Uomo dal Uomo stesso, via il superamento del modo di produzione capitalista, critica tanto lo statuto sociale che il senso arcaico e soffocante della " comunità "; questa critica include anche quello che tutti gli ideologhi di caste e di classe sin dalla Politica di Aristotele - ma non da Pitagora, né da Socrate, né da Platone, che Aristotele non riuscì mai a capire e meno ancora a criticare ... - guardarono come la cellula di base dell'intera società, cioè la famiglia tradizionale patriarcale (aggiungiamo anche: matriarcale o patriarcale matrilineare) vista come luogo di esercizio del potere, e dunque incompatibile con l'emancipazione umana, una teoria che anticipava la psicologia moderna, incluso la psicoanalisi marxista (vedi sotto). Sopra questo argomento essenziale vedi il trittico marxista dell'emancipazione religiosa, politica e generale nella Sacra Famiglia di Karl Marx, la quale include la Questione ebrea. Si nota che nelle mie proposte di riforma, a parte la parità reale donne-uomini e le unioni civili, ho incluso l'abolizione delle cosiddette pensioni alimentari dopo il divorzio (versate dalla parte più ricca a quella che lo è meno, cioè usualmente, ma non sempre, alle donne); queste pensioni alimentari debbono essere sostituite con l'accesso garantito al lavoro tramite la riduzione generale del tempo del lavoro e, transitoriamente, con un assegno statale. Visto che la questione della gestione della fecondità sintetica di qualsiasi società avanzata deve essere inclusa in modo libertario nella pianificazione, questa misura dovrebbe essere giustamente finanziata in modo collettivo, con un contributo universale prelevato automaticamente sulla paga; questa universalizzazione assicurerebbe il peso individuale minimo di questo contributo, come pure l'importanza del suo importo globale - basta pensare per analogia agli contributi accumulati per la cassa integrazione: di fatti questo nuovo prelievo peserebbe molto di meno. Si sgombrerebbe allora uno degli aspetti più grotteschi della legge attuale, la quale non può fare a meno di riconoscere il divorzio, mentre, anche quando viene pronunciato, ne ritiene gli aspetti sociali più barbari ed arcaici tramite, appunto, le pensioni alimentari. Nel momento in qui la società intera funzionerebbe con la parità reale - incluso al livello dei salari - e con la Riduzione del tempo del lavoro, questo contributo di emancipazione umana potrebbe allora essere fuso nei fondi di Produttività descritti nel mio Tous ensemble. E anche chiaro che la parità non sarà effettivamente iscritta nella realtà senza un sistema pubblico di asili nidi e senza un sistema pubblico di geriatria e di mantenimento a domicilio, il che presuppone l'abbassamento dell'età di pensione invece del suo innalzamento attuale, legato in modo barbaricamente fallaccio alla crescita della longevità umana media (crescita media che sembra essere fermata dalla crisi mentre, in realtà, gli operai muoiono in media da 7 a 11 anni prima dei loro dirigenti. Va notato di più che questa crescita non ha niente a che vedere con la logica economica della produttività; se i frutti di questa produttività crescente fossero spartiti in modo più equo, è chiaro che, per evitare le crisi ricorrenti di sovrapproduzione e di sotto-consumo, si deve lavorare tutti, ma collettivamente e individualmente meno, per la stessa paga individuale(decente) iniziale ma con un ''salario differito'' e un reddito globale nettoin aumento crescente, per via del controllo collettivo della produzione e della redistribuzione della sovrappiù sociale. Ripetiamo che negli ultimi 25 anni più di 11% del Pil fu trasferito dai salari ai profitti mentre le condizioni del lavoro peggioravano in modo tanto drastico quanto anti-costituzionale.)

Polanyi conosceva il suo Marx ma le sue analisi rimangono inferiori alle analisi dell'autore del Manifesto del Partito comunista e del Capitale. Nel contesto dell'ignoranza mantenuta volontariamente sull'opera di Marx (vedi ad esempio le falsificazioni spettralied altre), l'importanza dei richiami empirici di Polanyi deve essere giudicata col metro delle inettitudini delle teorie del " tutto è capitalismo, ovunque " (Menger, Mauss ecc.), teorie che avvelenarono e continuano ad avvelenare la comprensione scientifica dell'antropologia economica e dell'etnologia coltivate nei cerchi accademici. Il potlach come giustificazione dell'impossibilità di superare il capitalismo, ecco un concetto che segna ottimamente la fine dell'intelligenza, mentre questa pretende argomentare a favore della fine della storia! Approfittando del richiamo al buon senso ed alla realtà da parte di Polanyi e ritornando a Marx, diventa allora chiaro che troppa gente si accanisce per confondere la perennità dei scambi necessari ad ogni possibile modo di produzione, e dunque di circolazione e di distribuzione dei prodotti, con il mercato capitalista (fraudolentemente designato con un scorciatoio linguistico come " il mercato ".)

A rendere i scambi necessari indipendentemente dal modo di produzione interviene ad esempio la distribuzione geografica aleatoria delle risorse naturali e poi la complessificazione progressiva della divisione del lavoro. Il mercato capitalista rappresenta solo una forma particolare ma storicamente datata, assunta dai scambi umani. Una forma della quale le contraddizioni intime furono, a dire vero, analizzate con precisione da Marx e poi da i grandi teorici marxisti come Lafargue, Hilferding, Lenin, Stalin, Rosa Luxemburg, Mao Zedong, Gramsci e tanti altri, tanto dal punto di vista della logica del capitale quanto da quella delle sue forme storiche. In Tous ensemble, ho rapidamente ricordato la successione delle forme di estrazione della sovrappiù e dunque dei modi dominanti, ma non necessariamente unici, che queste forme di estrazione sostengono, dato che rimangono compatibili con la coesistenza sotto dominanza di più modi di produzione. Così, la sovrappiù assoluta, poi la sovrappiù relativa, la produttività ed infine la sovrappiù sociale scandiscono il divenire storico, ognuna permettendo l'emergenza di epoche diverse (almeno fin quanto il potenziale specifico di ogni modo di produzione non sia esaurito e superato dalle lotte di classe.) Queste epoche possono essere riassunte con referenza al capitalismo mercante, industriale, finanziario, produttivo ed al capitale-conoscenza che danno rispettivamente nascita al liberalismo selvaggio, alle diverse stesure dello Stato Sociale (da Wagner e Bismarck, a Beveridge, a Keynes e F.D Roosevelt, allo Stato sociale europeo nato dalla Resistenza), ed oggi, purtroppo, alla contro-rivoluzione monetarista ed al neoliberalismo globale. Queste epoche incarnano gli adattamenti successivi dei modi di distribuzione e di ridistribuzione allargata sulla base di un modo di estrazione della sovrappiù strutturalmente identiche, cosicché un modo di produzione viene caratterizzato da una forma dominante di estrazione della sovrappiù compatibile con varie forme di ridistribuzioni o epoche. Nell'epoca ridistributrice dello Stato sociale (detto ancora Welfare State o Stato-provvidenza), prevale la produttività (approfondimento della composizione organica del capitale notata v/C dove C = c + v, con l'evoluzione in relazione inversa dello rapporto di sfruttamento notato pv/v), cioè la forma di sfruttamento tipica della dominanza del modo di produzione capitalista in contra-distinzione agli altri modi pre-capitalisti, fondati per parte loro sopra un sfruttamento non tanto appoggiato dalla incessante rivoluzione delle tecnologie e delle forme di organizzazione del processo di produzione immediato, quanto dallo sfruttamento della durata del lavoro e/o della sua intensità pontuale, nel ambito di parametri produttivi corrispondente ad un area di civiltà determinata. Ad esempio, tutto il Medio Evo fu basato sopra il lavoro contadino ed artigiano, il lavoro contadino rimanendo pressa poco immutato, segnato solo con episodiche innovazioni come la rotazione delle terre, il collare di tiro (aggiungiamo il basto nelle montagne, assieme alla scienza della riproduzione dei vari tipi di muli, una grande impresa dell'epoca romana), e l'introduzione di nuovi semi (vedi l'Ecole des Annales; fu questa propagazione lenta all'origine del concetto di " longue durée " di Marc Block, specialista del Medio Evo, poi denaturata ideologicamente fuori contesto dal pitre Braudel. Rimane che gli aspetti di civiltà continuano a essere forze materiali a lungo respiro, così che ai concetti ci modo e di epoca ho aggiunto quello di Eta (es. Eta del Bronzo) e di Era ( ad es. Era Musteriana) ben conosciute dai specialisti della Preistoria. I progressi di civiltà costituiscono forze materiali: ad esempio, il lento ma inesorabile ripudio della guerra di tutti contro tutti, quello della schiavitù ecc,ecc, e più vicino a noi quello del lavoro dei minorenni, dei lavori usuranti senza sicurezza né codice: purtroppo, mentre la tendenza generale rimane progressista non siamo mai protetti contro la voglia barbara dei " ritorni nietzschiani ", i quali avvelenano ancora di più le lotte di classe.)

Ci rendiamo così conto che non esiste una sola forma di mercato capitalista né a fortiori di mercato tout court. E neanche quindi di " mercato dei mercati " secondo l'equilibrio generale di Walras e di tutti gli economisti borghesi. Senza sorpresa, anche il patetico miraggio della New Economy destinata ad abolire i cicli economici fu impotente a cancellare i regimi nazionali ed internazionali successivi che ritmano il divenir storico del modo di produzione capitalista, assieme all'organizzazione dei suoi modi di scambio delle merci. In Tous ensemble ho introdotto il concetto marxista di sovrappiù sociale, ripreso in seguito nel capitolo relativo al socialismo cubano della secondo parte del mio Pour Marx, contre le nihilisme. (aggiungiamo brevemente che questo capitolo deve essere corretto al margine, approfondendo l'analisi della democrazia socialista, eliminando l'enfasi originaria posta sopra le frazioni del Partito, cosa che deve riguardare solo il centralismo democratico interno al Partito e non può essere generalizzato tale quale alla società intera, perché alimenterebbe divisioni artificiali fondate sopra un regime di proprietà antiquato e diverso. A questo livello generale preme invece rafforzare la distinzione tra dominio della necessità e dominio della libertà; nel primo, il dominio della necessità, ci vuole la pianificazione economica e l'uso collettivo della sovrappiù sociale, la burocrazia socialista dovendo essere in grado di fornire allo Stato ed al Partito, come pure al Congresso del popolo, ai comuni, ai sindacati ed ai comitati di fabbrica tutti i dati necessari per potere determinare le priorità collettive e nazionali; si realizza così l'urgente necessità di una statistica specificamente socialista fondata sopra le tabelle della Riproduzione Allargata di Marx.  socialiste viene fornito nel mio saggio Appeal to the General-Secretary of the Cuban Comunist Party and Commander-in-Chief Fidel Castro, and to the comunist comrade, general Raul Castro: Block the regressive re-introduction of private property forms and private labour contracts nella Session for Cuban socialism di questo sito. In oltre, si vede che una burocrazia professionista e democratizzata risulta tanto necessario alla realizzazione del socialismo quanto del comunismo: certi compagni trozkisti sono al riguardo paurosamente puerili e ripetitivi, forse perché non sano meglio porre il problema della democrazia socialiste essendo contendi di pappagallare dogmaticamente il compagno Trotzki dopo tutti questi anni. Letto bene e senza anacronismo, Mao Zedong rimane pure qui molti più utile (La verità storica dimostrabile è che Stalin, Mao, Gramsci ecc., hanno tutti incorporato nella loro pratica-teorica la critica della burocratizzazione della vita del Partito pure difendendo gli Apparati di Stato socialisti necessari alla transizione come pure, nel loro superamento comunista, alla gestione collettiva della Riproduzione pianificata.) Di fatti, come ho cercato di provarlo, può condurre ad una riformulazione marxista dell'analisi formale di Duverger et al. (vedi ad esempio, nella Sezione Livres-Books di questo sito, il capitolo relativo alle " nuove forme di democrazia socialiste da inventare " nel saggio Salvare il Partito comunista dai suoi nemici interni dove manca solo la denuncia del ruolo delle logge massoniche dietro le quinte nelle pre-selezioni accademiche, mediatiche, politiche ed altre, le quali creano il mind set monolitico dei dirigenti assieme ai loro pitre e bassi cleri nell'opposizione subalterna...) Nel dominio della libertà si considerano le possessioni personali (se si vuole la proprietà socialista personale), la cultura e le garanzie costituzionali, incluso il rispetto della persona umana, della sua privacy e della sua intimità, perché senza questi si avrebbe una dialettica troncata che impedirebbe lo sviluppo comuniste progressivo delle personalità, della coscienza e dunque della responsibilità.)

L'approfondimento dello Stato sociale viene descritto in Tous ensemble come illustrazione della strategia di riformismo democratico rivoluzionario, cioè la strada non-violenta verso il socialismo intraveduta en passant da Lenin nel suo Stato e rivoluzione, una strada pacifica certo da non opporre alla strategia rivoluzionaria bolscevica, l'una e l'altra mirando allo stesso obbiettivo, il superamento definitivo del capitalismo, pure rimanendo dipendente delle determinante condizioni storiche; a volta, in tale o tale paese, si può scegliere in favore di una strategia per poi ritornare all'altra, senza che esistesse alcuna contraddizione, purché la metà sia sempre la stessa. Benché questo approfondimento dello Stato sociale mettesse in causa una migliore organizzazione della distribuzione-ridistribuzione allargata nel ambito del regime capitalista, esso può eventualmente condurre ad una affermazione economica e politica della dominanza della sovrappiù sociale sopra la produttività (strategia riformista rivoluzionaria), allorché questa dominanza va considerata come un assioma per il regime socialista. No si può allora scartare l'obbligo di analizzarla e di applicarla in modo adeguato alla pianificazione delle forme di distribuzione e di scambio specifiche al modo di produzione socialista. Possiamo allora concepire più di una epoca socialista che permettano tutte di dominare rigorosamente, ed in piena coscienza, il divenire del socialismo anche in un contesto di dominazione mondiale del capitalismo come ho cercato di illustrarlo nel mio Pour Marx, contre le nihilisme. L'espressione " economia di mercato socialista " è solo una contraddizione logica che maschera male un tradimento di classe. Al inverso, se si afferra con precisione la connessione intima tra modo di estrazione della sovrappiù e forma di organizzazione della distribuzione e della ridistribuzione allargata, in altre parole dei scambi specifici messi in opera da ognuno di questi modi, allora possiamo perfettamente parlare di mercato socialista, benché, per ragioni di chiarezza, rimane preferibile parlare di forme specifiche dei scambi socialisti.

Come possiamo constatare la dominazione di classe mette anche in movimento grandiosi mulini a parole e a concetti, i quali non permettano affatto di afferrare la realtà, mirando solo a sostenere la dominazione di classe (e spesso ad occultare coscientemente la realtà.) Il mercato non è una panacea magico-economica designando una qualsiasi " mano invisibile "; non è mai altro che l'oggettivazione istituzionale di rapporti di classe determinanti. Notiamo come sarà definito nel prossimo capitolo che la concorrenza deve essere capita tenendo conto della differenza che esiste da una parte tra concorrenza tra industrie e settori e, dall'altra parte, tra settori o meglio tra il Settore dei beni di produzione e il Settore dei beni di consumo assieme ai loro sotto-settori. Cosicché questo termine ambiguo che sa di connotazioni darwiniane (competizione), si riassume alla fine sotto il significato della mobilità del capitale, e viene sempre sovra-determinato dai scambi che regolano la Riproduzione Semplice ed Allargata, cioè quelle Equazioni di Marx-Bucharin già utilizzate sopra: seguendo la geniale analisi di Marx nei Manoscritti parigini del 1844 poi esplicitata nelle opere più mature ho chiamato questa sovra-determinazione la domanda globale, o domanda sociale. Nell'economia capitalista questa non viene pianificata in modo da sostenere l'illusione della proprietà privata espressa da Smith con la sua famosa metafora dell'egoismo del macellaio, del panettiere, insomma del piccolo commerciante o produttore del quartiere per assicurare miracolosamente (mano invisibile) il benessere comune. Il bene comune risulta una cosa abbastanza soggettiva ma senza rapporto rigoroso con l'equilibrio generale oppure, detto in termini marxisti, con la domanda sociale, spiegando in questo modo i sprechi strutturali del modo di produzione capitalista.

Ovviamente, questa critica della concorrenza vale per tutte le versioni marginaliste, cioè quelle che vorrebbero dimenticare la produzione per attendere solo alle dinamiche dell'offerta e della domanda. A parte il problema della scarsità (come vedremo in appreso con Walras) sembra chiaro che questo tipo di concorrenza può solo giocare per prodotti identici o per soggetti dotati di una grande elasticità. Perciò, anche con Walras, il marginalismo non riesce mai a trovare un vero equilibrio generale. Questo impose due manovre difensive da parte di Walras (gli altri essendo meno intellettualmente onesti o meno acuti.) Prima, Walras cerca di liquefare tutti i diversi mercati, in modo che l'aspetto fluide e quantitativo della moneta gli permettesse di tirare il migliore partito dell'apparato matematico alloro disponibile. Ma non era minchione di se stesso: sapeva che per trovare l'equilibrio micro o macro-economico aveva bisogno di darsi dati empirici esterni, senza potere controllare nessun dinamismo (problema che in un'altra forma minerà il keynesianismo malgrado i sforzi di Harrod ed altri). In modo che, ritornando ai consigli del padre Auguste, riconobbe onestamente una dualità insuperabile tra ''economia sociale'' ed ''scienza economica''. Schumpeter non ignorava niente di questo percorso ma contribuì coscientemente a trasformare una dualità metodologica in una dicotomia ontologica. Questo per meglio fingere di ignorare che il Marxismo aveva già risolto questo falso problema con le tabelle della Riproduzione del Libro II, del Capitale.

3) Dal Capitolo II di Keynesianismo, Marxismo, Stabilità Economica e Crescita

Patto di stabilità vs politica dell'offerta o politica della domanda.

Di fronte ai disordini economici e sociali attuali, importa definire cos'è un'autentica politica di rilancio. La ''pompa'' keynesiana opera in favore delle imprese nazionali e della domanda sociale. I ''stimoli'' monetari alimentano soltanto i profitti delle imprese multinazionali, la disoccupazione cronica e la guerra, tanto sul piano domestico (leggi di sicurezza pubblica liberticidi) quanto sul piano internazionale (guerra preventiva permanente.) A questo proposito, importa non confondere ''keynesianismo bastardo'' e ''keynesianismo militare''. E ancor meno confondere queste due versioni con un'autentica politica di rilancio economico, che questa sia d'ispirazione keynesiana o marxista.

Questo chiarimento s'impone almeno per due ragioni. La prima è d'ordine teorica e ci rimanda ai sofismi vuoti dei friedmaniani, appoggiati dai discepoli più concitati di von Hayek. Per loro, l'ideale è di diminuire lo ''Stato intervenzionista'', sia pure debolissimo come in America, trasformandolo in un ''Stato minimo'' istituito come ''vacca da mungere'' del capitale. Uno Stato minimo pronte ad investire la sua energia per cancellare tutti gli ostacoli opposti all'operazione del ''libero mercato''. Si tratta, in realtà, di uno Stato pronte ad intervenire in modo pesante per piegare tutte le dinamiche sociali, col scopo di creare un ambiente freddo, giustificato nel nome della cosiddetta ''mano invisibile'' del ''libero mercato mondiale''. Questo implica la distruzione legale di ogni ostacolo alla ''mobilità'' del ''fattore di produzione lavoro'' come fu dimostrato dal trattamento dei controllori aeri da aperte dell'Amministrazione Reagan. Ma non è tutto. Questi epigoni esigono ugualmente l'evacuazione, al profitto delle imprese private, dei campi fiscali e dei servizi pubblici. Nel stesso modo esigono il sostegno finanziario diretto di queste imprese da parte del governo al quale si richiede di aumentare perpetuamente i fondi destinati al complesso militaro-industriale. Questi fondi giganteschi vengono poi definiti essenziali per la difesa dell' ''interesse nazionale''. Per questa ragione, nell'ambito dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, vengono dunque sostrati dalla contabilità nazionale relativa alle ''sovvenzioni'' dirette, mentre quest'ultime vengono sempre condannate con veemenza come misure ''intervenzioniste'' intollerabili. Si falsifica così ogni contabilità razionale relativa ad eventuali misure anti-dumping. Tuttavia, tutte le sovvenzioni dirette, altre che quelle di natura militare, continuano ad essere condannate con veemenza da parte del coro unito degli neo-conservatori al livello domestico ed al livello internazionale. Palesemente, le misure di concorrenza non-leali (dette ''beggar-thy-neighbors'' nel giargone dominante) vengono mascherate come delle politiche militare e apparono così più neocon chic di quelle che ispiravano tanto orrore a Cordell Hull! La ''guerra delle stelle'' reaganiana rimane il simbolo di questa fallace ideologia e di queste pratiche inique.

La seconda ragione rileva del pragmatismo dei dirigenti americani: la ''rivoluzione monetarista'' scatenata da Volcker permetteva di imporre l'allineamento di tutti i rivali commerciali dietro le politiche di Washington. In un'ottica libera scambista, veniva richiesto ai paesi concorrenti di integrare zone di libero-scambio regionali. Ma dovevano farlo in posizione di debolezza, mentre i Stati Uniti, per parte loro, avessero tentato di mantenere il loro leadership mondiale. Facendolo, in effetto, tramite le esorbitanti spese militare destinate a posizionare durabilmente le loro aziende private sulla parte più alta della ''scala della creazione del valore aggiunto'', tanto per la produzione di beni quanto per quella dei servizi haut-de-gamme. In oltre, al vantaggio tecnologico durevole scontato da questa scelta (teoria detta dell'interdipendenza, ma in realtà volutamente asimmetrica), si pensava che questa strategia avrebbe permesso simultaneamente la dominazione militare di ogni rivale potenziale: con il suo Nuovo Ordine Mondiale, inaugurato con la prima guerra del Golfo, Bush padre fu veramente il degno successore di Reagan, dietro il quale tirava già numerosi fili nella sua qualità di vice-presidente godendo di una lunga esperienza nella CIA.

Questa collusione senza precedente tra teorici ''eccentrici'' e politici ''pragmatici'', tutti penetrati da una ''volontà di potenza'' megalomaniacale, coniugata con la débâcle teorica dei keynesiani stonati dalla ''stagflation'', fece presto dimenticare cosa fosse un'autentica politica di rilancio economico. Il ''keynesianismo militare'' in quanto tale si auto-concesse una seconda vita, una ''rinascita'' nel linguaggio dei neocon contemporanei. Fu un processo che si sviluppo nel contesto di una Nuova Guerra Fredda (Economica) con la quale i Stati Uniti intendevano provocare un riflusso (''roll back'') di civiltà, invece di negoziare una coesistenza dinamica (''containment'') realista con i loro soci commerciali. Questa mistura politico-economica rappresenta un ritorno in dietro verso il pensiero disastroso che presidiò al lancio della Guerra di Corea da parte degli Stati Uniti, al inizio del 1950. All'epoca, questa politica era concepita come un'alternativa opportuna. Di fatti, lo scoppiare di questa guerra fu freddamente calcolato nell'ottica del ristabilimento degli indici economici americani allora in pieno declino per la prima volta sin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Di più, questa guerra permetteva di mobilizzare una popolazione americana, indottrinata fin alla gola ed intimorita, in una battaglia sacra contro un nemico chiaramente puntato col indice e altrettanto ''demonizzato''. Fin qui, e di fatti fine al crollo dell'Unione Sovietica, questo credo poteva essere riassunto così: Tutto per il capitale! Con il crollo dell'URSS, il terrorismo, e particolarmente il terrorismo islamico, fu designato come il nuovo ''impero del male'' contro il quale si doveva ora mobilizzare l'intera nazione con l'insieme delle risorse economiche. Questo nemico apparente fu scelto con particolare attenzione. Sottomettendo i suoi territori con la forza, e mettendo mano sulle sue risorse, notabilmente il petrolio, i vecchi strateghi americani, un può passati di moda negli anni anteriori, sognavano di realizzare un vecchio progetto insensato, cioè quello di instaurare il loro dominio imperiale sull'intera massa eurasiatica. Il disastroso calcolo era di più fondato sulla convinzione che il richiamo a presunte radici giudeo-cristiane, ed alla ''empatia'' razzista che queste presumibilmente dovevano nutrire in ogni parte dell'Occidente, poteva tagliare l'erba sotto i piedi della solidarietà internazionale anti-imperialista. Scordando la fine fatta dall'armata sovietica in Afghanistan, questi arrivarono presto a pensare che il fatto di aggiungere il controllo dell'Eurasia al controllo effettivo di tutti gli Oceani dopo il crollo della URSS, potesse aprire loro una Via Reale verso il dominio mondiale! Vecchio sogno da putativi ''maestri del mondo''!

Le inettitudini della ''New Economy'' furono indotte da questo nuovo catechismo. I più noti teorici di questo sogno insensato erano dei vecchi ''falchi'' laboriosamente impegnati fin qui nel ambito di think-tanks e di qualche università periferiche. La loro irruzione sul davanti della scena segui la vittoria elettorale di Reagan. Furano allora in misura di attirare a loro la truppa usuale e disillusa di giovani teorici titolari in scienze sociali, ma poco capaci di distinguere tra teoria ed ideologia. L'ipnosi di massa creata dalla New Economy fu essenzialmente dovuta all'introduzione massiccia di una nuova ondata di settori tecnologici assieme alla mondializzazione del capitale finanziere speculativo. Questi due elementi furono ricevuti con un palpito mescolato al timore dato che la loro propaganda riposava sul proseguimento del ''choc del futuro'' (''future choc''), e sull'anticipazione di un nuovo mondo (''a brave new world'') esaltante, fatto di cibernetica digitale, ma nondimeno giudicato capace di aprire la strada sia a spaventosi Golems per Sherleys adolescenti, sia ad una nuova post-umanità neo-nietzschiana auto-eletta! In questo mondo di ''realtà virtuale'' assecondato dalla moneta virtuale elettronica e dagli P/E ratio fortemente dopati delle azioni quotate in borsa (P per ''prezzo'' e E per ''earnings''), chi tra le nuove élite esuberanti poteva mai prestare fede ai vecchi cicli economici ora antiquati, o alla pesante logica dell'economia reale? L'avanzo tecnologico iniziale degli Stati Uniti finì per disperdersi. Il puzzle finalmente completato, ancorché già decifrato da qualche marxista solitario mentre era ancora in processo di sviluppo, poteva finalmente essere interpretato da tutti per quello che era in realtà.

Sia quello che sia, le contraddizioni di un sistema fondato sulla sovrapproduzione e il sottoconsumo cronici, contraddizioni che diedero luogo allo scoppio della ''bolla speculativa'' della New Economy e alla crisi attuale del capitalismo, debbono incitarci a riflettere fuori dei parametri dell'ideologia dominante e delle sue torbidi teorie di legittimazione. Sopra tutto per quanto riguarda la crescita dell'economica reale. L'espressione ''keynesianismo bastardo'' si riferisce alla ''sintesi'' operata da Hicks, Samuelson e Co. Il suo significato è diverso di quello del ''keynesianismo militare''. Questo ultimo deve inizialmente molto al presidente Truman uscito vincitore delle sue primarie contro il candidato democratico progressista Wallace, grazie alla sua spietata propaganda di guerra fredda! E altrettanto diverso del keynesianismo originale, il quale fece portare l'accento sulla necessita dell'intervento dello Stato in modo da potere salvare il ''mercato'' dalle sue proprie tendenze suicide (mantenendo il pieno-impiego.)

Di fatti, il commento sintomatico di Samuelson al soggetto della ''Teoria generale'' di Keynes fu che, alla pari con il ''Fennegans Wake'' di James Joyce, avrebbe auspicato disporre di un ''riassunto''! La riformulazione positivista disincarnata dei problemi sociali, proprio quella che spaventava tanto Karl Polanyi, faceva così una nuova vittima scientifica. In altre parole, il Premio Nobel americano manifestava così la sua incapacità ontologica ad afferrare l'essenziale del contributo di Keynes. Questo contributo non si può capire senza mettere al centro del pensiero del economista di Cambridge, i cicli marxisti trasmessi da Sraffa, i geniali contributi di Pacault a proposito degli aspetti pratici delle politiche di ridistribuzione, e, ovviamente, la pratica inglese in materia, tale che simboleggiata da Beveridge. (Emile Pacault rappresenta uno di quelli autentici pensatori ''eterogenei'' ai quali, in modo sintomatico, la ''Teoria generale'' consacrò un capitolo.)

Al contrario di tanti ''keynesiani'' più o meno ''bastardi'', il pensiero di Keynes restava profondamente ancorato nell'eredità dell' ''economia politica'' ancora vivace nella sua Nazione, malgrado le devastazioni marginalisti all'opera ormai da qualche decenni. Quest'ultime conquistavano lentamente il terreno nei cerchi accademici più inclini ad ascoltare le incessanti geremiade delle associazioni di manifatturieri che si impegnavano per altro a razionalizzare sul piano teorico. Keynes poteva ancora approfondire l'aspetto matematico della sua disciplina (le probabilità, rendendo omaggio a Franck Ramsay, ma anche l'econometria nascente.) Pero non perse mai di vista che i modelli dovevano servire le politiche, le quali per parte loro rimanevano soggette alle costellazioni di forze in presenza, e non il contrario. A questo proposito, la sua confrontazione politica ed intellettuale con l'Americano White, durante le conferenze che portarono alla creazione del sistema di Bretton Woods, rimane limpida. Come lo è altrettanto la sua opposizione a Poincaré in rapporto con le riparazioni di guerra imposte alla Germania dal Trattato di Versailles, un'opposizione la cui pertinenza rimane, a dire vero, soggetta ad una valutazione un può più cauta. Perché risulta, in effetti, troppo legata alla concezione britannica della ''bilancia del potere'' sul Continente, anche se alla fine rimane figlia del stesso metodo analitico.

Quello che fa la specificità di Keynes in quanto economista accademico rimane il suo rifiuto caratteristico di mai astrarre totalmente i ragionamenti teorici della realtà socio-economica sotto-giacente. La sua frequentazione artistica dello Cerchio di Bloomsbury, assieme alla sua interpretazione personale del comportamento sociale secondo Moore, costituisce un elemento primordiale della modernità della sua forma mentis. (La stessa osservazione vale probabilmente per Bertrand Russell e per la sua concezione progressista del mondo.) Joan Robinson, assieme a Piero Sraffa sin dagli anni 20, metteva in questione le premesse e la coerenza interna di questa presunta ''sintesi'', più ancora delle sue perversioni temporali e pratiche; in ogni modo, entrambi non si lasciavano impressionare dalle ''prodezze tecniche'' (i.e. diagrammatiche) di Marshall, dato che non confondevano mai per conto loro la micro e la macro economia; e intanto, anche con l'assistenza laterale della teorica del commercio e della ''localizzazione'', non avrebbero mai, senza arrossir, potuto dare la logica della microeconomia per una logica economica in se, eterna e definitivamente rivelata. Nessuna prodezza tecnica, nessuno bel diagramma dell'offerta e della domanda, con le sue curve e punto di equilibrio scientificamente e matematicamente (cioè, geometricamente) stabiliti, avrebbe potuto cambiare il loro parere perché dedotti da base di dati pre-stabiliti in modo ''empirico'', ma sempre in isolamento del ciclo completo della riproduzione. ( In effetti, quando ho ripreso questo termine di ''keynesianismo militare'' nei testi preliminari inviati in Italia, ho potuto constatare, tramite l'usuale reazione caratteristica dei giornali, in particolare Il Manifesto e la Repubblica che i loro riferenti accademici (per esempio i sovra-quotati De Cecco e compagnia, epigoni di altri laboriosi Pasinetti molto cattolici) sembravano un può sprovvisti e non sembravano sapere di che cosa parlavo; credo anche che tutti questi Signori pensarono che io fossi solo un militante atipico, ma poco informato dal punto di vista accademico, solo perché rifiuto di soccombere a questa vera tara intellettuale già denunciata da Vico col scottante termine ''concitazione''. Io invece pretendo essere un ''intellettuale organico'' non un ''pagliaccio'' (un pitre). )

Se il ''keynesianismo militare'' come tale non può essere confuso con il ''keynesianismo bastardo'', importa anche capire le contraddizioni intime di quest'ultimo, in quanto versione interamente borghese del keynesianismo di Keynes, posta in totale opposizione con lo spirito di ''Bloomsbury'' e con l'anticonformismo che animava la versione originale. Ovviamente alla sua base si trova la contraddizione principale mai risolta da Keynes, una che forse non cercava neanche a dissipare, lui sempre così cosciente delle origini normane del suo cognome e di una certa meritocrazia ereditata dai cerchi elitisti, più o meno occulti, del Collegio Eton! Sappiamo che la risoluzione di questa contraddizione condurrebbe direttamente da Keynes a Marx, senza neanche passare dai ''prolegomeni'' di Sraffa. O dalla sua mite e tutt'insieme limitata e reificata concezione del ''lavoro socialmente necessario'', in altre parole della ''struttura di v''. Questa viene unicamente concepita da Sraffa in un modo tipicamente ricardiano all'insegna di una semplice ''produzione di merci a mezzo di merci''. Questo è dovuto all'assenza di articolazione, in tutte le versioni borghese dell'economia, tra micro e macro economia. Potremo chiamare questo oblio scientifico il Paradosso Aristotelico di Keynes dato che insisteva per porre all'inizio del suo ragionamento i ''fatti'' empirici particolari, indotti artificialmente dalla concezione borghese del ''paradigma del libero mercato''. Ma nel processo, finiva sempre per super-imporre determinati oggettivi politici sopra questo ragionamento. In particolare, perché derivava questi ''fatti'' in maniera indipendente, con referenza ad un quadro empirico generale, senza mai essere totalmente capace di coniugare queste due serie in un modo scientifico inattaccabile. Keynes si tirava fuori di questa trappola dando la priorità agli oggettivi macroeconomici, idealmente determinati dai politici, e dai strateghi tra di loro spesso con l'aiuto di ''valutazioni empiriche'' o (''rules of thumb''), dato l'assenza di un sistema statistico performante. (9). In oltre, questi strateghi erano tutti supposti essere nutriti di preferenza dai lavori dei keynesiani contemporanei, nella speranza di potere liberarsi così della loro ''schiavitù nei confronti degli economisti del passato''! Per il resto, la preservazione della proprietà privata di per sé gli importava molto di più della preservazione della finta libertà di movimento del capitale, una ''libertà'' che poteva solo menare all'autodistruzione del sistema: salvare il capitalismo al suo malgrado, tale era il suo motto. La conseguenza di questa posizione ideologica e teorica di Keynes fu lo sviluppo estremo dell'apparato statistico necessario per permettere la gestione politica più serrata del sistema (compreso tenendo conto dei ''lags'' reattivi). Ma non sapremo mai quale risposta Keynes avrebbe personalmente offerto una volta che la realtà anti-keynesiana messa in opera a Bretton Woods vene a distruggere irrimediabilmente la coerenza politica del sistema. Questo avvenne invalidando fatalmente l'operazione contro-ciclica interna dei moltiplicatori tramite l'instaurazione di un'economia capitalista mondiale aperta, interdipendente e asimmetrica all'estrema, una versione che avrebbe sicuramente piaciuto molto a Cordell Hull. Possiamo tuttavia pensare che Keynes avrebbe preferito optare per la preservazione di certi spazi destinati alla proprietà privata, sviluppando malgrado tutto le politiche di ridistribuzione economiche e sociali reali, invece di regredire verso un nietzschianismo ottuso, nemico di ogni cultura. (Ricorderete le analisi condotte da Keynes relative alle tecniche di pianificazione capitalistiche del Dr. Schacht in Germania ... senza pero mai soccombere, all'immagine di un Duca di Windsor o di un partito liberale inglese, all'affascino sottile dei nascenti fascismi e nazismo; una incresciosa tendenza quest'ultima molto più corrente all'epoca, al contrario di quanto si potesse immaginare, come si può eloquentemente verificare sfogliando le coperture e leggendo qualche articoli delle rubriche in voga all'epoca come Life! Una lettura edificante tra tutte, in questi tempi confusi nei quali si coniuga, senza il minimo stato di anima, l'amnesia storica più ignobile e l'arroganza virtuosa al riabbasso, ma sempre vanitosamente auto-conferita.) Di fatti, l'umanesimo di Keynes, il suo anticonformismo sempre impregnato di estetismo e di alta cultura, come pure la sua concezione di alto funzionario dello Stato indotta del modello democratico borghese di Westminster (come tanti altri, Keynes aveva fatto le sue pratiche nei bureau dell'India), gli impedivano di pensare che il capitalismo si potesse salvare per mezzo di una regressione fascistizzante. Il grande matematico ed aristocratico Bertrand Russell fece naturalmente la stessa constatazione. I migliori keynesiani moderni (Tobin, Solow, o ancora Galbraith, il gran teorico dei contrappesi) andarono generalmente nella stessa direzione, senza pero dimostrare la stessa raffinata comprensione della specificità ontologica dell'economia politica.

(Agosto 2011: Qui sopra, avevo scelto di insistere sopra due elementi cruciali nell'apparato teorico di Keynes: a) la separazione della micro e della macro economia la quale rinvia il complimento a Böhm-Bawerk, risultando una critica ex ante post hoc realmente letale per il paradigma borghese; b) la distruzione del Moltiplicatore di Kahn andando di pari passo con l'apertura neoliberale dei mercati al livello globale (Savannah, conferenza della Avana, Gatt e Dillon-Kennedy Round ecc, OMC.). Un' altro aspetto importante di Keynes viene solo indicato qui tramite il riferimento ai ''gap'' ma rimane al cuore della sua utilizzazione borghese dei cicli del capitale descritti da Marx, rovesciandone il ruolo del capitale bancario e finanziario (per Marx il credito autonomizzato oltre alle necessita fluidificazione della Riproduzione Allargata portava solo a crisi cicliche e strutturali.) In effetti, Keynes, tramite il tentativo di capire in modo probabilistico e psicologico i comportamenti dei capitalisti tentativo portato al suo termine assurdo e perverso dalla public policy comportamenti da essere preventivamente regolati dallo Stato per l'economista di Cambridge, sottomette i fenomeni economici alla gestione degli epifenomeni capitalisti: Cioè sottomette il mondo della produzione dei valori alla regolazione della moneta (aggregati monetari, stabilità dei prezzi), e degli interessi (in altre parole, sempre la fluidità monetaria di Walras resa teoricamente possibile dalla ''paper currency'' di Ricardo reinterpretata per dare avio al marginalismo da J.B. Say. Intanto, al contrario di Solow (il quale confonde lavoro disponibile e pieno impiego nella sua balorda funzione di produzione (1956) per la quale ottenne il Premio Nobel (!)) Per conto suo, Keynes sapeva che l'equilibrio generale di questo sistema (di variabili interconnesse ed illustrate dal famoso sistema idraulico) era strettamente funzione del pieno impiego e del ruolo stabilizzatore delle imprese statali nazionali assieme al controllo ed alla segregazione del settore bancario-finanziario (che Keynes avrebbe voluto estendere al livello internazionale con il Bancor), in modo da trasformare i risparmi in investimenti produttivi in un ciclo più virtuoso. Insomma, Keynes credeva di potere domare tanto i spiriti animalidel capitalismo quanto correggere le contraddizioni del marginalismo per conservarlo: regolando i tre mercati principali dei beni capitale fisso, beni lavoro e credito pensava potere pianificare il necessario equilibrio generale effettivo e socio-economicamente ottimale riabilitando l'intervento strategico dello Stato. Non capiva che il problema fondamentale era il regime di proprietà privato e dunque i disequilibri strutturali irrimediabilmente causati dal sistema stessa, necessitandone l'ineluttabile superamento per la negazione proletaria delle sue contraddizioni interne. Una volta distrutto il quadro nazionale della Formazione sociale necessaria a questo modello, il Moltiplicatore di Kahn non funzionava più, cosicché i monetaristi alleati ai neoliberali (Friedman più Solow) presero il vantaggio con l'arrivo di Reagan al potere: Per fare corto, il welfare fu rimpiazzato con il wokfare e le imprese ed i programmi sociali con la global private governance, l'assistenza sociale, la carità privata e la repressione … prigioni private, tortura legale e Homeland security .... Non per niente il titolo completo del libro maggiore di Keynes è Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta (1936), titolo molto epifenomenale e dunque insuperabilmente auto-contraddittorio (vedi sotto). La mia troppo timida valutazione del pitre Solow fu subita corretta nei lavori che seguirono queste righe, in particolare la denuncia della balorda funzione di produzione solowiana notata Y = f(K,L) dove K è il capitale e L simultaneamente il lavoro disponibili ora, e in situazione de pieno impiego, cosa che dimostra che Solow non ha mai capito né Keynes né Harrod, che pretendeva nondimeno criticare (così si guadagnano i Premi Nobel contemporanei nella famigerata " dismal discipline ") Di più il pitre Solow crede di potere parlare di tecnologia ma forse non avrà neanche letto i due articoli di Sraffa degli anni 20 (sopra le contraddizioni interne dei rendimenti crescenti o decrescenti), insomma non ha capito niente alle economie di scala e meno ancora alla teoria della produttività marxista presentata qui sopra. Il fattore tecnologico rimane esogeno. Il pitre Solow, poi messo in salsa friedmaniana con il libero-scambio neoliberale, può dunque essere considerato come l'epigono più ideologico del " mercato del lavoro globale da flessibilizzare al massimo " (Salari: Stati Uniti 5 dollari orari, Germania attorno a 10, Slovacchia attorno a 3, Messico molto meno, India quasi niente), l'equilibrio di pieno impiego essendo solo raggiunto - anche in queste squallide condizioni - una volta raggiunta la " soglia fisiologica ", la quale - pace Malthus - rimane tutta da determinare perché sempre suscettibile di mutare verso il basso, mettendo così in atto forti regressioni di civiltà ... (come d'altronde dimostra un rapido paragone tra la longevità media di un Americano, un Europeo e un Dalit ...)

Nondimeno, queste contraddizioni risultarono mortali nel momento in cui, perdendo ogni comprensione scaturita dall'empatia (''verstehen'' diranno i discepoli di Max Weber e compagnia o, meglio ancora, quelli di Dilthey), furono trattate dai teorici della ''sintesi''. Le lezioni impartite dalla pianificazione in tempo di guerra furono dimenticate, con l'eccezione di qualche lavori prodotti da Kuznets o Tinbergen. Sweezy, Magdoff, Braverman e i loro compagni predicavano nel ''deserto''; la ''Società Giusta'' fu gettata nelle ortiche; i Weintraub, Robert Heilbroner ma anche i Perroux, Rueff e Denizet furono messi da parte dai ministeri e dalle burocrazie al beneficio dei Milton Friedman, dei Summers ed altri Laffer ! Peggio ancora, sotto l'influenza intellettualmente deleteria e economicamente rovinosa di questi ultimi, il pubblico degli auto-soddisfatti venne a distinguere due nuove ''varianti'' interamente separate nel keynesianismo. Una militava per una politica trainata dalla ''domanda'', l'altra per una politica tirata dall' ''offerta''. Il risultato fu allora la semplice riaffermazione della dicotomia originale del capitalismo in quanto modo di produzione e modo di pensiero, glorificando nel processo la sua natura schizoidia.

La politica keynesiana della domanda, illustrata dal fallimento interno dei moltiplicatori, poteva così servire ufficialmente da comodo spaventapasseri. Il suo deperimento corrispondeva naturalmente ad un metodo didattico ben rodato, provvisto da una terra feconda nelle università capitalistiche dove si riconcilia, senza difficoltà, selezione incestuosa al merito nietzschiano e spese di iscrizione esorbitanti. Si sa che queste spese annuali superano da gran lungo il salario annuale medio degli operai. Ognuno di noi sa che la scienza di per sé è totalmente neutrale, col l'eccezione del suo finanziamento, delle preferenze (''mind sets'') paradigmatiche e dei pregiudizi di classe sotto-giacenti! Nonostante, questa combinazione delle prescrizioni keynesiane e dell'operato reale del moltiplicatore di Kahn risultò fatale nel momento in cui le contraddizioni teoriche e pratiche si cristallizzarono in un confronto strettamente ideologico. Di fronte alla politica dell'offerta, vero guazzabuglio teorico, bisogna ricordare lo spirito di derisione felpata di Galbraith. Non ha forse definito questa politica dell'offerta come una strategia consistente nel ''nutrire i cavalli per nutrire i passeri'' (''trickle down effect'')? Sfortunatamente, la contro-rivoluzione monetarista aveva già investo i palazzi governativi.

E nondimeno chiaro che questa politica dell'offerta risultò eminentemente compatibile con il keynesianismo militare. In effetti, ognuno di noi comprende facilmente che la macchina di guerra economica chiamata ''libero scambio'', che li fu necessariamente associata, deve essere assistita dall'alta tecnologia sviluppata nei laboratori militari, o, in certi casi, dalla distruzione militare dei concorrenti potenziali! Furono così dimenticati quelli economisti che argomentavano in favore dei ''dividendi della pace'', gli argomenti felpati offerti da O. Palme (Common Security, 1982), o ancora i successivi rapporti di Willy Brandt. Nella scia, il progetto reaganiano di ''Guerra delle Stelle'' (Iniziativa di Difesa Strategica) celebrò in modo definitivo il connubio del keynesianismo della sintesi, perpetuamente zoppo nei Stati Uniti per causa dell'ideologia mirata a svalorizzare in permanenza l'intervento dello Stato nell'economia, con il keynesianismo militare. Il quale aveva trovato negli USA la sua ''terra promessa'', in particolare con Truman e poi con MacNamara e il generale Taylor. (Il contributo di questi ultimi fu poi largamente sovrappassato dal splendore innato e dal genio acculturato dei vari Wolfowitz, Perle, Kristol, Kagan e tanti altri membri di questa clique sviata, tra i quali dobbiamo anche includere Rumsfeld.) Questa fuga in avanti neoliberale e filo-semita nietzschiana su scala mondiale permetteva di rimandare le scadenze politiche indotte dalla sovrapproduzione e dal sottoconsumo, ponendo, con la democrazia e la forza, la distruzione dello Stato sociale (Welfare State) e dei suoi settori pubblici (non mercificati) come ''nuova frontiera'' del processo di accumulazione capitalista. Questo implicava l'imposizione di un ''libero scambio'' asimmetrico, continentale per primo, emisferico in seguito e per finire globale. Nel fra tempo, i cittadini americani furono incitati a dimenticare momentaneamente i ''dividendi della pace''. Di fatti, considerevoli risparmi legati alla pace potevano essere indotti dalla negoziazione di ''regimi di controllo e di riduzione degli armamenti'', ancorché questi regimi siano spezzo fraudolentemente confusi con il ''disarmo'' totale, o, peggio ancora, con una manifestazione di ''debolezza''. Questa confusione persiste tuttora malgrado il lavoro coscienzioso di numerosi teorici e di numerosi militanti del movimento per la pace che non si dimenticano mai quanto scuole, e che tipo di accesso universale alla sanità pubblica, potrebbero essere finanziati sapendo che un solo missile di crociera Tomahawk costa $ 20 milioni e più. O sapendo che un solo super-bombardiere furtivo vale quasi mezzo miliardi di dollari, anche se simboleggia le autentiche prodezze americane in materia di ''furtivit0'', dato che sono capaci di evadere tutti i radar, anche i più sofisticati, con l'eccezione tipica dei modelli più obsoleti basati sulle onde lunghe, ordinariamente utilizzate per effettuare le ordinarie trasmissioni televisive! Naturalmente dovrebbe essere ovvio che gli obbiettivi della sicurezza domestica e globale o della persuasione intellettuale non potranno essere raggiunti senza un meticoloso rispetto della Carta fondamentale delle Nazioni Unite.

(Il ''leadership morale'' è oggi diventato una parolaccia manichea terribilmente abusata dall'attuale Amministrazione americana)

A parte il suo carattere istintivamente aggressivo, la dicotomia intima del capitalismo sottolineata qui sopra è insuperabile, perché, a dire vero, è di natura genetica. Ricorderete come, a partire della stesura dei suoi Manoscritti parigini del 1844, Marx optò per il comunismo, cioè per un modo di ridistribuzione ugualitario delle ricchezze collettive. Lo fece giustamente perché era arrivato a determinare che la grinza del ragionamento classico era localizzata nel perpetuo disequilibrio ontologico tra il valore della forza di lavoro da un lato (i.e. l'incontestabile fatto secondo il quale ogni valore di scambio funzionando come tale può soltanto essere creato dal lavoro umano, in modo diretto o indiretto), e, dall'altro, la meccanica dell'offerta e della domanda sopra un mercato specifico. In un solito raggio di genio, Marx svelò rapidamente il nodo del problema: la domanda sociale (naturale o condizionata da fattori culturali o altri) precede sempre l'offerta. Questo risulta più chiaro ancora nel modo di produzione capitalista, semplicemente perché non si può mai ottenere una produzione nuova, cioè una trasformazione di materie prime rozze, oppure appariscenti sotto la forma del lavoro passato, in prodotti nuovi, senza l'intervento del lavoro umano incarnato nella forza di lavoro umana pronte ad essere messa in opera. In altre parole, senza l'avanzo che il lavoratore fa, sempre e ovunque, in modo individuale o collettivo, al detentore dei mezzi di produzione. (La transizione verso un'economia di servizi o un'economia intangibile non cambierà affatto questo dato antropologico ed economico-politico primordiale. Notiamo che attualmente i migliori teorici dell'Intelligenza Artificiale, tale Douglas Hofstädter, hanno ammesso di dovere concedere uno statuto ontologico specifico alla creazione umana in opposizione alla creazione da parte di sistemi artificiali. Questi ultimi sono certamente intelligenti, ma assistiti dall'esteriore. In ultima analisi, dipendono sempre della creazione umana. Di conseguenza, non esiste nessuna scappatoia scientificamente valida fuori della teoria marxista del valore, una teoria che coniuga in modo dialettico il ''valore di uso'' e il ''valore di scambio''. Le disperate obiezioni tradizionali valgono quello che valgono. Ad esempio, per quanto riguarda il ''prezzo'' dei vini o dei dipinti rari, oppure di altri tipi di ''merci'' di questo genere, non c'è proprio nulla da stupirsi. E ancora meno troverete in essi una confutazione della teoria marxista. Queste obiezioni dimostrano solo una puerile incapacità ideologicamente ancorata ad ammettere che il valore di scambio del ''lavoro passato'' dipende sempre da quello che li viene conferito dal esercizio del ''lavoro vivo'' in condizioni specifiche, ma tenendo conto del ''settore di lusso'' come pure del ''credito'' e della ''speculazione'', tutti questi elementi rappresentando delle categorie dipendenti della magnitudine della sovrappiù sistematicamente estratta. Quelli che intrattengono ancora il minimo dubbio a questo soggetto dovrebbero riportarsi alla maniera adoperata da Sraffa (o da qualsiasi teorico del equilibrio generale) per trattare dei valori degli ''inventari'', o più generalmente del valore del ''lavoro passato'', detto con molta erudizione appartenere ad un ''epoca'' differente. In effetti, come credete che proceda la contabilità delle aziende malgrado i suoi arcani? Come si sa, questa è una disciplina incapace di compiere miracoli all'infuori di quelli già compiuti dal lavoro umano, eccetto per quanto riguarda i prodigiosi sforzi spesi per snidare le scappatoie fiscali ''legali'' giustificando nel processo la propria formazione e il proprio valore professionale.) In altri termini, niente è mai possibile senza l'avanzo fatto sotto la forma del valore di uso della forza di lavoro umana che il ''lavoratore'' porta sempre, sia individualmente sia collettivamente, al detentore dei mezzi di produzione. Nei limiti già menzionati prima, Keynes fece intuitivamente di questo punto di partenza obbligatorio la base reale del suo concetto di ''domanda effettiva'', ma lo fece in una maniera parzialmente re-mistificata a causa della sua fedeltà di classe al paradigma dell'economia classica. Questa divergenza assiomatica lo mette a parte, molto al disopra del vecchio Marshall, ma ugualmente della maggior parte dei suoi colleghi conformisti di Cambridge, come ad esempio Pigou. La rimarca vale ugualmente per Joan Robinson. E naturalmente per Sraffa, l'amico di Gramsci, il quale contribuì due saggi pionieristici, scritti in Italia negli anni 20, che spinsero Keynes ad invitarlo ad insegnare a Cambridge.

Ovviamente, la perversità ontologica-teorica dei marginalisti e dei neoliberali non è senza antecedenti. La sua origine sociale inizia con le recriminazioni degli industriali inglesi di Manchester, e di tutta l'Inghilterra, dirette contro l'abbassamento generalizzato del tempo di lavoro e le mobilizzazioni popolari crescenti in favore della generalizzazione della giornata di 8 ore. La rivendicazione operaia di una riduzione della durata del tempo di lavoro quotidiano spinse la borghesia ad abbandonare Smith e Ricardo ed a trattare del lavoro umano come di un ''fattore di produzione'' tra molti altri. Questo ragionamento condusse Nikolaï Bucharin a scrivere la sua classica confutazione delle tesi della Scuola austriaca nel suo brillante libro intitolato Economic theory of the leisure class, pubblicato da Monthly Review Press in 1972, ma dal quale sfortunatamente non conosco nessuna traduzione italiana. Bucharin rintracciò la nuova illusione economica della borghesia nella dominazione dei nuovi redditieri (rentiers), una frazione di classe prodotta dal estensione e dall'autonomizzazione del ''credito'', che aveva perduto ogni senso concreto dell'aspetto produttivo della creazione del valore. Fatto questo, perseguì col smantellamento punto per punto di quello che definì abilmente i ''cerchi viziosi'' del nuovo pensiero economico borghese. Il libro di Bucharin rimane una lettura obbligatoria dato che questo tipo di illusione ritorna alla luce con l'emergenza della così-detta ''economia intangibile'', difesa da teorici che pretendono altrettanto che questa ''nuova'' economia sia interamente distaccata del lavoro umano.

Tuttavia, come l'abbiamo già fatto notare qui sopra, lo scivolamento concettuale cominciò ben prima con i problemi della classe industriali inglesi. Le conseguenze delle inettitudini di Senior a proposito dell' ''ultima ora'' non vengono usualmente valutate al loro giusto valore da parte degli economisti, malgrado le critiche iniziali e definitive di Marx, autore di un opuscolo intitolato ''Salario, prezzo e profitto'' (1865). Questo opuscolo lo metteva preventivamente al riparo di ogni amalgama ''marginalista'' dato che questo rappresentava il compimento di un lavoro scientifico iniziato con ''Salario'' (1847) e ''Lavoro salariato e capitale'' (1849). L'opuscolo ''Salario'' (v. Ed. La Pléiade, Œuvres, Économie II, p 155) partiva da considerazioni concretissime intimamente legate al movimento operaio: Marx confutava già in modo scientifico il malthusianismo e gli ''economisti filantropi'' predecessori di Senior, che si erano opposti all'abolizione del giorno di riposo settimanale della domenica, una sorte di raffarinade anticipata sulla ''riabilitazione del lavoro'' tramite l'allungamento della sua durata ma con la simultanea generalizzazione della precarietà! Questa ''ultima ora di lavoro'' divenne in realtà il ''margine'' considerato impossibile a diminuire dato che, in modo altamente misterioso, sussumeva in se stesso tutto il ''profitto'' contenuto nel valore di scambio del lavoro messo in atto durante l'intera giornata!!! (Agosto 2011 Per riassumere: il profitto concentrato nell'ultima ora ammonta a dire che è concentrato nei prodotti sfornati in questa ultima ora, gli altri essendo venduti chi sa a quale prezzo e come!!! Marx notava che esiste un rapporto di proporzionalit0 tanto per un prodotto quanto per tutti i prodotti di un dato processo di produzione immediato relativamente ai componenti della funzione di produzione c + v + pv = M, il che include anche necessariamente i rapporti v/C e pv/v, dunque la mia restituzione della legge della produttività di Marx. (Vedi ''L' ''ultima ora'' di Senior'' nel Capitale, Libro I. In francese, La '' dernière heure '' de Senior dans Marx, Capital, Chapitre IX, paragraphe III, édition la Pléiade, 1972, p 778) (Il ''margine'' autentico è una tutt'altra cosa. Mi si concederà la presente interpolazione, fatta sotto il segno della lezione di emancipazione umana offerta, subito dopo la caduta della Commune di Parigi, come un ''paesaggio'' di campagna ''scelto'', o come ''vendemmie'' fraterne, dal grande poeta e comunardo Paul Verlaine. Lui lo concepiva come un processo ''poetico'' letterale di prospettive dell'uguaglianza, della libertà e della fraternità, dunque come uno spazio di annotazione essenziale della vita sopra i palinsesti alienanti redatti dalle società di classe. Lo fece con la speranza di congiurare ''l'alba alla rovescia'' delle sconfitte transitorie. ''Si balla tuttora perché tutto è nel margine/Fatto dal fiume a questo libro perfetto/Se a volta si ammazzava o si beveva/Il fiume rimase sordo e il vino litargirio.'' (povera mia traduzione) '' On danse aussi, car tout est dans la marge/Que fait le fleuve à ce livre parfait,/Et si parfois l'on tuait ou buvait/Le fleuve est sourd et le vin est litharge. '' tiré de '' L'aube à l'envers '' dans Jadis et Naguére, éditions La Pléiade, p 375)

Riassumendo, si può affermare che la società capitalista di Senior, e di conseguenza quella dei marginalisti, è una società dell'anarchia la più sfrenata e la più inumana che sia. Esibisce due falle mortali. Per prima, pretende fare emergere il profitto solo dal incontro dei capitalisti che si confrontano sul ''mercato'', senza tenere conto delle condizioni della produzione. In seguito, ed è questa la conseguenza del passaggio inevitabile dell' ''ultima ora'' di Senior al marginalismo di per sé, è costretta a cancellare tutte le norme relative ai processi di produzione o di riproduzione, in modo da distruggere l'idea stessa delle condizioni generali senza le quali, purtroppo, nessuno mercato non è mai concepibile. Dal punto di vista logico, questo ammonta a modificare di soppiatto gli assiomi del ragionamento a secondo dei bisogni (detto altrimenti, abbiamo qui il famoso ''cerchio vizioso'' denunciato a giusto titolo dal compagno Bucharin.) Dal punto di vista pratico, questo ammonta a fare dell'equilibrio un'affare puramente antisociale e barbaro per eccellenza. In verità, tutto questo maschera una sola ed unica preoccupazione, quella che consiste nel cancellare ideologicamente il processo di creazione del valore di scambio dal solo lavoro umano.

La logica di Senior è sequenziale, qui risiede tutto il suo dramma. Nella giornata di lavoro di 10 ore difesa da Senior, il profitto scaturirebbe unicamente dall' ''ultima ora''. Cominciamo l'analisi al livello della produzione. Abbiamo un quadro temporale di 10 ore fornito socialmente e legalmente. Questo quadro legale risulta già da una situazione prevalente nell'industria dato la composizione organica e le altre condizioni materiali e morali della produzione. Queste condizioni sistematiche debbono applicarsi indipendentemente del fatto che il capitalista sia individualmente efficace o meno. La sequenza temporale di Senior conduce così alla confusione la più totale entro quantità, valore e profitto. Il profitto del capitalista emergerebbe solo dagli ultimi prodotti fabbricati durante l'ultima ora di lavoro, e non dal volume delle sue vendite giustificato da una più grande produttività specifica. In questo modo, si cerca semplicemente di cancellare l'avanzo del valore di uso della forza di lavoro fatto dal lavoratore al capitalista prima che il processo di lavoro fosse avviato. La forza del lavoro, come ogni altra merce, coniuga in se stessa il valore di uso e il valore di scambio. Ma solo il valore di uso della forza di lavoro, in quanto lavoro vivo, può plasmare altri valori di uso per trasformarli in merci. Questo avanzo fa dunque si che il valore di scambio della forza di lavoro, come quella di ogni altra merce, comprende due parti. La prima corrisponde al ''lavoro socialmente necessario'' (il paniere di merci necessari per rinnovare la forza fisica e mentale del lavoratore); la seconda corrisponde alla sovrappiù. Seguendo Marx, possiamo notare questo con un semplice grafico. Esibisce il vantaggio di mostrare la corrispondenza da un lato tra il lavoro socialmente necessario e la sovrappiù e, dall'altro, dal punto di vista del lavoratore, tra lavoro socialmente necessario e sovra-lavoro (ovvero, lo sfruttamento.)

Si ottenerebbe questo:                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                

                                           

                                                                                                                V                                                                PV

I---------------------------------------------------I------------------------I

Giornata di lavoro

Dove:

V =  capitale variabile (v) oppure Lavoro socialmente necessario  

PV = sovralavoro (pv) oppure  sovrappiù

Senior dimentica semplicemente che in ogni prodotto individuale viene coniugato ambedue il valore di scambio e il valore di uso, secondo condizioni produttive precise. Dimentica che solo il valore di uso della forza di lavoro può coniugare questi due aspetti in un nuovo prodotto. Di più, dimentica che il salario non è altro che la retribuzione del valore di scambio della forza del lavoro, e non certo del suo valore di uso, che in ogni caso, come abbiamo già accennato, viene sempre avanzato dal lavoratore al capitalista. Questo valore di uso viene necessariamente ripartito sopra l'intera giornata di lavoro, dato che plasma tutte le merci prodotte durante la data giornata! Di fatti, nella sua premura a cancellare il ruolo cruciale del lavoro umano, e per via di conseguenza, le pretensioni economiche e sociali del lavoratore sopra il frutto del suo lavoro, Senior trasforma in una pura sequenza temporale quello che, in realtà, è necessariamente una dualità ontologica perenne che viene sviluppata nel ambito temporale della produzione. Nella loro precipitazione, molti marxisti primitivi hanno commesso lo stesso sbaglio. Se per semplificare, assumiamo che durante la giornata di 10 ore di Senior, il lavoratore lavora 9 ore per produrre la porzione corrispondente al lavoro socialmente necessario ed un'ora sola per il capitalista, questo non può certo essere inteso in un modo temporale puramente sequenziale, ma solo come equivalenti valori di scambio/tempo, giustamente necessitati dalla presentazione temporale. Dato la dualità valore di scambio e valore di suo, dato pure l'avanzo iniziale del valore di uso del lavoratore al beneficio del capitalista, questo ratio di 9 ore su 1 ora si ritrova necessariamente in ogni porzione infima di tempo speso in maniera produttiva, e, dunque, anche in ogni prodotto preso individualmente. Si tratta qui della dualità ontologica che procura l'unica fondazione concepibile dell'economia politica intesa come scienza razionale!

Il problema vero risiede nel fatto che le contraddizioni interne al ragionamento di Senior conducono necessariamente al marginalismo, che altro non è che lo spostamento di queste stesse contraddizioni interne ad altri livelli, ma a secondo dei bisogni mutevoli dell'argomento. I marginalisti risultano ancora più irragionevoli del bravo Senior. Questo è visibile al primo colpo di occhio se considerati il selvaggio attacco a tutte le norme sociali (e anche naturali) che scaturisce necessariamente dal marginalismo. Cosa altro si cerca quando si esige la ''flessibilità del lavoro'' se non la sottomissione simultanea e completa del Uomo e del lavoratore alle ''leggi'' disincarnate del mercato? E per questo che l'Homo economicus capitalista appare ovunque come una creatura stentata, piegata di forza al suo compito, una creatura che non trova altra umanità sé non negando collettivamente il suo sfruttamento. Quest'attacco, che viene anche diretto alle condizioni materiali di esistenza dei lavoratori, vale tanto per le norme microeconomiche quanto per le norme macroeconomiche. La giornata di 10 ore di Senior costituisce già un quadro. Ma questo quadro ci manda precisamente alla ''composizione organica del capitale'' (v/C) ed alle forme di estrazione della sovrappiù. In termini analitici, l'estrazione della sovrappiù può essere differenziata in sovrappiù assoluta (durata), in sovrappiù relativa (intensità), in ''produttività'' (approfondimento del rapporto v/C) ed in ''sovrappiù sociale''. Lasciamo da parte per ora questa-ultima forma e concentriamoci sopra le condizioni prevalenti nella microeconomia. Dovrebbe essere apparente, senza necessitare lunghi discorsi, che la logica del marginalismo, incatenata dal suo mercato ad hoc, suppone l'intera libertà del capitalista per quanto concerna le condizioni della produzione, ed, in particolare, l'estrazione della sovrappiù. Nel momento in cui imponete delle norme, anche minime, come la giornata legale del lavoro, il ragionamento diventa irrimediabilmente contraddittorio. A dire vero, il marginalismo contiene già la deriva pseudo-libertaria di destra di von Hayek e di Friedman, proprio perché è profondamente lunatico ed inumano. Dato che esiste realmente una soglia fisiologica all'utilizzo del lavoro, e che per altro la giornata terreste è tuttora limitata dalla rivoluzione della Terra su se stessa, la teoria marginalista dimostra la sua profonda mancanza di logica, in più della sua a-terrestralità intrinseca. Ahimè! Le nuvole di Aristofane appartengono alla destra!

Per contro, incombe interrogarsi: può il marginalismo raggiungere un ''equilibrio'' al livello macroeconomico? Al contrario di quanto si potrebbe pensare a sinistra, la risposta è affermativa. Ma si tratta dell'equilibrio della guerra di classe, prima di essere un equilibrio capitalista; si tratta, in realtà, dell'equilibrio dei cimiteri nei quali abballano usualmente i nietzschiani di ogni provenienza. Un equilibrio fondato sulla povertà di massa senza nessun legame con la nozione di produttività, ma mantenuto soltanto con la forza cieca e la repressione. In altre parole, se ristabilite le normi legali, in modo da limitare le variazioni erratici dell'estrazione della sovrappiù, fatte a secondo della voglia del capitalismo individuale (durata, cadenze accelerate, ecc, in poche parole la fine del Codice del lavoro), sarà la composizione organica del lavoro che farà la differenza tra la sopravvivenza di un capitalista specifico o la sua sparizione. Ma, malgrado questo, il ''mercato'' capitalista non potrà garantire il pieno impiego per una giornata legale di lavoro identica (anche se questa finisce per raggiungere il limite quasi assoluto delle 12 o 14 ore volute da Blair ed i blairisti nell'Unione europea!) La concentrazione e la centralizzazione del capitale faranno presto ad eliminare numerosi capitalisti, nel stesso modo in cui l'aumento della produttività eliminerà fatalmente numerosi lavoratori non necessari nel nuovo processo di produzione più efficace. Le due frazioni soprannumerari spariranno dello spazio della produzione. Ma dobbiamo ancora notare che, in questo caso specifico, cioè il caso generale nel quale, al minimo, le condizioni del lavoro se non della produzione, sono normate, l'abbassamento generale della durata del lavoro non basterà ad equilibrare le condizioni macroeconomiche. Questo risulta evidente se si prende il tempo di riferirsi allo diagramma della Riproduzione Semplice nel quale la composizione organica del capitale v/C risulta differente nel Settore I e nel Settore II. Perché, in realtà, la norma sociale ritenuta per la giornata legale di lavoro si imporrà ai due settori simultaneamente, quale che sia la loro produttività relativa. Ora, questa differenza tra settore non si riassorbisce secondo la stessa logica che prevale tra capitalisti appartenente al stesso settore: in un dato settore i capitalisti meno efficaci possono sparire, ma nella Riproduzione Semplice o Allargata, il settore dove si verifica la composizione organica meno efficace non potrà volatizzarsi! Lo Stato che impone la norma relativa alla giornata del lavoro dovrà dunque ugualmente vegliare al raggiungimento dell'equilibrio macroeconomico. Il che non risulta affatto una cattiva cosa dato che la società si risparmierebbe così lo spreco indotto da un capitalismo sfrenato, o, più generalmente, da una qualsiasi economia fondata sulla sola logica microeconomica, abbondantemente contabilizzata, ma nel buio più oscuro per tutto quello che concerna le condizioni socio-economiche della riproduzione. Questo risulta ugualmente vero per la gestione dell'inflazione, se prendiamo il tempo di dare un colpo d'occhio al diagramma relativo all' ''inflazione strutturale'' dato in Tous ensemble. Tutto questo discorso può essere riassunto dicendo che il ''mercato'' reale non è mai diverso dalla ''domanda sociale'', o se si preferisce dalle domande specifiche sovra-determinate da essa nel processo di riproduzione. Non si tratta mai di un ''mercato'' disincarnato, sempre misteriosamente ad hoc, tanto dal punto di vista micro che macro, come quello immaginato dai marginalisti, e in generale dai teorici borghesi. Questa ''domanda sociale'' pone così in gioco la riproduzione e, di conseguenza, la pianificazione statale e sociale, particolarmente quando ci poniamo nel quadro della Riproduzione su scala allargata.

Se, per contro, sopprimete tutte le norme, nella speranza vana di ritornare alla ''concorrenza perfetta'', concepita da Braudel ed altri illusionisti del genere come spazio per eccellenza della ''libertà'', vi confronterete da un lato con degli ostacoli naturali e, dall'altro lato con la logica necessaria della produttività. Una logica che ricrea senza sosta la concentrazione e la centralizzazione del capitale. Può ''l'ingegneria sociale borghese'' essere auspicata come alternativa possibile, malgrado il beato catechismo presuntuosamente anti-totalitario di Popper? In altri termini, sarebbe possibile mettere in opera, in maniera ricorrente, un ''schumpeterismo alla rovescia'' (supponendo che si possa fare a pezzettini le grandi multinazionali private con la stessa facilità con la quale furono distrutti i monopoli pubblici e le impresse nazionali, nella vana speranza di sopprimere i limiti all'accumulazione del capitale) ? La risposta risulta semplicemente negativa. Perché non riuscirete ad eliminare il livello di produttività già raggiunto nelle varie industrie, né quello ancora da raggiungere, almeno continuando a rispettare la logica capitalista. Potrete tutt'al più regredire verso un sistema fascista, corporativo e di casta. Così, nella speranza di salvare il capitalismo, in quanto società dello sfruttamento del Uomo dal Uomo, dal suo inevitabile declino storico, questo ritorno al fascismo cercherebbe disperatamente ad imporre al sistema capitalista una logica che, in realtà, non gli corrisponde affatto. Perché non toccherebbe alla proprietà privata dei mezzi di produzione e dunque alla legge del profitto, tenterebbe in vano di farlo frazionando le unità di produzione, sopprimendo il Codice del lavoro e limitando in modo statutario la crescita della produttività. Come possiamo vederlo, il marginalismo non conduce al Medio Evo, un epoca ancora tutta impregnata di ''giusto prezzo'' e di norme corporative, ma conduce invece ad una barbarità nietzschiana, tipicamente sicura di potere imporre alla logica, come pure al divenire storico, la sua propria a-logica coltivata come tale. Il serpente si morde la coda. Ed è solo giustizia.

Tuttavia, come abbiamo già detto, Senior condusse al marginalismo. Ovviamente, Marx non è colpevole della amplificazione ideologica/teorica che quest'ultime inettitudini trovarono in seguito, per finalmente sboscare sul spostamento completo della vecchia economia politica classica. Cioè quella di Smith, Ricardo, Stuart Mill ecc., una teoria fondata sulla legge del valore della forza di lavoro portata al suo termine da Marx con il chiarimento definitivo dei suoi fondamenti scientifici. E chiaro che questo scivolamento paradigmatico era necessario alla borghesia industriale dell'epoca. Non solo doveva fare fronte all'emergenza di un movimento operaio autonomo, capace di esigere la sua parte del valore creato, ma cresceva di più la sua dipendenza verso il ''credito'' necessario per sviluppare ulteriormente la sua capacità produttiva. Quest'opzione si rivelò essere un'arma temibile. La disponibilità del ''credito'' contribuì ancora alla mistificazione usuale del capitalismo, un modo di produzione che, secondo la dialettica marxista, tende perpetuamente a presentare le relazioni sociali alla rovescia. Si rese così plausibile l'idea secondo la quale la moneta, sotto la forma del credito, costituiva un fattore di produzione autonomo, un fattore in oltre eminentemente quantificabile. Le vere prodezze tecniche di Walras fecero il resto. Ancorché quando si sollevò la questione dell'equilibrio generale, i walrasiani, se non l'imperturbabile Walras stesso, si trovarono immancabilmente confrontati ad un serpente che si mordeva male la coda!

Walras se stesso aveva tentato dal inizio (malgrado i consigli del suo padre Auguste, più esposto alle influenze socialiste e marxiste, se non altro tramite Proudhon) di distinguere metodicamente ''scienza economica'' e ''economia sociale''. Tentò di adoperare questa distinzione sin dal inizio allorché si sforzava coscientemente di stabilire i postulati e gli assiomi necessari per fondare la sua nuova disciplina ''scientifica''. Questa distinzione metodologica costituisce precisamente la furtiva presupposizione fondamentale del suo libro determinante intitolato Eléments d'économie politique: ou théorie de la richesse sociale. Per contro, sin dall'inizio aveva preso la pena di concedere onestamente e con la massima lucidità l'evidenza secondo la quale la scarsità o meno di un qualsiasi prodotto dipendeva in ultima analisi delle capacità produttive che lo concerneva. Pero lo fece in una nota a pié di pagina per subito scartare definitivamente questa sua constatazione analitica primordiale !

Ma, anche alla sua insaputa, era già moltissimo. Pero, in una magistrale anticipazione delle ''formalizzazioni'' positiviste mutilanti di Popper, questa silenziosa messa al banno, e dunque questa occultazione di fatto, rappresentava il prezzo da pagare per la matematizzazione della nuova ''scienza'' concepita come essendo capace di fare camminare il mondo con dolcezza sulle acque agitate dei laghi dei diversi mercati, che, inter-connessi in modo giudizioso (scientifico!) tra di loro, finivano fatalmente per trovare la loro serenità, il loro livello di equilibrio e di armonia ! Al prezzo di questo piccolo pezzetto di bravura artistica, Walras poteva allora partire senza scrupoli dall'assioma, borghese e riduttore per eccellenza, secondo il quale ''si deve prima offrire per potere domandare'' (10) La scienza economica era così salvata dalle acque, se si può dire, in modo che anche un Schumpeter poteva da ora in poi accaparrarsi di questa ''trovata'' e proporre vittoriosamente come principio metodologico profondamente scientifico, la dicotomia di origine senza la quale tutta questa bella formalizzazione non sarebbe niente altro che nullità capitalista. Schumpeter formato in Austria intratteneva pero qualche dubbio; di qua il suo profondo pessimismo relativo all'avvenire di un capitalismo purtroppo sempre mosso dai processi di concentrazione e di centralizzazione del capitale (il processo di oligopolizzazione, monopolizzazione analizzato da Sraffa, Chamberlain e Joan Robinson.) Walras finì dimenticando le implicazioni della sua formalizzazione iniziale del problema, notabilmente l'incontornabile realtà dell'avanzo rivelato da Marx. Schumpeter, pero, non l'ignorava.

Noteremo ugualmente l'effetto di de-socializzazione (''disembedding'') economico inerente al metodo positivista di Walras. Nella sua economia pura, non risente mai l'obbligo di specificare chi offre e chi domanda, né cosa, né in quale circostanze sociali, malgrado il fatto che il padre Auguste aveva preso il disturbo di scriverli per avvertirlo che questo aspetto sociale (dialettico e organico, direbbe Gramsci) costituiva l'essenza vera di ogni scienza inclina a studiare le realtà economiche. In questo mondo astratto, all'immagine delle credenze idilliche ulteriori nella democrazia ideale (a dire vero, della municipalità di New Haven!), tale che concepita da Robert Dahl, tutti gli agenti sono presunti ''uguali'', in modo che ogni vantaggio unilaterale deve risultare dal loro merito ''intrinseco'', e dalla loro capacità a mobilizzare le loro ''risorse'' col scopo di raggiungere gli obbiettivi preferiti! Qui il lavoratore viene supposto dotato da un comportamento ''razionale'' secondo un'ipotesa generale assai superflua, ma naturalmente nel quadro della razionalità dominante adottata dal capitalismo ad un epoca specifica. La sua posizione sociale ed economica subordinata appare allora come una risultante naturale, invece di apparire per quella che è in realtà, una critica letale dei limiti e delle contraddizioni della democrazia formale borghese. Ovviamente, il kit delle presupposizioni e degli assiomi, che operano silenziosamente al cuore del pensiero borghese per sboscare su una tale convinzione, è puramente determinato da un contesto impregnato dall'ideologia dominante. La possibilità di legittimare la razionalità e l'armonia sotto-giacente da lui offerta spiega la sollecitudine politica con la quale Jules Ferry lodava il caro espatriato Walras, e, più specificamente ancora, l'originalità della ''neutralità'' matematica del suo metodo. Questa razionalità e questa armonia disincarnate influenzarono a loro volta l'insieme delle teorie economiche borghese, particolarmente la concezione ''steady state'' di Marshall, malgrado le oscillazioni ricorrenti e osservabili provocate da cicli economici poco disciplinati. Così, Walras non esitò ad evacuare con audacia proprio quello che si doveva spiegare, cioè le relazioni socio-economiche specifiche che prevalgono tra valore di uso e valore di scambio, incluso per quanto riguarda le loro manifestazioni nei salari reali o nominali dei lavoratori. In un tal mondo illusorio e mutilato, non c'è nessun bisogno di interrogarsi sull'estorsione della sovrappiù dato che questo processo fu escluso dalla formulazione ''scientifica'' iniziale del problema! Si tratta qui di una ''prodezza'' che poteva unicamente essere compiuta con impunità grazie al controllo di un certo livello di formulazione astratta, ma in un mondo dove l'educazione elementare pubblica e gratuità era ancora nelle fasce.

E dunque possibile concludere che nessuna politica dell'offerta può mai essere confusa con una politica di rilancio, keynesiana o meno. Il Trattato di Maastricht e il Patto di stabilità non cambiano niente a questa constatazione doverosa. Di fatti, nel contesto attuale, ed in attesa di una riorganizzazione autonoma della sinistra autentica, questo trattato e questo patto costituiscono gli unici ostacoli istituzionali che l'Europa possa ancora opporre al dilagare neoliberale, un processo che fa ancora meno senso da noi che oltre-atlantico. Come possiamo facilmente indovinare, diventerebbe realmente un colmo con l'allargamento europeo e con la costituzionalizzazione della Parte III del progetto di costituzione europeo; questo è mirato a sanctuarizzare nella costituzione, nientemeno come ''obbiettivo fondamentale'' della UE, il principio di ''concorrenza'' senza nessun limite concepibile (un principio la cui nocività fu denunciata da Francis Wurtz e dai suoi compagni del Pcf in www.humanite.presse.fr del 11/09/03) Notiamo sfortunatamente che questa critica, per altro estremamente utile, è spesso soggetta a numerosi ''miti soreliani'', tra i quali la denuncia pavloviana della Banca Centrale Europea (BCE). Le mie proprie critiche al progetto di trattato costituzionale europeo, in inglese e in francese, sono disponibili nella Sezione International Political Economy in questo stesso sito e nel sito http://lacommune1871.tripod.com . (vedi nota (a) qui sotto per un breve riassunto)

Non ci può essere nessun dubbio sul fatto che l'indebolimento di queste regole di disciplina economica minima comune lascerebbe al monetarismo più sfrenato la libertà di nuocere come ben li pare ovunque nella UE e sul pianeta, dato che si sarebbe infine sbarazzato di tutti gli ostacoli istituzionali e democratici al livello nazionale e sopranazionale.

All'epoca, (i.e. al tempo del governo di centro-sinistra. Cioè prima che cominciò la critica ovviamente malintenzionata diretta al Patto di stabilità; questa poi portò Calderoli e i gli altri pitre della Lega e i loro associati nel governo, gente tutta abituata alle ''devalutazioni competitive'' di una Italietta in pieno declino auto-inflitto, a chiedere il ritiro dell'Italia dell'Euro, lasciando Bertinotti giocare un altro suo jocker per non apparire troppo assurdo ...); all'epoca, dunque, piuttosto che prendermela con i Criteri di Maastricht o con la BCE, avevo criticato la rapidità con la quale il governo di centro-sinistra al potere in Italia aveva messo fine all'Eurotassa, e alla sua propria promessa di mettere in opera nella Penisola la politica delle 35 ore. Questa politica timorosa fu spinta dal solito istinto, dato che queste due politiche non avrebbero in nessun modo rappresentato una formidabile e pericolosa voglia di rivoluzione ''giacobina''. Avrebbero soltanto aperto la strada ad una volontà di rinforzare nuovamente lo Stato sociale dopo anni di austerità vissuti con stoicismo dai lavoratori. Questo avrebbe potuto essere compiuto tenendo conto della costellazione delle forze politiche e sindacali, e della disponibilità del numero necessario di voti in Parlamento (malgrado l' ''incomprensibile'' assenza di ogni disciplina parlamentare nel seno della ''maggioranza'' ecc.) L'Eurotassa non fu mantenuta. Non per evitare di penalizzare le classe medie, o per mantenere una promessa elettorale fra l'altro sprovvista di ogni data limite, ma solo per accontentare le sanguisughe borghesi non-produttive che intravedevano il loro avvenir borghese anche nella privatizzazione delle autostrade e dei porti marittimi di grossa o media importanza della Penisola e, dunque, nel sostegno affarista artificiale della Borsa! Ora, il mantenimento dell'Eurotassa avrebbe potuto garantire la messa in atto rapida ed indolore delle 35 ore, assieme alla consolidazione dei redditi netti globali delle classe medie, ma anche delle classe resse più fragili per causa delle politiche di deregolamentazione e di privatizzazione già condotte dai governi italiani successivi. Avrebbe così potuto garantire la formulazione di una politica di bilancio finanziare sana, senza nessun bisogno di privatizzazioni nuove, mentre si potevano rispettare scrupolosamente i Criteri di Maastricht nella loro versione più rigorosa. Al finale, avemmo sì la restituzione accelerata di questa Eurotassa, ma ancora assortita da una indecente politica dei redditi dovuta all'influenza persistente dei vari Pasinetti, Tarantelli e altri Modigliani, malgrado il cambiamento radicale della struttura dei tassi di interessi che si verificò nel frattempo. Un'influenza ugualmente dovuta a tutti gli altri titolari di diplomi americani o inglesi, passabilmente acculturati, indipendentemente del loro idioma più usuale. Una truppa numerosa che infierisce in permanenza nella Banca d'Italia, nelle istanze europee come pure nei sindacati dominanti. Si tratta qui di una perizia che, a dire vero, non riuscì neanche a preservare i redditi dall'inflazione, pure nella forma ridotta attuale, né a premunire l'Italia dalle leggi anticostituzionali mirate alla generalizzazione della precarietà crescente della forza del lavoro, facendola passare, piedi e pugni legati, dalle agenzie pubbliche di piazzamento e dai sindacati verso le agenzie interinali private. Tutto questo in un paese nel quale il lavoro nero viene stimato rappresentare già più di 27 % del PIL !

In somma, ci viene chiesto di credere ed applaudire la ''morte'' (illusoria) di Maastricht e del Patto di stabilità proprio nel momento nel quale il proletariato, dopo avere pagato il pesante tributo estratto dall'obbligo di rispettare questi Criteri, poteva finalmente ritirarne anche lui qualche vantaggio concreto, in termine di impieghi e di potere di acquisto! Almeno che, ovviamente, la prospettiva di una nuova alleanza con l'Ulivo, mirata a riprendere il potere a qualsiasi costo, non incita i leader della sinistra autentica, giustamente disgustata dal governo attuale, a compromettersi pericolosamente. E proprio quello che succederebbe se questa sinistra si avvisasse a credere che un tal governo (assieme ai suoi controllori esterni, Washington, il FMI, la Commissione europea ecc.) fosse pronto a pagare quest'alleanza con una politica espansionista, condotta al prezzo di un aumento dei deficit strutturali, col pretesto che questo lassismo fu anteriormente praticato dai governi di destra!

Sembra un sogno o, per meglio dire, un incubo. Ingoiare questo tipo di rospi non vale un gran che per la salute intellettuale né per la vitalità politica del proletariato. Come si può dimenticare l'amplitudine dei cori neoliberali emulando unanimemente le lamentazioni delle tragedie antiche, specialmente nel centro-sinistra, nel momento in cui furono confrontati con le scelte progressiste del signore Jospin? E questo malgrado la sua ponderazione e malgrado i suoi tentativi di accomodamento tanto sul piano delle politiche europee, volute dalla destra, quanto sul piano internazionale? Nonostante le affermazioni sospette relative alla natura ''socialista'' o meno delle politiche del governo Jospin, ci ricorderemo che erano pero tutte ancorate in modo definitivo in una politica della domanda in rottura sul fondo con il neoliberalismo ambiente. Questo mi sembra inquestionabile quale che sia stato per altro il ''metodo'' prudente scelto dal Primo Ministro della Francia per tentare di condurla a buon porto. Le ''35 ore'' simboleggiavano questa rottura. (Nota aggiunta: la prima fase delle 35 ore concepita come ''loi cadre'', cioè come ''norma'' legale generale, creò più di 300 000 impieghi permanenti. Questi alimentarono la fiscalità dello Stato, permettendogli di finanziare facilmente rimanendo dentro il Parametri di Maastricht e anche diminuendo un può il debito nazionale, miglia di ''impieghi per i giovani'' mentre i contributi sociali in crescita avevano permesso di risanare vari deficit fra i quali quella della Sanità pubblica, il cosiddetto ''Trou de la Sécu''. Per la prima volta, la lotta efficace alla disoccupazione no veniva condotta con l'estensione della precarietà o con i mezzi rinnegati e meschini ispirati alla ''giustizia sociale'' dei Blair, Giddens, Rawls ecc.) Per quanto concerna l'Ulivo, non degnò neanche appoggiare il referendum di iniziativa popolare organizzato per la difesa dell'Articolo 18, una legge che garantiva ancora qualche barriera legale ad opporre alla tendenza generale verso la precarietà di massa della mano-d'opera, voluta dalle nuove leggi dirette contro il mondo del lavoro. Così, il governo italiano delle destre pote facilmente adottare nuovi leggi relative al lavoro tra le più regressive dell'Europa continentale. Immediatamente dopo avere avvallato questa scelta rinnegata, i risultati delle elezioni regionali insegnarono una dura lezione: il DS, la presunta ''sinistra democratica'' (in realtà un gruppo di transfughi dell'ex-PCI, oggi senza alcuna ideologia propria) perse il suo momentum al seno della coalizione in favore della Margherita, i cristiani centristi (a dire vero di destra) che formano l'altro gruppo importante nel ambito dell'Ulivo. Rifondazione comunista, per parte sua, aveva difeso allora le sue posizioni e così riuscì l'autentica prodezza di mettere al sicuro il suo statuto di partito autonomo al Parlamento, grazie ad un risultato elettorale significativo. Se nonostante i risultati negativi del referendum sull'Articolo 18 e delle ultime elezioni regionali, l'Ulivo non si dimostra disposto a negoziare un programma comune che non sia fondato sopra una politica dell'offerta, indigesta e distruttiva per i lavoratori e per le loro organizzazioni, sarà meglio rinviare i suoi dirigenti ai loro essercisi di base in economia politica ed in etica. Potrebbero allora riappropriarsi qualche nozioni elementari rivedendo i loro corsi di economia politica, come pure certe affermazioni di Antonio Gramsci relative alle dinamiche etico-politiche.

Di fatti, una politica dell'offerta condotta da una sinistra affascinata da un centro-sinistra anticomunista risulterebbe possibilmente peggiore da una politica d'ispirazione identica condotta dalla destra. (11) Una politica dell'offerta, di destra come di sinistra, può soltanto ricevere una sola risposta: l'utilizzo politico ed economico dello sciopero sotto tutte le sue forme (sciopero del zelo, sciopero perlato, generale o anche selvaggio.) In altri termini, la dimostrazione pedagogica delle conseguenze, sopra i profitti privati e le ricette dello Stato, del ritiro della forza del lavoro che i dirigenti si ingegnavano a non riconoscere al suo giusto valore. Si arriverà così più facilmente ad un migliore apprezzamento generale del valore del PIL. In oltre, questo avrebbe il vantaggio di provocare la mobilizzazione delle nuove classe laboriose, oggi tralasciate dal sindacalismo dominante attuale. A questo si aggiungerebbe una più grande enfasi sopra le elezioni municipali, regionali e provinciali, col scopo di rivitalizzare e di consolidare i ranghi delle forze comuniste di base. Il momento venuto, questa base ricostituita permetterà al Partito di fare irruzione tanto al livello mondiale quanto europeo, capitalizzando sul malcontento risentito dal movimento popolare in rapporto con tutti questi rinnegati, indipendentemente della bandiera che pensano potere agitare.

Alternativamente, se l'Ulivo ci promettesse una politica di ridistribuzione sociale virtuosa nel quadro dei parametri di Maastricht, e dunque una fiscalità appropriata, allora la nostra lealtà sarebbe un dato di fatto per tutta la durata del mandato parlamentare, una promessa quasi impossibile da profferire da parte di molti dei loro stessi aderenti. Questo minimo comporterebbe l'abrogazione immediata da parte di un nuovo governo di centro-sinistra di tutte le leggi berlusconiane relative al lavoro, l'organizzazione delle casse di disoccupazione e degli ammortizzatori sociali, con l'abolizione delle agenzie interinali private, e l'adozione di una dinamica di formazione professionale continua. Comprenderebbe ugualmente l'abrogazione delle leggi che fanno ostacolo alla sindacalizzazione (particolarmente nei nuovi servizi), assieme al ritiro immediato delle nostre truppe dall'Iraq. (Questo cattivo impegno militare costituisce un spreco di più di mezzo-miliardo di euro annui. In oltre, queste truppe sono attualmente ingaggiate in un'occupazione militare illegale dal punto di vista internazionale, e anticostituzionale per quanto riguarda la nostra Costituzione italiana (Articolo 11). Il riferimento ad una qualsiasi risoluzione dell'ONU, sancita dopo l'attacco illegale lanciato contro l'Iraq, è naturalmente da considerare sprovvista dai fondamenti legali necessari, dato che pretenderebbe appoggiarsi sulla definizione di una missione di ''mantenimento della pace'' e su ragioni ''umanitari'' allorché lo stato di guerra aperta continua senza sosta, come vengono a testimoniarlo il numero crescente di soldati e di civili ammazzati, come pure l'incuria di un ''governo'' iracheno illegale perché designato, assieme alla sua ''costituzione'' fasulla, dagli stessi occupanti militari. Ogni implicazione legittima dell'ONU dovrebbe essere fondata sul ritiro anteriore delle truppe e del personale legato alla Coalition of the Willing ed alla loro sostituzione integrale, ma interamente neutrale, con Caschi blu onusiani. Di più, questo non può avvenire senza l'accordo di tutte le parti, tra le quali la Resistenza irachena. Notiamo a questo soggetto che la violazione retroattiva della costituzione italiana risulta possibilmente peggiore del crimine originale implicato da una partecipazione ad una guerra unilaterale preventiva. Non importa se sia difesa da presunti esperti, gente che in maniera evidente, non hanno mai meritato i loro impieghi né le loro posizioni sociali. Viviamo realmente in un'epoca altamente deleteria per la legalità, un'epoca durante la quale i figli spirituali di Almirante e di Tremaglia ricevano il loro bacio iniziatore da Sharon e Compagnia, mentre i loro padri politici lo ricevevano direttamente, sul posto, dai ''bosso'' mafiosi e dai dirigenti americani.)

Queste domande rappresentano veramente il minimo possibile. Purtroppo, nonostante la loro modestia, esibirebbero il vantaggio di restituire il quadro legittimo per un'azione governamentale di sinistra. A queste dovrebbero aggiungersi delle intese ''consensuali'' relative all'aumento dei redditi netti non-salariali, l'indicizzazione dei salari sull'inflazione, la garanzia delle pensioni senza prolungamento della durata contributiva, il rispetto della laicità senza il quale non si potrebbe accedere ai fondi statali. (Ho personalmente imparato dalle studentesse e dai studenti italiani il principio seguente, relativo alle scuole private: ''Se le vogliono, se le pagano'', perché tale è, in realtà, il principio garantito dalla nostra Costituzione. Nella stessa vena ho sempre insistito per l'adozione di un curriculum laico identico nelle scuole private come nelle scuole pubbliche. Se le prime fossero tollerate, si troverebbero solo ad aggiungere i loro corsi facoltativi specifici di religione ai corsi laici obbligatori sulla storia delle religioni e della filosofia dei Lumi. (Vedi per esempio nella Sezione Italia di questo sito il saggio intitolato '' Elogio della Ragione e della laicità dello Stato " (14/01/2004. Trad. 24/02/2006) e quello intitolato '' Anticorpi laici contro la reazione contemporanea ". (24/02/2006)''.

Infine la parità donne/uomini dovrebbe diventare un principio direttore di tutta la sinistra. Ho già formulato le mie preferenze a questo soggetto, ancorché la validata di quest'opinione dipende totalmente dall'adesione delle donne italiane. La parità donne/uomini dovrebbe diventare un principio costituzionale da dovere implementare in tutte le forme di democrazia, sia rappresentativa, partecipativa oppure socio-economica. La fine della compartimentazione dei compiti sopra i luoghi del lavoro dovrebbe costituire la norma, notabilmente tramite la messa in opera di nuove forme più moderne di ergonomia, e la riduzione legale della settimana di lavoro. Una tale riforma si applicherebbe ugualmente allo sviluppo degli asili-nidi e di sistemi di puericultura al livello nazionale. Tutti i livelli di governo, come pure i partiti politici beneficiando di fondi pubblici dovrebbero porgersi alla avanguardia. Quelli che osano ancora pretendere che non esistono ''donne belle e fatte'' disponibili in numeri sufficienti nel campo politico contribuiscono solo a perpetuare il sistema esistente, servendo i propri interessi. In oltre, dato che il principio ''a lavoro uguale, salario uguale'' dovrebbe applicarsi con il massimo rigore, tutti i progressisti, uomini e donne, dovrebbero combattere la tendenza alla femminizzazione dei salari che accompagna generalmente la femminizzazione passabilmente demagogica dei titoli utilizzati per definire i posti di lavoro. (I reparti pseudo-femministi di destra nord-americani sono tutti impregnati di ''gestione delle risorse umane'', particolarmente quando si tratta di mettere in opera il principio ''a lavoro uguale, salario uguale'', principio fra l'altro timorosamente riformulato come ''salario uguale per un lavoro di ugual valore'' - marginalista, s'intende! - ) Tutti insiemi, dovremmo lottare contro la generalizzazione della precarietà del lavoro. La giusta spartizione del lavoro disponibile fra tutta la popolazione considerata idonea al lavoro rimane una condizione sine qua non della preservazione della dignità caratteristica di cittadini liberi ed uguali. Senza questa spartizione, la società non sarà in misura di superare la preistoria umana, iscritta nel regno della necessità economica fondata sull'alienazione capitalista del lavoro, per entrare infine nel regno della libertà culturale ed economica, grazie all'utilizzo collettivo e pianificato della ''sovrappiù sociale'' disponibile. L'unica alternativa a questo balzo in avanti di civiltà sarà un ''ritorno'' indietro nietzschiano verso una società di caste, desiderosa di ristabilire una società di discriminazione aperta di classe e di genere, una società fondata sull'introduzione di una nuova schiavitù e di una nuova domesticità.

Nel frattempo, cioè cominciando già da oggi, ma con un orizzonte temporale lungo, la parità dovrebbe estendersi al sistema di educazione pubblica, come pure ai livelli politici regionali, provinciali e municipali. Sappiamo che le elezioni locali dipendono in gran parte da reti sociali capaci di unire dirigenti di partito e militanti di base. La rappresentanza locale offre dunque una porta di ingresso alla rappresentanza nazionale ed europea, tanto per gli uomini quanto per le donne. L'esempio francese sembra corroborare questa proposta, almeno in rapporto con i livelli regionali e municipali, dato che gli effetti cumulativi reali della parità possono già essere valutati in modo preliminare. La legge sulla parità continuerà secondo ogni probabilità ad operare i suoi effetti democratici allungo desiderati, se non altro perché sono previste delle penalità finanziare in tutti i casi di non-rispetto della legge. Quest'evoluzione positiva potrebbe essere accelerata se tutti i progressisti, uomini e donne, si avvisassero a notare che questo ideale anti-nietzschiano risulta diametralmente opposto al sindrome della ''donna (borghese) simbolica'' (''token woman''). Questo è un sindrome caro ad una certa élite ''illuminata'' sempre portata ad assimilare le donne ad un statuto minoritario nonostante le evidenze demografiche. Si tratta qui di una mediazione borghese patriarcale della realtà la quale funziona come un formidabile sostenimento al sfruttamento del lavoro salariato e domestico, ma lo fa sostenendo con furbizia una forma rigorosamente patriarcale del ''focolare'' (ménage) se non addirittura il ritorno verso i ''valori familiari'' tradizionali. La sua razionalità filo-semita nietzschiana è quella della ''riabilitazione'' della ''surrendered wife'' (la sposa sottomessa). ''Concetto'' riproposto senza dubbi in referenza all'esperienza del ritorno a casa delle donne americane quando i ''boys'' ritornarono dal fronte alla fine della Seconda Guerra Mondiale, liberando così un gran numero di impieghi industriali ed altri. Nessuno aveva dimenticato i scioperi generali e la militanza dei loro primogeniti provocata dall'assenza di pianificazione della riconversione di un'economia di guerra ad un'economia di pace alla fine della Prima Guerra Mondiale. Ho già avuto modo di notare che la sinistra deve agire con determinazione in questo campo nei suoi propri ranghi, senza soccombere a pseudo-dibattiti sopra quello che, in verità, debbono essere considerate posizioni già stabilite e consensuali. Il dibattito reale verrà quando la sinistra avrà conquistato il potere, e dovrà dunque mobilizzare la popolazione nel suo insieme per mettere in opera nuove leggi progressiste in questa materia. Per lo meno che queste leggi riescono ad incarnare delle autentiche conquiste popolari, senza contentarsi di una pseudo-fraseologia femminista trasversale, timorosamente astratta di ogni conseguenza sul bilancio governativo, si trasformeranno immancabilmente in nuovi bastioni di sopporto strutturale per la sinistra. E noto che, una volta stabilito, questo tipo di autentiche conquiste sociali diventa difficile da cancellare. ''Osare lottare, osare vincere'', tale deve essere lo stato di spirito primordiale. La conquista del cielo rimane da compiere.

Tutto questo rimane veramente modeste. Ma la sbarra non può essere posta più sotto. Rimane tuttavia pericoloso confondere il proletariato sulla realtà teorica e pratica di una politica dell'offerta, particolarmente nel contesto attuale. Immancabilmente, una tale confusione finirebbe per accreditare la teoria borghese dominante, nelle sue varianti odierni, malgrado che sia intellettualmente inadeguata ed anzi nociva nella pratica. Questo non potrebbe avere altro effetto che l'accelerazione del processo di disgregazione ideologico e politico della classe operaia tradizionale e del nuovo proletariato nascente. Queste frazioni di classe non avrebbero allora altra scelta, se non l'astensione militante o una rivolta sorda che farà fatalmente il letto dei Fini, Storace ed altri Le Pen, per mancanza di avere potuto trovare un sbocco mobilizzatorio e coscientizzante, capace di trasformare questa legittima rivolta in coscienza politica democratica (rivoluzionaria), ed in rispetto culturale di se stesso. I riferenti marxisti non possono essere quelli dei neoliberali di destra o di sinistra. Perché, a dire il vero, non appartengono al stesso ''mondo''. (fine del Capitolo II)

4) Critica di vari tipici slittamenti sofisti rinnegati.

Concludo con un commento sopra la presuntuosa e tragicomica volontà degli asini nietzschiani Bertinotti, Bellofiore e tanti altri di seppellire il marxismo. Nelle mie critiche contro questa corrente, cominciate in modo aperto già con il mio Salvare il Partito dai suoi nemici interni (Sezione Italia oppure Sezione Libres-Books di questo sito), ho avuto modo di sottolineare la posizione di Antonio Gramsci secondo il quale, il marxismo come scienze (all'immagine della nuova scienza di Vico) doveva essere autosufficiente. Se si accetta il marxismo come scienza diventa difficile adottare una posizione diversa; se non si accetta tale pretensione non si può certo accontentarsi dell'ignoranza aggiungendo un volgare quanto ridevole tentativo di occultazione. Eppure c'è qui crede di potere epilogare ...

Se si intendono bene le parole, la posizione gramsciana risulta identica a quella di Althusser quando parla di una rottura epistemologica, il che lascia aperta, non tanto la questione del metodo, ma certamente quella della teoria e dell'ideologia, una questione che dipendente del divenire storico, essendo dunque sempre da rinnovare secondo i dati reali adeguatamente afferrati dai concetti marxisti. Non voleva forse il nostro Gramsci fare con Croce quello che Marx fece con Hegel? Impresa che non significava abbandonare o rinnegare per darsi l'illusione di andare oltre, ma piuttosto di approfondire e di aggiornare la teoria marxista, senza tradirne lo spirito né la lettera, cioè trattandola in modo puramente scientifico, né più non meno. Non sorprenderà allora la vana e puramente idiotica pretensione della copia Bertinotti-Bellofiore di andare oltre al marxismo, con le loro nuove narrazioni acquisite al ribasso all'estero e chiaramente contrarie con la storia democratica dell'Illuminismo italiano o, più ancora, con la storia anti-fascista dunque anti-filo-semita nietzschiana della nostra Repubblica partigiana.

Chiaramente andare oltre alla scienza si può solo con le narrazioni nietzschiane. (I slittamenti di senso calcolati in vena rabbinico-nietzschiana da un volgare Derrida, rappresentano un vero e proprio tradimento di civiltà, dato che, al modo dalla ciarlatanesca filologia di Heidegger, si cerca solo a capovolgere, contro la scienza cum alleata indefettibile del divenire umano (e dell'uguaglianza), il metodo di investigazione scientifico esposto da Platone nei suoi discorsi ed in modo esplicito, nella Repubblica. In quello capolavoro dell'Accademia, non si mette solo in scena un Socrate amante dell'uguaglianza umana, senza differenza di genere e concepita nella comunità dei beni (in fatti, capace di dimostrare l'uguaglianza intrinseca di un giovane schiavo tramite le reminiscenze geometriche, nel discorso Menone), ma anche l'uso della drammaticità teatrale per illustrare l'effetto dei veri e falsi paradossi che non mancano di presentarsi in una ricerca logica: arrivati ad una contraddizione nel processo di investigazione, Socrate non consiglia un ripugnante slittamento di senso derridiano, unicamente inteso a proteggere privilegi teocratici e barbari di caste contro la deontologia scientifica e universitaria, e nemmeno di ricorre agli artefici venali dei sofisti, consiglia invece di trovare la forza di ripartire da capo, analizzando la congruenza logica delle premesse e dei processi logici dei ragionamenti con la realtà concreta. Non si va a ritroso per ingannare o per ingannarsi, ma per tentare di riprendere l'investigazione con più certezza scientifica.)

Al limite, ignorando il maestro del fascismo e il rettore nazi, con tutti i suoi incredibili discepoli con o senza kippa, non si vede, dopo la correzione presentata qui sopra, come si potrebbe risparmiare il non-senso fatto senso unico di Baudrillard, una schifezza anti-dialettica e anti-materialismo storico tessuta coscientemente da questo tipo di calze di seta napoleoniane francese, analizzati da me come pitre; non necessità una laurea per notare che la teoria di Baudrillard riposa unicamente sopra la sostituzione cosciente delle percezioni alla realtà, per argomentare poi che le percezioni essendo manipolabili, la realtà non ha nessuno senso (inteso quello senso storico che condanna la dominazione di classe e lo sfruttamento del Uomo dal Uomo! Altro che il presunto relativismo e situazionismo della sociologia della conoscenza secondo Karl Mannheim: qui siamo infra-Destutt de Tracy ... appunto perché questi nani intellettuali hanno un bersaglio preciso, anche se decisamente troppo grande per loro per essere attaccato allo scoperto: qui, il bersaglio è il Marx dell'Ideologia tedesca ! Inoltre, tutto questo borboglio (charabia) pedante viene reinterpretato senza mai riferire apertamente alle fonti americane, più pragmatiche, della teoria della comunicazione, a cominciare da Norbert Wiener e da Deutsch. (Fate una prova : paragonate le verbose inettitudini costipate di uno Paul Virilio, il quale cerca di non dirne troppo a certe udienze sopra il potenziale di sorveglianza delle nuove tecnologie, con i libri di Hofstädter o ancora con l'opera di prospettiva Howard Rheingold, Virtual reality, published by Simon & Schuster, 1991. Pragmatismo universitario da una parte, ideologia servile e piegata dall'altra: questo proprio in un contesto dove un criminale di guerra come Shimon Peres fa pubblicamente l'apologia del potenziale di sorveglianza delle nanotecnologie! Vedi pure il mio Pour Marx, contre le nihilisme al soggetto.) Nella sua architettonica delle discipline, il Benedetto Croce aveva adottato una divisione pentagrammatica in modo abbastanza idiosincratico.

Detto questo, per ritornare all'essenziale, aggiungiamo che la logica e la sua proiezione nel divenire storico (più dialettica storicista con Croce nonché dialettica materialista del genere di Plekanov, versione mille leghe distante del storicismo di Vico, concretamente fondato sopra la lotta di classe ricavata dall'antichissima storia romana, o del materialismo storico di Marx) erano solo l'asso (invariante) attorno al quale le altre discipline dovevano per forza rotolare, secondo il concetto di Gioacchino di Fiore e quello della Scienza Nuova di Vico (Il concetto di Fiore è realmente rivoluzionario per la sua secolarizzazione del manifestarsi dello spirito, in modo da insufflare immanenza nella Città di Dio di Agostino, riassumendo le sue sette Età dogmatiche, nelle tre età del Padre (autorità), del Figlio (esempio e pedagogia) e del Spirito santo (uguaglianza umana) ricavate in chiava modernissima dall'Apocalisse di San Giovanni Apostolo. Ho già detto altrove che questa fonte mi sembra essere la versione negativa della Scienza nuova detta perduta da Vico; per ontologia e per cautela, Vico lascia in effetti la questione dell'origine del mondo e delle limbi fuori della sua investigazione ma inventa il vero Omero, come soggetto storico collettivo, una posizione che confluirà nella teoria del linguaggio e della cultura di Herder e di Marx. Con l'Inquisizione vicina, Vico non poteva certo apertamente seguire Ibn Ezra e Spinoza sui vari strati del Vecchio Testamento ne parlare di un '' autore collettivo '' per il Vecchio e il Nuovo testamento ...)

Un Italiano o un turista attento alle allegorie sculturali, pittoriche o poetiche e letterarie della Rinascenza avrà modo di constatare la pura idiosincrasia della divisione della totalità reale in solo 5 discipline dal massone Croce! Bellofiore crede di parlare di invariante, ma non fa neanche riferimento a Althusser e Balibar, quest'ultimo giocando più, forse con l'aiuto del fratello, con un concetto di Grossendieck nonché con il concetto di Fiore, totalmente chiarito con l'idea di un asso invariante marxista (la creazione storica opera dell'Uomo nei parametri della natura e della storia, sviluppata in modi di produzione), fondamento dialettico più certo ancora dell'affermazione metodica cartesiana " cogito, ergo sum ", oppure del riferimento a verità innate da parte di Leibniz (per Leibniz innate = che si possano trovare in noi), un autore non così distante da un Lucien Malson, da un Dehagne o da un qualsiasi marxista consequente (dato che il cervello fisico non è il pensiero, ma il pensiero non esiste senza questo sopporto, lui stesso soggetto alle possibilità e limitazioni del modo di produzione e delle epoche storiche ecc.). Questa affermazione dovendo essere intesa in astrazione della sua petizione di principio leibniziana sull'esistenza di Dio, che lo porte ad equivocare in permanenza tra i termini ''anima'' e ''spirito'' (Pace Kant! Pace Block! Pace Freud!) dato che il creatore del calcolo infinitesimale vuole conferire a queste realtà immateriali la permanenza (immortalità) senza la quale la sua seria di piccole sensazioni, tagliate un può troppo presto dalla storia degli istinti, rimarrebbero senza effetto, o diventerebbero subito soggette alla ''necessité brute'' della monade spinoziana. La monade detta semplice in contra-distinzione alle idee complesse può essere considerata l'invariante, almeno dal punto metodologico, per Leibniz (nella seria leibniziana modo, sostanze, relazioni), mentre sarà sottomesso alla storicità della natura naturante da Spinoza. Va sottolineato che il significato di quest'asso del divenire storico fu totalmente chiarito per prima da Marx, ad esempio nella sua Ideologia tedesca. Paul Lafargue, mai citato dai presunti accademici francesi, ne fa, con il dovuto riferimento a Vico, un aspetto principale del materialismo storico di Marx, il suo suocero (Sottolineiamo, in breve, la strana sorta subita dall' anima, e dalle serie di piccole percezioni secondo Leibniz, dopo l'avvento della teoria del linguaggio e della cultura (spirito collettivo) di Herder: a questo punto possiamo semplicemente dire con Feuerbach : Ich fühle, ich bin; di fatti, mentre Leibniz scrive una Teodicea, Feuerbach scrive una Teogonia, passando dal metodo astratto, alla storia del metodo, rendendo così possibile il socialismo come notò Marx ... Aggiunto: al suo malgrado perché Feuerbach era più rabbinico e preoccupato con la negazione dell'anima e dunque della risurrezione (come il Sanhedrin che condannò il Cristo, se si vuole) nonché un atea: Marx lo capi assai presto ma lo risparmio perché si sentiva di avere un debito intellettuale in quanto proveniente dei circoli degli cosiddetti hegeliani di sinistra.)

Detto questo, l'idea di base la quale, tramite Herder, Hegel e Feuerbach, passa a Marx ed al materialismo storico, rimane valida. Dobbiamo pero tenere ben presente quello che sia il processo dialettico secondo il materialismo storico fondato, come già accennato, da Marx con l'aiuto del chiarificazioni di Feuerbach a chi Marx scrisse, non a caso, di avere reso il socialismo possibile (vedi in particolare il trittico dell'emancipazione religiosa, politica ed umana della Sacra Famiglia opera che include la Questione giudea.) In breve, la realtà ci presenta un mutamento continuo, già notato da Eraclito, mutamento non solo da concepire in modo empirico ed epifenomenale ma da ricavare con l'esperienza controllata, cioè con il metodo scaturito dalla rivoluzione galileiana-copernicana, quello della scienza esperimentale. Rivoluzione che oltre a Lavoisier, include ovviamente Darwin a chi Marx pensò di dedicare il Capitale, allorché sarà stato forse proprio lui stesso a creare il contesto scientifico (inter-soggettività ?) nel quale si pote passare da Buffon, Cuvier e Lamarck a Darwin, in particolare con il diffondere del concetto di dialettica della natura e di dialettica della storia, facendo concretamente l'analisi critica delle prime opere scientifiche relative all'etnologia ed alla preistoria, notabilmente a proposito del prolungamento tecnico della mano umana con l'attrezzo, o strumento di lavoro. Come dice Croce nel suo unico libro realmente innovativo (Ciò che è vivo e ciò che è morto nella filosofia di Hegel), pero solo in modo di postulato logico-ideale: il divenire è il primo concetto concreto. Si può allora cominciare ad esaminare la dialettica della natura e quella della storia, dunque ovviamente, almeno per Marx e per me, della dialettica globale che deve per forza unire queste due. Vico aveva chiarito la distinzione tra i tre tipi fondamentali di realtà: le fissioni (concetti logici o matematici), la natura (perenne, sprovvista di mutazioni nei suoi elementi fondamentali) e la storia, o meglio, le istituzioni umani opera del Uomo e dunque trasparente per lui, in quanto rimane maestro di modificarle secondo il suo libero arbitro sulla base delle altre due realtà. Idea riformulata da Marx nel 18 Brumaio con la sua metafora delle Alpi e della libertà umana nella storia.

5) Materialismo storico: Dialettica della natura (distinti); dialettica del divenire storico (opposti); dialettica globale (identità contraddittoria del Soggetto storico.)

Utilizzando Croce alla luce di Marx sono arrivato a questo riassunto: la dialettica della natura, incluso l'evoluzione della natura assieme ai mutamenti di fase, stupidamente avvallate da Prigogine in un cattivissimo popperismo di secondo grado applicato alle scienze sociali, costituisce il dominio dei distinti. Ad esempio, la natura evolve e produce eventualmente l'Uomo, facendo si che l'Uomo nasce dalla natura ma rimane distinto da essa, la proposta inversa non essendo vera. La natura è uomo, ma l'uomo non può più essere semplicemente ridotto alla natura come semplice ammasso di cellule. Ad esempio, il cervello non è la mente, o lo spirito con la " s " minuscola, ma il pensiero non si sviluppa senza il supporto del cervello. Il dominio della dialettica della natura può dunque essere analizzato in modo scientifico, con il metodo esperimentale fondato sulla falsificazione delle ipotesi. Le forze produttive vanno studiate in questo modo, perché, ontologicamente parlando, appartengono al dominio della natura anche se sono dei robot o, al limite, se sono degli assemblaggi artificiali di nanostrutture e di atomi ottenuti con microscopi a effetto tunnel o altrimenti. Per parte sua, la dialettica della storia mette in campo le opposizioni (dominio degli opposti), proprio quelle che Croce definisce brillantemente, con massima semplicità, le opposizioni non-aristoteliche, queste ultime essendo delle emanazioni superficiali della mania tassonomista, forse ereditata fuori contesto da Aristotele dalla scienza indiana; mania non sempre utile perché è ovvio che se le opposizioni non hanno relazioni ontologiche con la dialettica, non sono nemmeno utili come descrizioni, o per meglio dire rimangono al meglio al stadio di quello che Koyré chiama il ''baconismo empirico''. La più famosa di queste opposizioni è fornita dal materialismo storico con i suoi modi di produzione: si nota, en passant, che lo storicismo di Croce affossa proprio su questo punto! Ergo, la sua idiosincrasia dell'architettonica disciplinare sensata rappresentare la realtà nella sua totalità ... Così il modo di produzione feudale è antitetico al modo di produzione della schiavitù, ed alla sua volta il capitalismo è antitetico al modo di produzione feudale. L'uno e l'altro non possono dominare simultaneamente nessuna Formazione sociale, pure se sia concepibile l'esistenza di una coesistenza a dominanza tra vari modi di produzioni, come ho mostrato correggendo PP Rey con il mio ristabilimento compiuto della legge del valore di Marx, incluso la teoria della rendita. La lotta tra frazioni del capitale dentro il modo di produzione capitalista, mette anch'essa in questione strategie di coesistenza e di dominanza ma si nota che, in questo caso, si tratta di distinzione e non di opposizione (le frazioni del capitale), il che permette allora di concepire il susseguire di epoche ridistributive distinte in un specifico modo di produzione, o in vari modi, ma sempre sotto dominanza di uno solo di essi (vedi la questione della rendita o dell'imperialismo il quale concepisce i modi pre-capitalisti come spazi da conquistare ed assoggettare secondo il dettame dei suoi propri interessi.)

Ovviamente la dialettica della natura e della storia non possono camminare ciascuna dal canto suo. Bellofiore crede di poter copiare con ritardo il concetto di lavoro vivo, ma non sa ovviamente di che cosa parla, né dal punto di vista ontologico, né dal punto di vista metodologico, né dal punto di vista teorico. La persona umana, quella che l'Ideologia tedesca piazza nel mondo caratterizzata dalla necessità di riprodursi nella dialettica della natura e della storia, quella è l'invariante, essa costituisce al stesso tempo il supporto della la dialettica globale. Non si tratta di un invariante stabile, sprovvisto di ogni mutamento visto (viz la ''natura umana'' astratta) che, come lo capiva già Vico (ed in parte Fiore con la sua magnifica secolarizzazione del manifestarsi dello Spirito nell'immanenza), l'Uomo è in parte responsabile della sua storia e delle istituzioni che si da collettivamente. Vico alludeva allora ad una invarianza in forma di spirale più che di un sterile cerchio (cioè, per essere chiari, quel cerchio sotto-giacente alle tipologie dei regimi politici secondo Aristotele. I " ricorsi " di Vico debbono perciò essere interpretati nella logica di questa spirale, il contrario dei ritorni regressivi di Nietzsche anche nella squallida versione di ritorno ascendente, solito abuso cosciente di concetti copiati e snaturati.) In questo invariante si incarna la dialettica globale, cioè si raggiunge quello che ho chiamato l' identità contraddittoria della dialettica globale, visto che, dopo le mie chiarificazioni, dovrebbe ormai essere chiaro che non può esistere nessuna unità dialettica dei contrari, o se si vuole degli opposti, una robaccia anti-logica che ha servito fin qui a fare parlare tanti marxologisti, ma che ha anche servito a discreditare il materialismo storico, rendendolo irrazionale (in realtà, l'origine di tale sciocchezza viene data da una lettura pigra dell'incomparabile opera di Kant La critica della ragione pure, la negazione della negazione giocandosi nella sfera dei concetti kantiani, dunque impossibile ad importare tale quale nel marxismo anche con la mediazione logica di Hegel. Intanto, Kant fu pure l'ideatore geniale della distinzione tra metodo di investigazione e metodo di esposizione, così cara a Marx, anche se trascurò di esporre il primo mentre lo praticò con genialità incluso nella sua ipotesi di un origine gassosa al nostro sistema planetario, nella sua teoria di un rallentamento delle rivoluzioni terreste ecc ...) Nei migliori dei casi, questo discredito si fece in favore della sociologia della conoscenza di Karl Mannheim. Identità contraddittoria: Un Uomo è sempre un Uomo, un membro della stessa specie umana, ma un uomo del Medio-Evo non 8 la stessa persona, non ha la stessa ''personalità'' (per usare di una parola di Lucien Sève che neanche se lo merita, visto che non sa leggere e ancora meno citare le sue fonti); o, se si vuole, l'Uomo, il Soggetto che fa la Storia individualmente e collettivamente, non è sempre lo stesso ''blocco storico'' per dirla con Gramsci (espressione poi diventata il mille-feuilles di Roland Barthes.)

Mi fermo qui per la dialettica del materialismo storico come scienza. Avete capito cosa pensare di Bellofiore quando crede parlare di Croce oppure di Della Volpe il quale, più che essere impegnato con Hegel, cercava invece di opporsi con un concetto meno radicale, o meglio meno proto-leninista, riabilitando perciò Voltaire, al Rousseau di Colletti (prima che quest'ultimo girasse giacchetta) e dunque al Rousseau della volontà generale ricavato in parte dai corsi di Althusser.

6) Schema dei rapporti di sfruttamento, dei rapporti di distribuzione e dei rapporti giuridici:

Gramsci mette il principio secondo il quale solo la verità è rivoluzionaria aldilà di tutto; nel stesso modo, Vico metteva i diritti inalienabili della gente, quei diritti derivati dalla legge naturale, dunque inerenti alla specie umana come specie, aldilà di ogni legge e aldilà di ogni sistema storicamente determinato. La borghesia pretenderebbe farlo anche essa, ma in pratica ricusa questo principio con la più grande violenza ogni volta che la proprietà privata si trova messa in questione dalla legge naturale. Per togliere ogni dubbio sopra questo soggetto, basta ritornare un attimo sopra l'utopia liberista piccolo-borghese di John Struart Mill, un'utopia che fa sempre ufficio di paravento, pur essendo raramente rispettata, sopra tutto quando viene paragonata con il concetto di libertà umana secondo Marx. E proprio qui che si annida il vero problema: o, secondo il diritto borghese (tradotto ora nel diritto europeo contemporaneo), consideriamo che il libero mercato, e di conseguenza la democrazia liberale e borghese in tutte le sue forme più o meno ridistributrici, costituisce la fine della storia, completando così il camino verso la libertà del genere umano; oppure si considera che questo diritto è incompleto dato che le ineguaglianze prodotte e sostenute dalla proprietà privata, ed il libero mercato, non permettano la storicizzazione de facto dell'uguaglianza sociale, unica garante del sbocciare della libertà individuale. Qualcuno, almeno fra i comunisti, penserà che si tratta di una vecchia storia. Purtroppo, sembra che siamo sempre costretti a " rifare tutto Rousseau ", cosa che in fine non risulta essere un cattivo esercizio, visto che questo esercizio ci preserva di numerose regressioni simultaneamente compiute da certe persone con un zelo ed un accecamento sbalorditivo.

 

Da Gramsci ritorniamo a Marx: Precisiamo brevemente la relazione tra sistema giuridico e rapporti di produzione. Durante la prima meta degli anni ottanta, in un doppio lavoro relativo alla transizione dello Stato capitalista liberal verso il Welfare State negli Stati Uniti e in Canada che pubblicherò in futuro, arrivò ad un risultato importantissimo che posso riassumere così. Il mio punto di partenza è la legge del valore marxista, e di conseguenza la natura intima del contratto di lavoro, contratto che contiene in se tutte le dimensioni del potere specificamente partorite dal modo di produzione esaminato, compreso i rapporti giuridici. (Anche la famiglia, o per meglio dire il focolare, riposa sopra un rapporto di potere che mette in causa la riproduzione sessuata della specie umana e la riproduzione della forza di lavoro in funzione del modo di produzione e dell'epoca considerati.) Questo è primordiale per afferrare la totalità, assieme contraddittoria e coerente, verso la quale tende ogni transizione sociale, come pure per intendere le mediazioni immaginate per ovviare al rifiuto di certe classe di spingere verso la più grande coerenza sistematica possibile, regressione illustrata ad esempio dalla brutale reazione di Truman quando mise fine al compimento dello Welfare State immaginato dai brain-trusters di F. D. Roosevelt.

Scrivevo allora questo:

 

" Marx, nei Matériaux (nell'edizione La Pléiade, ripresi da Ch. Palloix) mostra come il processo di produzione immediato contiene un processo di lavoro ed un processo (di produzione) della valorizzazione. Palloix riassume così: Pi = Pv + Pw

Da questo punto di partenza voglio mostrare :

1. che i rapporti di sfruttamento hanno un triplice aspetto e che il nesso che unisce i tre rapporti riposa sopra questo triplice aspetto.

 

a) Rapporti di sfruttamento obbiettivi che designano l'aspetto materiale del processo di lavoro caratterizzato dall'aspetto obbiettivo di sfruttamento, i.e. la sovrappiù assoluta, relativa, la produttività e la sovrappiù sociale. (nota aggiuntiva 2007 : il lavoratore in relazione fisica con le forze di produzione col scopo di estrarre la sovrappiù.)

 

b) Rapporti di sfruttamento soggettivi:

 

b1) di distribuzione: il rapporto di sfruttamento appare come un rapporto di scambio, cioè d'allocazione del prodotto. Ognuno riceve la sua parte: il salario o il profitto. Questi rapporti di distribuzione nel rapporto di sfruttamento offuscano la realtà della valorizzazione del capitale, la quale riposa sopra l'appropriazione unilaterale di una parte del valore di uso del lavoro.

 

b2) giuridici: intanto questi rapporti di distribuzione contenuti nel rapporto di sfruttamento sono sanciti dal contratto di lavoro nel quale ogni partita contrattante appare formalmente libera, il che mena ai rapporti giuridici nel cuore stesso dei rapporti di sfruttamento.

 

2. Rapporti di distribuzione (inteso qui nel senso largo, non confinato al stadio dei rapporti di sfruttamento.) Questi rapporti di distribuzione ci rimandano alle politiche macro-economiche dello Stato e includono, in particolare, le politiche fiscali e monetarie come pure i loro effetti sopra la distribuzione/ridistribuzione del reddito nazionale e sopra i scambi intersettoriali. (nota aggiuntiva 2007: usiamo tutti della parola ridistribuzione ma in tutto rigore è chiaro che questa parole è un'illusione borghese: non si tratta di ritirare con le tasse o altrimenti ai ricchi per dare ai poveri, cioè una ri-distribuzione, ma si tratta di una struttura distributiva organica. Devo ammettere che io come gli altri ho impiegato e impiego la parola ridistribuzione, ma non la intendo in modo keynesiano; lo faccio perché i lavoratori e i sindacati non l'intendono nemmeno così, sapendo che la ridistribuzione è solo una correzione di una distribuzione organica iniqua per causa dello sfruttamento. Il senso rimane dunque chiaro.)

 

3. Rapporti giuridici: questi includono tutto il quadro legale che lo Stato impone o mantiene sopra la formazione sociale nazionale; questo quadro legale definisce tanto i rapporti di proprietà e di possesso o di dis-possesso (esproprio), quanto le norme di rappresentanza politica, individuale o di gruppo (i.e. il regime democratico e le sue forme specifiche; le leggi e/o i statuti che definiscono i diritti fondamentali degli individui e dei gruppi; lo statuto legale delle associazioni economiche o altre (ad esempio, le leggi anti-trust.)

 

Risulta chiaro che la maniera nella quale questi tre rapporti vengono legati tra di loro è la stessa di quella che lega il processo di produzione immediato e il processo globale della riproduzione. La riproduzione, tale che indicato dalla definizione classica, è lo spazio per eccellenza della politica, e di conseguenza, dello Stato; ma essa pone limiti arbitrari e, in ultima analisi, puramente ideologici, cercando di escludere del suo dominio lo spazio che costituisce la vera posta in gioco per le classi dominanti, cioè lo spazio del processo di produzione. In modo identico, i rapporti di distribuzione e i rapporti giuridici, rapporti che formano il contenuto sociale concreto della riproduzione, sono generalmente analizzati in astrazione di quello che costituisce la loro posta vera, cioè il mantenimento, la trasformazione o il totale capovolgimento dei tre aspetti dei rapporti di sfruttamento sopra i quali riposano.

 

Sopra questa base possiamo ora specificare la realtà complessa del processo dialettico della storia, la quale viene disegnata dalla concezione materialista della storia come lotta (e alleanze) di classe; la teoria della lotte di classe ci deve condurre alla possibilità di teorizzare il ruolo dello Stato nella società capitalista. "

7) Oltre al marxismo?

Con il femminismo? Con l'ecologia? (Con i diritti fondamentali e civili? Con la psicologia? vedi piu sotto)

Prema ora illustrare le vane ed idiotiche pretensioni della copia infernale Bertinotti-Bellofiore. In particolare quella di seppellire il marxismo dei marxisti, mostrando che i marxiani ed altri marxologisti sono pieni di lacune; lacune che concernano pure il lavoro vivo, purtroppo non realmente inteso da queste due patetiche figure revisioniste di secondo ordine, concetto ricopiato alla luce del mio Tous ensemble, dopo che Napoleoni, all'immagine del pitre Ingrao, oggi più trasparente, scelsi di ignorarlo e si sia emblematicamente (vedi Nietzsche appeso al collo del cavalo ferito, causa una significante crisi di pietà cristiana!) ritirato in una spiritualità probabilmente portata dalla stessa convinzione personale investita prima nella sua pratica del marxismo! " Se dubbi, ai bisogno di credere ", diceva Bertolt Brecht! Io al contrario di Croce non dispongo di un numero pentagrammatico e determinato di discipline che compongono la Totalità; sia questa totalità dialettica, quella del materialismo storico, oppure quella psicologica-personalistica tratta della pseudo-scienza olistica (Jan Smuts) legata alle ideologie del vecchio Apartheid, relazione oggi trascurata da tanti bobo ed altri, ieri addetti dell'era di Aquarius ed oggi di Huntington e Cie, ecc... ! Finché non si dimostra il contrario, rimaniamo convinti del principio ontologico e metodologico di Kant e di Marx: cioè che deve esistere una stretta congruenza tra l'oggetto di studio ed i suoi concetti o, meglio ancora, il suo " concreto pensato " (concret pensé); questo definisce la sola architettonica delle discipline scientificamente accettabile, senza pre-concessioni. Non si tratta qui di posizione puramente formale, di tipo gödeliana, ma di consapevolezza del divenire storico: a parte le nuove creazioni, certi rami, oggi impercettibili, potrebbero venire alla luce nel avvenire, quando le nuove conoscenze e la tecnologia lo permetteranno. (Vico faceva lo stesso ragionamento alla rovescia sulla conoscenza della storia, in modo che, per potere conoscerla meglio, cercava di sviluppare un metodo filologico appropriato (per stabilire la genesi dei termini e dunque delle realtà nominate da essi), poi portato quasi a conclusione dalla teoria del linguaggio di Herder.) (Agosto 2011: a modo di illustrazione vedi il brillante tentativo di Paul Lafargue, il quale aveva una formazione medica, di applicare il metodo marxista allo studio dell'evoluzione biologica nel suo importantissimo studio su Saint-Hilaire (molto prima di quello di Foucault sopra Cuvier); oppure il suo brillantissimo tentativo di estendere il metodo vichiano-marxista allo studio della mitologia, prima di Levi-Strauss, di Barthes e di tanti altri con più spessore - studi sul campo - ma meno pertinenti (formalismo strutturalista.) Nella seconda parte del mio Pour Marx, contre le nihilisme credo di avere definitivamente sgomberato il campo dell'astroarcheologia dall'oscurantismo astrologico e religioso; idem per la psicoanalisi marxista.)

Nel contesto ora chiarito dell'affermazione di Gramsci relativa alla autosufficienza del marxismo come scienza, mi importa solo mostrare come non si tratta di andare oltre al Marx, nel senso dell'ontologia, dell'epistemologia e della metodologia, e anche, in parte, nel senso della teoria. Ad esempio, la teoria del valore, scientifica con Marx, ma solo intuita con Aristotele (autore che notò la possibilità della scambio entro un trepidi ed un letto come oggetto di investigazione scientifica), teoria poi scientificamente, anche se solo parzialmente, analizzata da Smith e Ricardo. Non si tratta neanche di andare oltre Marx nella denuncia delle ideologie tessute dalle classe dominanti (ed i loro servi tipo Bertinotti-Bellofiore) come strumentalizzazione del ''buon senso'' o del ''senso comune'', destinata a perpetuare la dominazione di classe.

Passare oltre il marxismo con il femminismo? Con l'ecologia? Con i diritti fondamentali e civili? Con la psicologia? Vediamo un può. A me sembra invece che queste scienze non sono capaci di arrivare ad un statuto scientifico pieno, prima di avere delucidato il loro rapporto con l'ontologia e con il metodo marxista. In realtà, si tratta di fare per questi oggetti di studio specifici proprio quello che Marx fece per l'economia politica, cioè la loro critica per fondarle saldamente sopra basi scientificamente delucidate in modo da svelarne il " concreto pensato " (o almeno per criticarne i paralogismi commessi nell'approccio di questo " concreto pensato ".)

Il femminismo? Contro la dominazione maschile usata come dominazione di casta e di classe (controllo della circolazione delle donne, direbbe PP Rey, nelle società patriarcali o matrilineari-patriarcali) si scagliò il Romanticismo, ricuperando Shakespeare, en passant. Questo movimento agì come mobilizzazione della classe capitalista nascente contro l'ordine pre-ordinato della feudalità. L'amore, come espressione naturale capace di capovolgere le barriere di casta dell'ordine stabilito, né fu la bandiera, ancora portata dalle sue connotazioni illuministe. Si comincia perciò a mettere sotto inchiesta la strutture della famiglia occidentale e le sue regole di trasmissione del patrimonio come proprietà privata, cosa ancora più complicata con lo sviluppo del senso di uguaglianza umana legato alla democrazia (vedi Beaumarchais come pure la sottile dialettica pre-hegeliana del maestro e della sciavo presente nel teatro di Marivaux; si nota che, non a caso, l'Isola degli schiavi di Marivaux servì a Lina Wertmuller come ispirazione per il suo Swept away ..) Diderot nei suoi commentari al quaderno di viaggio di Bougainville (Supplément au voyage de Bougainville), come pure Rousseau e poi Herder sono quelli che offrano le prime conclusioni politiche di questo camino verso l'uguaglianza umana (parità), poi rovesciato a meta dal Codice civile di Napoleone I. Marx, portò tutto questo al suo compimento, tanto dal lato dei diritti fondamentali inerenti a tutti i membri della specie umana nonostante le differenze, che dal lato dei regimi di proprietà, che dal lato della parità, concepita appunto come amore libero. Sarà forse vero che la classe operaia rimarrà un può conservatrice, ancora che Mimo il metallurgico opera che fa uso di questo filone reazionario sia una comica ma assai limitata compressione del fenomeno, dato che risulta comunque chiaro che i primi veri diritti all'uguaglianza politici, sociali, culturali, sessuali etc vennero concessi dalla Commune de Paris e dalla Rivoluzione bolscevica. Per non citare poi i commenti di tanti autori incluso Marx o Zola sopra il distendersi del rigorismo morale nelle relazioni interpersonali nelle classe operaie e contadine, proprio all'epoca nella quale la borghesia si inventava l'isteria di massa per le donne, l'istituzionalizzazione della prostituzione per i borghesi con la benedizione del alto clero, assieme alla repressione e all'indottrinamento (vecchio ritornello dell'evangelizzazione) per le classe dette pericolose. (A questo riguardo, l'episodio chiarificatore del incontro fortuito del barone nelle scale di una maison close nella A la recherche du temps perdu di Proust, vale più di tanti commenti. A mettere in contrasto con la definizione liberatoria dell'Estetica e dell'Arte di Lautréamont come incontro fortuito di una macchina da cucire e di un'ombrella sopra una tavola di operazione.) Arrivò poi Simone de Beauvoir e, sfortunatamente, il femminismo americano più limitato ancora di quello di Beauvoir. La storia del femminismo prodotta nel primo libro del Second sexe è, da questo punto di vista, non solo limitativa ma scientificamente amputata per la sua pretesa alla trasversalità, in astrazione delle forme di proprietà e del modo produttivo (pace Clara Zetkin! pace Krupskaya!) Tutto viene pero riscattato in Beauvoir con la sua insistenza sul divenire, incluso il divenire donna. Non parliamo poi del femminismo americano! O della sua sempliciotta importazione in Francia ed in Europa, secondo la quale le donne provengano da Venere e gli uomini da Marte, roba che non sa nemmeno farci sognare come lo fece Botticelli! Forse non si potrà negare che il sistema sovietico, dopo Stalin, sia stato preso da derive tinte da macchismo (Gorbatchev nel suo libro Perestrojka parlava di ritorno all'ordine familiare quasi nei termini di Mme Bush e del suo Surrendered wife, mentre difendeva con grande coerenza i privilegi degli membri del Partito e della burocrazia di Stato contro ogni velleità maoista o ugualitaria!) Nel mio Le lit du neo-fascisme avvertivo contro questo femminismo borghese che stava diventando apertamente filo-semita nietzschiano, dimenticando che la maggioranza delle donne era destinate alla precarietà tramite i servizi alle persone, ovvero lo sviluppo della nuova domesticit0, mentre qualche rare Uberfrauen, dopo avere imparato a leggere ed ingoiare Carl Schmitt, occuperanno posti limitati, ma visibili e mediatici. Proprio il nuovo filo-semitismo nietzschiano, culturalmente opportunista ma realmente regressivo, con il quale il capitalismo moderno cerca di dominare il proletariato, gargarizzandosi con falsi diritti formali, e tagliando sistematicamente tutti i programmi necessari per assicurare una vera uguaglianza dei sessi (codice del lavoro, servizi sociali, asili nidi, pensioni, geriatria moderna ecc...) Al limite, si parla allora di quota (come una volgare anti-socialista Ségolène Royal) nel senso di ruolo di " token women " destinato alle figlie della borghesia... Perciò nel mio Pour Marx, contre le nihilisme decisi di ritornare a Marx, e di chiarire il concetto di uguaglianza (parità) dei sessi fondata sopra la riproduzione sessuata (dialettica della natura) e sopra lo sviluppo dei diritti della persona umana (dialettica della storia); opera credo riuscita perché può aprirsi naturalmente alle questioni moderne come i diritti degli omosessuali, come pure a tutta la problematica dei nuovi diritti civili legati alla riproduzione, al matrimonio o unione civile, alla natura evolutiva delle forme delle famiglie (famulus = domestico) e dei focolari, all'adozione ecc ... Bertinotti si è subito impadronito del mio saggio relativo alla " institutionalisation des moeurs ": si capisce, perché tale iniziativa era suscettibile di attirare a lui una nuova clientela urbana, senza dovere chiedere ai partner prodiani-rutelliani-fessiniani di spendere una lira! (comunque il lavoro di pedagogia politica, come pure i rischi inerenti ad esso, furono assunti non da Bertinotti ma dal compagno Luxuria.) Il che sarà forse l'inizio di un progresso, per chi sa realmente cosa pensare dell'appoggio di un Bertinotti! Di parità istituzionalizzata e dei soldi in Finanziaria che si debbono spendere per concretizzarla, ad esempio gli asili nidi necessari per liberare il tempo delle donne abili a lavorare, non se ne parla più di tanto. Della legislazione della parità in politica nemmeno: a proposito, ricorderete la reazione di D'Alema anni fa al tempo del mio Lit du neo-fascisme appunto, secondo il quale non vi erano ''donne belle e fatte'' da potere presentare alla Presidenza della Repubblica. A me sembra dunque che, in materia di femminismo e di diritti civili, non giova molto pretendere andare oltre al marxismo, cioè al marxismo di marxisti come me, s'intende, e non certo di quello surrogato di marxismo dei marxiani e altri marxologisti, particolarmente quelli fieri di essere pagati come accademici!

In materia di ambiente mi sembra tutto più chiaro dopo l'esposizione del mio Ecomarxismo come pure della Introduzione e dell'Appendice del mio Libro III. Va ricordato che il pensiero ambientalista in quanto tale vero nacque con Marx, cioè una volta capito le dialettiche della natura e della storia, assieme alla loro dialettica globale. Ho chiarito, anche se in un modo troppo lapidario ma storicamente fondato, la genesi politica dei Verdi in Germania; ho chiarito poi la cattivissima influenza del Club di Roma, club che non sapeva neanche utilizzare la funzione di crescita geometrica illustrata per la TV con la metafora dei nenuferi; di fatti, il Club di Roma risulta totalmente trasparente una volto ri-allocato nel ambito della crociata della Trilaterale (di Huntington e Cie, già all'epoca) lanciata contro le cosiddette " rising expectations " delle classe operaie occidentali, nonostante queste aspettative sul livello di vita venissero diminuite, alla Schacht, con l'automatizzazione legata all'introduzione delle macchine a controlli numerici ben conosciute dagli operai della Fiat. e con l'uso cosciente della stagflazione contro le clausole " Cola '' (cost of living allovance) o, in Italia, la scala mobile, cioè contro l'indicizzazione del costo della vita all'inflazione, (pure residuale e programmata che sia diventata.)

Oggi, le pure sciocchezze proferite sopra il Global Warming, non sono niente altro che la continuazione di questa crociata contro il livello di vita del proletariato, crociata oggi condotta al nome della decrescita, tanto quantitativa quanto qualitativa. (Agosto 2011: vedi l'articolo Défi aux écologistes nella Sezione Commentaires d'actualité poi confermate dal Vertice fortunatamente fallito di Copenhagen.) Proprio quello che ci vuole per giustificare con un nuovo catechismo, l'arretratezza produttiva morale e intellettuale delle nostre classe dirigenti, quelle che hanno rovinato il Paese in meno di 20 anni!!! Si nota che il riscaldamento globale sembra verificarsi, ma al contrario di quando si afferma con leggerezza, non si sa se è veramente antropogenico o meno; la forchetta di variazione tra 1,5 e 6 gradi centigradi è ridicola, ma corrisponde alle variazioni massime scientificamente attestate prima del avvento del capitalismo industriale: Così, questi nuovi esperti grassamente pagati come climatologi sono sicuri di non sbagliarsi, pure se nel processo diventano ridicoli e scientificamente dubbiosi! Misure normative valide non possono emergere da descrizioni ed analisi ideologicamente sovra-determinate e non fondate. Io ho proposto di analizzare il ruolo delle precessioni degli equinozi prima di parlare, collegandole magari ai cicli del sole, all'evoluzione tettonica delle croste continentali ed alla storia conosciuta delle ghiacciazzioni, ovviamente anche prima dell'arrivo dell'homo sapiens; ho soprattutto proposto di studiare con più serietà, di parlare meno e di agir di più, finanziando e creando le infrastrutture che necessitano comunque, qualche sia la o le ragioni del riscaldamento globale o locale già verificato, sia esso permanente o congiunturale. Importa ripetere che non si arriva scientificamente e concretamente a niente di buono con concetti falsi. Se i teorici del Global Warming avessero ragione, l'impatto desiderato di Kyoto non si verificherebbe prima di 300 anni dato il ruolo degli Oceani! Il Protocollo di Kyoto fra l'altro non è rispettato, i suoi parametri sono già sprofondati in media dal 11 %.

Aggiungo rapidamente, contra la demagogia di massa attuale, che le ragioni di agire, nonostante le approssimazioni scientifiche, le mode teoriche e le manipolazioni politiche, esitano. Per prima, la necessita di spartire le ricchezze mondiali, oggi accaparrate al 80 % dai 20 % più ricchi della popolazione terrestre, senza pero sboccare in un abbassamento generale del livello di vita qualitativo della gente (Questo è possibile: il WWF è un organismo ecologico ben intenzionato ma con un mind set piccolo-borghese che non si vergogna di contare arbitrariamente la polluzione del settore nucleare, pressapoco inesistente in termine CO2, a pareggio con quella, altissima, del petrolio e del carbone; questa gente è fatta così, e continua purtroppo ad essere pagata come scienziati...; nondimeno, con una frase seppellita nel suo rapporto Living Planet del 2006, il WWF mostra che, in termini di " impronta ecologica " e di sviluppo umano calcolato secondo i criteri dello PUND, Cuba arriva al primo posto. Questo è un risultato molto significativo visto che Cuba ha raggiunto livelli altissimi nei settori dell'educazione, della sanità, del codice di lavoro - lavoro settimanale e età pensionabile inclusi - , della cultura e dello sporto, della scienza e dello sviluppo economico misurato, appunto, in termini umani; questo proprio al momento storico nel quale il capitalismo occidentale ri-comincia la sua bestiale regressione filo-semita nietzschiana, una regressione già teocratica-proto-fascista in certe regioni ed in certi Stati ufficialmente teocratici, e fondati sopra la razza e le sue divisioni in caste. (Agosto 2011: Era quella descritta la Cuba di Fidel, ancora fedele al Che: ora con il fratello, critico grottesco e anti-costituzionale dell' " ugualitarismo " - un asino cubano à la Bertinotti o à la Vasapollo se si vuole, a chi appunto, al tempo del Che, non gli si confidò l'industria e l'economia troppo importanti - le cose cambiano rapidamente, e fra poco Cuba avrà le statistiche del Costa Rica, se non del Messico: Va notato che nel Bacino Nord di Cuba hanno scoperto ricche riserve di petrolio e certi asini, inclusi degli ebrei come Hart Davalo, per il quale la costituzione borghese del 1940 era superiore a quella attuale prima delle riforme, ed tanti altri, si vedono già del ruolo lucrativo dei loro modelli pro-sionisti sovietici del tempo di Eltsine ... Comunque questa deriva, così emblematica ed oscena che dovrà essere l'ultima nella storia ancora giovane del comunismo (vedi la Questione ebrea di Marx), potrà essere verificata fra breve, perché già in camino accelerato.) Ma di questa illustrazione socialista esemplari (malgrado il blocco imposto a Cuba) i sbirri di Bertinotti e dei suoi critici stipendiati del socialismo reale, fra i quali certe e certi elementi che sporcano le pagine di Liberazioni, giornale purtroppo pagato con soldi pubblici come giornale comunista, non ne soffiano una minima parola; come pure non soffiavano una sola parola sull'impronta ecologica di Al Gore (vedi ''Al Gore's Ecological Footprint'' in www.dustmybroom.com/?p=5839 , e Le Pacte Hulot: Nouvelle écologie du charbonnier ou pacte socio-économique communiste? all'indirizzo http://lacommune1871.tripod.com/ConstructionFrame1Source1.hhhtm#hulot ) L'impronta ecologica dell'ex-Vice presidente risulta 10 a 20 volte più grande di quella di un Americano medio. Una ben triste constatazione quando si sa che il cittadino americano medio fa parte di un sistema di spreco generalizzato col quale si attribuisce 30 % e più delle ricchezze mondiale ai 6,5 % più o meno della popolazione mondiale costituita dai cittadini degli Stati Uniti!!!

Ho anche sottolineato come i parametri di Kyoto sono necessari nel nome del principio di precauzione, in particolare in termine di salute umana, il che mette in causa tutti gli elementi inquinanti di massa e non solo il CO2. Infine, ho fatto valere che il rispetto istituzionale di questi parametri si trasforma in nuove norme e direttive, iniziativa politica idonea per inventare e massificare tecnologie più pulite, e più parsimoniose in termini di energia e di risorse naturali. Perciò, avevo criticato la logica, oggi verificata fallimentare dei certificati verdi (da me battezzati " certificati per inquinare ") mentre cercavo simultaneamente di spingere i paesi emergenti fuori della logica della creazione di parchi naturali nel Costarica o altrove nei Stati emergenti, col solo scopo di rendere perenne le centrali al carbone della zone dei Grandi Laghi americani (secondo la sconcia logica di Hume Wrong) o della Germania; il mercato del CO2 con la sua Borsa per certificati verdi rappresenta un patetico ed artificiale tentativo di razionalizzare dati limitati, e di più puramente normativi, spesso sopravalutati e spesso non rispettati dai Stati che li hanno negoziati, in modo che non stupisce se questa brutta copia di borsa (mercato istituzionalizzato) sia già caduta due volte! Sarà forse un'illustrazione delle lacune mutualmente nutrite della teoria della public policy e del mercato, versione monetarista, nient'altro.

Detto questo, esistono ovviamente fortissime ragioni intrinseche per giustificare la creazione di questi parchi e riserve naturali in tutte le zone del mondo, ricche o povere. Tutto questo ragionamento, assieme al calcolo economico e alla massificazione dei sostituti di importanza industriale, sbocca nella mia teoria dell'ecomarxismo (una teoria che un altro plagiario del lavoro vivo come Michael Löwy credeva di potere usurpare con impunità, denaturandola e svuotandola dalla sua spinta scientifica marxista per ridurla ad una volgare narrativa ecoloborghese! Cosa sa Löwy del concetto di scarsità di Walras o della critica marxista del vantaggio comparativo di Ricardo, teoria che necessita preliminarmente la chiarificazione della rendita e della produttività? Parlare è arte facile, ma poi essere pagati al posto di chi si ha plagiato il lavoro senza nemmeno citare diventa un esagerazione intollerabile, che comunque non sarà tollerata.) Bertinotti, per conto suo, è contento di cantare col coro dei maestri delle decrescita. Vecchio piego professionale. Meravigliarsi poi che, nell'estate 2007, in Campania ed a Napoli, la gente viene costretta a soffocare sotto 15 000 a 20 000 tonnellate di rifiuti! Io, da marxista, avevo chiesto la messa sotto tutela dei politici della Regione Campania e di Napoli. (Ero ben intenzionato ma un poco candido e ignorante, come fu subito dimostrato dal ruolo indegno fatto giocare al nostro Esercito nelle mani di Bertolaso e Cie, usato per fare accettare alla popolazione discariche abusive assieme ad un impianto ad Acerra 5 volti più grande della norme europea, senza neanche parlare dei filtri giusti per il controllo della diossina e delle polvere fine: si impara anche sbagliando, facendo auto-critica ...) Bertinotti e i suoi sbirri nella direzione del Prc anche in questo campo preferiscono mettersi dalla parte dei marxologici che sanno di dovere andare oltre al marxismo. Bon débarras! Ma che questa deriva avviene fuori del nostro Partito comunista che non tollera più certe immondizie con il loro circuito politico e finanziario stabilito sul dirottare sistematico dei fondi pubblici e sopra, nel migliore dei casi, la paralisi e l'incompetenza della politica, la quale trasforma la corruzione endemica (le mafie) in fatalità e destino, contribuendo cosi a nutrire le varie complicità. La ricorrenza della cosiddetta emergenza rifiuti nelle stesse ragioni sembra troppo prevedibile per non giustificare questioni: mentre gli apostoli peninsulari del sindrome NIMBY, a meta giustificati per causa della deficienza cronica del nostro inaffidabile Stato, contestano tutto ovunque, i cittadini vengono costretti a scegliere in un contesto di stato d'urgenza, artificialmente creato e mantenuto, tra il colera e le altre epidemie, inevitabili con l'accumulazione della immunizza, e le conseguenze della costruzione in fretta di inceneritori mal ideati, senza nemmeno ottenere la garanzie di vedere applicare le ultime norme europee in termini di filtri per la diossina e le altre polvere fine! Altro che decrescita!

Intanto, se si vuole parlare seriamente di ambiente a me sembra che prima si debbono accertare le basi scientifiche fuori di ogni manipolazione ideologica filo-semita nietzschiana. Ad esempio, il film catastrofe di Al Gore accompagna una strategia della paura di massa manipolata dal Pentagono, al stesso titolo di quella intrattenuta pochi anni fa col episodio del famoso asteroide; con l'aiuto matematico, anche allora di vari italiacci atlantici nostrali, questo voluminoso asteroide doveva colpire la Terra, in modo che l'Amministrazione di Bush padre poteva chiedere al Congresso di finanziare la continuazione della Guerra delle Stelle (lo scudo anti-missili) anche dopo la caduta dell'Unione sovietica; immaginarsi, il bombardamento di tali asteroidi con ogive nucleari ...! Si tralasciava pero così la cattiva e democratica logica dei dividendi della pace in favore della creazione, da parte di Huntington, Lewis, Kristol, Wolfowitz, Perle, Kagan e tanti altri criminali e pitre di questo genere, di un nuovo nemico, capace di mobilizzare la popolazione americana ed occidentale secondo il metodo teorizzato dal giurista nazista Carl Schmitt, e quello del Documento segreto dell'Establishment americano, la cui autenticità fu confermata da J. Galbraith. ( Vedi Report from the Iron Mountain su Internet: malgrado la testimonianza di Galbraith si cerca oggi o di impedire l'accesso a questo documento cruciale, oppure a presentarlo come una satira, o come un opera di disinformazione; certi si impadroniscono pure dei diritti di autori in un modo poco convincente visto la testimonianza di Galbraith, dato che se si ammette come documento segreto diventa una opera pubblica di accesso libero. Quando Galbraith era vivo nessuno aveva osato mettere in dubbio la sua testimonianza; di più, i documenti che servirono a formulare la sintesi del documento esistono e debbono dunque essere opere pubbliche ... Ognuno deciderà da se, secondo le evidenze.) Va ricordato che, secondo me, questo documento segreto cruciale fu utilizzato in parte, ma senza referenza, da Brzesinski per scrivere il suo libro La rivoluzione tecnotronica . In realtà, l'Establishment voleva creare le condizioni ideologiche necessarie per nutrire un drammatico darwinismo sociale in modo da giustificare l'introduzione di una nuova società della schiavitù moderna con tanti panem et circences per occupare le masse proletarie liberate dall'inarrestabile crescita secolare della produttività capitalista.

Gli asteroidi non bastarono: si dovette ricorrere dunque al conflitto di civiltà secondo Huntington con il 9/11, la Dottrina di guerra preventiva (enunciata per cominciare contro più di 66 paesi ... islamici!) e il Patriot Act (contro la dissidenza democratica interna), cioè una ripresa brutale della vecchia manifattura della psicosi ad uso politico iniziata dall'Establishment americano dominato dai primi guerrafondai del tipo di Truman e Dean Acheson subito dopo la Seconda guerra mondiale, per finire con McCarty (la cui banda grossolana fu definita con l'epiteto " animals " dal stesso Dean Acheson, purtroppo diplomatico di mestiere ... e, secondo la propria testimonianza, " presente durante la creazione ".) La mobilizzazione psicologica delle masse non possendo essere mantenuta incandescente in permanenza col stesso soggetto, si inventano per forza storie annesse: polvere bianche, complotti vari senza seguito e subito dimenticati, ecc, ecc e cambiamenti catastrofici del clima. Peccato! Se il Triangolo delle Bermuda fosse localizzato nel Mare Rosso, immaginarsi che storia sarebbe stato, assieme alle sequele del Da Vinci Code e le storielle sulla shoah selettiva, invenzione ripugnante e criminale perché negazioniste delle altre deportazioni nazifasciste, del ruolo della Resistenza sovietica e comunista, tutte calcolate per legittimare la sostituzione del diritto internazionale con il Levitico! (Non va dimenticato che con la sparizione delle vittime dei campi, gente come Semprun, ex ministro della cultura rinnegato del comunismo spagnolo, ed altri pitre come lui nelle logge massoniche europee, hanno già previsto di rimpiazzare le memorie verificabili, oggi venalmente strumentalizzate dai sionisti di destra eredi di Jobotinski - mentre Israele rimane il paese dove queste vittime vengono il più male trattate - con delle finzioni, probabilmente la versione letteraria delle conosciute narrazioni filo-semite nietzschiane; certi pitre ben conosciuti per il ruolo di appoggio alla CIA in Afghanistan ed in Bosnia, ma troppo tollerati nelle nostre democrazie occidentali, hanno già usato del metodo detto di documentario-finzione come Agitprop, ad esempio contro il Pakistan, colpevole di essere un Stato di cultura islamica detentore della bomba atomica ...Si tratta, in breve, di atti illegali di disinformazione di guerra.)

Si crea così sui generis il clima come variante del peccato originale da risarcire quotidianamente con la colpevolezza ricattata con l'accettazione tranquilla dei desincentivi economici, cum decrescita per le masse. In questo caso, la base del film e dell'elucubrazione di Al Gore (già al corrente dal tempo del sua vice-presidenza) è costituita da un saggio di 22 pagine tutt'al più scritto per il Pentagono; questo saggio mette in scena le catastrofe inondazioni dei littoriali, mutamenti catastrofici del clima ecc. che devono seguire il scioglimento del giaccio accumulato nel Artico (vedi An Abrupt Climate Change Scenario and Its Implications for United States National Security, October 2003, By Peter Schwartz and Doug Randall, http://www.grist.org/pdf/AbruptClimateChange2003.pdf .) Paradossalmente, secondo alcuni scenari, questo evento, con le sue possibili conseguenze sul Gulf Stream, non produrrebbe un riscaldamento ma piuttosto una area di glaciazione in Europa, il che mostra tutti gli aspetti contraddittori e abusivamente vaghi delle rapsodie piccolo-borghesi filo-semite nietzschiane sul Global Warming. Che catastrofe sarebbe se la temperatura nel Ovest canadese o in Siberia si elevasse di 2 gradi centigradi o più, dato che si ricupererebbero così vasti terreni agricoli ancora non sfruttati ed impoveriti, allora che la popolazione umana si aggirerà in poche decadi attorno a 9 miliardi? Che catastrofe sarebbe allora se il livello del mare si alzasse di qualche centimetri? Tuvalu mi 8 sempre sembrato come il soggetto di una tragedia greca, per causa della sovra-determinazioni del ciclo naturale delle isole vulcaniche trasformate poi in atolli e comunque destinate a sprofondare sotto il mare, per fortuna ad un ritmo geologico; ma chi piangerebbe per la sorte delle isole artificiali di sabbia oggi costruite al livello del mare per ricchi apolidi nel Gulf Persico, il capitale speculativo essendo immune alle riflessioni a lungo termine?

Va perciò sottolineato che dopo l'accertamento dei dati scientifici esistenti, si deve sempre ritornare al rigore del metodo del materialismo storico. Se no, come si potrebbe mai concepire la struttura dei prezzi compatibile con un vero sviluppo sostenibile, e con lo sviluppo dei sostituti per le risorse naturali e fossili attuali sovra-sfruttate e sempre meno accessibili, anche a prezzi proibitivi? Pensate forse che si possa arrivare ad una comprensione razionale di tale struttura dei prezzi senza risolvere i problemi della rendita, della riproduzione e della cosiddetta rendita ricardiana? (vedi a proposito gli accenni dati cui sopra assieme al capitolo due e al Appendice del mio terzo libro, disponibili nella Sezione Italia del mio sito; questi pretendono essere dei scritti marxisti seri, totalmente esenti del solito gargarismo marxologista ... Credete forse che si possa continuare a farlo con il Modello del Protocollo di Montreal applicato ai CFC, eliminati dato che le industrie occidentali disponevano già di un sostituto, monopolio che permetteva di creare artificialmente un nuovo mercato (!) nei paesi ricchi ed emergenti per i prodotti di industrie mature come i frigoriferi e congelatori e altre apparecchiature di raffreddamento del genere, compressa l'aria climatizzata... Si può rapidamente paragonare la difficoltà delle democrazie borghese di sviluppare leggi per fare pagare i danni causati agli inquinatori con la mediatizzazione beotica del Protocollo pro-business di Montreal. Va notato che dei dati scientifici relativi al fatto che i sostituti industriali agli CFC fossero probabilmente più danneggianti per lo strato di ozono atmosferico, non ne parla nessuno; sarà forse un soggetto fuori moda, sprovvisto della buona vernice scientifica-mondana che piace alla ricerca private finanziata sempre più dalle imprese private ... Come si parla poco delle ormone nel latte o nella carne, del troppo zucchero e dei coloranti ed additivi utilizzati nell'agroalimentare, o nei materiali di costruzione degli alloggi; o ancora della strategia agricola americana secondo la quale si abbassa i numeri di ispettori, si usa acqua mezza inquinata per l'irrigazione, in modo che le precauzioni sanitaria usuali venendo naturalmente meno (caso dei spinaci, ultimamente) rimane solo l'opzione dell'irradiazione dei cibi (metodo non tanto ecologico ma capace di permette una conservazione più lunga e dunque una commercializzazione facilitata.)

Nel stesso modo, esistono tanti altri " fads " per piccoli-borghesi, gente che spende in diritti di iscrizione universitaria più del doppio e, a volta, più del triple della paga annua di un operai della Fiat; gente, questa, che deve dare prova di almeno una cosa indispensabile durante i loro studi universitari: la capacità di socializzare facilmente, e di potere esporre il pro e il contro (popperiano) di un tema, senza mettere i paradigmi scientifici vigenti in pericolo né l'armonia sociale! Questa capacità viene coltivata sul serio nelle università anni dopo anni con un esercizio prediletto, quello del pro e contro di Coca-Cola rispetto a Pepsi-Cola, un'ottima preparazione per discutere del pro e del contro del capitalismo, regime caratterizzato da vincitori e da perdenti tra giocatori considerati " uguali " (sfruttamento capitalista, per carità!) nei soliti cerchi mediatici che cercano di fagocitare il movimento no-global, mentre la polizia usa le intercettazioni dei cellulari per rapire in piena manifestazione quelli militanti ingenui (come Jacky Singh) che non hanno capito bene il senso filo-semita nietzschiano del gioco (vedi la manifestazione di Quebec City) !!!

7a) Falsa rappresentanza:

In fine dei conti, sono tutti come Bertinotti, si fanno pagare come persone da sinistra essendo pero convinte della validità dell'aforisma di Churchill secondo il quale la democrazia borghese sarebbe il peggiore sistema, all'eccezione di tutti gli altri, aforisma bancale certamente imparato da Churchill col esempio democratico di Cecil Rhodes e durante il tempo trascorso nel sud dell'Africa dove le democrazie tedesche ed inglese inventavano i primi campi di concentramento! (Se il comunismo non è più un'alternativa percorribile che differenza c'è allora tra questi tizi mascherati e gli epigoni tragicomici - vedi Iraq e Medio Oriente - della " fine della storia ", dunque degli ultimi episodi dei conflitti di civiltà?) Intanto, l'Italia si rovina mandando parte dei suoi rifiuti a pagamento nelle miniere di sale tedesche; e si vede forzata di spendere parecchi miliardi per comprare i certificati verdi, dato che contrariamente alla Germania, alla GB o alla Francia che entrano quasi senza problemi nei parametri di Kyoto -, noi non operiamo più centrali nucleari sul nostro territorio nazionale. (Agosto 2011: Con Fukushima il discorso sul nucleare civile diventa ancora più difficile non solo per l'influenza nefasta sul referendum, ma anche per la caratteristica ignoranza dei auto-desiganti opinion makers anche alla testa di certi movimenti - che non permette una riflessione serena e seria. Avendo seguito il dramma di Fukushima - vedi pure il blog di Dominique Leglu la quale fece e continua a fare un lavoro d'informazione eccezionale a proposito, (http://sciencepourvousetmoi.blogs.sciencesetavenir.fr/archive/2011/08/23/fukushima-suite-43-cinq-radios-des-poumons-par-jour.html assieme agli altri articoli) avendo dunque seguito anche io questa tragedia mi risulta che le sue vere cause di questo dramma non vengono mai seriamente discusse. Cioè a) la privatizzazione a favore di Tepco, compagnia che incassò più di 40 miliardi di profitti annui, e decise così di estendere la vita di questa centrale la quale avrebbe normalmente dovuto essere già chiusa da tempo (a questo, come nota Leglu, va aggiunto che la corruzione dei dirigenti connessi con queste privatizzazioni è endemica in Giappone; in fatti, mi sembra che il nucleare ha rimpiazzato in questo ruolo il vecchio settore della costruzione come aveva magnificamente illustrato il grande artista e direttore cinematografo Akira Kurosawa: profitti, dunque, prima della sicurezza pubblica, principio ancora una volta drammaticamente verificato.) b) il cuore del reattore usa del zirconium metallo meno caro di altre alternative, il quale pero ha come caratteristica, al di sopra una temperatura troppo alta, di causare in contatto con l'acqua usata per raffreddare il cuore del reattore, di causare non solo vapore ma idrogeno, in modo che al contatto con l'aria esplode come una piccola bomba a idrogeno. Si nota che se la centrale di Fukushima era rimasta pubblica, sarebbe stata già chiusa, in modo che il terribile terremoto (di oltre 9 gradi sulla Scala Richter il quale provoco un incredibile spostamento di attorno a due metri dell'Isola intera ...) non avrebbe avuto nessuna conseguenza (come verificato altrove, e di fatti, come verificato anche dalla resistenza pochi mesi prima della centrale universitaria purtroppo sottomessa ad un terremoto di oltre 6 gradi Richter.) Il vero problema con queste centrali nucleari, dette civili, ma in realtà derivate da una tecnologia puramente militare una tecnologia appunto scelta per produrre il plutonium necessario per la produzione delle bombe atomiche come pure dell'Uranio impoverito usato nelle armi anti-blindaggio - rimane il sistema di raffreddamento; l'acido borico non basta per stoppare la criticità, cioè la ripresa dell'attività di fissione nel cuore del reattore oppure nei rifiuti cosiddetti spenti, e dunque stoccati in piscine ma non abbastanza raffreddati in permanenza. Di fatti, a Fukushima fu purtroppo dimostrato la ripresa possibile della criticità del combustibile usato e dunque stoccato nelle piscine dove l'acqua venne a mancare dato le perdite dovute ai disaggi e crepe provocate dal terremoto e dal tsunami. Rimane pero che il problema più grosso è costituito dall'impiego del zirconium con le sue micidiali reazioni potenziali. Si nota che senza le esplosioni del idrogeno, nonostante il devastanti terremoto e il terribile tsunami che ne scaturi, Fukushima sarebbe rimasto un incidente serio, ma nelle circostanze eccezionali di un terremoto ad oltre 9 gradi Richter, un incidente puramente localizzato nello spazio del cuore del reattore, così che tutti avrebbero salutato l'evento come una prova di affidabilità quasi assoluta di queste filiere nucleari derivate dal nucleare militare. Le esplosioni del idrogeno sono la causa diretta delle nuvole radioattive poi sparse dai venti, in cosiddette macchie di leopardo, su una gran parte del territorio circostante la centrale, e ben oltre il raggio di 30 Km che avevo proposto dopo la mia analisi dell'esperienza di Cernobyl. Va sottolineato che se il sistema di raffreddamento con acqua - il quale risale al vecchio progetto iniziale esperimentale di Chalk River del ... 1942 - è molto primitivo ed antiquato (c'è voluto tempo a questa gente, troppo protetta dalle critiche del pubblico, per capire che si doveva saturare l'idrogeno con azota prima che scoppiasse di nuovo a Fukushima, ecc ... - il vero problema di queste filiere rimane la scelta puramente economica e/o privata (costi e profitti) a favore di questo zirconium. Esistono altri metalli che non presentano questo tipo di reazioni chimiche, ma tendono a fondere ad una temperatura un può meno alta. Provocando dunque costosi fermi più numerosi in casi di alarmi di sicurezza. Nel stesso spirito quelli che hanno concepito il EPR lo hanno modificato all'ultimo momento per cercare di adattarlo alle liberalizzazioni pianificate nel quadro del mercato europeo. Questo avviene nel contesto della distruzione delle imprese e delle rete pubbliche, tra le quali quelle italiane vendute ad interessi stranieri. Il EPR cercava così di approfittare delle oscillazioni della domanda drammaticamente illustrate da un paio di black-out locali europee, da gestire con (pericolosi) algoritmi di distribuzione detti intelligenti. Anche un bambino sa che il nucleare non costituisce il mezzo adatto per rispondere ad aumento bruschi ed erratici della domanda elettrica, questo essendo più giustamente il ruolo dell'idroelettrico e, caso mai, delle centrali a gas o a carbone ecc. In questo caso, la ricerca cieca del profitto fu pagata con costosi ritardi e con la compromissione della sicurezza denunciata ormai da tutti gli esperti, incluso in Francia. Nelle pantomime a consumo di massa sulla sicurezza del nucleare messe in atto dopo Fukushima, non ho sentito dire a nessuno che si doveva cambiare il zirconium, né che si doveva immaginare un sistema di raffreddamento più moderno e meno pericoloso. (Ripeto senza nuvole di vapori radioattive, la tragedia di Fukushima fosse rimasta un affare molto ridotto e localizzato. E chiaro che con dei " se " non si mette né Parigi né Roma in una bottiglia; detto questo per fortuna la sicurezza e la sua prevenzione non solo esistono ma dovrebbero rimanere monopolio pubblico con conti da rendere al Parlamento, ed ai cittadini invece di semplici azionari privati.) Di più, nelle analisi sulla sicurezza non abbiamo sentito molta gente parlare dei testi necessari anche sulle filiere del nucleare civile a sale fonduto, non legate al militare, che sembrano esenti dei stessi pericoli legati alla criticità e/o al circuito del raffreddamento. Intanto, va notato che le filiere derivate del nucleare militare, sopratutto se si usa del Mox (il quale costituisce un buon modo di riciclare i rifiuti più pericolosi in attesa di una migliore soluzione, ad esempio il plutonium; pero il plutonium risulta molto pericoloso per l'intensità radioattiva come pure per la durata lunghissima di questa attività radioattiva letale) se non si cambia il zirconium, e se non si assicura di una ridondanza anche flessibile (camion, elicotteri teleguidati ecc) del raffreddamento, queste rimangono potenzialmente pericolosissime: la GB sembra di averlo capito; altri non. Detto questo il risultato del referendum essendo l'espressione anche inquinata della volontà dei cittadini va rispettato: si può cambiare eventualmente solo con la persuasione preventiva acquistata sulla base di regole più efficace nel settore, o dell'adozione di nuove filiere nucleari non-militari in origine, e sopra la base di un nuovo referendum o di una elezione cosiddetta referendaria ...)

Questo discorso non può essere evitato, perché intanto in Italia paghiamo l'elettricità più cara dei nostri vicini, e dobbiamo contarci fortunati dal fatto che i Tarantelli, Prodi ed altri Pasinetti, Graziani e Cie hanno rovinato le nostre grande industrie pubbliche a favore della generalizzazione del Modello del Nord-Est (piccolissimi imprese, niente investimenti, niente esportazioni, conti correnti in rosso, ecc, ecc .) Perché almeno così abbiamo bisogno di meno energia e meno elettricità per avviare i nostri processi economici. Per fortuna, il nostro Paese, dotato con i vari patetici Cini, auto-eletti consiglieri della sinistra, e apostoli convinti dell'economia immateriale, noi non abbiamo vere università, non spendiamo quasi niente in termini di R&D, e dunque riusciamo anche a risparmiarci la cattiva sorpresa di scoprire - vedi la seconda parte di Tous ensemble sul modello californiano ed i beni pubblici - che l'economia immateriale necessita ancora più energia a buon mercato nonché l'industria detta tradizionale ... Senza contare il fatto che per attirare i ricercatori di buon livello, oltre al finanziamento della R&D, ci vuole un certo standard di vita, un ambiente adatto, privo di povertà endemica o di mancanza di acqua o di elettricità. Solo in un paese del Terzo Mondo si verifica la perdita media dagli acquedotti del 30 a 40 % dell'acqua trasportata. Comunque, a presentarci il calcolo giusto, c'è sempre un Verde legittimato dalla sua appartenenza subalterna ad una ONG straniera (Greenpeace, WWF ecc secondo il solito modello dei politici nostrali, legittimati dalle ambasciate americana ed israeliana a Roma, e dalla Nato, guarda un po! come nuovi gladiatori operando ormai alla luce del sole alla barba della nostra Costituzione ...) Esempio di questi conti, il calcolo della pluviometria annua, scordando poi che, a parte gli acquedotti e le altre infrastrutture, non si può dimenticare, in un paese come l'Italia circondato di acqua, che gli Oceani coprano i 2/3 della superficie del nostro Pianeta, mentre i metodi di desalinizzazione industriale dell'acqua marina esistono: in altre parole, rimane tutto una questione di pianificazione economica e di allocazione delle risorse della comunità per la comunità (a secondo che vogliamo definire quest'allocazione come socialmente ottimizzata, o giudicata secondo il costo di opportunità sociale delle sue scelte?).

Intanto, l'allocazione delle risorse della comunità per la comunità, mi sembra proprio essere la definizione della politica nel suo senso nobile. Ma siamo nel Paese dove tanti esperti di sinistra, anche dopo avere ricevuto una critica fraterna, continuano a credersi esperti mostrandosi capaci di confondere il calcolo dell'energia solare con la totalità dell'energia pulita disponibile ... dimenticando le ingenti capacita energetiche derivate dalle altre fonti di energie disponibili. In breve, gli hanno fatto leggere Rodinescu-Rogen e, credendo di averlo capito, non temono di fare mostra, da nuovi periti, della loro indigenza intellettuale. Ci mancavano poi le pagliacciate di un plagiario come Jean Fitoussi! (vedi la sue denaturazioni della mia chiarificazioni, naturalmente senza referenza, nel articolo Tra ecologia ed economia in Repubblica del 06-09-2006. Io mi chiedo sempre perché questi tizi vengono pubblicati e pagati al posto nostro, anche nel ambito accademico! Sottolineo che la mia critica a Latouche (la decrescita) e a Nebbia et al. (l'incomprensione di Rodinescu Rogen e la proposta dell'ecomarxismo incluso i sostituti artificiali o naturali, ed i biocarburanti) permise lo sbocciare in Occidente di una visione più critica rispetto alle demagogie grossolane del GIEC e degli oppositori del nucleare. In appresso, ho saputo, con una certa gioia, che i scienziati russi e dell'ex-blocco dell'Est mi avevano naturalmente preceduto nelle loro discipline rispettive; ad esempio Dr. Habibullo Abdussamatov, del Osservatorio Astronomico Pulkovo, di San Petersburgo per quanto riguarda la critica alle cause antropogeniche, o il professor Zbigniew Jaworowski, di Varsavia, per quanto riguarda la capa di giaccio dei poli. Vedi ad esempio l'eccellente articolo Disidentes del dogma, Alexander Cockburn, in Rebelion, 15-06-2007. L'aspetto socio-economico, cioè la teoria del ecomarxismo, comunque è mio.

La psicosi unilaterale del Global Warming rappresenta un sviluppo recente nelle teorie ambientaliste fin qui più plurali; perciò, le nostre critiche non hanno niente a che vedere, anzi saranno l'esatto contrario delle critiche dei scienziati reaganiani per i quali non esistevano dati ambientali sufficienti per giustificare la minima azione concreta contraria ai profitti capitalisti poteva essere considerata. Noi siamo invece per delle azioni globali e tempestive, ma sopra la base di dati scientifici in applicazione del principio di precauzione, in particolare in materia di sanità e di qualità della vita.) In un tale contesto, possiamo benissimo dimenticare tutta la chimica e la fisica moderne, oltre a crescere pecore per tessere maglie d'inverno di lana vergine con appositi berretti! Intanto, la fisica e la chimica moderna permettano di operare in modo controllato delle trasformazioni risultando in un bilancio energetico positivo ed utilizzabili su scala industriale: le due questioni sono a) a quale costo; b) con quale tipo di inquinamento rispetto al principio di precauzione. Sarà naturalmente che asini producono asini. E pur vero che viviamo in un tempo dove, oltre alle solite lingue morte, non aggiornate per pure ragioni teocratiche, si rimettano in voga le lezioni razziste-fasciste di Nietzsche, Jabotinski et al. Sotto l'arrogante tutela di pitre, tolti, loro o i loro genitori, dai campi nazifascisti grazie ad i pesanti ed inauditi sacrifici della Resistenza sovietica-comunista (derive coltivate massonicamente dato poi che " quello che non ti uccide, ti rafforza ", anche con l'aiuto della CIA, della IS inglese e della Nato ecc. ecc. !) Intanto, il nostro Paese, violando l'Articolo 11 della nostra Costituzione, manda le truppe e/o i Carabinieri in Iraq, in Afghanistan ed in Libano. In questo modo altamente contro-producente si mette l'Eni nel costoso e pericoloso Gran Gioco americano, oramai già perso, un Gran Gioco re-inventato dal patetico pitre Zbiniew Brzesinski, ma oggi monopolizzato dalla Halliburton. (Agosto 2011: in Libia, i nostri dirigenti hanno fatto ancora peggio: mentre il nostro Paese aveva recentemente firmato un ottimo accordo con il Colonnello Gheddafi e con i Libici, anche scusandosi giustamente, se mai con ritardo, per gli orribili crimini fascisti, le posizioni culturali ed economiche italiane in questo paese furono sacrificate a favore di interessi esterni, incluso quelli dalle Francia di Sarkosy, principale colpevole in questo criminale " regime change " barbaramente condotto contro la lettera e lo spirito delle risoluzioni dell'ONU, un'attitudine che dovrebbe militare per l'esclusione della Francia e della GB come membri permanenti del Consiglio di sicurezza di questa organizzazione, dove i loro privilegi non si spiegano più, sopratutto se vengono utilizzati contro la Carta fondamentale e contro gli interessi di altri paesi europei. Certo che così la cosiddetta difesa e politica estera europea non andrà molto lontano! Si nota, in oltre, che il Sarkosy, al contrario dei nostri dirigenti subalterni e poco formati, sapeva benissimo che la Libia è uno dei rari paesi dove l'energia solare può essere altamente efficace, visto la ridotta nuvolosità e la disponibilità di vaste aree desertiche. Certo che il nostro Paese non merita dirigenti così al ribasso come questi.)

Intanto, la nostra diplomazia, subalterna alle ONG americane filo-semite nietzschiane come Greenpeace o Human Watch, fa la sua parte servile ed italiasca nell'offensiva di Washington per modificare la portata degli Articoli IV e VI del Trattato di Non-Proliferazione (disarmo delle potenze nucleari attuali e trasferimenti delle tecnologie nucleari civili contro il ripudio del nucleare militare da parte dei Stati non ancora nuclearizzati) con la grottesca speranza di monopolizzare l'uso del nucleare civile e militare, monopolio senza il quale la sua volontà di supremazia economica e militare sull'intero Pianeta diventerebbe una farsa puerile. Bilancio di questo osceno gioco energetico dei neo-templari crociati, ignorato con grande e servile cautela da tutti gli apostoli onusiani ed altri del Global Warming: 11 % di aumento delle spese militari in Italia nella Finanziaria del 2007, con l'acquisto di F 35 e di altre armi offensive anti-costituzionali, mentre si tagliano i finanziamenti agli Enti locali, si abbassa l'età dell'obbligo scolastico a 15 anni (!) e si allunga l'età pensionabile in una società già afflitta da 54 % di tutti i nuovi posti di lavoro creati precari, ecc, ecc; le crociate preventive costano più di 12 miliardi di dollari al mese per i Stati Uniti, senza includere il recente finanziamento di oltre $ 30 miliardi sotto forma di sussidi mascherati alle industrie US ma pagati dai contribuenti americani ad un Croupion State teocratico, razzista e colonialista ed a un'arrogante 5 esima colonna sovra-rappresentata, nonostante queste forze abbiano portato la superpotenza americana alla rovina definitiva in meno di 2 mandati presidenziali crociati e filo-semiti nietzschiani. Vengono così finanziati gli armamenti moderni del pericoloso Stato colonialista rappresentato da una Israele sionista di destra, razzista e teocratica: vedi le ultime leggi sopra i matrimoni inter-etnici oppure quelle relativi alla proprietà della terra, uno Stato mezzo illegale che destabilizza l'intero Medio Oriente in permanenza, nell'assenza della creazione dello Stato palestinese previsto dal Piano di Spartizione onusiano del 1947 (se la UE applicasse queste medesime regole agli ebrei presenti sul suo territorio, la loro condizione diventerebbe peggiore di quella degli antichi ghetto durante i tempi cristiani più oscuri.) Per quanto riguarda il prezzo del greggio preme ricordare che, prima dell'aggressione armata contro l'Iraq, si aggirava attorno ai 20 dollari, mentre oggi rimane sopra i 70 dollari, con una tendenza al rialzo. Bella ecologia e bella decrescita: " pensate globale, agite locale ", cioè senza importunare i " maestri del mondo ", quelli CEO e CFO della private global governance, pronti a pianificare il deperimento dei Stati-nazioni, luoghi inquinati da residui di democrazia e di conquiste popolari!

Vorrei concludere questa breve critica dell'ecologia piccolo-borghese con un accenno alla Conferenza sul Diritto del Mare e l'accordo che ne scaturì all'inizio degli anni 80, sfortunatamente nel momento in cui il crociato della prima ora, Reagan, veniva eletto alla presidenza degli Stati Uniti, rifiutandosi subito di apporre la firma del suo paese a questo importantissimo sviluppo giuridico internazionale. La Conferenza era durata moltissimi anni; in fine dei conti, lavorando sopra diritti già riconosciuti, le nazioni partecipanti avevano capito che certi problemi dovevano necessariamente ricevere una soluzione globale, fuori del solito egoismo statale. Si permetteva agli Stati costieri di tenere conto della topologia delle coste e delle piatteforme continentali, accordandoli il diritto di dichiarare una zona di 200 mili marini come zona economica esclusiva; in cambio, i fondi ricavati dai permessi di sfruttamento delle risorse sottomarine sarebbero stati utilizzati nei sforzi di sviluppo e di lotta alla povertà implementati dalla ONU e dalle sue Agenzie specializzate. Al contrario di quel che predicava l'orizzonte a-scientifico del scenario limitato e fallaccio del Club di Roma, vennero scoperti noduli di metalli concentrati nei fondi degli Oceani; queste risorse potenziali si aggiungevano alle previsioni relative ai giacimenti di petroli off-shore ma in profondità. Non necessitano lunghi discorsi per realizzare che quest'ottica globale solidale era tutto il contrario della presente ideologia ecolo-ambientale del Global Warming, utilizzata per consolidare l'asimmetria economica strutturale, fondata sul monopolio della conoscenza e dei brevetti da parte dei maggiori paesi occidentali. Peccato che paesi come l'India e la Cina, che hanno già capito il senso di questo calcolo asimmetrico devastante, non sono capaci di rimettere la logica della Conferenza sul Diritto del Mare in prima linea delle considerazioni internazionali!

8) Pedagogia, dissuasione, idiomi e linguaggi.

In un strano rovesciamento, le teorie del linguaggio, della semantica e della semiologia furono prima utilizzate come complemento e sviluppo del marxismo, vedi il giovane Roland Barthes, per essere poi erette come scienze poco plausibilmente globalizzanti contro il marxismo (vedi il già criticato Umberto Eco e la sua volgare ma autenticamente centro-sinistra rappresentazione di Dolcino ed in particolare della sua compagna, in contra-distinzione alla presunta razionalità di un Occam messo al sicuro dalla contro-riforma. Eco mi dovrebbe togliere un dubbio : ha mai lavorato con i servizi italiani ed americani? Proprio quelli che erano soliti chiamare " ribelli " i resistenti comunisti del Vietnam, salutando poi il suo Nome della rosa come un grande romanzo, dunque questione legittima?) Il linguaggio umano nel senso stretto (se non il ''discorso'') si dava aria di base ontologica autonoma, a volte operando una regressione così primitiva e religiosamente sovra-determinata nell' innato che avrebbe sbalordito Leibniz. In somma, per farla corta il segno e la cosa, il significante ed il significato, opposizione che deriva rapidamente verso il solipsismo delle percezioni manipolate come narrazioni dai vari pitre, che da pitre patentati finiscono col concepire le proprie opere concettuali come il nec plus ultra della realtà (vedi il patetico defunto Baudrillard e tanti altre calze di seta del genere.)

Esaminando la pedagogia o la dissuasione vedremo che questo campo di studio non è senza importanza. Ma prima dobbiamo chiederci : quale è il suo oggetto di studio? Disponiamo in materi di un " concret pensé " oppure no? Io mi sento ancora nuovo in questo campo. Ma credo di potere dare la scheletrica cronologia di base: da Platone (La Repubblica ed il Cratile ecc.) a Leibniz, a Vico, a Rousseau, a Herder, a Renan, a Saussure, a Barthes o meglio in a Wittgenstein ed in parte a Levi-Strauss, en passant, via Marx e Sartre, dal Lucien Malson degli Enfants sauvages agli teorici attuali. Questi ultimi, credo, appaiono meno pertinenti. Le strutture mentali innate di Jacobson e di Chomsky, risentano di ovvie lacune ontologiche (ovvero risentono più o meno di origini bibliche occultate, come pure di rigurgito delle teorie di Marris proprio quello che volendo fare scoppiare l'odio nazionale nello Stato comunista multinazionale messo in opera dal Partito e da Stalin, grande specialista marxista della questione, consigliava di adoperare una sola e unica lingua sovietica per tutti, avendo forse dietro la testa la lingua ebraica. Arcaismi presuntuosi indécrottables come ben sappiamo, almeno sin da Svetonio ... Ho sentito un giorno con grande sgomento un Levi-Strauss finire col dire che, mentre aveva preferito Rousseau nella sua giovinezza, ora preferiva Chateaubriand (insomma dalla scienza sociale di Rousseau ai miti regressivi che pretendono essere esempi di civiltà; il Chateaubriand era un reazionario politico-culturale ingaggiato nella branca armata gesuitica elevata con fanatismo contro gli ideali ugualitari e democratici della Rivoluzione francese, europea e mondiale, i Chevaliers de la foi, incluso gli ultramontanisti nostrali attardati nel nostro Paese almeno fine al secondo dopo-guerra, cioè fino a Luigi Sturzo ed alla partecipazione cattolica nella politica nazionale concessa (!) dal Vaticano con la DC.) Dalla Nouvelle Eloïse ed il Contrat social alle Mémoires d'outre-tombe, al Génie du christianisme ed al'Itinéraire de Paris à Jérusalem : forse l'inevitabile conseguenza dei suoi lacunari modelli pseudo-matematici e strutturalisti (formalizzati da altri), mai in grado di capire le critiche di Althusser, oppure il lavoro etnologico di un PP Rey; mai capace per usare due concetti di Galtung di differenziare diacronico e sincronico. Se tale aspetto di un mito appare rovesciato altrove o in un'altra versione, importerebbe conoscere prima le basi (naturali, cosmologici, psicologi) del mito, le ragioni degli eventuali mutamenti ed il tipo di relazione di classe implicato nelle varie forme del mito in questione: in altre parole, la mitologia non può essere abbandonata alla sola analisi sincronica, confusa per un stato quasi originale. Insomma, l'opera di Levi-Strauss è da ammirare per il magnifico lavoro di terreno e quello che lo portò a scrivere il suo magnifico Race et histoire; è da lasciare per il resto alle illusorie traduzioni " totalmente " precise della bibbia secondo Chouraqui, in modo ovviamente profilattico!!! Problemi dunque ovvi di ontologia e di metodo che non appaiono con chiarezza senza l'approccio del materialismo storico. Se passato l'Equatore si è obbligati a trovare una sostituzione alla Stella Polare non sarà certo per ragioni evangeliche pace Claudel! - ma per ragioni interamente scientifiche di triangolazione e di orientazione; vedi nella seconda parte del mio Pour Marx, contre le nihilisme la mia delucidazione marxista rispetto all'astronomia vs astrologia e dunque rispetto alla spiritualità ed alla psiche vs la religione, la mitologia e le psichiatrie ciarlatanesche freudiane ed altre... Similarmente vedi il calendario maya o mesopotamico risalendo al neolitico come evidenziato ovunque a Malta come a Stonehenge ecc - i nostri antenati non era solo capaci di pensiero sintetico nel senso di primitivo; erano molto più vicini del pensiero sintetico secondo Immanuel Kant. Anche per le tribù più isolate di cui vari etnologici hanno fatto notare che il relativo sotto-sviluppo dei concetti relativi alla nostra ''technè'' era compensato da un sovrasviluppo di una

Con le strutture innate del pensiero si intende, nel migliore dei casi, il cervello. Intanto, come aveva già mostrato Herder con la sua già magnifica teoria del linguaggio, il cervello umano è sempre individuale e materiale, non è la mente, almeno potenziale, della specie; cioè, non è il risultato dell'accumulazione culturale tramite, appunto, il linguaggio. Dialettica della natura dunque e dialettica della storia sempre nuovamente oggettivata (per riprendere il termine di Dilthey), non come mediazione astratta tra il Concetto e la Cosa (con tante di quelle chiacchiere sul concetto del cane che non abbaia), ma come un modo intravisto da Herder e sviluppato da Hegel e da Marx di afferrare e di comprendere il mondo, trasformandolo nel stesso tempo. Se si investe il campo dell'Uomo storico concreto, quello della dialettica globale, allora siamo vicini della base ontologiche che lascia intravedere il " concret pensé ", o " concreto pensato ", di questo specifico campo di studio. (Il concreto pensato è la chiave dell'ontologia e della metodologia dialettica di Marx; possiamo riassume semplicemente dicendo che emerge di una critica del pensiero filosofo-scientifico anteriore, in particolare di quello di Leibniz, il quale viene così storicizzato ed applicato alle scienze sociali: il concreto pensato si oppone dunque al pensiero innato, come pure a quello che Leibniz chiama le verità assolute; si oppone altrettanto ai concetti empirici baconiani (i quali sono al massimo risultati di generalizzazioni, come i concetti sociologici e positiviti moderni;) rappresenta la versione dialettica e storica della monade, dei modi, relazioni e sostanze di Leibniz, investendo così tanto le scienze dette pure, quelle sperimentali e le scienze sociali, dato che la sua ontologia è sempre quella della dialettiche della natura, della storia e della dialettica globale che mette in scena la riproduzione dell'Uomo nella natura e nella storia, nelle sue varie manifestazioni. Così una disciplina diventerà scientificamente fondata solo quando avrà svelato il suo proprio concreto pensato, il quale, da parte, sua deve sempre essere congruente con la dialettica globale dunque con il suo oggetto di studio.)

Almeno di accontentarci e di lasciare il concreto pensato svilupparsi nelle sue forme concrete, per così dire, a cavallo, sopraffatto dall'azione più che del pensiero dobbiamo indicare qualche piste, tra l'altro già investigate, ma solo parzialmente perché non in un modo scientifico interamente delucidato, cioè in un modo marxista. (La sintesi della praxis non è ovvia né teoricamente né in pratica come illustra Hegel paragonando la rivoluzione francese portata in Europa da Napoleone come lo Spirito a Cavallo, quello che poi provocò la rivolta di Beethoven con la sua Sinfonia Eroica; la differenza per esempio tra rivolta e rivoluzione, tra coscienza di classe e coscienza corporatista, tra pratica teorica e ideologia, tra espressione (sempre ''poetica'' nel senso etimologico del termine che piaceva tanto a Croce) e passività o istinto) Il cuore del problema mi sembra annidarsi nella confluenza delle dialettiche della natura e della storia, degli istinti e dei linguaggi formalizzati, corporali, orali e scritto, cioè nella stabilizzazione sociale di tutti gli idiomi disponibili, in modo da permettere la trasmissione e la crescita culturale degli acquisti di civiltà da una generazione all'altra, secondo un processo dove la dialettica della storia prende progressivamente il passo sopra le potenzialità fisiche del cervello e dei suoi appendici motrici istintivi. In questo senso, la psicologia dei primati più vicini all'homo sapiens, anche loro caratterizzati dalla riproduzione sessuata e di conseguenza da regole di socialità in parte predeterminate, mi pareva dovere diventare un campo di studio da sviluppare (ipotesi che sembra verificarsi.)

Tocchiamo allora per prima a due materie specifiche, prima la filosofia e poi la pedagogia, ambedue legate alla conoscenza del mondo, nominandolo, nell'azione stessa dell'appropriarsi e del trasformare il mondo, come viene illustrato dal passaggio della filosofia della storia alla storia della filosofia (a partire delle Tesi a Feuerbach se si vuole.) Così, il linguaggio, elemento della dialettica globale, non può mai capirsi in se e per se, deve sempre fare i conti con le sue radici naturali (se non proprio le strutture innate, almeno la strutturazione logica del cervello come illustrato da Dehagne, modo questo di verificare il moto hegeliano secondo il quale ''il razionale è reale, e il reale è razionale'', tanto come dato dell'evoluzione che come dato dai parametri della trasformazione-oggettivazione della natura nella storia) e con le sue creazioni storiche (per dirlo con Vico, le realtà di fissioni e le realtà istituzionali.) Possiamo allora intuire due filoni: uno di formalizzazione astratta, sviluppata all'immagine della geometria analitica di Descartes, per capire il mondo; un'altra di comunicazione sociale, espressione che mi piace poco, preferisco per parte mia dire di trasmissione della conoscenza e di sociabilità. Di nuovo, le due non sono mai totalmente divorziate. L'Estetica - pace Baumgarten !!! - tanto utile alla Scuola di Francoforte ...) essendo localizzata ad uno di questi incroci, come pure il suo aspetto di parsimonia. All'opposto del gargarismo, ci vuole il battesimo del fuoco con la realtà concreta (naturale, storica, o fissione.)

Ad esempio, nel campo della pedagogia. Nel mio Dioscures (poi ripreso in parte nel saggio intitolato Annexe: Spoliation. La spoliation organisée par des réformes en trompe-l'oeil nella seconda parte del mio Pour Marx, contre le nihilisme), ho cercato di reagire contro le nuove derive genetiche e pedagogiche regressive, derivate dalle teoria delle strutture innate, trasformate, all'insaputa di Jacobson e di Chomsky, e spero pure al loro sgomento, in teorie dell'intelligenza e della sua trasmissione genetica. In questo saggio cercavo anche di proporre qualche piste per una migliore pedagogia. Chi non vorrebbe essere più intelligente? Per fortuna, la genetica è poco utile in questo campo. L'Accademia ed il Liceo della Grecia antica, istituzioni già frequentate da donne come pure la Grande Biblioteca di Alessandria, malgrado l'oscena e contro-produttiva rappresentazione della scienza e della logica come emanazioni falliche sin dal inizio, avevano già stabilito il paradosso del figlio di Pericle; di fatti, la Repubblica di Platone, oltre ad includere pienamente le donne nei ranghi dei guardiani con la comunità dei beni, intravedeva già delle passerelle tra tipologie di personalità espresse in modo alchemico (oro, argento, ferro etc ) anche se, con una determinazione spartiata, cercava di occultarle e di gestirle nel retroscena, per ragioni di difesa dell'ordine pubblico così stabilito (fondato sulla Verità, o il Bene, e la Giustizia, almeno in teoria.)

Importa dunque ritornare alla scoperta di Rousseau e di Condorcet: la generalizzazione del tutorato privato tramite la scuola pubblica, dotata da un identico sillabo scientificamente e laicamente fondato. Il tutorato aristocratico privato in se essendo giustamente visto come regressivo perché limitato, anti-ugualitario e socialmente contro-producente. In breve, importa allora prendere in considerazione la personalità del studente, cosa che si dovrebbe fare con il miglioramento della pedagogia moderna, tenendo conto dei nuovi dati scientifici. Ad esempio, ho insistito sopra le 5 forme di memoria e sopra l'importanza di quello che ho chiamato genericamente la lettura (che ovviamente include lettura, comprensione e scrittura ecc., incluso l'aspetto ludico del entrare in relazione con la conoscenza e il mondo naturale e sociale attorno a se.) Ad esempio, l'algebra ha messo più secoli per arrivare alla formalizzazione dei suoi segni. Nella sua forma di esposizione praticata nei testi di classe, questo viene presentato come una versione ancora più astratta e condensata della geometria euclidiana! Se poi, a parte il contesto culturale-familiare di ciascuno, si dimentica che i tipi di memoria dei studenti non son uguali, si arriva si ad una selezione, quella forse dei più rapidi, ma non certo dei più brillanti (Il giovane Einstein fu inviato da un zio alla campagna perché la famiglia si vergognava della sua arretratezza mentale. Quanti Einstein potenziali vengono così sacrificati ogni anno, senza nessuno riscatto? Ora, per risolvere questo tipo di manipolazione del linguaggio, non bisogna certo sacrificare la massa dei studenti, privatizzando le scuole ed aggravando le conseguenze del stesso metodo di selezione di prima! Tale conclusione sofista è veramente degna degli apostoli dell'Intelligenza di origine genetica, trasmessa come una malattia ereditaria di oscura provenienza! Bisognerebbe al contrario solo correggere, al margine, ma destinandoci le risorse necessarie, l'eccellente pedagogia pubblica, laica e repubblicana attuale. Questo implicherebbe più attenzione alle difficoltà di lettura (l'aggio con la manipolazione e la comprensione dei segni), più sostegno, organizzazione più flessibile delle filiere senza sacrificare l'uguaglianza di tutti, ma tenendo conto nel migliore modo possibile dei ritmi di ciascuno (Questo significa, sostegno para-scolastico per quelli che non né dispongono a casa.)

Tutto questo sbocca poi sopra la ragione per la quale si sviluppa una pedagogia moderna: la formazione della manodopera ovviamente, ma soprattutto la formazione della cultura dei cittadini, collettivamente unico soggetto sovrano della Repubblica. Va dunque ricordato quello che diceva già il grande marxista americano Braverman, il teorico delle relazioni dei linguaggi formalizzati applicati alla produzione da Babbage a Turing, ai sistemi di telefonia e telecomunicazione come alle macchine IBM ed agli strumenti di produzione (macchine a controlli numerici, computers, automatizzazione e robotizzazione ecc.) Braverman aveva già avvertito che la doppia tendenza pesante del capitalismo moderno verso la sovra-qualificazione di pochi e la sotto-qualificazione arbitraria della maggioranza dei lavoratori, faceva si che il capitalismo moderno non aveva più bisogno della democratizzazione dell'istruzione universitaria, un nono anno (grade 9) di studio essendo abbastanza, per quella maggioranza di compiti tagliati fuori dalla produttività di una società capitalista in rapida progressione verso il suo orizzonte di società neo-nietzschiana, e come grande dispensatore dell'oppio del popolo (Oggi, questo nuovo " ritorno " filo-semita nietzschiano, mette avanti la ricostruzione del tempio di Salomone, tempio mitico e sprovvisto della più minima attestazione dal punto di vista archeologico, col progetto "giudeo-cristiano " (!) di istruirlo come Grande Inquisitore alla Dostoevskij (controllo dei flussi di comunicazione " autorizzati ", nuovi Indici, e colpevolezza fabbricata, tipo shoah selettiva, a dire vero fabbricata dai Grandi Fratelli Ebrei per l'uso dei piccoli fratelli cristiani, o più generalmente per i Gentili, mentre si fa l'apologia dell'industrialista dei Campi nazi, Schindler, un uomo capace di concepire delle liste autenticamente filo-semite nietzschiane, colmo, secondo me, della barbarie e del razzismo. Nessuno a più il diritto di fingere di ignorare questo progetto culturale-politico criminale di tante logge massoniche sviate, il quale risale al tentativo di Nietzsche e di rabbini sionisti e reazionari di combattere il messaggio di uguaglianza (come pure di tolleranza e di pietà) umana del Vangelo cristiano, criticando e riducendo al massimo il ruolo universalità di San Paolo, a favore del mito inventato di un San Pietro, primo tra gli apostoli, ma dato in questa disonesta narrazione come un Ebreo obbediente al Sanhedrin: si cerca così di diffondere l'ideale di una nuova società di caste, con il popolo eletto nel ruolo di Grande Fratello e gli altri nel ruolo di piccoli fratelli obbedienti oppure di semplici gentili; così, la ripugnante shoah selettiva la quale cancella la storia delle altre vittime delle deportazioni e dei campi come pure della Resistenza comune al nazifascismo, viene fabbricata come nuovo peccato originale per i Gentili con l'abuso delle teorie ciarlatanesche - vedi sotto - di Freud e di tutta la psicoanalisi borghese.)

Linguaggio e pedagogia possono pero invertire questo scenario e contribuire allo sviluppo di una società democratica liberata, grazie alla spartizione del lavoro, dal dominio della necessita. Ma allora le malattie infantili dei pitre rinnegati e filo-semiti nietzschiani debbono rapidamente essere considerate come frittura nelle comunicazioni, o come degenerazione anti-democratica delle istituzioni della trasmissione della conoscenza necessaria per arrivare alla realizzazione dell'uguaglianza umana, nel rispetto assoluto delle differenze, nel regno della libertà (concetto scientificamente delucidato per prima da Marx, e certo non dal Stuart Mill di On Liberty od altri del genere, in particolare nella sua Critica del Programma di Gotha, dove si trova esposto il primo abbozzo della ''sovrappiù sociale'' poi ripresa dai bolscevichi classici, da Mao, dal Che (On the budgetary finance system, 1964 in Che Reader, Ocean press, 1997) e da me e reintegrata nelle Equazioni della Riproduzione tramite la teoria della produttività.) Da professore almeno di questo mi sentivo di parlare con una certa sicurezza, anche se rimango ovviamente sempre pronte a rimettere in cantiere, secondo le nuove conoscenze verificate, la questione dell'ontologia, del metodo e dunque del ''concret pensé'' della teoria del linguaggio.

8a) Formalizzazioni logiche e pluralità degli idiomi

C'è un altro campo, quelle delle formalizzazioni logiche tropo spezzo confuse con le formalizzazioni matematiche. Qui ci vorrebbe un altro Wittgenstein, o per meglio dire si dovrebbe ben capire e prolungare il secondo Wittgenstein. Io ne ritengo almeno questi due elementi: prima, la natura e la coerenza delle formalizzazioni logico-matematiche; secondo, l'interattività della seria di idiomi pertinenti.

Il primo elemento deriva dal confronto tra Russell e Wittgenstein, ma con richiamo all'eccellente Franck Ramsay fortunatamente salvato dall'oblio da Keynes, la chiarificazione sopra i paradossi: esistono paradossi veri o falsi (al contrario di una Doris Olin che come le altre/i non sembra capace di dare le sue fonti, in questo campo la situazione è identica a quella verificata con gli opposti, ci sono gli opposti aristotelici, dunque empirici, ed i veri opposti concettuali della dialettica del materialismo storico). Il paradosso vero ci mette in confronto con un cambiamento di " universo " (per utilizzare il termine utilissimo di Ramsey.) Se Mill aveva dimostrato che l'inferenza poteva conferire certezza, ad esempio l'equipaggio di una nave che davanti alla terra ferma fa un giro completo ritornando al punto di origine, essendo così sicuro di essere in presenza di un'isola, la certezza e la sua verifica rimangono l'elemento cruciale di ogni logica. Ad esempio, nel campo delle scienze umane, ci sono le leggi generali, empiriche, che possono prendere l'aspetto di tendenza: proprio il tipo di tendenza alla Auguste Comte ( oppure gli Ideal Types di Weber o gli Archetipi di Jung ecc, o ancora le cosiddette leggi di ferro di Michels); sappiamo che, nella sua ignoranza di zelota fanatico, Karl Popper crede di potere imputar queste leggi generali a torto a Marx (proprio a quello Marx che arrivò alla critica scientifica delle proiezioni di Malthus, tanto per intenderci meglio.) Marx afferma invece che esistono anche delle leggi universali sopra la base di un " concret pensé " specifico e dunque, secondo me, in modo abbastanza ovvio, secondo l'universo considerato. Rimane poi, il problema delle relazioni tra universi, anche se le divagazioni moderne sopra i meta-sistemi ed i metalinguaggi non sembrano sempre utili per causa di ignoranza delle considerazioni ontologiche e metodologiche, sempre cruciali per l'investigazione marxista. Ma se da metalinguaggi (al plurale) si intendesse le possibili relazioni tra universi, allora di aprirebbe una autentica finestra scientifica dialettica. Si parlerà allora di transizione da un universo all'altro, a di una dimensione all'altra, ad un livello meno impegnativo dal punto di vista ontologico, nel stesso modo che si parlerà di coesistenza, a volte problematica dal punto di vista degli scambi non letali o letali tra ambienti. Con la consapevolezza che ogni spazio di " intersoggettività " (per dirlo con Hegel), ogni campo determinato di un discorso specifico, mette necessariamente in gioco l'uguaglianza nella differenza degli esseri, almeno da questo punto di vista. (Ponendosi al livello della coscienza, l'Imperativo kantiano non esenta nessuno.) Questa rimarca distingue fra l'altro il storicismo cabalistico-nietzschiano-borghese dal materialismo storico, ma anche dal divenire nell'immanenza analizzato do Fiore, Vico, Herder ed Hegel.

Si può allora formalizzare tutta questa questione ritornando al classico sillogismo: prima si considera l'andamento logico dell'esposizione di un argomento con speciale attenzione per i trucchi teatrali usati dal Socrate di Platone per fare avanzare coscientemente la ricerca, ma deviati in modo ciarlatanesco da un Derrida come slittamenti da utilizzare in modo nietzschiano per confondere la gente, e per confortare la dominazione di classe, assieme alla dominazione dell'oscurantismo rabbinico-vaticanesco-massonico. Vecchia storia, in realtà. Così Marx comincia il suo Manifesto del Partito comunista con l'immagine del spettro sul quale l'infame Derrida tesse le sue divagazioni antimarxista come un Petit Poucet cattivo e mezzo impazzito che, da pitre, non si rende conto che si sta perdendo lui-stesso. Derrida, si fa notare, è uno che non ha perci2 mai meritato il suo posto in una università, luogo per definizione consacrato alla ricerca autenticamente scientifica .. sia detto questo per tutti gli altri bellofiori d'asino di questo povero mondo.

Dopo avere analizzato l'andamento del ragionamento sillogistico considerato si va poi all'esame delle premesse e delle presupposizioni, culturali o altre, annidate dietro le premesse; infine, se il paradosso è vero come quello di Zenone d'Elea, allora si sbocca sopra una realizzazione importante, più importante che la realizzazione dell'errore come risultato scientifico (che porta alla correzione) menzionato da Schopenhauer e ripreso poi, in vena puramente demagogica ed opportunista, dal rettore nazi Heidegger, per ovvie ragioni di auto-preservazione del Essere-la (Dassein) del animale lasciato improvvisamente senza Heimat! In breve, si arriva alla realizzazione che si cambia universo. Il dominio delle fissioni, geometriche o altre, non è quello del mondo naturale: un punto è un oggetto astratto, non una piccola superficie. Si nota che il problema deliano del raddoppio del cubo (vedere il bel libro di Amir D. Aczel Le carnet secret de Descartes, JC Lattès, 2007, edizione originale 2005) non era un vero problema, un vero paradosso, anche se la sua soluzione rimasse lontana per secoli, perché richiedeva un sviluppo analitico della geometria: ci muoviamo sempre nel stesso universo, ma si aggiungono formalizzazioni logico-pratiche, ovvero proprio quella geometrizzazione della scienze che dava tanto fastidio al spiritualista cattolico di origine ebrea Bergson. Avrete tutti presente alla mente le note di Marx sopra l'inizio del capitalismo e la giuntura delle idee cartesiane relative all'anima, accordata agli uomini ma non agli animali visti come automa, o ancora quelle relative alla meccanica ed alle applicazioni militari e civili dell'algebra. (Galileo,Tyco Brahe, Copernico, Keplero sono contemporanei del aumento del traffico marittimo e approfittarono delle spinte arabe, effemeride, uso del astrolabio e dell'analisi algebrica ecc; Galileo, Aberragli e tanti altri si occupavano di tabelle astronomiche, di balistica, di fortificazioni e di matematica etc...) Queste note di Marx vanno comprese rigorosamente all'immagine del sviluppo della legge del valore per la quale, dall'intuizione di Aristotele, imprigionata nelle strutture sociali e mentali della schiavitù - i Romani ad esempio avevano inventato la propulsione al vapore ma l'utilizzarono solo per i giocatoli destinati ai bambini... -, all'investigazione scientifica ma parziale di Smith-Ricardo: le categorie logiche, di tutte le tre forme di realtà elaborate da Vico (natura, storia e finzioni) non si sviluppano mai in astratto nel spazio fantasiato delle Idee o degli Noumeni kantiani, ma nello spazio concreto della dialettica marxista, con concetti già raccordati ad uno specifico ''concret pensé'', oppure, come mostrava Althusser (riprendendo, in realtà, in chiava marxista il lavoro scientifico pioniere di Kant, anche se caratterizzato da una visione " steady state ", nella sua magistrale Critica della ragione pura), a vari stadi di approssimazioni di tale concetto, mai da abbandonare all'empirismo baconiano, all'oscurantismo spiritualista di qualsiasi tipo, o ad una dialettica essenzialista alla rovescia del tipo di quella esposta da Hegel (Kojève mi sembra essere quello che da la migliore interpretazione del ruolo del lavoro nell'opera di Hegel, un lavoro che produce una rappresentazione del divenire storico ed istituzionale - anzi burocratico per un Kojève pronte a seguire Weber nel concepire la razionalità burocratica come caratteristica dello Stato moderno - unilateralmente prodotto dallo Spirito: in realtà, si tratta di un processo di oggettivazione ancora meno materialista di quella di Dieltey, come appare dell'Epifenomenologia di Hegel tutta centrata sopra il desiderio di riconoscenza dei Soggetti.)

Certo, l'evoluzione delle scienze procede da una dinamica interna (ipotesi, sperimento, validazione o falsificazione ecc) ma in uno determinato contesto sociale, tenendo conto della differenza tra mondo delle fissioni, mondo della natura e mondo socio-storico. Una volta capite queste distinzioni, tra le dialettiche specifiche e la dialettica globale, si comprende allora che la scienza non può non essere marxista e vice-versa. Un certo operaismo avrà forse contribuito a limare le distinzioni, offuscando dunque la problematica della dialettica globale, l'interagir dell'uomo con la natura, con la storia e con le sue proprie oggettivazioni nella storia. Ma si nota che, in generale, tali semplificazioni economiste sono il frutto della sociologia borghese e delle sue critiche sempliciotte del marxismo autentico. Un J. D. Bernal o un Joliot-Curie, oppure un Einstein, non compievano mai tali corti-circuiti. Poi, per i più scettici, si può sempre paragonare in modo esemplare le critiche borghese indirizzate contro la scienza sovietica simboleggiata in toto, per questioni di manipolazioni della paura, dai timidi e ben intenzionati esperimenti di Lyssenko, con lo sviluppo degli Organismi Geneticamente Modificati (OGM) contemporanei, e con la cosiddetta rivoluzione genetica messa al servizio della regressione filo-semitica nietzschiana.

A me sembra invece che le rivoluzioni paradigmatiche risultano appunto quando, fuori della struttura di dominio intellettuale delle classe dirigenti, si proceda ad una sintesi aggiornata proprio sulla basa di una migliore coerenza della dialettica globale. Ad esempio, tre (3) punti di arco erano un scandalo per Tyco-Brahe, ma uno (1) solo punto di arco lo rimaneva per Kepler, e lo rimaneva finché no si superava le contraddizioni almeno le più ovvie in modo globale. Visto da un altro lato più sociale, metaforico e ideologico, non era forse lo stesso questionamento che mettevano avanti Galileo, Giordano Bruno, Campanella oppure quel Menotti di il Caso e il verme simultaneamente alle prese con il percolare nelle masse delle avanzate scientifiche, e con l'implacabile repressione ideologica dell'Inquisizione? Per qui sa di cosa parla, mi sembra che i migliori scienziati che si reclamano di una o di un'altra " Nuova Alleanza " al servizio di una libertà senza uguaglianza, oppure di una qualsiasi elezioni divina esclusiva, sono necessariamente come tanti Bourgeois gentilhommes che fanno prosa senza nemmeno saperlo, ma che, intanto, imparano a ballare per fare bella figura in società come orsi addestrati per il circo (detto altrimenti, se si vuole, il prezzo della fiorentina è quel che è, altro che presupposizioni pre-assiomatiche!) Da questo punto di vista, Prigogine mi sembra emblematico; lui che da studente pensava modestamente di " andare oltre " (come oggi dicono in tanti) a Einstein, basta paragonare il suo contributo, sotto forma di una bruttissima sintesi di behaviorismo, di popperismo e di tourbillons probabilistici non-cartesiani, con quello del inventore della relativa ristretta e generale, il quale fu anche l'autore di Why socialism? per renderci conto: a me sembra che il presunto modello ordine-disordine, in realtà indotto più che altro dai lavori sulla fluidità della lava vulcanica di Haroun Tazieff, sia prosaicamente più compatibile con la buona vecchia dialettica della natura, nonché con le leggi di comportamento (!) di gruppi sociali, dai quali non si distingue neanche quelli fondati sopra la riproduzione sessuata dagli altri, così che il motore delle transizioni di fasi prigoginiane non é altre che un'approssimazione probabilistica che non coglie il movimento reale altrimenti che in un modo empirico baconiano. In somma, un modello già lacunare nel suo proprio campo, ma nientemeno importato, una volta ancora secondo lo stesso imperialismo paradigmatico delle scienze fisiche, nelle scienze sociali. L'approssimazione può essere utile, a volte anche la " roughness " di tale Benoît Mandelbrot ad esempio quando viene applicata ai cicli della macchina da lavare, in realtà più idonea al molino ad acqua immaginato da Lorenz ... - , ma non si può allora parlare di scienza, nel senso rigoroso secondo il quale disporrebbe di una maestranza del suo oggetto di analisi, dunque del suo universo specifico, come è certamente il caso tanto per Euclide che per Einstein.

Intanto, nel mondo capitalista, i scienziati sanno benissimo che niente rimane neutrale, né il finanziamento, né le ipotesi di ricerca ritenute; certe scoperte possibili in t2 non lo sono in t1. A questa seria di problemi metodologici e teorici dobbiamo poi aggiungere l'aspetto puramente epistemologico anticamente capito da Einstein ed altri come responsabilità sociale dei scienziati, oggi da riformulare in modo operazionale alla luce del principio di precauzione. (Aggiungo per incisa che il libro di Acsel permette in oltre di vedere tutta la differenza tra il possibile rosicruciano Descartes, e tanti antichi e moderni addetti della cabala che fanno girare i cubi, come bambini muniti di matita e plastica perforata per disegnare varie stelle con un bello automatismo che mette probabilmente in azione i neuroni ... della colona vertebrale. Detto questo la conclusione del libro di Acsel sembra pero un può debole con il suo rinvio metaforico alla cosmologia di Keplero vista come una pupa russa .. di forme geometriche perfette. Mi sembra per lo meno, ricordando la critica essenziale di Poincaré, che la nature della trasmissione dell'energia (luce, micro-onde o altre) in un ambiente più caldo non viene considerato, e nemmeno la diffusione dell'energia, neanche nel modello riduttivo del Big Bang, visualizzato come proiezione direzionale (in realtà cronologica-ideale piuttosto che come emissione ondulatoria sferica-volumetrica per dirlo in un linguaggio metaforico alla Giordano Bruno... Notiamo qui una cosa rigorosamente passata sotto silenzio dal paradigma della fisica e della chimica moderna, cioè la rappresentazione della struttura atomica, per mezzo delle probabilità, poi portata al suo termine da Heisenberg con il suo Principio di Incertezza. Ovviamente, noi non parliamo qui da fisico né da chimico, queste materie non essendo della nostra specializzazione; ne parliamo per quanto ne parlano gli epistemologi come Popper ed altri, usando pero della nostra metodologia marxista. Sembra allora più chiaro perché la fisica e l'astrofisica moderna non sono capaci di dare scientificamente conto di 80 o 90 % della realtà, perciò considerata anti-materia o materia nera... insomma, confondono il loro modello euristico, fondato sopra una prima approssimazione probabilistica della struttura dell'atomo e dell'elettrone, per la realtà. Questa non è più una questione vuota dato che la fisica è ormai cosciente dei suoi limiti, mentre la psicanalisi marxista pone problemi seri e punta anche alla metodologia necessaria per avvicinarli, anche in assenza di tecnologia assai potente, via le oggettivazioni del pensiero e della coscienza. Nel stesso spirito marxista, richiamandomi all'interdisciplinarità, almeno se non sempre per i risultati da sperare, almeno per le questioni da non trascurare, ho ricordato le note di Poincaré per quanto riguarda la costante luminosa in un ambito più caldo; ma non solo, vorrei anche chiedere se siamo sicuri dei dati estratti dal Effetto Doppler: Se si considera la luce cioè una forma specifica di energia come un vettore direzionale allora si avrà una determinata rappresentanza dell'Universo e anche della sua Genesi (Big Bang); non sarebbe forse ora di immaginare questa forma di energia, così cruciale per i modelli vigenti, sotto un angolo diverso, cioè sferico-volumetrico? Cosa succede alloro alla relatività ed al Effetto Doppler utilizzato per posizionare i referenti come pure per misurare le distanze e le velocità, e dunque inferire le masse? In questo ordine di idee mi viene in mente quella esperienza svizzera nella quale si manda un singolo elettrone (i.e. ovviamente secondo il concetto probabilistico del elettrone) in un cavo di fibre ottiche per poi verificare la stessa informazioni in due punti di arrivo diversi. Mi sembra che un paradigma sferico-volumetrico risolverebbe questo problema. Se si lancia una pietra in un lago, si scatenerà un onda circolare: ad ogni punto di quest'onda avremo le stesse informazioni. Questo risultato ottenuto in un spazio a due dimensioni può ovviamente essere generalizzato a tre dimensioni. Tutto questo detto sul modo metaforico di Giordano Bruno: pero non si può più usare il paradigma detto standard, o quelli derivati da questo (come sembrano essere anche quelli derivati dalle corde da quello che posso intuire da opere di volgarizzazioni, ad esempio il settimanale scientifico Science & Vie), per mettere in questione le oggettivazioni della psicoanalisi marxista; non si può neanche più eliminare la questione senza abbandonarla nelle mani non-scientifiche di ciarlatani freudiani e post-freudiani. L'interdisciplinarità risulta difficile dato la formazione degli uni e degli altri, nientemeno oggi, nel quadro del barbarico ritorno filo-semite nietzschiano all'oscurantismo di casta, coltivato come mezzo di potere, questa interdisciplinarità è diventata più doverosa che mai. Perciò, nel libro di Acsel piace anche il diagramma dei cinque elementi dell'Universo di Platone (p 290), derivati di Pitagora: altre che le sciocchezze dell'Albero di vita e dei zefiroti della cabala reazionaria, crociata e oscurantista!!! )

Il secondo elemento è da ricavare da Wittgenstein, più precisamente dal secondo Wittgenstein, quello che non teorizza più il linguaggio unicamente come il linguaggio parlato, evoluto, ma come una seria di idiomi. Cioè, il Wittgenstein che sapeva finalmente di non dovere limitarsi a cercare di andare oltre ai legami del tipo appartenenza, incrocio, esclusione ecc delle formalizzazioni logico-matematiche derivate da Bertrand Russell dal parsimonioso apparato assiomatico di Peano; il secondo Wittgenstein inizia in realtà un tentativo nuovo, il tentativo cosciente di ripensare la linguistica nella dialettica della natura e della storia. Si vede allora subito tutto l'interesse di questo risultato. Al livello logico-matematico nel quale si muove Wittgenstein questo porta verso la formalizzazione del teatrino di Socrate-Platone. Andando aldilà di Russell (più esperti di me dovranno confermarlo) verso il tentativo di formalizzare la sintassi generale del Linguaggio come identità contraddittoria degli idiomi, dunque in un modo dialettico e concreto, cioè fuori del riduzionismo derivato dal formalismo aristoteliano, (i.e. si tratta dunque realmente di un approccio marxista, anche se, sin dall'inizio, si è cercato di strumentalizzare Wittgenstein come alternativa al marxismo, alla più grande gioia del farabutto EP Thompson e delle sue peculiarità personali, aggiunte a quelle più simpatiche della sua Nazione. Vedi ad esempio il periodo di " fusione " sovietica personale di Wittgenstein prima del suo ritorno al lavoro della (critica) della filosofia.) Questa idea fondamentale fu ricavata da me. Ho cercato di metterla in pratica sfruttandone le virtualità innovative nella mia psicoanalisi marxista. Oltre alla dialettica della natura, alla dialettica della storia ed alla dialettica globale tradizionali, il concetto dialettico della pluralità degli idiomi permette di ragionare scientificamente anche sopra i limiti degli universi, e dunque permette di passare oltre alle vecchie idee spiritualistiche religiose coltivate da un Schopenhauer o, peggio ancora, dal ebreo convertito al cattolicissimo, Bergson. Permette sopratutto la comprensione fuori delle idiosincrasie di Freud (o di Jung ed altri del genere) della psicoanalisi, in altre parole permette la comprensione dell'identità contraddittoria non ancora totalmente delucidata in modo scientifico nelle sue ontologie, a volte solo controllabili tramite le oggettivazioni della Persona Umana investita di razionalità e di irrazionalità. Wittgenstein era vicinissimo a Sraffa, e così non aliene alle considerazioni marxiste, fra l'altro molto importanti nel suo paese di origine come viene testimoniato dal confronto con la Scuola di Vienna o con Traski; o ancora di Mack e dei suoi critici marxisti tra i quali Lenin. Si trattano qui di critiche altrimenti più importanti di quelle offerte in seguito dai pitre sovra-quotati della Scuola di Francoforte (incluso quello Habermas che, allo sgomento di Marcuse, chiamò la polizia all'interno dell'Università contro i studenti tedeschi negli anni 60!) Poco importa comunque le idiosincrasie, fatto sta che il secondo Wittgenstein è interamente e coscientemente dialettico, una posizione che lo porta a concepire il linguaggio non come una cosa astratta fatta per nominare approssimativamente le Idee ma, in modo concreto, come un insieme di idiomi testimoni tutt'assieme del risultato e della possibilità della trasformazione della natura e della storia da essere coscienti della propria coscienza.

Se poi si vuole dire che anche qui si deve andare oltre al marxismo, questo risulterebbe identico ad una presa di posizione in favore di Lutero e dei principi, contro i contadini e contro i minatori di Turingia, così cari al cuore di Müntzer. Sarebbe andare contro il movimento ugualitario della storia presentito genericamente da Fiore e adottato da tutti i marxisti tramite Marx e Engels. Almeno che, tralasciando Lutero, non si sia già preso la via della Gerusalemme del crociato San Bernardo e del dottore Summa!!! Lascio qui il discorso sopra la Città di dio di Agostino, l'Apocalisse di S. Giovanni apostolo rivisitato da Fiore, e la Città del sole, presa da Campanella dagli Arabi (via il ricordo di Heliopolis) e da Fiore; preme solo dire che non si può capire la differenza tra lo storicismo spirituale (incluso quello rabbinico-nietzschiano di Benjamin o quello di Croce) e la scienza nuova di Vico, iniziata con la secolarizzazione di Fiore (combattuta dai soliti reazionari con l'invenzione della cabala europea con lo scopo di rilanciare le crociate denunciate da Fiore, al stesso modo dell'invenzione anti-romana della Sibilla giudea.) cioè con la secolarizzazione della storia conclusa con il materialismo storico di Marx.

Non è forse vero che il linguaggio, come insieme di idiomi sociali, serve proprio alla formazione della coscienza individuale e di classe? Chi si dimentica ad esempio le pagine straordinarie di Gramsci sopra il fordismo e la sessualità? Più generalmente chi può ignorare lo spessore idiomatico che entra nella composizione di quello che Gramsci chiamava il ''blocco storico''? (Rimane dunque la questione degli idiomi non ridotti alle loro espressioni antropogenici o zoogenici, interrogazione che dovrebbe essere logicamente tratta dalla visione di Wittgenstein, unico modo per fare si che il reale sia veramente razionale e vice-versa; ma allora si debbono togliere certe limitazioni che si impongono a Wittgenstein stesso unicamente perché considerava solo le forme dei discorsi generalmente accettati come umani. I sensi di certi animali sono diversi dei nostri, nientemeno interagiscono efficacemente con il mondo reale (quest'efficacia rappresenta quello che si potrebbe chiamare una verità di esistenza, diciamo, dialettica perché adattata al suo oggetto, e non solo una questione di capacità tecnica. Di fatti, l'uomo imparò a volare quando cominciò a smettere di imitare gli uccelli. Ho già detto in Pour Marx contre le nihilisme che il rapporto tra Gödel e Wittgenstein dovrebbe essere investigato con più acutezza nel senso della dialettica, ed in particolare nel senso degli insiemi di idiomi corrispondenti a dati universi ed alle forme di comunicazioni tra di loro. Lavoro ancora tutto da fare. Si tratta di sapere se Gödel ci presenta un paradosso di importanza generale o solo un paradosso formale limitato ad un insieme di idiomi matematico-logici (i numeri) senza connessione necessaria con il mondo reale. (Ad esempio, là dove Wittgenstein verrebbe una pluralità di matematiche con oggetti propri, il spiritualista Gödel vede un paradosso generale legato al meccanismo dell'auto-referenzialità. Ad esempio l'analisi di probabilità - giochi di Pascal- può essere integrata nella dialettica di Wittgenstein come gli altri rami della matematica, ma non nella teoria di Gödel: in altre parole, la pluralità matematica derivata dalla pluralità del reale può prendere appoggio sopra il teorema dell'incompletudine che mette il sistema assiomatico di Peano-Russell in crisi ma non ne dipende nelle sue dimostrazioni, ne è piuttosto la risposta; l'incomprensione entro i due teorici tiene a questo punto cardine, nella forma seguente: l'incompletudine di Gödel era tirata da una petizione di principio spiritualista mentre la pluralità di Wittgenstein cercava di rispondere al criterio scientifico della falsificazione formale e concreta delle ipotesi e delle teorie.) Di fatti, (vedi ad esempio Douglas Hofstädter Gödel, Escher, Bach, InterEditions (1993) le fondazioni logiche della Logica e delle matematiche- interessano oggi meno delle applicazioni specifiche derivate dai lavori di Gödel e Turing, anche se alla fine Hofstädter deve interrogarsi sopra l'intrattabilità della ragione umana dietro l'Intelligenza Artificiale. Un Cyborg rimarrà sempre una costruzione umana. Anche da questa via si ritorna alla dialettica marxista: gli uomini e la società non possono essere sussumati ad una società di formiche alla Simon e Cyert; Simon e Cyert non vanno oltre alla constatazione che le scelte razionali sono spezzo solo dei trade-off, e che la predizione umana risulta difficile dato che l'umanità può essa stessa intervenir per falsificare le predizioni: ma il vero problema rimane quello più classico e più dialettico del libero arbitrio e delle sue possibilità materiali (i.e. dialettiche).

8b) Teoria della dissuasione come idioma

La potenza delle chiarificazioni di Wittgenstein relativi alla pluralità degli idiomi ed alle loro interazioni può essere illustrata dalla teoria della dissuasione militare, nella delucidazione marxista dovuta a Mao Zedong. Anche qui la demistificazione dei pericoli reali, raggiunta con il debutto dell'era nucleare, dunque con la possibilità di conseguenze incalcolabili per l'intera Umanità, aprì la porta alla comprensione scientifica della problematica generale della dissuasione militare, anticipata da Sun Tzu (6 e 8 agosto 1945 con le bombe A di Hiroshima e di Nagasaki, eventi drammatici nel contesto immediato dalla Liberazione, i quali, secondo certi biografi, contribuirono al successo istantaneo del esistenzialismo di Sartre dato la simultaneità delle sue prime conferenze del dopo-guerra.) Ad esempio, Thomas Schelling cominciò a scrive il suo Arms and Influence prima della crisi dei missili di Cuba. La sua comprensione della teoria dei giochi derivata da von Neumann e Morgenstern riposa sopra la chiarezza dei segnali, dunque sopra la razionalità delle motivazioni e dei calcoli. Il resto è affare di credibilità: se A possiede la capacità di annichilare B, B non si rischierà ad attaccare A, almeno se A ha mostrato una propensione chiara a difendersi. E vice-versa. Il che conduce al cosiddetto equilibrio del terrore, almeno finché la precisione delle armi e dei vettori nucleari (dunque dei danni relativamente localizzati) non diano la possibilità a Khan di concepire la sua lunga graduatoria della escalation con più di 50 gradini (!), portando in conseguenza con se un'inevitabile corsa agli armamenti, al contrario di quanto auspicato dalla teoria della MAD (Mutally Assured Destruction, teoria fondata appunto sopra il trattato ABM (anti-balistic missile treaty) oggi rimesso in questione dai filo-semiti nietzschiani con la messa in opera dello scudo spaziale, senza risparmiare l'Europa, con l'accordo segreto ma rigorosamente anti-costituzionale di Prodi, e con l'avvallo tacito e rinnegato dei pitre oggi dirigenti di Rifondazione.)

In realtà, subito dopo la crisi dei missili di Cuba, Thomas Schelling fu portato a modificare la sua prima versione della sua teoria: in effetti, sembrava che la razionalità dei dirigenti doveva essere assistita dalla protesi del cosiddetto Telefono rosso (in realtà, all'epoca, era un telex) capace di collegare direttamente il Presidente americano con il massimo dirigente sovietico, in modo da potere evitare le distorsioni indotte dalle strutture anche burocratiche - dei regimi esistenti, ed in particolare dalla volontà dei falchi americani, mai rimessi dalla destituzione effettiva del generale MacArthur, vincitore della guerra del Pacifico, da Truman durante la Guerra di Corea, di applicare comunque la teoria del " containment " appoggiato opportunisticamente dalla volontà di provocare un ''roll-back'' sulla base della certezza che i Sovietici, da comunisti, non si deciderebbero mai a sacrificare il loro proletariato assieme al proletariato americano (in altre parole, si era concluso che i comunisti erano ideologicamente predisposti to " blink first ", questo essendo visto come un difetto delle filosofie dell'uguaglianza nell'ottica nietzschiana.) La verità sul terreno, mai ammessa né da Schelling né da Graham Allison, autore del paradigma della " bureaucratic politics ", fu la seguente: contro l'ordine della Casa Bianca, i militari americani decisero di provare nuove bombe anti-sommergibili sapendo benissimo che sottomarini sovietici stavano facendo scorta alla nave che si dirigeva verso il cordone sanitario marittimo illegale- imposto da Kennedy attorno all'isola caraibica. Questo spiega perché, corto-circuitando i canali diplomatici ordinari, il fratello del Presidente, Robert, decise di adottare il famoso stratagemma: rispondere alla prima offerta di Khrushchev di disinnescare la crisi con il ritiro simultaneo dei missili russi di Cuba in cambio del ritiro dei missili americani posizionati in Turchia, nel vicinissimo fianco sud dell'URSS, invece di rispondere ad un secondo messaggio, più fermo, di Krutshchev, appena arrivato sulla scrivania del Presidente. Il Telefono rosso installato subito dopo la crisi serviva dunque a ridare il controllo alla politica sopra le derive militaristiche difficili da controllare sul campo di battaglia (confusione dei segnali, dell'informazione e della loro origini), ma nientemeno capaci di scatenare una escalation militare-nucleare poi inarrestabile dato il contesto e il tempo di reazione necessario (Un missile intercontinentale metteva all'epoca tra 15 e 20 minuti per andare da una superpotenza all'altra.)

Ovviamente, questa nuova razionalità politica dipendeva strettamente dal quadro di riferimento principale. Ma si muoveva strettamente nel quadro della bipolarità, e della sua disciplina di blocchi. Aprendo dunque fatalmente lo spiraglio della contestazione multipolare: come immaginare, chiedeva il Général De Gaulle, che gli USA siano pronti a sacrificare la California per salvare Berlino, anche con l'invenzione del cosiddetto " trip wire ", ovviamente utile per fini politiche-economiche? (" Ich bin ein Berliner ", dopo il Piano Marshall e il riarmamento tedesco nella Nato, ambedue concepiti come vassallizzazione dell'Europa, legandola in modo subalterno alla logica del capitale mondiale diretto dalla Federal Reserve con l'aiuto delle due gemelle di Bretton Woods e del Gatt, oggi l'OMC, ecc ...) Questa rimessa in questione multipolare portò allo sviluppo autonomo della bomba da parte della Francia e da altri paesi, in modo di potere rimanere unici maestri della propria dissuasione. E dunque locutori indipendenti.

Ma la critica più fondamentale venne da Mao, il critico marxista di Sun Tzu : questa critica può essere riassunta in una sola frase, la manipolazione dell'irrazionalità nel contesto del esigenza di credibilità della dissuasione, sia pure del debole al forte, come MacArthur ne fece la drammatica esperienza in Corea! L'idioma discorsivo doveva allora essere interpretato con meno ambiguità, in particolare per quanto riguardava le illusorie assunzioni nietzschiani. Diceva in sostanza Mao: per un dente, tutta la bocca; per un occhio, i due occhi, ed in tale modo conservava l'adesione del proprio campo, malgrado le critiche del revisionista Krushchev. La manipolazione dell'irrazionalità, mette in campo più idiomi; diventa così un metodo per riportare l'avversario alla razionalità, obbligandolo a non imputare motivi al suo nemico ed a controllare la propria situazione assieme ad i propri calcoli, prima di agire. Si può facilmente verificare oggi l'acutezza teorica di Mao quando si pensa alle pretensioni dei putativi maestri del mondo filo-semiti nietzschiani e sionisti: dove i loro discorsi demagogici non sono neanche ascoltati, vengano ineluttabilmente distrutti, anche se solo a piccolo fuoco, dato la disparità della potenza e della versatilità delle armi. Dove si cerca di negoziare in buona fede, vedi M. Abbas, si finisce con la deportazione, i bantustan, e la soggezione silenziosa. Malgrado tutto questo, i neo-crociati filo-semiti nietzschiani, non contenti del disastro subito in un Iraq, preliminarmente disarmato da 10 anni di embargo, mantengono la speranza lunatica di essere in grado di sottomettere con le armi tutto il Medio-Oriente, e dopo di questa regione tutti i rivali potenziali dell'asso Tel Aviv-Washington. Questa è una visione demenziale di Apartheid Globale stabilito con il controllo unilaterale dei flussi di informazione e di tutte le risorse strategiche mondiale; questa è una follia guerresca che pretende sempre sostituire la stessa irrazionalità fanatica del containment con il roll-back alla negoziazione in buona fede di un regime generale di controllo degli armamenti, nel rigoroso rispetto degli articoli IV e VI del Trattato di Non-Proliferazione. (In breve, questi due articoli offrivano un qui pro quo : le potenze nucleari esistenti distruggevano le loro armi nucleari e promettevano di condividere la tecnologia nucleare civile (articolo IV), in cambio del rinuncio da parte dei paesi non-nucleari ad acquistare la bomba atomica secondo la logica della sovranità e della legittima difesa (articolo VI). Oggi, i Stati Uniti ed Israele non solo modernizzano i loro arsenali militari aggiungendo senza scrupoli il destabilizzante scudo anti-missilistico, ma pretendono ottenere il disarmo completo di tutti i loro rivali potenziali!!! Si nota che sulla scala internazionale, Israele è un piccolissimo paese, oggi solo capace di vivere di assistenza internazionale; viene così assistito annualmente con 3 miliardi di aiuti americani ed altri 3 miliardi proveniente dalla UE malgrado l'altissimo tasso europeo di disoccupazione ed il sotto-finanziamento delle scuole e della ricerca; a questo si aggiungono altri accordi commerciali e militari, malgrado il fatto che Israele, Stato coloniale, irredentista e aggressivo, dispone illegalmente di circa 300 ogive nucleari, senza che nessuno parlasse mai del suo imperativo disarmo! Intanto, da noi, c'è chi preferisce adottare il discorso dei presunti maestri del mondo, vestendolo vigliaccamente di parole di pace, e portando cosc il Paese a disonorarsi, calpestando la propria Costituzione (Articolo 11) e sprecando denaro pubblico per la guerra invece di finanziare la sanità, le scuole e le università; e questo avviene mentre i dirigenti rinnegati attuali del Prc e del Pdci disonorano il proprio Partito, erede di quelli comunisti che contribuirono a scrivere la nostra Costituzione partigiana! Comunque, se si sceglia di fare il mestiere del basso clero al servizio del Martello nietzschiano, anche in questo ramo si deve per forza pretendere andare oltre al marxismo ... ma allora perché continuare a farsi pagare da comunista o da professore marxista?

Un Paese come l'Italia non può partecipare a missioni militari al infuori della sua auto-difesa sul proprio territorio nazionale; non lo può neanche permetterselo nel quadro di una alleanza con organizzazioni del tipo della Nato, messe perciò sotto l'egida della Carta delle Nazioni Unite, e della sua congruenza con il nostro Articolo 11, come De Gasperi aveva ben capito. Il nostro Paese non può adottare una strategia Nietzschiana-Schmittiana di strumentalizzazione della paura (narrazioni oscurantiste al posto di discorsi scientifici) per demonizzare gli opponenti esterni alle aggressioni dei nostri presunti alleati, o per demonizzare l'opposizione interna fondata sul rispetto della nostra Costituzione. Figuriamoci poi la partecipazione a sciagurate avventure crociate filo-semite nietzschiane, con i loro corteggi di crimini di guerra, l'aiuto occulto degli nostri agenti ai crimini della CIA o di altri servizi di spionaggio esterni (kidnapping di cittadini sul nostro suolo nazionale, detenzione abusiva nei nostri aeroporti ecc ); la nostra costituzione non permette la partecipazione, figuriamoci poi della partecipazione segreta, alla messa in campo sul nostro territorio del destabilizzante scudo anti-missilistico interamente sotto controllo americano! Nei casi dove il nostro Paese non può partecipare perché le relazioni internazionali vengono sottomesse al ricatto dei veri Stati canaglia (" rogue States ") filo-semiti nietzschiani, la migliore soluzione rimane quella di rimanere politicamente neutrali, rafforzando la nostra propria auto-difesa, pur venendo alla riscossa delle vittime civili di ogni parte implicata in eventuali conflitti tramite le nostre Organizzazioni Non-Governative, mentre al livello diplomatico, fuori del voyeurismo delle telecamere, si lavorerebbe per il ritorno al rispetto della Carta fondamentale delle Nazioni Unite e delle leggi internazionali, incluso le 4 Convenzioni di Ginevra.

8c) Etica, marxismo vs filo-sionismo nietzschiano.

Qualche piste di ricerca marxiste possono anche essere date al soggetto dell'Etica, se non altro per dissipare le sciocchezze di tipo utilitariste e temporalmente determinate secondo una dottrina benthamita assegnata a torto a Marx. E in causa un modo di parlare di Etica e di morale secondo il lassismo di certe critiche letterarie contestuali, che ignorano tutto della logiche dei " concrets pensés ". Non entreremo qui nel dettaglio, basterà riportare alla luce le vere innovazioni di Kant in materia, assieme alla posizione di Marx ed alle regressioni oscurantiste proposte recentemente da un Habermas, finalmente liberato dalle sue maschere residuali grazie alla sparizione dell'Unione Sovietica e del Blocco dell'Est. Si vede ad esempio l'incomparabile piccolo opuscolo kantiano intitolato Fondazioni della metafisica dei costumi, opera maestra da rivisitare alla luce dei concetti marxiani che informano la Critica del Programma di Gotha, perché è ovvio (vedi Gramsci) che il campo etico investe il concetto laico di cittadinanza e la giustizia sociale fondata sopra la conquista del libro arbitro e delle forme politiche a lui meglio adeguate. (Ho già detto altrove che Habermas ha tentato un'operazione canaglia di subordinazione della teoria etica di Kant al Levitico; oggi si ribalta sopra il concetto di laicità, senza convincere più di quando si pretendeva marxista ma chiamava i poliziotti contro il studenti; il fatto sta che nella sua marcia indietro questo pitre emblematico, vergogna della filosofia moderna, non si rammenta più della differenza tra laicità ed ateismo: ovviamente il trittico fondamentale di Marx esposto nella Questione ebrea, proprio quello fondatore del socialismo, emancipazione religiosa, politica, e umana, non è mai stato percepito da questo teorico mediaticamente acclamato! Sarà così difficile capire che la laicità è una garanzia costituzionale mentre l'ateismo (né dio, né maestro) è una questione di educazione e di sviluppo delle coscienze individuali e collettive necessaria per realizzare l'uguaglianza e la libertà aldilà del quadro legale? La laicità può coesistere con le classi sociali: l'ateismo - che non implica la fine della spiritualità - è il segno dell'indipendenza assunta della coscienza. Vi faccio grazie poi dei rivelatori consigli progressisti di Habermas ai Coreani del Sud sul processo di unificazione: qui s'assemble se ressemble... La falsa rappresentanza non è solo questione di politica rappresentativa!)

Ordinariamente Kant viene male interpretato secondo una visione anacronistica mescolata ad una sempliciotta visione della storia della filosofia. Fenomeni e noumeni no ci rimandano a Platone rivisitato da Plotino. Ci rimandano invece alla questione filosofica centrale in Occidente sin da Descartes, cioè la base ontologica della logica e della filosofia e dei suoi meccanismi di accertamento scientifici, in autonomia della fede. Una volta situato il problema principale direttamente confrontato da Kant stesso, si può allora giudicare del suo percorso, tenendo conto di quello che ignorava; possiamo così fiduciosamente congetturare che avrebbe sicuramente modificato quello che risulta essere un idealismo (per chi considera la Critica della ragione pura in astrazione della Critica della ragione pratica, e per chi, contrariamente a Marx, non ha notato la distinzione tra metodo di investigazione e metodo di esposizione delucidato nella Critica della ragione pura ecc. ) Feuerbach possedeva già la vasta antropologia e etnologia culturale mondiale esposta da Herder, assieme alle opere scientifiche che portarono per esempio a Darwin, il che li permetteva, contro un Descartes troppo unilaterale, di affermare un nuovo punto di partenza : Ich fühle, ich bin. Kant non aveva gli stessi strumenti e si svolgeva in un dominio ancora non diboscato, a parte la Scienza Nuova di Vico. Kant, come Vico, ma in un modo che si potrebbe dire oggi più positivista, perché iscritto nella logica scientifica legata a Descartes, Keplero, Leibniz, Newton ed ai propri studi astronomici, cerca di stabilire il statuto autonomo del pensiero umano. La sua modernità va paragonata ad esempio con il deismo del Leibniz, pesatore raffinatissimo dei modi, relazioni e sostanze. La ripresa kantiana della prova di Anselma dell'esistenza di dio diventa un chiarimento preliminare necessario per liberare il campo del libero arbitro e quello delle verità sintetiche o analitiche a priori (cioè molto lontano dal libero arbitro puramente morale di Santo Agostino.) Kant completa così in questo campo l'opera di aggiornamento scientifico iniziata da Descartes. Per Kant al contrario di Platone o di Leibniz non si può dimostrare né l'esistenza né l'inesistenza dell'immortalità dell'anima o di dio, questioni che, di conseguenza, non appartengono al dominio della scienza e vengono mescolate solo per paralogismi o peggio ancora per oscurantismo volontario di classe e di casta. Le leggi della Provvidenza diventano ormai un affare umano e scientifico, non risultano più essere l'affare esclusivo delle gerarchie ecclesiali (anche se con la sua staticità ordinaria Kant svilupperà la sua teoria dello Stato di diritto invece di seguire Vico nel divenire storico degli affari umani.) Quello che si potrebbe rimproverare a Kant è di non tenere conto della differenza tra ragione pratica e storia, anche se come vedremo le questioni politiche del suo tempo non li fuggivano. Rimane che l'affermazione dello spirito umano e del suo libero arbitro pone le prime base dell'Etica come scienza - imperativo kantiano -, mentre rimane di prima importanza per la psicoanalisi marxista come viene illustrato nella seconda parte del mio Pour Marx, contre le nihilisme (vedi sotto.)

Tutte le versioni di investigazione moderne, da Hegel, a Feuerbach, a Marx, fine alla semplificazione Oggetto/Soggetto di Ernest Bloch, debbono fare i conti in una maniera od un'altra con Kant. (Si nota tra parantesi che Bloch sapeva di andare un può fuori del marxismo, preferendo così migrare all'Ovest, nel senso che si riattaccava a Leibniz, in realtà, come l'autore del Principio Speranza ben sapeva, alla cultura rabbinica più che a Freud per difendere un'ontologia del Soggetto umano ontologicamente schizoidia, una posizione ontologicamente biblica-religiosa, dunque senza fondamenti scientifici ricevibili, come appare della mia psicoanalisi marxista; ma l'erudizione marxista di Bloch non ne soffre troppo. Di più, la posizione di Bloch era altrimenti più onesta dell'entrismo pluralistico borghese mascherato come ortodossia marxista all'immagine di quello entrismo praticato dal volgare Georg Lukacs, per il quale il pluralismo borghese contro-rivoluzionario divenne, malgrado la falsa apologia di Lenin, il nec plus ultra della democrazia socialista, cioè dopo l'eliminazione di Beria e dei suoi noti alleati sionisti che volevano regalare il Bloc dell'Est alla Nato! L'esistenza precede la coscienza!)

In generale, quando si considera Kant, lo si fa in modo anacronistico, senza considerare i suoi problemi specifici. L'impegno primordiale di Kant è più ontologico ed epistemologico, nonché teorico. Gli idealisti che lo seguirono sul piano del mondo delle fissioni (per utilizzare la tipologia di Vico) furono impegnati più con i fondamenti della logica formalizzati nelle matematiche e nei suoi meccanismi di controllo e di falsificazione interni (gli assiomi di Peano ripresi e sviluppati da Russell, il criterio del vero e del falso secondo Tarski ecc.) I veri continuatori di Kant furono quelli che lo storicizzarono nel campo della filosofia e della sua critica del campo politico! (Secondo la mia tesi relativa a questo soggetto, la storicizzazione di Kant, tramite Hegel, porta dal " concetto " kantiano, diverso dell'Idea socratica, al " concret pensé " di Marx; con Marx - ed Althusser - si chiarifica il processo di investigazione bene compreso da Kant ma lasciato un può fuori dell'argomentazione (pris pour acquis) la quale si svolge proprio sulla base di una concettualizzazione già in atto, diciamo, dalle percezioni, all'intuizione e fine ai concetti analitici e sintetici a priori: perciò, Kant insiste sopra i paralogismi nonché sul difficile parto storico dei concetti.) Tra parentesi, dovrebbe ora risultare chiaro che molte confusioni e false battaglie di scuole (l'esempio pio vuoto, e dunque più odioso, essendo l'incolta e totalmente inutile opposizione tra un determinismo ed un indeterminismo generale da parte di Karl Popper) perderebbero la loro nuoceva salienza intellettuale se si imparasse prima a distinguere tra ontologia, epistemologia, metodologia, teoria e ideologia, forse rileggendo il Marx dell'Ideologia Tedesca o quello dell'abbozzo della Metodologia. Platone Idealista, Aristotele empirico, Eraclito storico-dialettico? E via dicendo per tutti quelli che arrivarono prima e dopo di loro. Il punto non è retorico perché un certo maxianismo accademico replicò poi queste false opposizioni nelle cosiddette teorie economiste fondate sopra il primato delle infrastrutture, quelle fondate sopra le superstrutture e le cosiddette teorie riflessive mentre, come ho mostrato, si tratta di dialettica della natura, di dialettica della storia e della dialettica globale che unifica queste due secondo l'ottica dell' identità contraddittoria la quale determina l'Essere umano reale nel suo contesto determinato. L'Idealismo di Platone pone Numeri e Idee, cioè una tassonomia ideale perché ristretta al mondo delle fissioni; poi pero inventa una metafora per spiegare la loro comprensione: il mito della caverna. In altre parole, Platone si concentra sopra la questione della certezza filosofica, non della sua genesi. In altri passaggi, nella bocca di Socrate, si mostra la relazione del mondo concettuale ed etico con il lavoro umano, ma per modo di specializzazione. (Socrate coinvolge gli artigiani e gli altri mestieri nelle sue analisi proprio come pratica di una conoscenza pratica, dopo tutto se il Bene non è il mero Buone, non va senza di esso - i.e. dominio degli " distinti ".) Specializzazione e ricordi del mondo concettuale sopra il quale Platone cerca di fondare una repubblica ideale, purtroppo mantenuta stabile da una nobile menzogna, visto che l'alchimia umana della nascita e dei ricordi funziona male, oltre alla coerenza delle strutture familiari già denunciata da Aristotele. Aristotele cerca la certezza nella generalizzazione empirica - questo è un cane specifico ed abbaia, tutti quelli che possono entrare empiricamente in questa categoria (o ensemble) saranno cani; la certezza scientifica va cercata non in modo diverso ma sopra un piano differente. Descartes e Kant per conto loro cercano meno a giustificare la certezza che il processo intellettuale umano con quale si ci arriva. Ma come viene denunciato, almeno per quanto riguarda Descartes, da Vico, lo fanno in modo unilaterale: tutto diventa geometria o geometrizzabile con l'aiuto dei progressi analitici cartesiani.

Mi sembra che senza il contributo scientifico laico di Kant, né Hegel, né Feuerbach, né Marx sarebbero stati possibili, in assenza di Vico e di Jean-Jacques Rousseau. La dialettica di Marx diventa allora la vera rottura epistemologica del pensiero moderno, proprio come analizzato dal grande Louis Althusser, malgrado le difficoltà residuale presente nella presentazione delucidata della legge del valore (il falso problema della trasformazione, ecc.) Tale rottura epistemologica riguarda la certezza nella scienza, la delucidazione scientifica delle leggi empiriche, delle leggi generali e delle leggi universali; riguarda dunque il senso profondo della scienza e dei suoi meccanismi. Opporre un giovane Marx ad un Marx maturo, per dire che l'uno è più idealista dell'altro non ha senso, è perciò Althusser non le fece mai; quello che espose a ragione Althusser consiste a dire che dopo la dimostrazione scientifica del Capitale, non si fa più scienza come prima, nel stesso modo se si vuole che Lavoisier aveva già tagliato corto con la metodologia fantasticata dell'alchimia. Così la scienza chimica non è più la pratica " chimica " esistente prima che Lavoisier non ebbi, logicamente ma anche sperimentalmente dimostrato con massima chiarezza il suo principio rivoluzionario secondo il quale : Niente si crea, niente si perde, tutto si trasforma. Rimaneva solo da delucidare progressivamente l'intera tabella degli elementi chimici fondamentali, ed a cominciare la storia dalla chimica vera e propria come campo di studio finalmente estratto dalle sua preistoria. A parte la truppa dei pitre e dei ideologhi di regime, qualcuno vorrà forse dire che l'economia, la storia e tutte le altre discipline rimangono le stesse dopo quel Marx in pieno possesso della sua teoria del valore, prova irrefutabile della portata dialettica del materialismo storico? Se tale fosse, perché tutta questa energia sprecata per cercare di occultarla, dato l'impossibilità di negare il suo aspetto inerentemente scientifico? O detto prima che Wittgenstein, più di Gödel, ha contribuito una critica degli idiomi, ed in particolare degli idiomi formalizzati della logica. Per ogni universo formalizzato ci sarà una logica specifica, non in quanto logica per se, ma in quanto logica adeguata al suo oggetto. Non sarà forse questo che dimostrano tutti i giorni le tecniche delle scienze applicate? In materia di scienza in generale non sembra poi evidente che il filo-semitismo nietzschiano attuale porta indietro, non solo relativamente a Marx, ma anche relativamente a Kant? Il che ci impone di affermare che si tratta di un vero e proprio oscurantismo contro-scientifico e contro-repubblicano, una regressione intollerabile, e fra l'altro, come un Presidente della Camera dovrebbe saper se non altro per ouïe dire, formalmente proibita, come d'altronde tutte le altre forme di fascismo, dalla nostra Costituzione partigiana.)

L'imperativo kantiano: ''non fare agli altri quello che no vorresti che sia fatto a te'', diventa dunque la base del pensiero repubblicano e laico, anche se in modo latente in Kant, perché questo principio riaffermò al più alto livello un principio dimenticato dalla Chiesa e dalle élites, cioè l'uguaglianza imprescindibile di tutte le persone umane e di tutte le coscienze, indipendentemente del livello di educazione formale o della posizione sociale. Il primo articolo della costituzione della prima Repubblica francese recitava similarmente: la libertà degli uni si ferma là dove comincia quella degli altri. Tale principio kantiano è un principio etico interpretato da sistemi morali concreti ma secondo un sistema di valutazione ormai delucidato dalla scienza. (In particolare, per la fondazione dei diritti umani moderni, fuori della barbarie della Chiesa e della sua Inquisizione, come pure del potere politico. Non sarò certo io a negare le lacune relative all'assenza di dialettica storica in Kant, ma nemmeno io a volere negarli il posto di pioniere del metodo scientifico moderno delucidato nella sua ontologia di base.)

La delucidazione scientifica tra Etica e morali concrete va poi interpretata, non tanto nel presunto paradigma astronomico, una versione terrestre dell'armonia delle sfere di Keplero alla luce delle scoperte di Newton, se vogliamo riassumere, ma più direttamente nel pensiero pratico relativo alla pace fondata sul ''stato di diritto'' (versione kantiana del diritto della gente) ed al futuro del continente europeo. Questo ci rimanda immediatamente, senza troppo giri inutili, al testo di Bernardin de Saint-Pierre relativo ai Stati Uniti di Europa e dunque, ovviamente, alla magistrale critica fraterna di Jean-Jacques Rousseau, proprio quello Rousseau che i massoni di regime, più perspicaci di certi filosofi moderni, temevano con panico, per i suoi abbozzi di costituzione (Polonia e Corsica) nei quali Rousseau non presentava altro che delle transizioni, culturalmente adattate, verso la piena ma evolutiva applicazione del Contrat social e della sua volontà generale cittadina. Si, c'est la faute à Rousseau! (pace Della Volpe, autore troppo volterriano, e pace Coletti, mai veramente leninista o marxista, ma finito a destra ... con Berlusconi !). Senza volere fare troppi discorsi, mi sembra che la tesi del livello etico-politico di Gramsci va interpretata in questa luce, sottolineando che con la delucidazione della legge del valore e del materialismo storico, Gramsci non parla più di approssimazioni morali (secondo chi sa quali criteri) ma di applicazione etica al mondo politico, cioè di realizzazione dell'uguaglianza nei meccanismi stessi della società e della politica. Il trattino gramsciano denota un risultato ed un esigenza eminentemente comunista, oltre che una semplice combinazione di due termini in apparenza opposta. (Va ricordata la difesa gramsciana di Machiavelli nel senso che il suo realismo, a volte freddo se non addirittura cinico, si spiega analogicamente solo con la ricerca di un fine generale superiore, in occorrenza per quello uomo di Stato escluso ed assieme teorico politico moderno, l'unità dell'Italia.)

In questo senso si può allora capire la posizione etica di Marx, proprio di quello Marx che denuncia le morali come ideologia di classe per fondare l'etica autentica come risultato del processo storico (socialismo e comunismo), come meccanismo interno del processo di lavoro non alienato, e dunque di tutto il campo delle relazioni di produzione, delle relazioni di distribuzione e delle relazioni giuridiche nel senso largo. L'etica in Marx non è un criterio esterno, ma interno alla riproduzione dell'uomo nella natura e nella società. Posizione espressa sin dalle critiche certe giovanili, ma nondimeno difficili da uguagliare, alla filosofia del diritto di Hegel fine al magistrale Critica al Programma di Gotha, nel quale, all'immagine di Rousseau con il suo Contrat social, si presenta una fase transitoria verso i principi socialisti riassunti con le magnifiche frase : Da ognuno secondo le sue capacità, ad ognuno secondo il suo lavoro, per finalmente arrivare al primo stadio storico del comunismo realizzato, gestito secondo il principio : Da ognuno secondo le sue capacità, ad ognuno secondo i suoi bisogni. Così si arriva alla realizzazione o internalizzazione concreta e cosciente del Imperativo kantiano ovvero, in termini di Marx, al " recupero del Uomo dal Uomo stesso ".

L'etica e le morali non vanno più capite senza Marx. Quando si pretende andare oltre Marx, si va anche oltre Kant, questo essendo il segno infallibile di una regressione volontaria o calcolata. Per Nietzsche, l'etica doveva essere trattata come la scienza: con timore e con la perpetua falsificazione da parte delle caste dominanti. Questo principio fu derivato dal sifilitico Nietzsche (all'epoca, la sifilitica, da lui acchiappata a Parigi mentre le truppe prussiane aiutavano a massacrare la Commune de Paris, si curava con rimedi a base di piombo e di mercurio ... proprio adatti per partorire un Grande maestro ... ) dalla sua demenziale (volontarista?) e regressiva riformulazione del divenire storico, carico del suo ineluttabile superamento dal sfruttamento dell'Uomo dall'Uomo. Sforzando tanto Schopenhauer che Machiavelli assieme agli teorici della ragione di Stato, Nietzsche operava in chiave rabbinica, cabalistica ed asiatica (ad esempio la sua legittimazione delle Leggi di Manu, e degli altri testi (ri)scoperti e manipolati dai servici militari inglesi ed occidentali che dominavano allora l'India e l'Asia) col la speranza vana di salvare le classi dirigenti europee dalla loro sparizione storica, assieme ai loro idoli. La scellerata critica del Progresso, come quella dell'etica necessariamente ugualitaria che irruppe nella prima Dichiarazione Universale dei Diritti Umani della Rivoluzione Francese salutata da Hegel, e portata a termine da Marx ed Engels con il loro ineguagliabile saggio intitolato La Sacra Famiglia, non rappresenta niente altro che il ritorno ragionato alla barbarie umana, unico modo per salvare la società di classe e di caste con la sua peculiare cultura esclusivista e discriminatoria (bello istinto vitale!) Tutti sanno che La Sacra Famiglia include la Questione ebrea, un'opera nella quale viene magistralmente esposta la necessita delle tre emancipazioni, religiosa, politica ed umana, un trittico altamente significante che non vale se rimane incompleto, il che ci dovrebbe vaccinare contro ogni ricaduta tardiva ed incolta nei schemi liberisti delle vecchie logge massoniche, anche quelle meno regressive, del tipo Illuministe del Secolo dei Lumi.

Nella Scienza Nuova Vico si rende conto che il suo pensiero con il suo concetto di lotta delle classi spinge la storia verso la forma democratica, pero sembra incapace di superare la vecchia tassonomia dei regimi possibili, ereditata da Aristotele, per la quale la forma democratica rimane fondamentalmente instabile; questo idealismo arcaico, perché ancora privo della conoscenza della dialettica delle forze produttive e dei rapporti di produzione, rimane alla base del cosiddetto liberismo inteso in distinzione, ed a volte in opposizione, al liberalismo, arcaismo che permea il pensiero massonico Illuminista (difesa della proprietà privata) e quello di Croce, il quale risulta in questo senso ontologicamente a-democratico senza essere né totalmente nietzschiano né gentiliano. Non a caso le prime forme democratiche erano censitarie, l'agorà comune essendo aperta solo ai pochi fortunati! L'ultimo esempio della regressione nietzschiana alla quale si è accennato sopra può essere verificata nel libro di Jürgen Habermas scritto una decina di anni fa; libro tutto consacrato a questa materia, nel quale Habermas si propone, tra i righi, di indurre un ritorno al Levitico come alternativa a Kant! Ritorno accompagnato da un federalismo europeo venduto alla concorrenza libera e senza freni (per l'appunto, quella del defunto Trattato costituzionale europeo) e totalmente subordinato all'Alleanza atlantica! Nel stesso tempo, i suoi collegi di stessa origine sociologica, e se si vuole nazionale e religiosa, pretendevano rimpiazzare la Carta dell'ONU e la Dichiarazione Universale dei Diritti Individuali e Sociali dell'ONU con lo stesso Levitico: chi pretenderebbe dubitare ritorna alle pretensioni manifestate a Durban, come pure alla mezza in scena filo-semitica nietzschiana di falsi genocidi per giustificare l' epurazione ideologica anche in Europa; cioè, in assenza dell'Unione sovietica, è in gioco la sostituzione del tribunale di guerra di Norimberga, ma dominato dai soli Vincitori Occidentali, all'ONU ed al Tribunale Penale Internazionale di Roma (di fatti, gli USA hanno adottato una legge canaglia che protegge con la forza i suoi dirigenti e i suoi soldati da ogni azione del TPI, il quale serve solo per le vittime designate dell'Imperio, mentre Dershowitz ed altri teorizzavano, ad Harvard e nel Diparto della Giustizia US, la generalizzazione della lunga pratica israeliana della tortura sotto controllo medicale (!) nei Stati Uniti ed altrove, vedi Abu Ghraib etc.) Questo avviene mentre i Nuovi Ideologhi crociati rafforzavano il loro impegno per riabilitare i dottori nazi come Carl Schmitt e Martin Heidegger allorché, contemporaneamente, si pianificava non solo la " separazione " (!) secondo il pitre Finkielkraut, ma anche la deportazione pura e semplice dei Palestinesi delle loro terre, con la speranza lunatica di potere coronare questa bell'opera di regressione generale con la costruzione del tempio illegittimo di Salomone, tempio del quale importa ricordare che non esiste la minima tracia archeologica scientificamente accettabile. Ma, in tutto questo, Habermas non innova più di tanto: il Croce massone liberista, bagnato dall'ambiente anti-democratico, o per meglio dire di democrazia censitaria ispirata ai teorici svizzeri anti-comunisti ed anti-proletari come Nietzsche, Michels, Pareto ecc, l'aveva preceduto; a Croce si aggiungono i Sorel ed altri Bergson, teorici sposati ad un'ideologia pervertita in apologia dell' " azione pura " (i.e. la forza brutta) da Gentile, nel nebbioso contesto modernista del futurismo impazzito di Marinetti, pitre che venne denunciato allora come " caffeina dell'Europa ".) Non sorprende che Croce acconsentì, in silenzio, alla presa del potere del fascismo, con qualche contorsioni di ultima ora forse per la posterità (1) dopo il 43, offrendo così, nel contesto cattolico italiano, la variante regressiva convenzionale della filosofia della libertà delle élite astratta da ogni inquinamento di uguaglianza. (Dopo tutto, l'anti-clericale protestante Nietzsche considerava Wagner come un traditore ...)

Abbiamo visto che la pace viene sussumata nel campo etico da Kant: per chi tiene presente l'opportunismo inqualificabile di Bertinotti sopra la questione della pace, diventa allora chiaro dove pretende portarci questa pretensione di andare oltre Marx. Sarebbe meglio leggerne qualche righe prima di pretenderne parlare, oppure di pretendere appoggiarsi su un Benjamin non letto di fatti, conosciuto solo dalla mia ripresa della metafora dell'angelo ed adottato in fretta per il solito know-tow ai nuovi maestri putativi del mondo! Purtroppo, Benjamin non è un autore più avanzato di Habermas in questo ramo, in realtà i suoi soggetti e le sue critiche della letteratura francese seguano Nietzsche, ma in un senso più convenzionalmente rabbinico-cabalistico, o se si vuole in un senso storicista. Questo malgrado il drammatico contesto della sua epoca che lo condurrà ad una morte di fuggitivo incredibilmente tradivo, chi sa con quale consapevolezza idiosincratica del angolo nel quale soffiava allora l'angelo disperato della metafora, oppure quelli spiriti impazziti dei " quaderni bianchi ", comuni in quelli tempi nel contesto delle solite legende rabbiniche-cabalistiche bagnate da improbabili invocazioni a Golem, mentre fuori saliva inesorabilmente alla luce del sole il nazismo, secondo una logica epifenomenale descritta con acutezza da Guattari.

8d) Etica e relazioni giuridiche (contro l'osceno EP Thompson et ali.)

C'è stato un tempo nel quale si cercò di fare delle relazioni giuridiche una disciplina a parte, il che apparse a prima vista come una regressione nel vecchio stile di insegnare la politica e le relazioni internazionali, rispetto all'enfasi posta sopra la lotta di classe e l'evoluzione economica. Nella mia restituzione del piano di esposizione del Capitale ho mostrato che la dialettica, della quale abbiamo rapidamente parlato prima, si concettizza nelle relazioni di sfruttamento reali e formali (oggetto del Libro I), nelle relazioni di distribuzione che mettano in campo le equazioni della Riproduzione Semplice ed Allargata (oggetto del Libro II) e le relazioni giuridiche in senso largo, cioè, la questione dello Stato e del suo superamento- dunque le relazioni di proprietà e di possesso e le lotte e alleanze di classe nel loro determinato quadro istituzionale (il Libro III). Il Libro IV del Capitale di Marx doveva essere dedicato alla storia dell'economia politica ed alla sua critica. (Quanto inchiostro debilitante si è poi versato sopra il vero piano di Marx, vi lascio solo indovinare; avendo restituito la dialettica marxiste della legge del valore, io ho utilizzato questo piano enunciato da Marx stesso in due grandi saggi dottorali in preparazione della mia tesi sopra " L'Emergenza del Welfare State in Canada dal 1939 al 1948 e la sua Inserzione nell'Economia Mondiale", proprio nel momento in cui l'ex-ministro trudeauista Macdonald, quello della Commissione Macdonald, membro della Trilaterale, si preparava a smantellarlo. Il ruffiano che giocava il ruolo di direttore di tesi principale commentò dicendo che il mio piano era confuso; no comment! Se non per dire che nel frattempo mi rubava quello che riusciva a capire, per fortuna poco, e non faceva altro che usare di una regola familiare nei cerchi diplomatici nord-americani, l'uso dei commenti in apparenza neutrali, ma derogatori, nel tentativo di abbassare la concorrenza e di innalzare se stesso. Nel stesso ordine di idea l'ufficio universitario di questo ruffiano usato per ricevere i studenti era composto di un lampadario disposto in modo che manteneva nel ombra il viso del professore, mentre il sofà, volutamente bancale e basato, metteva subito i studenti in un disaggio fisico; insomma, si applicava anche le loro scienze behavioriste in quello che io concepivo invece, pur senza illusioni, come dovendo essere un tipo di Abbaye de Thélème, nei muri della quali si ci dedicava all'avanzamento delle scienze in modo disinteressato e senza a priori!!! Almeno in quei muri! In modo caratteristico, anche questo ruffiano, pagato in realtà per selezionare ed eliminare i radicali ed i marxisti prima dell'ultimo diploma, pretendeva " fare per oggi quello che Marx aveva fatto al suo tempo " (scusate del poco!). In realtà, questa bell'opera era naturalmente intesa contro Marx, pur non sapendo un bel niente della legge del valore (giudicata troppo " arida "!); anzi, questa legge marxista del valore si doveva combattere ferocemente ma in segreto, progetto che, a questo livello, e a questa posizione, rappresenta una intollerabile rottura di contratto con i studenti di buona fede che pagano i diritti di iscrizione! I nani e gli inferiorizzati delle colonie sono in generale così! La York University di Toronto, l'Uqam di Montreal, tutte le altre università, come pure tanti pitre accademici e politici, si sono poi resi complici dei furti e del logoramento orditi quotidianamente contro di me, inclusi da parecchi nella clique infame del giornale Il Manifesto.) Parafrasando una frase conosciuta: la storia no gli assolverà.

Se dunque il diritto e la legge entrano naturalmente nel quadro dell'analisi marxista, se non altro in quanto si propone la collettivizzazione dei Mezzi di produzione e la gestione pianificata dell'economia, dobbiamo chiederci perché altri ruffiani del tipo EP Thompson (gente della falsa rappresentanza stipendiata, istituzionale o volontaria) cercarono di fare del diritto un campo, non solo dotato di un'autonomia relativa, ma messo chiaramente a parte come riassunto emblematico di una cultura politica o, meglio ancora, delle " peculiarità " di questa cultura. Il Thompson diventa trasparente nel suo libro interamente dedicato a questo tema e nel suo ultimo libro dedicato al grande pittore repubblicano e rivoluzionario William Blake. Proprio mentre giocava al movimento pacifista contro i missili balistici intermediari americani intromessi in Europa da Reagan, forse per fare concorrenza alla duratura influenza, posta fuori di ogni sospetto, di Bertrand Russell. (il Regno Unito accogliendo grandi basi militari americane come pure enormi istallazioni dedicate al sistema Echelon.) Nel primo libro citato intitolato The Blacks (ovvero, i contadini) E P Thompson faceva finta di analizzare l'economia feudale e la repressione subita dai contadini; lo faceva sul modo di Churchill, con la presunta consapevolezza scaltra che il nostro sistema sarebbe " il peggiore dei sistemi, all'esclusione di tutti gli altri ", convinzione che ci trascina molto lontano delle analisi altrimenti più perspicace di Marx, ad esempio sopra i yeomen oppure sopra le enclosures (per non parlare dell'analisi di Marx e Engels nella Guerra dei contadini in Germania con Müntzer etc), o di Christopher Hill sulla Rivoluzione Inglese, e soprattutto di Winstanley, per non parlare di storici molti utili come Maurice Dobb. Si tratta insomma di un'apologia della Magna Carta, nella quale, davanti a così esemplare testo - fra l'altro più Normano e feudale che altro ... -, le repressioni reali condotte contro i contadini non potevano mai avere il peso culturale del principio dell'habeas corpus. Che poi Barrington Moore spiegava che la Rivoluzione bolscevica aveva causato meno morti di quella inglese o di quella francese, non faceva più parte dei limiti della ricerca del libro stesso. Un peculiarità tutto thompsoniana, nella quale a dire vero l'originalità è inesistente, dato che si tratta solo della vecchia ideologia borghese secondo la quale i diritti formali, in particolare quelli legati alla proprietà privata, valgono più dei diritti socio-politici concreti; questi ultimi sono considerati esistenti purché non vengano negati a chi se li può pagare, oppure a chi può permettersi il lungo calvario sovra-determinato dei processi in corte. Non sorprende allora che contrariamente a Marx, E P. Thompson ignorava studiosamente tutto della Storia dell'Inghilterra di T B Macaulay, un autore che sa raccontare di Titus Oates e dei suoi maestri ... Intanto, Tony Blair, l'erede diretto della manovra intesa a cortocircuitare il Labour Party, l'erede più autentico dell'ultra-liberista Thatcher, portava la questione a termine mettendo l'Habeas corpus inglese alla salsa del liberticide Partiot Act americano! Lo faceva dopo avere partecipato, in sede onusiana e mediatica, alla falsificazione delle prove che portarono all'aggressione armata contro la Repubblica laica d'Iraq ed altrove, come pure al allargamento neo-maccartista del concetto di terrorismo, nell'ottica della Dottrina di guerra preventiva necessaria per portare a termine la criminale guerra di civiltà huntingtoniana: il serpente si morde la coda!

Tutto questo casino confuso avrebbe dovuto bastare per il critico, certo sofista, ma molto affiancato istituzionalmente nel campo accademico anglo-sassone, di Louis Althusser, del quale del resto non ha mai capito e mai cercato di capire una sola riga (volendo ridicolizzare Althusser, EP Thompson fabbrico una volgare metafora meccanica di telaio, mentre il grande filosofo francese della pratica teorica, sviluppava la sottile dialettica delle alleanze autenticamente comuniste con i movimenti sociali, e manteneva il comunismo vivo e ad un livello di grande tenuta intellettuale ed etico-politica, in Europa, malgrado il dilagare del revisionismo ambiente.) Purtroppo, come succede a volta a questi pitre, il E P Thompson decise vangloriosamente di piantare l'ultimo chiodo nella barra del comunismo di ispirazione bolscevica inglese, ma tutt'assieme erede della sua lunga tradizione culturale inserita nel presente (chi si ricordo del compagno tenore Paul Robeson mettendo la sua magnifica voce di tenore al servizio dei minatori Gallesi ?). Lo fece con un'opera che doveva essere il suo magnum opus, in realtà un opera insulare di epurazione culturale nel Regno Unito, intesa a eliminare la minima radice rivoluzionaria ed ugualitaria, tramite la decostruzione di un mito duraturo ed esemplare, quello di William Blake. Questo lavoro procedeva mentre il peculiare maccartismo inglese continuava a fare pulizia anche tra i critici artistici della Regina, nelle università e nelle riviste di sinistra. Ad esempio, con l'aiuto di Ralph Milliband e del suo concetto sovra-classe di Potere con una P maiuscola (tipo: Quello che muoveva Nixon, non erano le motivazioni ideologiche delle classe capitaliste americane le più reazionarie, ma il fascino personale per il Potere, cioè un puro fattore psicologico, detto senza scherzi ...) Alla teoria disincarnata del fascino del " Potere " si aggiungeva pero concretamente le note diatribe e le manovre per il controllo della direzione della troppo althusseriana New Left Review dell'epoca! Troppo Giacomita (i.e. continentali) e Giacobina per rientrare nelle peculiarità burkeani di questa gente! Nel libro, intitolato con abuso caratteristico dell'antinomia ingannatore, Witness against the Beast, E P Thompson cercò semplicemente di delegittimare la sinistra marxista, facendo passare il prestigioso antenato repubblicano e rivoluzionario Blake per l'ultimo dei Mohican e, nei termini di Thompson, per l'ultimo dei Muggeltonians, nome scelto per la fonetica e per il fato che si trattava di una piccola setta in via di estinzione. (Si nota che no osò scegliere per tale manovra un Winstanley, timidezza comprensibile che porta comunque con se la sua vera sconfitta!) Dietro questa setta dei Muggeltonians, non c'era altro che la potente ispirazione ugualitaria e democratica di Gioacchino da Fiore, l'Abate calabrese che per prima e in modo totalmente ugualitario - Morton Bloomfield usa addirittura del termine ''leninista'' nel senso monastico ... - propose una teoria della secolarizzazione dell'opera del Spirito Santo nella storia umana. Gioacchino era conosciuto in Inghilterra sin dal tempo di Ricardo Cuore di Leone, ma anche tramite il fascino esercitato dalle copie del suo Libro delle figure. L'ordine florense era derivato dai cistercensi ma in rottura con essi, perché rimanevano dei monaci molto attaccati ai Normanni e, tramite S. Bernardo ed i suoi Templari, alle crociate (mirate ad impadronirsi delle lucrative reti occidentali della Via della Seta ...). Gioacchino, l'Abate per il quale il vero tempio non era altro che la coscienza umana, godeva già di una riputazione di visionario, ripresa in due linee famose nella Divina Commedia di Dante (" di spirito profetico dotato "), mentre la Chiesa ufficiale, all'inizio di una crisi che la sconvolgerà, lo guardò, subito dopo la sua morte, con suspicione. Di fatti, Gioacchino è all'origine del grande impulso ugualitario che poi condusse alla democratizzazione del Occidente tramite, per citare solo alcuni nomi più ovvi, Gerardo, La Boëtie del Contr'un, Vico, Herder ecc e, nella GB moderna, il grande poeta irlandese repubblicano Oscar Wilde, quello che sa cantare di fraternità e di repubblica senza dimenticare i Fratelli Bandiera, in un poema emblematicamente intitolato Humanitad, senza dimenticare ovviamente la denuncia della Tradizione secondo il rinnegato Burke proposta nel fuoco della Rivoluzione francese dall'eccellente Thomas Paine nel suo magistrale Rights of Man.

E proprio questo filone maestro della storia europea sin dalla Prima Rinascenza che il pitre E P. Thompson si era dato l'impegno di eradicare ... al nome evidentemente della Tradizione, proprio quella di Burke e dell'Establishment reazionario e monarchico inglese. Si capisce allora senza grandi discorsi che dietro questa pseudo-analisi dei rapporti giuridici, non c'è la teoria dei Diritti Umani, intesi come quelli che Stalin, approfittando dell'alleanza di guerra contro il nazifascismo, fece inserire nella Dichiarazione Universale, facendo aggiungere ai diritti formali individuali i diritti sociali mai attuati pienamente in Occidente, mentre nel stesso tempo faceva iscrivere, nella Carta dell'ONU, i diritti sovrani dei paesi membri assieme ai principi più elevati del diritto della gente, in particolare in materia di guerra e di pace, ed in materia di sviluppo economico e sociale. Dietro i pomposi discorsi dei Diritti Umani formali c'è invece il cosiddetto Stato di diritto (inteso in senso infra-Kant), cioè l'ideologia del monopolio esclusivo della violenza depositato negli Apparati dello Stato di classe. Si tratta dunque, in realtà, dello Stato di diritto dell'ordine stabilito dalla proprietà privata, un ordine che seppe purtroppo manipolare e nutrire generosamente i residui di mentalità acquisitiva (Macpherson) nel Occidente dei Stati sociali del dopo-guerra, e poi nel Blocco dell'Est, dopo la sciagurata Primavera di Praga. Si tratta di uno Stato di diritto non solo formale, si intente, ma direzionalmente formale, come fu dimostrato dai Stati Uniti recentemente, quando rifiutarono di iscrivere la protezione contro la fame come diritto umano universale. Questa regressione dell'evoluzione del diritto internazionale interveniva precisamente nel momento in cui i Stati Uniti sviluppano gli Organismi Geneticamente Modificati (monopolio delle semi ibridi, dunque modificati secondo una pura logica del profitto) e mentre utilizzavano l'Uruguay Round, e poi i negoziati di Doha, per aprire l'intero mondo alla concorrenza della loro industria agricola ed agroalimentare, in totale contra-posizione con l'elementare prudenza analizzata con il mio concetto di sovranità alimentare come uno degli elementi chiave dell'Ecomarxismo (vedi il mio Libro III).

Così, il E P .Thompson aveva preparato il terreno per l'offensiva ideologica di Jenkins prima, e poi quella di Thatcher, un'evoluzione subito verificata con la politica imposta ai venerabili sindacati di Fleet Street, ai minatori ed ai dockers inglesi, eredi della migliore storia dell'egualitarismo inglese e del PC inglese. Intanto, mentre lui scriveva le sue pseudo-critiche contro Althusser, la moglie di Althusser risultava impiegata dal Intelligence Service della GB durante la Seconda Guerra Mondiale, Althusser veniva quotidianamente avvelenato con vari psicotropici nel stesso modo del grande cantate comunista nero americano Paul Robeson, e Poulantzas moriva in circostanze ancora tutte da chiarire. (Di conseguenza, c'è chi parla di Legge del Taglione.) Chi si gargarizza di diritti umani e di Stato di diritto dovrebbe prima guardare, non solo alle relazioni di proprietà presenti dietro i rapporti giuridici, ed alle lotte di classe, ma anche alla cultura borghese del manganello scatenata ogni volta che la minima parcella di proprietà privata sembra contestata. I ricchi intanto possono permettersi il falso in bilancio e la denaturazione preventiva della Corte dei conti repubblicana. … Si tratta oggi di un'ideologia della Proprietà molto invasiva dello spazio civile, al quale pretende imporre i suoi muri di sicurezza assieme alle sue balorde leggi anti-terroriste, ispirati direttamente ad una versione filo-semita nietzschiana dell'opera del giurista nazifascista Carl Schmitt. (Questo alla barba della nostra Costituzione partigiana che prevede un ordinamento socio-economico misto, pubblico e privato.)

Al livello internazionale, questa deriva prende la forma illegale della guerra preventive e delle crociata menate con la scusa di esportare la " democrazia " con il ritorno alla politica della cannoniera... appoggiata de facto da un Bertinotti in Camera e sopra tutti i strapuntini pubblici che può ancora frequentare, pure essendo legittimamente fischiato. Sin dal 9-11 abbiamo poi capito che non si trattava solo dell'eliminazione di tutti i rivali potenziali dell'unica superpotenza al mondo dopo la caduta della Unione Sovietica (vedi i due rapporti segreti dell'Amministrazione di Bush padre), ma di un tentativo teocratico e filo-semita nietzschiano di dominare il mondo, provocando la regressione culturale generale delle masse, con il ritorno alla società della nuova schiavitù salariale e della nuova domesticità (In Italia siamo già a 54 % dei nuovi posti di lavoro creati precari con solo 58 % di partecipazione alla forza del lavoro attivo, ma senza vera copertura pensionistica o sociale!). Insomma, lo Stato di diritto, la democrazia e la " social justice " vengono accompagnati dalla legalizzazione israelo-americana della tortura, da usare contro i dissidenti abusivamente trattati da terroristi, e con la sostituzione della Costituzione e del diritto internazionale con il Levitico; e con il catechismo secolare, destinato ai Gentili dai Grandi Fratelli ebrei sionisti di destra, della ripugnante shoah selettiva, messa senza nessuno stato di anima al posto della storia reale della resistenza ai crimini dei nazifascisti impulsa, in maggioranza, dai comunisti. Intanto, la deportazione silenziosa dei Palestinesi ed il protettorato vacillante imposto all'Iraq, simboleggiano questo regime filo-semita nietzschiano col suo nuovo Stato di diritti riservato ai post-uomini (!), quasi nel stesso modo di quello di E P Thompson, riservato de facto alle caste mercantili e feudali.

9) Democrazia censitaria vs democrazia socialista

Per quanto riguarda la politica e la democrazia ho già detto la mia in modo abbastanza chiaro altrove, ad esempio nel mio Per il socialismo cubano in Pour Marx, contre le nihilisme (concetto di democrazia socialista da sviluppare nell'ambito della dialettica socialista che unisce il regno della necessita e il regno della libertà) e nel capitolo Le nuove forme di democrazia socialista da inventare incluso nel saggio Salvare il Partito comunista dai suoi nemici interni, saggio disponibile in questo sito ad esempio nella Sezione Livres-Books. (Manca solo la denuncia delle preselezioni operate dietro le quinte dalle logge massoniche a tutti i livelli, le quali spiegano l'impotenza del " numero " malgrado le elezioni segrete: comunque, ho già insistito sopra quello che ho chiamato la " falsa rappresentanza " per opera di tanti servi in camera, pitre ed altri bassi cleri.) Rimando alla lettura fraterna di questo articolo perché tentava di prevenire le derive della democrazia cosiddetta partecipativa, messa abusivamente a confronto con la democrazia rappresentativa inventata in questa funzione proprio subito dopo il mio Pour Marx, contre le nihilisme con il suo concetto di democrazia socialista, secondo l'usuale modo massonico di occultazione e di saturazione preventiva dei concetti del popolo e del proletariato. Si verificò subito quello che il mio articolo anticipava: cioè l'esproprio politico dei membri dei partiti di sinistra con le Primarie, il secondo esproprio politico con il Programma scritto unilateralmente dai consiglieri di Prodi (per una critica emblematica di questo programma, vedi Sezione Italia di questo sito), e poi tutto il resto, incluso il rinnegamento politico, con tanta demagogia a proposito di guerra - verificata con il sit-in in Piazza del Popolo e l'auto-isolamento dei rinnegati -, la demagogia a proposito dei diritti dei lavoratori (Legge 30), dell'età pensionabile, della tassazione dei ricchi e del capitale, della tutela dell'ambiente - oggi verificata al Napoli con le 15 000 tonnellate di rifiuti, o in generale con il bisogno di coprire l'inquinamento con la mostruosità rovinosa dei cosiddetti certificati verdi -, del finanziamento della Sanità sostituito con la legalizzazione della vecchiaia attiva e dell'eutanasia, del finanziamento della ricerca e delle università lasciato al settore privato - il cosiddetto Agenda di Lisbona parlava solo di 2/3 al privato, dimenticando il fatto che 90 % delle imprese italiane sono delle PME con meno di 10 impiegati, e via dicendo. Insomma, per riprendere un'espressione di Richard Edwards (vedi Contested terrain, Basic Books, 1979) ignorata nel originale da Bellofiore che ovviamente l'ha letta solo nei miei scritti, la questione della democrazia è diventata, in modo cruciale, un terreno contestato sul quale si gioca la tragedia buffa dell'attuale falsa rappresentanza dei pitre e bassi cleri rinnegati, una clique che dovrà presto fare altre riverenze!

La democrazia e la politica nel senso più nobile hanno a che vedere con il controllo collettivo della produzione, ed in generale dell'allocazione delle risorse della comunità al beneficio della comunità. Cosa difficile da concepire senza l'aiuto del materialismo storico e della legge del valore marxista, almeno che no si vuole fare l'apologia della ''social justice'' di Giddens e di Rawls. Questa teoria pseudo-centrista demagogica altro non è se non una utilizzazione abusiva della teoria dei giochi, mentre in realtà si cerca solo di riformulare, col linguaggio della falsa rappresentanza unicamente destinato alle masse, la contro-rivoluzione della flessibilità assoluta del mercato del lavoro, scaturita con Volcker-Reagan-Thatcher e teorizzata da Friedman con il suo " salario annuo minimo garantito ", totalmente sganciato dalla produttività e dalla competitività reali delle Formazioni sociali. Queste ultime vengono sacrificate alla Private Globale Governance con la maschera auto-distruttrice dell'Antitrust, teoria pensata nel quadro della teorizzazione della precarietà generale (vedi il mio Les conséquences socio-économiques de MM Volcker, Reagan et Cie di Marzo 1985) ed affiancata con l'attacco spinelliano allo Stato nazionale, unica sede efficiente attuale dell'espressione democratica repubblicana. (Si nota che quest'abusiva applicazione della teoria dei giochi alla ridistribuzione sociale ha per funzione di legittimare il quietismo di massa; si afferma in astratto che risulta sempre più vantaggioso collaborare piuttosto che adottare attitudini antagoniste; cosa pur plausibile se le regole del gioco fossero, non dico ugualitarie, ma almeno eque, e se il gioco fosse leale e fondato sopra il rispetto dei diritti individuali e sociali delle persone umane, come produttori e come cittadini. Fato sta che sono proprio le classe dirigenti che non desiderano collaborare (in fatti, non sono nemmeno pronti ad applicare la Costituzione come era); infatti, queste classi dirigenti pretendono abusare delle legislazioni regressive, frutto perverso della tirannia delle maggioranze parlamentari e del manganello, al nome del monopolio legittimo statale della violenza ultimo ed emblematico retrenchement dello Stato-nazionale, malgrado la globalizzazione, come si può notare con realismo privo di ogni cinismo ...

Insomma, Giddens e Rawls cercando di fare per oggi quello che Max Weber, oppure gli epigoni delle " relazioni industriali " borghesi alla Friedrich Taylor o, meglio ancora, alla Darendorf, fecero per le loro epoche rispettive. Si tratta solo di occultare la divisione necessariamente antagonista tra lavoro e capitale, perché dietro questa divisione c'è il " pot aux roses " del capitalismo: lo sfruttamento unilaterale del lavoro malgrado che sia l'unico fattore di produzione a creare sovrappiù, dunque profitto, cosa impossibile agli altri fattori di produzioni mescolati ed agiti in qualsiasi mercato topologico o immaginario che si vuole. In Italia, poi addirittura c'è un'abbondanza di professori del tipo di Tarantelli, Biagi, Pasinetti, Roncaglia, Sylos-Labini, Prodi, Padoa-Schioppa ecc ecc, assieme ai loro domestici sindacali, che ci offrano, nella più misera e servile unanimità, una politica dei redditi (!) ricavata in gran parte da rapidi passaggi nei seminari nella Cambridge di Keynes e di Sraffa, sfortunatamente proprio nel momento in cui il paradigma keynesiano veniva capovolto senza resistenza dai friedmaniani al nome della privatizzazione e della liberalizzazione assoluta. Si distrusse così con le imprese e i servizi pubblici, il cuore strategico dell'apparato produttivo nazionale, rimpiazzandolo con piccolissime impresse artigianali e con un investimento straniero predatore ed evanescente con scarse ricadute in termini di sotto-contrattazione. (Agosto 2011: Ho già denunciato più volte il fatto che questi farabutti abbiano portato il Paese allo sfascio, rendendosi complici di una Lega Nord anti-costituzionale, incluso nelle istanze create per garantire l'ordine costituzionale. Oggi la prova è fatta, visto che, senza la BCE, la quale mette il Paese sotto commissariamento - in segreto! vedi la lettera a Berlusconi ... - non si può neanche più finanziare il peso dei CDS sopra un debito pubblico fuori controllo e detenuto in maggioranza all'estero - capital outflows - allorché non c'è più niente da tagliare nelle balorde leggi finanziarie à la Tremonti, visto che il Paese è già alle corde. Poi si parla di gulag!)

Cosa mai può essere una politica di ridistribuzione (social justice?) se, con la privatizzazione dei mezzi di produzione strategici, si privatizza e si liberalizza anche tutti gli altri settori economici? Non ci possiamo allora meravigliare del fatto che l'Italia, uno dei paesi fondatori della UE, uno che doveva conservare il suo ruolo di terzo grande pilastro dell'Unione, è diventato il solo grande paese occidentale ad avere applicato questo nuovo catechismo economico con la fede del carbonaio, portando il Paese ad uno stato di Terzo mondo. Non possiamo neanche paragonarci con l'Inghilterra per quando riguarda la formazione del capitale bancario, finanziario ed industriali, 10 Downing Street avendo giocato per la City e per il suo Big Bang borsistico, nella misura nella quale la City era ancora la maggiore destinazione del capitale finanziario, mentre il paese era diventato il primo investitore nei Stati Uniti, cercando di trasformarsi nella culla della lingua franca delle New Techs. Di quali vantaggi comparativi simili dispone l'Italia per imitare strategie neanche valide nel lungo termine nei paesi di origine, critica oggi pienamente verificata per la GB e per i Usa, le calzature e le immagini dei santi con l'acqua benedetta per i turisti? Non per niente il nostro Paese ha ereditare della sede della santa madre Chiesa con il suo Vaticano, cosa che lascia tracie indelebili, nonostante la dialettica feuerbachiana-marxista sotto-giacente. Poi si aggiunge l'ingoramus Bertinotti, affiancato da altri che pretendono dare dell' " incompatibile ", anzi del ''terrorista'' ai comunisti autentici, comunisti orgogliosi di richiamarsi a quelli che non solo scrissero la migliore parte della nostra Costituzione partigiana, ma la ressero politicamente possibile. Pitre e bassi cleri non sono parole proferite in aria, ma concetti marxisti, molto adeguati alla realtà attuale perché derivati da studi ed analisi prolungati e seri. Mi viene in mente la favola di Liu Shi nella quale si mette in scena un padrone feudale che rientra a casa infuriato. Trovando alla porta il suo ossequioso intendente gli rompa la testa di botte, tanto per sfogarsi; quest'ultimo se ne va pietosamente a case dove, trovando la moglie, la picchia duramente, forse per riaffermare la propria dignità ... quest'ultima ripete la scena con suo figlio quando il poverino rientra da scuola spensierato e contento, prima di sfogarsi anche lui battendo a morte il cane che lo vide scappare in pianti nel cortile ... Annuncio se si vuole dell'ineluttabile irruzione su scena di Mao, cioè del Partito, per ristabilire un minimo di decenza umana!

 

10) Psicoanalisi marxista (dare riassunto in italiano della seconda parte del mio Pour Marx, contre le nihilisme)

A proposito di psicoanalisi ecco un brano estratto della seconda parte del mio Pour Marx, contre le nihilisme, titolo evidente che non necessità traduzione. Dovrebbe almeno dimostrare una cosa: la volontà di occultazione delle classe dominanti e dei loro servi, mentre cercano di stendere un mantello di silenzio sopra le avanzate teoriche marxiste e scientifiche. Tra questi servi sono parecchi pitre del giornale Il Manifesto: chi vuole averne un idea, può verificare gli articoli a tenore di psicoanalisi due mesi prima della pubblicazione del libro cioè proprio mentre scrivevo in fretta - e subito dopo. In Francia poi, la rimessa in questione oramai acquistata dal punto di vista teorico, fu strumentalizzata dal potere via i behavioristi del INSERM, mentre la sinistra, inclusa la sinistra comunista, partecipava all'occultazione del mio contributo pubblicando varie sciocchezze di gente incapaci di citare, dunque di lavorare scientificamente, incluse quelle del nipote di Lacan! Insomma, in 2 minuti non si fa un bel niente, soprattutto se in più si calca sopra Lacan il metodo abusivo di Freud di manipolare le cartelle cliniche per arrivare a conclusioni prescelte coscientemente o incoscientemente. Questa occultazione si capisce: la psicologia borghese freudiana o non-freudiana è una vera ciarlataneria, che non ha mai guarito nessuno e che, come risulta della mia critica, non potrà mai, e forse neanche lo desidera realmente come un suo obbiettivo, guarire nessuno, ma solo preservare la normalità esistente della società di classe silenziosamente teocratica, e spesso filo-semita nietzschiana. Qui sotto io mi sono limitato soltanto alla confluenza della psicoanalisi con la mia disciplina, per produrre i lineamenti essenziali della psicoanalisi marxista rimasta problematica fine a questo punto. La sola guarigione conosciuta delle psicoanalisi borghese sarebbe quella di Sabina Spielrein, un esito che agisce come ulteriore condanna di questa pseudo-scienza di classe e di casta. La Spielrein era una studentessa ed una paziente di Freud, passata poi a Jung, il quale ebbi rapporti non-professionali con lei perché non rispettosi del meccanismo di trasfero, per poi ritornare a Freud e ritirarsi in Unione Sovietica, dove praticò per un tempo. Quello che salvò la Spielrein fu la sua decisione di specializzarsi in quella disciplina nascente, dunque di pensare con la propria testa e di giudicare in coscienza. Una disciplina che mette la conservazione dell'ordine di dominazione di classe al disopra della guarigione dei pazienti non può essere definita altrimenti che come un ciarlataneria, a volte esercitata su fondi pubblici, e con diplomi derisori, spesso ricavati da un percorso dilettante e con la sanzione delle conosciute cappelle, già messe in questione da Althusser, in particolare nel suo importantissimo ultimo libro. Rimane che la questione è troppo importante per il comunismo per lasciarla in tali indegni mani. Aldilà dei sforzi di tale o tale psichiatra specifico, incluso nel Paese della scuola di Trieste che capì di dovere aprire le porte, riconoscendo le proprie limitazioni e le responsabilità del sistema sociale.

 

Ecco dunque il brano tirato del mio Pour Marx, contre le nihilisme.

 

Collingwood, Bergson e Freud.

 

Sapiamo che sin dal suo inizio lo storicismo fu reticente, se non ostile, alla psicanalisi ed alla psicologia. Collingwood ha espresso questa ostilità meglio di chiunque altro. Grande conoscitore di Vico, poteva difficilmente ammettere una natura umana perenne dando sempre luogo ai stessi meccanismi freudiani. In un senso, aveva perfettamente ragione. Ma questo va ben aldilà della critica usuale seconda la quale le teorie di Freud vanno denunciate per il loro orizzonte culturale limitato. In realtà, credo che sia posto in gioco molto specificamente la differenza tra il metodo freudiano di ritorno sopra le esperienze dell'infanzia e quello relativo all'autobiografia di Vico, secondo il quale si deve cercare di rivelare la progressione storica dell'essere e la maniera nella quale l'essere, soggetto attivo e cosciente, riesce a sgomberare oppure a negoziare gli ostacoli materiali e sopra tutto intellettuali. Da un lato abbiamo un ritorno ad un sostrato perenne (non suscettibile di definizione come viene testimoniato dalle differenza tra memoria e incosciente collettivo nell'opera di Jung, ad esempio); si tratta di un sostrato poco bene definito ed ancora meno afferrato. Dall'altro lato abbiamo un punto di partenza ontologicamente specifico all'umanità che Croce, il lettore di Hegel e di Marx, enunciava semplicemente affermando che il divenire è il primo concetto concreto. (20) Vedremmo che tutte le incomprensioni attuali, presenti nella psicoanalisi più avanzata ( progressista), provengono del fatto che non si sa bene distinguere quello che appartiene, in ogni personalità specifica, alla dialettica della natura e a quella della storia.

 

Dobbiamo pero ammettere che l'ostilità dello storicismo di Croce ha perduto una occasione in oro di sviluppare le nuove oggettivazioni che sentiamo forare nella teoria delle tre realtà di Vico (richiamo: il mondo della natura, della storia o istituzioni, e delle fissioni.)

 

Troppo storico, Collingwood rimase fedele al suo metodo. Un Bergson troppo filosofo, cercando di ristabilire le pretensioni dello spirito sopra la materia, finì col mostrare, a spese proprie, che ignorava Hegel, Marx e Vico. Non stupisce che cercando di ristabilire la dignità della soggettività tale che capita dal positivismo ambiente, ereditato da Descartes, fallì giustamente sopra il problema che ho chiamato, allargando Dilthey, il problema dell'oggettivazione. Il meglio che Bergson pote offrirci fu un inno all'intuizione, cosa in realtà non inutile visto la sua presa in conto da numerose analisi epistemologiche moderne desiderose di fare la parte tra analogia, immagini e metafore, tenendo conto anche dei stimoli esogeni ai paradigmi standard o ancora alle discipline stesse. L'oggetto di studio fuggendo dentro i suoi diti, divenne normale per Bergson scartare il problema come una critica irricevibili (può la prose criticare le scadenze ritmiche della poesia? Non di meno pero si trovò gente per scrivere versi liberi ed altri per fare risalire il valore poetico delle ripetizioni presenti nei testi anziani, come l'Epopea di Gilgamesh, senza che esse possano essere riassumibili ad un trucco mnemotecnico.) Avendo così magnificamente spazzato via le critiche di un Peguy, Bergson rafforzerà la sua posizione originale e compenserà con lo stile le lacune del suo metodo. Rimaneva pero inevitabile il suo proprio tuffo investigativo nei presunti meandri profondi della memoria umana all'immagine di un galante scafandro in caccia del " élan vital ". Al contrario, fu totalmente insensibile alla richiesta di Sorel, il quale, cercando di strumentalizzare la teoria dell'élan vital per il conto dei suoi miti soreliani, li chiedeva di seguire la strada aperta da Freud per tentare di trasformare la sua teoria della conoscenza in teoria sociale. La grande istituzione della Chiesa cattolica sembrò una risposta sufficiente ad un filosofo le cui radici risalivano a Pascal. Questo ripiegamento ha la sua importanza perché rivela una fedeltà non tanto a correnti mistici e spiritualisti anteriori, ma molto di più ai modi sospettosi con i quali le chiese stabilite ne tenevano conto. Malgrado le apparenze, l' audacia di Bergson si apparenta al conformismo del Dottore Summa!

Sembra dubbioso che il tentativo di riformulazione bergsoniano dei concetti di tempo e di spazio possa essere d'una grande utilità sul piano strettamente umano, fuori dell'emozione poetica possibilmente procurata dalla percezione soggettiva. Ovviamente, ponendo il problema in questo modo, Bergson prendeva in mira tutta l'architettura di Immanuel Kant, dunque la definizione stessa della scientificità moderna. Noi riteniamo di tutto questo un sforzo sostenuto per mantenere il discorso sopra la soggettività al un livello falsificabile dalla logica e dalle categorie filosofiche che lui cercava di sviluppare. Risulta alquanto facile dimostrare lo scoglio sul quale venne ad arenare il nostro gallante scafandro. Fare emergere la soggettività del paradosso di Zenone d'Elea ammonta a sbagliarsi tanto sopra la natura dei paradossi quanto dei concetti stessi.

 

O creduto per un tempo che una scienza dei paradossi fosse possibile. Necessariamente Peano e Russell ci si confrontarono. Ma questo è aldilà delle mie forze. Non di meno credo che una tale teoria sarebbe superflua visto che l'essenziale mi sembra essere stato rivelato da Franck Ramsay (che Keynes ebbe la grandezza di salutare.) Un paradosso non è altro che un rivelatore dell'inadeguatezza della questione rispetto all'universo analizzato. Le interrogazioni vanno allora poste sopra i due poli della difficoltà, irricevibilità della questione (falso paradosso suscettibile di essere sgomberato da nuove conoscenze dell'universo in questione) e/o irricevibilità dell'universo poste come tale. Appare allora la confusione di Bergson: lui imputa semplicemente al mondo materiale (diciamo alla fisica cara a Einstein) delle realtà che non sono altro che delle realtà del mondo delle fissioni. Un punto è un strumento euristico, ma non possiede nessuna realtà materiale né nel spazio né nel tempo ma piuttosto nelle rappresentazioni geometriche, o più largamente nel loro essere fissioni. Conosciamo all'aneddoto del soldato Descartes convalescente portato ad osservare il suo soffitto e che in quel modo realizzò subito che facendo astrazione dei muri doveva porre un punto preciso per organizzare questo spazio in modo logico. Il progetto di Bergson consisteva in verità a negare la filosofia geometrica. Pero lo spirito umano non può afferrare la realtà esterna senza passare attraverso la costruzione di tali strumenti. Concret pensé dice Marx lasciando la realtà sussistere fuori di esso. Il reale è razionale e vice-versa dice Hegel. Ma tanto Kant che Hegel che Marx riconoscono che l'adeguazione del reale ai concetti utilizzati per afferrarlo è spesso parziale e si svela solo al momento opportuno (momento che dipende dell'evoluzione della scienza e dei rapporti di produzione; ad esempio, Marx mostra che Aristotele si interrogava già sopra l'equivalenza o la commensurabilità nello scambio di un letto e di un treppiede senza potere concludere, proprio perché rimaneva iscritto in una società dipendente dal lavoro totalmente alienato dei schiavi.) Così, volendo ristabilire la dignità della soggettività, Bergson ha scelto di eludere le questioni sollevate dall'esistenza stessa del paradosso. Se per parte nostra cercheremo di evitare questo scoglio, non sbatteremo nemmeno sopra quello inverso, il quale consiste a chiudere l'universo dell'irrazionalità, nel quale pretendiamo invece gettare un primo colpo d'occhio. Siamo così rinviati alla molteplicità alla quale abbiamo accennato prima: per noi, a priori, tutto è possibile ma insisteremo sempre sopra una nuova realtà, cioè sopra l'oggettivazione, unico mezzo di portare la secolarizzazione e la razionalizzazione filosofica di Freud e di Bergson al suo punto di partenza coscientemente scientifico. Per noi, al contrario del tassone di Buddha, l'acqua scorre sempre verso il basso, e se mai succedesse che il tassone risale la corrente, noi cominceremo allora ad interrogare le condizioni contestuali della gravitazione universale.

 

Conviene ora mostrare perché il mondo di Freud è un mondo alla rovescia, un mondo dove l'irrazionale stesso riflette le presupposizioni della società di classe e della società capitalista in particolare. Questo risulta vero per tutti i grandi nodi teorici di Freud, tanto per il Complesso di Edipo, che per l'Omicidio del Padre, per l'interpretazione dei sogni, per il concetto di una età d'oro e per il concetto generale secondo il quale l'uomo attuale sarebbe lontano di essere buono essendo invece un può riff-raff (21) Qualcuno si ricorderà di Marx il quale, confrontato ad un ennesima imputazione di bontà inerente alla natura umana, ebbe questa reazione : non rifaremo qui tutto Rousseau! Detto questo, non esiste nessuna ragione, neanche nichilista, per commettere l'imputazione inversa.

 

Fortunatamente, i nodi teorici essenziali per penetrare il sistema freudiano sono lontani da essere gordiani. Comunque, la comprensione della meccanica più o meno ben aggiustata dei rapporti intrattenuti tra l'id, l'ego e il super-ego (in francese ça, moi, surmoi, termini che possono menare a sbrigative connessioni con Sartre, cosa che costituirebbe una prima correzione, pure se inadeguata di per se) suppone un breve passaggio tra i miti fondatori, cucinati da Freud per fondare la sua teoria pretendendo di essere delle rappresentazioni veritiere (empiriche?) della realtà psicologica sotto-giacente che caratterizzerebbe la natura umana. In breve, l'id rappresenta i stimoli provenienti della profondità della natura umana. L'ego rappresenta il tentativo cosciente di reprimere questi stimoli potenzialmente distruttori per la stabilità sociale, portando così allo sviluppo della civiltà umana. Il super-ego consiste nel volere strumentalizzare l'ego degli altri per le proprie fine, processo che secondo Freud non è mai armonioso. In realtà, per anticipare un può, anche il concetto di sublimazione, utile per capire le mediazioni che permettano di passare de Io al Noi collettivo, viene concepito come un'azione negativa che reprime i stimoli trascendendoli in attività creatrice. In questo sistema, non è concepibile che l'altruismo e l'amore, nella loro espressione politica o poetica, possano essere un compimento del loro proprio processo. Mostreremo che siamo confrontati qui ad un parti pris teorico scaturito, molto radicalmente, di presupposizioni di classe poste come stato normale ed insuperabile dell'umanità. Per conto mio, preferisco perciò il termine mediazione il quale implica il lavoro congiunto all'origine del divenire mutuale dell'individuo e della collettività, processo che, in gradi diversi, porta sopra tutte le strutture operanti (agissantes).

 

Siamo tutti familiari con il concetto freudiano del Complesso di Edipo. In effetti, non è realmente possibile capire il senso profondo di questo montage, mascherato dal materiale di origine greca, senza riattaccarlo con il montage veritabilmente fondatore dell'Omicidio del Padre, molto più caro al cuore di Freud. I testi prodotti in fine di vita da Freud sveleranno che questo Padre non è altro che la figura umanizzata di Dio, più precisamente di quello della Genesi de Vecchio Testamento, il Padre creatore del mondo e degli uomini. La orda primitiva non è altro che un mito necessario a questa umanizzazione dunque a questa secolarizzazione. L'antropologia, o per meglio dire la sua assenza, ne costituisce una conferma dato che questa disciplina si svilupperà straordinariamente durante la vita di Freud, senza che lui provasse mai l'urgenza premurosa di assetarsi direttamente a questa sorgente. L'omicidio del Padre dominatore della orda primitiva sgancia una lotta per la dominazione della orda in modo da essere fatale per l'insieme della comunità. Per fortuna, il senso di colpevolezza e la paura porteranno ad una ritualizzazione di questa lotta grazie al meccanismo della proibizione dell'incesto. Si vede rapidamente di che cosa si tratta: Dio rappresenta quello che sarebbe incontestabilmente normal e/o bene, o , in termini più secolari, rappresenterebbe la totalità. Per conto suo l'uomo si batte con i suoi istinti primitivi ma aspira alla conoscenza di Dio o a ricuperare la totalità del suo proprio essere tramite il riconoscimento della sua mancanza (faute) e della sua colpevolezza, riconoscimento necessario per poter lavarsene.

 

Questo montage è molto instabile: preoccupato di secolarità, ma senza dubbio anche dal desiderio di rimandare ad una realtà più profonda di quella espurgata dalle religioni stabilite, Freud si manterrà lontano dell'idea di peccato originale e di ricatto, e magnificherà la figura di Mosè anche al prezzo di dovere trasformarlo in principe egiziano finalmente assassinato dagli Israeliti! Tutto diventa più chiaro se va ricordato che il ricatto cristiano, irricevibile per lo spirito scientifico delle Lumi con la sua insistenza sopra la responsabilità individuale e sociale, è ancora più irricevibile per Freud dato che introduce una intersezione esogena incompatibile con l'analisi scientifica; ma anche incompatibile con sane relazioni tra paziente e medico, come lui scoprirà rapidamente. La secolarità di Freud, elemento tanto prezioso, gli farà scartare in partenza le derive nelle quali altri si lasceranno trascinare. Ma non è nemmeno possibile lasciare nel ombra il fatto che il Messia, per Freud, rimaneva ancora a venire, almeno nelle rappresentazioni dei suoi pazienti di religione ebrea. (Lo dirà quasi direttamente lui stesso alla fine della sua vita.) Notiamo qui che non è del tutto indifferente la scelta di Mosè invece di quella di Abramo, il docile che sente una voce e si sottomette ad essa corpo ed anima, senza la minima questione.

 

La cosa più scioccante per un spirito hegeliano o marxista non è tanto il montage, strumento che può avere la sua utilità euristica, quanto la procedura totalmente rovesciata di Freud: l'Omicidio del Padre è una visione rovesciata dell'allontanamento con Dio, della perdita della normalità originaria. Ma risulta essere anche una visione rovesciata della dialettica dell'evoluzione umana: a prendere Freud alla lettera, non esisterebbe nessuna dialettica della natura in precedenza della storia, ma solo una storia della natura umana dove corpo e spirito coesistono da sempre in un puro parallelismo, e dove la tendenza generale sembra essere sempre una ricaduta nella natura per tentare di risalire verso il bene senza comunque potere mai pervenirci. Nella polarizzazione del super-ego tra il sentimento di colpevolezza da una parte ed il sedimento di solidarietà umana e d'amore dall'altra, i secondi sentimenti (pulsioni) debbono necessariamente essere dominati dal reprimere auto-controllante provocato dalla colpevolezza. In definitiva, la combinazione dell'Omicidio del Padre portando alla proibizione dell'incesto ed a quella del Complesso di Edipo, che permette di interiorizzare questa proibizione, non può creare la stabilità sociale desiderata se non al prezzo di una insuperabile gerarchia. Freud non affronterà mai direttamente la teoria sociale in quanto tale, questa questione rimanendo così in sospensione; si vede comunque che la gerarchia sociale, assieme al suo mantenimento, costituiscono il suo insuperabile orizzonte di classe. Per fortuna, la sua esperienza medica, notabilmente nel Nord-Est della Francia, gli fece vedere tutte le rovine causate da costumi troppo rigorosi giustificati dal dogmatismo religioso. L'isteria provocava danni ingenti alle borghese alienate da questa doppia gerarchia sociale e religiosa. Il lungo fidanzamento di Freud stesso gli fece vedere l'aspetto odioso di certe costrizioni, pur se ebbe sempre la reputazione di essere personalmente molto prude. Il successo ulteriore della psicanalisi freudiana deve moltissimo alla demarcazione tra questi due tipi di gerarchia. Questo gli permetterà di accompagnare i movimenti di emancipazione sociali e di emancipazione femminile, no per militantismo o per un interesse specifico per queste lotte, ma invece per una sorte di fortunata coincidenza (non senza ambiguità visto le contraddizioni interne al freudismo, come vedremo in seguito.)

 

Diventa allora evidente che l'idea di una epoca d'oro discende in linea diretta dalla necessità di raffinare i montages fabbricati per difendere l'insieme di tutti questi nodi teorici: natura umana perenne, e totalità umana portando all'idea di normalità. Questa totalità non è altro che la versione freudiana della proposizione di Santo Anselmo relative alle qualità di Dio: l'uomo è fatto all'immagine di dio, così il suo destino (la meccanica interna regolata dal id, l'ego e il super-ego) consiste a tendere verso il bene, quella " dolce piccola voce " che si fa sempre sentire, se mai molto piano, ma che alla fine trionfa sempre secondo Freud. Non è dunque necessario di trattenerci più a lungo sopra questo punto. Conviene pero dire rapidamente una parola sopra il metodo di interpretazione dei sogni. Prima, la proibizione dell'incesto, e dunque i processi sempre rinnovati della formazione della personalità, notabilmente via il Complesso di Edipo, rinvia chiaramente al ricordo dell'Omicidio del Padre nella orda originale. Vediamo qui la nascita di numerose dispute che agitarono le scuole di psicanalisi ed i discepoli stessi di Freud. Preso in un senso antropologico, questa memoria rinvia direttamente ad una memoria collettiva o preesistente della quale si ritroverebbe in seguito la tracia con diversi metodi. Le derive di questo ramo pseudo-antropologico saranno così tanto gravi quanto verseranno rapidamente per certi psicanalisti nell'investigazione di pratiche ancestrali di magia, bianca o nera. Certi seguiranno anche vecchie credenze africane, anche loro eteroclite nel loro proprio contesto culturale, ad esempio con la pretensione che una testa tagliata di un uomo (nero) sufficientemente imbianchita da una corrente d'acqua poteva servire da veicolo di divinazione. Le frequentazioni fasciste/naziste di queste frangi della psicoanalisi vengono sotto-stimato a torto: rivelano invece degli abissi di ignoranza come pure un'estrema alienazione, molto precisamente un'alienazione nichilista di pseudo-svegli, certi di dominare il mondo degli spiriti. Fortunatamente, oggi l'antropologia scientifica ha cominciato a interessarsi in modo serio a fenomeni come il sciamanismo. Freud, per parte sua, non verserà mai in queste derive. Ora intuimmo perché: i suoi montages fondatori non erano mai più che delle rappresentazioni del testo fondatore per eccellenza rappresentato per lui dalla Bibbia, in realtà molto di più che dai testi dei politeisti greci usati come maschere. Il Padre non è e non può mai essere un spirito qualunque, è lo Spirito unico del monoteismo. Di fatto, Freud non lo nasconderà. Notabilmente, con il suo Mosè. Ma desideroso di accettare la necessità di secolarizzare la sua teoria, non farà neanche chiarezza. Peccato allora che non seppe scegliere i suoi discepoli! Ma noi lasceremo questa problematica all'analisi pedante dei freudiani stessi!

 

Avendo dunque ristabilito il valore simbolico dei montages fondatori (Foucault non fu insensibile alla costruzione di queste strutture così particolari e cercherà di opporgli il senso della misura greco giustamente in materia di sessualità), noi possiamo comprendere meglio il progetto scientifico freudiano (non osiamo dire empirico dato che le cartelle cliniche subivano direttamente o indirettamente il stesso lavoro che i miti fondatori.) Si trattava unicamente di cartografiare in una maniera ordinata le manifestazioni diverse dell'irrazionale, decodificandone i meccanismi. L'analisi dei sogni, questa sfera dell'attività umana che appunto no rileva della coscienza sveglia, diventava tanto più attraente per il scientifico secolare quanto quest'ultimo non ignorava che questo campo era stato investito da lungo con altri metodi divinatori, incluso quello di Giuseppe nella Bibbia (Antico Testamento.) Sfortunatamente, fare questo lavoro di maniera ordinata suppone delle congetture iniziali. Freud credette potere iniziare la sua nuova disciplina (aveva di fatti una fortissima coscienza di innovare) cominciando con la fine: le congetture furono rimpiazzate con i montages, le carte cliniche dottamente comprese confermarono naturalmente il valore generale di questi montages, e così questi acquistarono un valore di dogma. A tale punto che furono raffinati e imbelliti durante tutta la lunghezza della vita del sapiente psicanalista senza che risentisse mai il bisogno di una rimessa in questione radicale delle congetture di partenza. Ecco perché preferisco parlare nell'opera di Freud di cartografia preliminare di manifestazioni piuttosto che di un reale lavoro empirico/scientifico di afferramento delle oggettivazioni. In breve, un tale lavoro, approfittando naturalmente dalle nuove conoscenze, notabilmente nel campo della neurologia, non disponibili a Freud, tenerebbe conto nell'interpretazione dei sogni degli elementi seguenti: la funzione vitale del sono, necessario alla vita, notabilmente nel rinnovare dei neuroni e dei sinapsi; il fatto che questo rinnovamento si fa senza distruggere le strutture cognitive né le cinque zone della memoria messe in luce da neurologi francesi; finalmente le tracie di tensioni, conflitti o piacere, risentite dal soggetto (conflitto o piacere legati, credo, ma questo rimane da cartografiare scientificamente e con prudenza, con quello che ho chiamato qui sotto le manifestazioni parafreniche dolce, delle quali si deve ancora determinare l'origine nello spirito del sognatore, o per impressione sopra lui di forze esterne. In effetto, se teniamo solo conto del dualismo tra il contenuto manifesto e il contenuto latente, rischieremmo di non prestare attenzione al problema reale, cioè il campo ancora in sodaglia rivelato da quello che chiamiamo comunemente il sonno premonitore. Qui Giuseppe, il non-citato, è incoscientemente, a almeno culturalmente, più rivelatore di Freud, in fatti nel stesso modo che il schizofrenico Abramo è più rivelatore del suo Mosè fabbricato artificialmente da alfa ad omega. Si immagina male le pettegolezzi piccole-borghesi di un Freud pretendendo tirare i principi scientifici del suo imbarazzo per essere costretto a passare, in tenuta informale, nella tromba delle scale che conducevano dal suo appartamento principale al suo gabinetto di lavoro e alla sua camera da letto, ambedue situate un piano sopra! Si avrebbe in realtà testualmente torto. Comunque, si può ancora, come fece Freud, azzardare che il sogno, per me più generalmente tutte le parafrenie dolce o specifiche, costituisce una buona porta apprendo sul mondo dell'incoscienza e, più largamente, sopra quella dell'irrazionale. Intanto, oggi come ieri, converrebbe proteggere Abramo e tutte le persone oneste delle inettitudini incolte di un Gluscksmann e Cie! Un consiglio anticamente dato da altre persone, all'in fuori di me ...)

 

Questa tendenza pauperizzante consisteva ad utilizzare il metodo empirico sopra la base di montages azzardosi ma forti di pretese assiomatiche le quali finirono col fare della psicanalisi in generale, e freudiana in particolare, una nuova chiesa secolare fratturata in cappelle e funzionando come tali. Emanava di una ambiguità ontologica inconfessabile e senza dubbio mai confessata apertamente da Freud stesso: ambiguità che consisteva nel confondere Dio, Bene, normalità, Padre e orda gerarchizzata tentando, costa quello che costa, di mantenere la sociabilità nell'assenza di un Messia operante. Questa tendenza fu senza dubbio aggravata dalle derive di certe correnti della psicanalisi che spinsero Freud a prendere delle misure concettuali (irrigidimento dei montages in modo da rimandare a quello che per lui era il Bene senza ambiguità) e tentativi organizzativi per trovare un successore (di preferenza non ebreo) capace di interiorizzare lui stesso questi modelli, diventando allora capace di universalizzarli senza tradirli.

 

Oggi il fallimento incontestabile dell'insieme della psicanalisi, e più particolarmente del suo antenato comune (lo so, certe ironie sono inevitabili) freudiano che le procreò, si verifica a tutti i livelli, ontologici, epistemologici, metodologici, teorici e di pratica teorica. Questo scandalo è durato abbastanza. La frode intellettuale e sociale anche. Importa tanto più mettere gli orologi teorici all'ora che l'eredità freudiana, e più in generale quella della psicoanalisi non eterodossa, rimane preziosa per la sua affermazione d'adesione al metodo scientifico e per la sua volontà (forse più che la sua comprensione) di situarsi a un livello secolare, pegno di libertà per l'individuo. A parte le stranezze ormai conosciute delle pratiche freudiane, pensiamo a quei metodi, notabilmente americani, che si attaccano come piante parassitarie sopra nodi specifici dell'analisi freudiana, ad esempio sopra la memoria, senza capire niente della sua genesi intellettuale né della sua utilità, per finire, senza tante maniere, in pratiche più idonee dell'esorcismo il più oscurantista. Quante asinate e quante vere manipolazioni di apprendista stregone, senza nessuna vera educazione e sopra tutto senza vera cultura, si sono scatenate negli Stati Uniti sopra la problematica delle trace della memoria infantile che si potevano presumibilmente riportare alla luce o re-invocare? Aggiungiamo a questo il fatto che il lato non-spiegato di certi fenomeni spinge la società (in un reflex bene analizzato da Emile Durkheim) a rassicurare se stessa, accentuando le proprie propensioni rigoriste: in tal modo che il politically correct entra naturalmente in alleanza con una pseudo-scienza coccolata dalle società occidentali, incluso nelle università, nella stretta misura nella quale la secolarizzazione della comprensione dell'irrazionale andava di pari passi con la normalizzazione e la gerarchizzazione della società dello sfruttamento del Uomo dal Uomo nella sua forma capitalista moderna. Ora, man mano che la libertà di circolazione della merce forza di lavoro sarà meno valutata da un capitalismo moderno al suo stadio tecnotronico, si deve temere che le chiese e cappelle psicanalitiche non si trasformano in una vasta impresa di asservimento. I presupposti teorici di una tale deriva in ampia scala esistono come abbiamo evidenziato. E sappiamo che il comunismo delle grandi aziende, con tutte le loro mediazioni mediatiche, politiche, sociali, intellettuali e religiosi, è considerevolmente più efficace nella sua impresa di dominazione nonché il comunismo bolscevico, diretto, non-mediatizzato e dunque sempre pronte ad esibire la sua meccanica nella più perfetta nudità.

 

Lineamenti di una psicoanalisi autentica.

 

La rifondazione dell'analisi scientifica e laica delle diverse oggettivazioni dell'irrazionale rimane un compito urgente per assicurare la libertà umana sopra basi inamovibili perché ontologicamente pertinenti. Né propongo qui i lineamenti. Va di se che mi limiterò agli aspetti essenziali della teoria come teoria di afferramento del reale (teoria della conoscenza direbbero i sociologici.) I praticanti di mestiere ne potranno eventualmente tirane qualcosa. Al minimo, il richiamo che le congetture freudiane iniziali debbono essere trattate come tali, e che in tutta onesta intellettuale, come pure in tutta onesta in quanto essere umani che pretendo essere utili agli altri (in cambio dei soldi delle séances?), l'ora è venuta di rimettere tutto in questione. Dal loro punto di vista la situazione non potrebbe essere migliore dato che dispongono ora di un vasto ventaglio di dati empirici in modo che le contraddizioni che contengono rispetto alle congetture di partenza ed ai risultati realmente ottenuti, opereranno molto rapidamente come dei segni per la formulazione di novelle ipotesi che oggi debbono essere sollevate con il più profondo disinteresse.

 

Il nostro punto di partenza non è altro che quello del materialismo storico, almeno per quello che concerna l'ontologia, l'epistemologia ed il metodo. Con questo intendiamo dire che questa visione del mondo rappresenta il punto di arrivo di tutta la filosofia occidentale (e sempre di più della filosofia mondiale) nel suo sforzo per fare dell'Uomo il soggetto e l'oggetto della sua propria storia. Lascio da parte per ora la teoria, e più particolarmente le teorie politiche, economiche e sociali. La ragione è semplicissima: nessun sistema dice Marx viene mai superato prima che abbia esaurito le sue forme di espressione. Queste forme non sono necessariamente dominanti nel seno del loro sistema dominante globale, avvolta possono anche sopravvivere come residui quando la logica sistemica dominante cambia, secondo la bella dimostrazione dell'egemonia dovuta a Gramsci. L'hegelianismo di Kojève, per esempio, insite lungamente sopra il lavoro mentre si piazza nell'ottica politica (burocratica nel senso nobile di una struttura destinata a servire la società nella sua globalità) della democrazia borghese, condivide largamente gli altri aspetti filosofici, usualmente designati come umanesimo. (Nota: il quale si distingue così dalla carità e dalle altre forme di condiscendenza: il ruolo assunto dall'Individuo, non a cavallo ma con la I maiuscola (i.e. il cittadino, le citoyen), una differenza che fece scorre tanto inchiostro, forzando un teorico rigoroso come Louis Althusser a dichiarare tutto tondo che il marxismo non era un umanesimo, cioè non era una forma di carità, nel stesso modo che Marx avrebbe detto - in realtà si tratta di un giudizio tirato fuori contesto - del libro di Lafargue che se questo era marxismo lui certo non ne faceva parte.) Di fatti, la teoria politica nata dal materialismo storico pone le alternative: la riforma borghese, illusoria; il riformismo rivoluzionario, incluso in germe nella conquista di alta lotta del suffragio universale, e la rivoluzione, quando la democrazia borghese diventa solo una copertura censitaria della dittatura del Capitale.

 

Di conseguenza, se le considerazioni relative ai modi di produzione ed alle istituzioni sociali sono necessarie per capire le forme di espressione sociali, i blocchi (mentali) e le oggettivazioni più problematiche, è nientemeno necessario cominciare dalle forme pre-teoriche, rimpiazzando l'essere umano nella dialettica globale che unisce la dialettica della natura e la dialettica della storia, globalità necessaria alla sua riproduzione come essere umano e alla sua riproduzione come essere sociale. Una obbiezione fallacia consisterebbe a dire che non è possibile demarcare tra essere umano ed essere sociale, entra teoria e aspetti filosofi pre-teorici. Questo risulta fallaccio per due ragioni: l'essere umano del quale si tratta qui è sempre visto come un essere sociale. Di fatti, l'obbiettivo dietro lo sviluppo del concetto di modi di produzione per Marx mirava giustamente a rispondere in maniera concreta a questi problemi filosofi e sociali messi in causa dall'evoluzione storica. Pero, l'essere umano essendo sempre ed ovunque alle prese con la necessità di riprodursi e di riprodurre i suoi rapporti sociali nel contesto della dialettica globale, diventa necessariamente e simultaneamente essere umano e essere umano in una forma storica determinata, cioè essere sociale come diceva già Aristotele. La sola questione legittima che possa allora posarsi è quella del criterio invariante che permette lo sviluppo di una forma a l'altra. Anche sopra questi problemi fu sprecato molto inchiostro, ma solo sopra problemi posti al margine, mentre l'accordo è quasi unanime sopra l'asso principale invariante che fa subito dell'essere umano un essere, non solo biologico o astratto, ma anche un essere dotato di coscienza ed in parte maestro del proprio destino. Anche quelli che rigettano la teoria dell'evoluzione in favore di una genesi divina concorrono sopra i cambiamenti di forma attorno ad un asso invariante ( il credente rimpiazza allora il soggetto storico) coscientemente messi in luce da Gioacchino e Vico. Le diatribe concernano specificamente il criterio che permette di legare e di capire in termini coerenti il passaggio di una forma all'altra. Puntando al lavoro come tale criterio, la risposta marxista (e in un certo senso rovesciata, quella di Hegel) è molto lontana della caricatura di una teoria univoca. Questo lavoro del quale si parla è solo la caratteristica propria dell'essere umano capace di impadronirsi delle oggettivazioni anteriori (lavoro passato) in modo da assicurare la sua riproduzione, il risultato della quale sarà nuove oggettivazioni. Il lavoro è dunque un insieme concettuale che esprime il cuore stesso della relazione attiva dell'Uomo nella natura e nella storia. E anche sopra questa base coerente e molto complessa che Marx si appoggerà per distinguere i diversi modi di produzione. Per parte mia, ritornando all'idea principale, sono tornato a ri-impadronirmi delle distinzioni marxiste fondamentali tra sovrappiù assoluta, relativa e produttività, aggiungendo il concetto di sovrappiù sociale, ed elaborando sopra questa base il concetto di epoche storiche compatibili con un stesso modo di produzione. Queste epoche nelle quali gli esseri si muovono e si realizzano, sono individualmente la risultante delle strutture sotto-giacenti che permettano di situare le tensioni sociali ed individuali. Per quanto non è necessario seguirmi ciecamente sopra questa strada. Vale sempre meglio riflettere con la propria testa. Per contro, conviene di afferrare la messa al chiaro in tutto il suo valore, scegliendo con massima cautela il proprio punto di partenza ontologicamente necessario, che sia il materialismo storico o l'antropologia, il primo inglobando ontologicamente la seconda. Anche i credenti più ortodossi non possono astrarsi della necessità di tale scelta, almeno che non vogliono rischiare di cadere nel fondamentalismo più devastante e più oscurantista, almeno per tutto il periodo seguendo la data testuale della creazione e dunque quella dell'entrate in gioco del libero arbitro secondo l'artificio anti-inquisizione usato da Vico. Comunque questa scelta non è una petizione di principi: rispettando il pluralismo necessario al metodo di investigazione, ci impone di essere vigilante per quello che riguarda le critiche ricevibili perché serie, ed ad essere sempre disposti a mettere le proprie credenze sotto esame, ogni volta che si ha un dubbio sopra la coerenza (concettuale ed empirica) dell'universo analizzato. Allorché i marxisti debbono apprendere a tenere conto delle oggettivazioni dell'irrazionale, i non-marxisti dovrebbero prestare più attenzione all'alienazione prodotta dallo sfruttamento dell'Uomo dal Uomo, come pure alle strutture mentali e sociali che ne partoriscono.

 

Il primo dato di un metodo di psicoanalisi marxista deve necessariamente essere la constatazione che l'esistenza della specie dipende d'un modo particolare di riproduzione biologica, la riproduzione sessuata. Questo implica dei scambi ed una regolazione dei scambi di persone. Il primo principio di regolazione dei scambi rimane la proibizione dell'incesto del quale Levi-Strauss mostra l'universalità da una parte e dall'altra il ruolo come fondamento delle diverse strutture di parentela. Qui tutta la difficoltà consiste a fare la parte giusta tra dialettica della natura e dialettica della storia. A senso mio, il behaviorismo ha posto male questa questione e tende sempre ad avvallare l'essere umano ad un stato precedente alla coscienza, cosa che non risulta mai essere il caso. Anche i primati superiori non sono mai in una situazione predeterminata dalla meccanica primaria dei stimoli e delle risposte. Stimoli e risposte sono già filtrati dalle regole della sociabilità dei gruppi. Di conseguenza, converrebbe rimettere tutto in questione. Riteniamo comunque qui che il primato va alla riproduzione sessuata della quale dipende la specie e non ad una idea pre-concepita della sessualità. La questione della proibizione dell'incesto va riformulata a partire di questa constatazione. E quasi certo che questa proibizione sociale ha le sue radici nella regolazione anteriore che risale alle condizioni della dialettica della natura. In effetto, la riproduzione sessuata esige una ridistribuzione dell'eredità genetica sotto pena di debilitazione e di estinzione della specie. Come ogni specie animale dipendente della riproduzione sessuata si trova necessariamente sottomessa a questa esigenza di scambio e di circolazione del pool genetico della specie, i gruppi familiari debbono necessariamente esibire un stato di natura già filtrato dall'esigenza di questa sociabilità. (Vedere i lavori legati al grande progetto diretto da LL Cavalli-Sfroza, come pure a quelli di A. Sanchez-Mazas e A. Langaney, fra altri.) L'universo degli istinti è dunque lontano di essere univoco come vorrebbero i behavioristi. Qualcuno si ricorderà forse della critica di Alain Renais a Laborite nel suo bello film Mon oncle d'Amérique: la competizione tra individui non è l'essenziale dato che se i gruppi possono sopravvivere malgrado questo è proprio perché questi comportamenti sono compensati da comportamenti disinteressasti di forme diverse. Ora questo è un dato universale per tutte le specie caratterizzate dalla riproduzione sessuata. Oltre all'antropologia, la neurologia dovrebbe essere messa a contribuzione dato che gli istinti sono connessi ai neuroni, in particolare ma non unicamente ai neuroni cerebrali, grazie ai sensi. Queste prime forme di cognizione forniscono in seguito i fondamenti sopra i quali si appoggia la coscienza quando essa usurpa una grande parte del lavoro della dialettica della natura, apprendo l'universo della dialettica della storia. Ma in tanto questa estrema plasticità del cervello dell'uomo storico non deve fare dimenticare il sostrato necessario della dialettica della natura. Si realizza qui i sforzi interdisciplinari che debbono essere intrapresi. Nientemeno, questa prima constatazione permette di restituire la proibizione dell'incesto, con il suo sganciamento l'Omicidio del Padre secondo Freud, nel suo vero contesto dialettico, e dovrebbe permettere di chiudere l'illusoria e danneggiante strada pseudo-scientifica bordata di montages intemporali che tentano di rendere conto di una natura umana perenne e, così facendo, mutilano quest'ultima a ogni tappa della via.

 

La riproduzione sessuata dell'essere umano esibisce un aspetto particolare in rapporto con quella degli altri animali, perché le potenzialità della libertà sessuale, il suo aspetto storico, la trascende. La sessualità dell'essere umano non è confinata dalla necessità della riproduzione della specie, può anche essere un atto libero con finalità puramente sociali. Un atto esprimendo il desiderio cosciente dell'individuo. Questo non significa che i meccanismi dell'atto sessuale siano interamente indipendenti di quelli dell'atto sessuato. Di fatti, il grado di civiltà può essere misurato dal grado di libertà raggiunto e dalla sua armonia con i dati della riproduzione sessuata. La qualità del piacere e/o dell'amore sono dipendenti in particolare di questa libertà e di questa armonia. Le regole della sociabilità passano così in gran parte dal biologico al sociale, per finalmente riconoscere la necessità della libertà decisionale. In questo rispetto, la pillola, ha solo amplificato il grado di libertà iscritto nel ciclo della riproduzione femminile e poi nel lungo e arduo apprendistato dei metodi contraccettivi e di aborto. Non di meno, la sessualità femminile, come il suo grado di libertà, non abolisce i meccanismi più profondi che continuano ad essere sotto-giacenti alla riproduzione sessuata. La congiunzione storica dei due svela le leggi di riproduzione e d'evoluzione delle strutture di parentela. Intravediamo già qui che la confusione delle due dialettiche della sessualità umana e l'imposizione di una forma particolare di circolazione degli individui (strutture di parentela) formano il solco sopra il quale sono erette numerose contraddizioni, sempre nefaste quando vengono presentite come un ostacolo illegittimo alla libertà. L'analisi storica di questi nessi e delle loro contraddizioni secondo le epoche storiche costituiscono degli strumenti vitali per capire lo sviluppo della personalità reale degli esseri. Altrimenti, si dimentica di distinguere il campo sessuato ed il campo sessuale, e sopra la base di questo oblio, largamente motivato dalla posizione di classe e dal genere, si finisce, in oltre, a volere normalizzare i rapporti umani e i comportamenti secondo modelli euristici di dubbioso valore e d'ispirazione quasi-inconfessabile, come fu dimostrato qui sopra.

 

L'importanza delle strutture di parentela che tentano di coniugare i legami necessari ai scambi infra ed inter-gruppi (i.e. riproduzione sessuata) e lo spazio di libertà giudicato tollerabile, cioè quello che non rimetterebbe in causa l'equilibrio generale, permettono di capire meglio la problematica della proibizione dell'incesto (e dei montages freudiani relativi alla orda primitiva.) Insistiamo pero di nuovo sopra l'importanza delle conoscenze storiche relative alla riproduzione umana da un lato (metodo di controllo delle nascite, condizione di parto ecc ) e, d'altra parte, le costrizioni ideologiche tale che si impongono alle classe dominanti ed alle classe dominate: da un lato come dall'altro si prendono certe libertà con il sistema generale, ma in modo molto diverso. Risulta pero chiaro che in queste condizioni la proibizione dell'incesto non concerna necessariamente né particolarmente i Complessi di Edipo o di Elettra, ma piuttosto l'insieme delle relazioni giudicate tabù dalla struttura di parentela considerata. Malinovski e poi Margaret Mead avevano già sottolineato questo limite culturale del sistema freudiano, sistema patriarcale in rapida evoluzione all'epoca di Freud verso la famiglia nucleare, più adattata alla riproduzione della forza di lavoro in una società capitalista dove il focolare (nel senso statistico di persone vivendo sotto lo stesso tetto) costituito dalla famiglia allargata non è più compatibile con la mercificazione della forza di lavoro e con il salariato che retribuisce il lavoro salariato individuale, indipendentemente della grandezza del focolare alla carica del salariato. Partendo di qua, è derisorio parlare di gerarchizzazione senza tenere conto dei rapporti di potere innescati nel seno del tipo di famiglia considerato, rapporti sovra-determinati dalla struttura di parentela sotto-giacente, ed i rapporti di potere derivati dalla coniugazione di queste strutture con il modo di produzione sociale, nel seno del quale la riproduzione sociale viene assicurata. Non è allora del tutto sicuro che i Complessi di Edipo e di Elettra siano delle tappe così significanti quanto si vuole lasciare credere con questi montages intemporali; i bisogni di scambio implicati dalla riproduzione sessuata tenterebbero a predisporre i riflessi (istinti già socializzati dalla sociabilità pre-supposta) e andrebbero invece nel senso contrario per i membri del gruppo appartenenti alla stessa eredità genetica immediata. La luce sopra queste relazioni viene di nuovo dalla presa in conto della doppia dialettica, natura e storia, la quale presieda sempre al destino dell'essere umano. Come diceva Lucien Malson, quest'essere capace di libertà lo è solo perché, alla nascita, è più vulnerabile del più umile animale. Lo sviluppo dei comportamenti umani essendo largamente acquisiti, l'educazione e l'apprendistato diventano uno dei dati fondamentali della vita umana e della vita in società. Il montage freudiano trasferisce al livello della famiglia nucleare il mito fondatore derivato dalla sua orda primitiva. In una cellula familiare allargata l'id, l'ego ed il super-ego freudiani causerebbero danni ingenti: Pierre-Philippe Rey, per esempio, mostra l'impatto dei rapporti salariati (dunque individuali) creati dalla costruzione delle ferrovie in Africa, nel ambito di società patriarcali ma matrilineari strutturate in clan. La doppia dominanza del clan e del capitalismo disturbò la circolazione degli individui a tale punto che tutti i rapporti di potere tradizionali (e la trasmissione della conoscenza) ne furono sconvolti. Nel stesso modo che fu sconvolta la personalità degli individui, ognuno dovendo interiorizzare dei comportamenti sociali sconvolti nelle loro proprie basi. A partire di questo momento nessuno rimedio freudiano può mai essere del minimo soccorso dato che, non possendo essere risolte con un ripiegamento stabile e permanente nella tradizione, le contraddizioni suppongono una rivoluzione di tutte le pratiche sociali, processo arduo tiratutti, almeno che (pace Freud!) non si imboccasse un passaggio rivoluzionario che investirebbe allora tanto l'individuo che la società. La rivoluzione nei cambiamenti dei rapporti tra i sessi ha posto problemi simili. In effetto, l'evoluzione del capitalismo pone la questione della contraddizione entro focolare e forza del lavoro nella riproduzione della forza del lavoro. L'irruzione delle donne nel mondo del lavoro, durante la prima e la seconda guerra mondiale, e poi sempre di più per scelta dopo la Liberazione, sarà seguita da una tendenza sistematica verso il ribasso del salario principale. Oggi due persone non guadagnano molto di più del salario unico a disponibilità della maggioranza dei focolari negli anni 50. In tanto, il lavoro domestico, principalmente il lavoro delle donne, costituisce ancora da un quarto ad un terzo del PIL senza mai essere contabilizzato nella contabilità nazionale ( vedi Louise van Delac, Les dessous du travail domestique.) Le famiglie monoparentali registrano allora le mutazioni dei modi di circolazione. Ora, invece di impiegarsi ad adattare le forme di sostegno economico, politico e sociale necessari per sostenere l'evoluzione sociale nel senso della libertà, assistiamo all'unione di tutti i conservatismi reazionari, attualmente adoperati ad un ritorno dei valori tradizionali del matrimonio così necessario per realizzare la regressione sociale oggi apertamente lanciata nei Stati Uniti dalle forze politiche stabilite. Naturalmente inducendo senso di colpevolezza nella coscienza della gente. Come abbiamo già detto, la politica di Bush, apertamente indirizzata ad incitare al matrimonio le donne-madre per risparmiare qualche milioni di dollari, costituisce il simbolo perfetto di questo ritorno ad un integrismo neoliberale tinto di religiosità reazionaria. La logica neoliberale che partorì il problema essendo sempre al comando, non possiamo attenderci ad altre cose se non a dei gravi disfunzionamenti personali e collettivi.

 

Le condizioni di apprendistato e di educazione sono dunque primordiali. Non coincidono necessariamente con una struttura familiare determinata. L'illusione di questa coincidenza, presumibilmente necessaria, dipende interamente dall'organizzazione dello sfruttamento dell'Uomo dall'Uomo. L'adulto dovendo necessariamente inserirsi nelle forme di sociabilità esistenti, per realizzarci pienamente, o per contestarli, riprodurrà positivamente o negativamente i comportamenti appresi durante la propria educazione ed il proprio apprendistato. È solo a questo punto che possiamo porre la questione delle relazioni con i membri della famiglia genetica immediata o larga. Perché allora entra in linea di conto la trasmissione delle ricchezze accumulate, la quale si innesta sopra la struttura di parentela in quanto tale. La transizione dell'infanzia al statuto di adulto non dipende dunque unicamente delle strutture (famiglia immediata e famiglia allargata) che presiedano alla sua educazione ed in primo luogo all'educazione della piccola infanzia, la quale definisce il bimbo simultaneamente come essere umano ed essere sociale, ma dipende anche della compatibilità di questo apprendistato con l'inserzione nelle strutture più larghe, in particolare quella del modo di produzione. Come possiamo vederlo, le nevrosi più o meno pronunciate risentite dall'ego freudiano eludono i determinanti culturali, ma eludono anche i determinanti di classe e il grado di libertà che offrono ed ai quali l'educazione a per vocazione di preparare.

 

Notiamo ancora che per capire interamente la formazione della personalità dell'individuo, conviene anche rendere conto, per ogni sistema, delle libertà prese senza che l'economia generale delle strutture di parentela e delle strutture di trasmissione della ricchezza siano messe in pericolo (o si sentissero apertamente messe in pericolo.) Questi spazi di libertà caratterizzano in gran parte tutta una civiltà. Per esempio, in Francia possiamo azzardare l'ipotesi secondo la quale la combinazione delle eredità storiche successive (celti, germani, romani ecc ) fanno emergere delle possibilità di alleanze (non matrimoniali) più libere tra cugini e cugine di primo grado, meno implicati nei dissensi che emergono dalla trasmissione dell'eredità o dei contratti coniugali* (* In oltre, l'endogamia fu magistralmente studiata dalla grande resistente Mme Germaine Tillion nel suo libro Le Harem et les cousins.) Questa tendenza diventa allora un spazio nel quale la libertà delle sperimentazioni trova a farsi con meno costrizioni e meno tabù, senza necessariamente indurre conseguenze, e questo nella misura nella quale la sessualità si è estratta delle costrizioni biologiche per diventare piacere prima di essere riproduzione. La situazione è molto diversa in Italia, terra da tempo imprigionata nel diritto romano e poi nello stesso ma riformato dall'istituzione ecclesiale. In questo senso, le osservazioni di Malinovski e di Mead dovrebbero essere studiate con più finezza per le società occidentali. Si noterà allora che le gerarchie sono molto più complesse di quanto pensava Freud, in modo che il loro potere e la forza dei tabù non si esprimano in maniera univoca in tutte le direzioni.

 

Ma si tratta qui soltanto del primo livello sistematico. A queste gerarchie si aggiungono le regolazioni, costrette e contraddittorie, scaturite dalle strutture culturali ed ideologiche dominanti, delle quali l'impatto è anche lui sistematico. Freud le denunciò sotto la forma delle religioni. Evidentemente questo no esaurisce il soggetto. Queste strutture culturali e ideologiche esibiscono tutte, in gradi diversi, la pretensione di riformulare le strutture fondamentali anteriori. In questo senso, sono delle traduzioni culturali necessari per rendere socialmente leggibili le prime. Conosciamo tutti l'adagio: traduttore, traditore. Per essere esatta, la traduzione, o la super-posizione in termini culturali, non è mai ideale in un sistema di sfruttamento dell'Uomo dall'Uomo; se riesce ad essere viabile, lo deve naturalmente ad un buon numero di contraddizioni interne. Importa allora capire come queste contraddizioni vengono mediatizzate. Lo saranno con la repressione che caratterizza i sistemi più rigidi, dunque anche quelli meno adatti alle due dialettiche sotto-giacenti, o con la tolleranza ? Sarà questa tolleranza un dato universale iscritto nel funzionamento intimo del sistema (ad esempio, la laicità per la religione), oppure sarà unicamente una libertà presa, dipendente di dati situazionali particolari, come la posizione di classe (la storia dell'incidenza geografica di certe forme di isteria nel tempo di Freud mostra delle divergenze di comportamento nel seno dei diversi strati della borghesia.) Il grado di libertà non dipende unicamente qui dei dati organizzativi (per esempio, la tolleranza dei Gesuiti verso le classe dominanti europee quando il loro Ordine cercava di imporre la sua egemonia per compiere la sua riforma educazionale, o l'impulso reazionario ultramontano rappresentando la reazione nietzschiana nel seno della Chiesa cattolica con le conseguenze tardive che conosciamo.) I dati tecnici sono sempre di un'enorme importanza, anche se sono sempre un poco sotto-valutati per la comprensione delle strutture culturali. Per esempio, l'importanza delle conoscenze relative alla riproduzione umana, delle condizioni d'igiene generale andando dalle malattie sessualmente trasmissibili, fine ai metodi messi in atto da una società patriarcale per tutelare i parti, vedi ad esempio le innovazioni di Luigi XIV al soggetto, ecc.

 

Oggi, l'epidemia di AIDS mostra la difficoltà delle società moderne a preservare il loro grado di libertà, conquistato di data recente, quando questo mantenimento dipende della solidarietà dell'insieme di una comunità sottomessa alla legge del profitto; questa difficoltà, maggiore per le società più evolute, diventa un scoglio quasi insormontabile per le società rese più fragili dal sotto-sviluppo, come certe società africane contemporanee. La sifilide causò problemi simili alle società che non disponevano sempre dei mezzi scientifici per capire la natura medicale del problema, così che i rimedi a basa di piombo e di mercurio immaginati da Paracelso non dovevano certo contribuire ad allungare la vita dei pazienti. Ora, l'ironia dei tempi lunghi (longues durées storiche di Braudel) può risultare della marcia senza parallelismo dei dati organizzativi e dei dati tecnici. Questo viene allora aggravato dal pluralismo sociale: certi strati sociali sono più disposti ad operare gli aggiustamenti necessari in paragone ad altri che rimangono sottomessi a dei codici sociali più arcaici.

 

Ovviamente, la difficoltà maggiore sta nel fato che, mentre operano le loro traduzioni, tutte le strutture culturali debbono necessariamente fornire un'etica ed una morale che si incaricano a fare interiorizzare dalle istituzioni, dai gruppi e dagli individui, grazie ai meccanismi di educazione e di socializzazione che mettano in campo. Tutto dipende del grado di equilibrio reale fornito dalle nozioni di Bene, di Buono e di male. Vediamo subito le contraddizioni, i blocchi mentali, i malfunzionamenti e le trasgressioni che possono risultare quando questi codici morali (i.e. funzionali) si danno per un etica rivelata ed indiscutibile, senza riposare sopra una traduzione adeguata, e senza procurare i spazi di libertà necessari al rafforzamento ed alla viabilità del sistema. Tutta una gerarchia di patologie può allora essere stabilita secondo la divaricazione specifica rispetto alle normi sociali e/o rispetto alle normi presentite da sempre ma ancora mal decifrate in provenienza delle dialettiche della natura e della storia. E proprio questo che cerca di fare la psicanalisi moderna, malgrado i suoi paraocchi a volte confusi per delle conoscenze operazionali. Le patologie gravi non sono in se più gravi perché trovano la loro origine ad un livello piuttosto che ad un'altro: tutto dipende qui del rispetto dell'Altro come criterio del rispetto di se stesso, e dunque del rispetto della vita (e sappiamo che questo criterio viene in gran parte filtrato dal campo dei possibili definito nel ambito dei cerchi familiari, sociali ed educazionali di referenza) . Purtroppo, la nozione di colpevolezza, facile da stabilire nei casi rilevanti dalle trasgressioni, malfunzionamenti ecc, contro le norme sociali prevalenti, risulta più facili a stabilire quando le dialettiche sotto-giacenti non vengono sistematicamente beffeggiate da queste normi in un modo grave e umanamente inaccettabile. Questa colpevolezza entra meno in causa quando le circostanze sono tali che confondono o sospendono il libero arbitro degli individui, allora la società deve necessariamente cominciare ad interrogarsi sopra la propria colpevolezza sistematica, se desidera praticare una giustizia umanista invece di una giustizia repressiva, una che, rifiutando ogni riforma, finisce accogliendo queste trasgressioni, malfunzionamenti ecc, assieme alle loro repressioni, come unico modo di validare il sistema nella sua totalità, come le fece notare Durkheim. In fin dei conti, se non vuole corteggiare l'alienazione e la ribellione, la legge non può pronunciare le sue sentenze senza tenere conto della giustizia, dato che niente può fermare il desiderio generale di cambiamento da un dato sistema verso un migliore equilibrio generale, cosa che la teoria giuridica non manca di dire quando distingue diritto (giustizia legale) e giustizia naturale .''(fine del brano)

Ho tradotto qui la parte teorica centrale. Nel resto di questa seconda parte del mio Pour Marx, contre le nihilisme, ho poi dato una critica del caso Yates, quella sfortunata madre americana, moglie di un ingegnere della Nasa, ambedue bagnati in un cotesto religioso specifico, che uscisse i suoi figli credendo salvarli dal male e costretta a concludere dopo i fatti che, a quello punto, no sentiva più le voci che la spingevano ad agire. Questa caso così tragico mi sembra emblematico, perché riunisce tutti gli elementi culturali, politici e socio-economici. Ma le più grandi sciagure, anche con la loro eccezionalità, non nascono del niente. Perciò mi è sembrato necessario distinguere tra parafrenie e nevrosi o frenie più serie come la schizofrenia. Ma si tratta di distinzione, non di opposizione: la gelosia mi è servita per illustrare questo punto, più delle altre forme di paranoia comunemente percepite, perché, chi di più chi di meno, in tale o tale contesto, sapiamo tutte e tutti cosa sia: si tratta meno di una forma di possessione ossessiva che di una impossibilità di sapere e di accertare, e dunque di decidere in coscienza, allorché sono meno in questione gli altri che se stesso. Non si tratta dunque solo di gelosia affettiva. A quello punto si deve ovviamente cambiare atmosfera. Nei casi più seri, ho cercato di mostrare come le pretensioni psichiatre attuali (freudiane e non-freudiane) sono totalmente inutili, soprattutto quando il medico si sostituisce al paziente: se il paziente dice di sentire voci nella sua testa e attribuisce una potenza apparentemente onnisciente (ma non onnipotente) a queste voci, sarà inutile negare queste percezioni, o realtà che siano, coprendole con teorie senza fondamento, o magari con una primitiva teoria del trasfero. Facendo così, certo non si guadagna la fiducia dei pazienti, e non si rispetta neanche la loro tragedia personale. Non avendo pretensioni psichiatre di per se, non mi sono esteso sopra questo soggetto, a parte per chiedere ai medici di rivedere le loro teorie e le loro pratiche, anche ritornando con occhi nuovi alle loro cartelle cliniche alla luce delle mie critiche fondamentali. In fondo, non si conclude niente senza la coscienza e la volontà del paziente: il ruolo del medico sarebbe dunque di guidare il paziente nel recupero della sua volontà e della sua coscienza. I pazienti debbono diventare i propri medici impadronendosi della materia (vedi la Spielrein.) A ragione, la sovra-medicazione viene sempre criticata dai pazienti; le altre pratiche, ora fortunatamente messe da parte, non sono altro che una inutile e nociva manifestazione della barbarie sempre caratteristica dell'ignoranza quando si ci mette in testa di ristabilire l'ordine sociale e morale. Tra l'altro ho fatto notare come certi soggetti schizofrenici si auto-torturano per niente, ad esempio quando sono schizofrenici da bambini, per definizione innocenti, mentre i grandi criminali nazi, molto spiritualisti e nietzschiani, dimostravano e continuano a dimostrano una totale assenza di scrupoli ed un freddezza caratteristica. Ovviamente, certi medicinali possono essere utili in certi casi, ma solo per aiutare il paziente a controllarsi ed a recuperare poco a poco la propria autonomia con il proprio lavoro di coscienza.

 

Detto questo la mia preoccupazione principale, quella pertinente alla mia disciplina, era di mostrare la necessità delle riforme necessarie al livello socio-economico, istituzionale e culturale, in modo di creare le condizioni materiali idonei per prevenire le derive parafreniche e freniche. Perciò la mia insistenza sopra la parità reale tra uomini e donne, assieme alla difesa dei diritti civili idonei per fare interiorizzare il rispetto dell'uguaglianza nella diversità, e per difendere la laicità necessaria per lo sviluppo del libero arbitro e per l'auto-recupero dell'Uomo dall'Uomo (vedi il fondamentale trittico della Sacra Famiglia di Engels e Marx, dove si espone la marcia da compiere dall'emancipazione religiosa (laicità), all'emancipazione politica (cittadinanza) ed infine all'emancipazione umana (l'uguaglianza e la libertà come spazi rispettivamente dei regni della necessit0 e della libertà.) Ho dimostrato questo punto particolare tramite la riproduzione sessuata, dove la metà del bagaglio genetico viene trasmessa dalla madre e l'altra dal padre, appunto con le loro differenze, ma con la loro uguaglianza intrinseca, proprio quella che rende possibile la riproduzione della specie come specie. ( Il che mi sembra assai lontano delle inettitudini proferite sopra la donna proveniente di Venere e l'uomo proveniente di Marte di volgare e infra-accademica ispirazione americano-filo-semita nietzschiana, anche se è diventata una canzona cantata in molte università e molte istituzioni contemporanee.) Il divenire storico essendo la caratteristica principale della cultura umana, quella che apre la porta alla libertà, ho dunque mostrato come sia necessario il rispetto dei diritti civili, ad esempio quelli degli omosessuali; all'immagine della parità, questo rispetto delle differenze è uno elemento fondamentale del rispetto delle forme di convivenza sociali più tradizionali, perché la libertà non può riposare sulla servitù, anche volontaria, di nessuno. E di conseguenza, la strutturazione delle personalità da educare per la libertà nel rispetto dell'uguaglianza e delle diversità. Questo dovrebbe allora smantellare le critiche contro le unioni civili (e il matrimonio gay) dato che i problemi reali comuni da affrontare sono quelli della promiscuità e della struttura del potere nel cuore stesso dei focolari, di qualche natura essi siano. Incluso nel caso dell'adozione. Il resto, trasmissione di eredita ecc. è semplice affare di organizzazione della solidarietà sociale (tra l'altro prevista dalla nostra Costituzione.) Va detto per incisa che non esiste un matrimonio che crea una famiglia naturale, ma delle forme storiche di famiglie, la famiglia nucleare moderna essendo una pura invenzione dell'individualismo capitalista, che certe istituzioni difendono, non per dogma rigorosamente fedele, ma per pura convenienza venale e di potere (come tra l'altro fanno per le proprie gerarchie e rituali relativamente alle forme primitive praticate all'origine dalle loro ecclesiae o comunità). Famulus significa in latino domestico, il termine si riferisce ad una famiglia allargata (patriarcale) ben oltre i legami detti di sangue; questo in una Roma che, al suo apice, forse in seguito al tentativo di risolvere il cosiddetto paradosso dei figli di Pericle per il bene del Impero, privilegiò l'adozione come mezzo più sicuro di trasmissione del potere e delle responsabilità.)

Un aspetto importante, a dire vero più coincidentale che interno al freudismo, fu la sua presa di posizione relativa all'isteria, denunciando le responsabilità delle chiese e delle istituzioni in materia. La marcia del femminismo e del marxismo rafforzò questa tendenza liberatoria malgrado gli aspetti veritieri normalizzati del freudismo e di tutte le altre teorie, prima della mia psicoanalisi marxista. Rimane pero un compito primordiale della società difendere culturalmente, economicamente e politicamente la laicità, base necessaria per il camino collettivo e individuale verso l'emancipazione umana, senza dovere patire dalle forzature e regressioni dovute a quello che ho chiamato la ''dialettica troncata''. Perciò, la difesa della laicità, dunque dell'uguaglianza politica, iscritta formalmente nella cittadinanza, e dell'uguaglianza umana iscritta nel controllo collettivo della società, deve pure riposare sopra un'introduzione critica alla storia delle religioni (una cosa molto diversa delle strozzate istituzionali ciarlatanesche di tanti pitre plagiari e denaturanti, come l'inetto e ciarlone Régis Debray.) Importa e come, sapere che l'Epopea di Gilgamesh ed altri testi mesopotamici sono riprodotti con qualche adattamento nel Vecchio Testamento, o che la figura di Mosé è una traduzione ebraica contestualizzata della figura storica del Re Sargone anteriore alla partenza presunta di Abramo di Ur! Importa sapere che il Codice Hamurabi è anteriore al Levitico. Importa afferrare l'intreccio, fino a me confuso, tra l'astrologia, l'astronomia e l'approccio religioso-spiritualista al problema delle parafrenie e delle frenie: Abramo ed altri udivano voci, ed si mostravano così obbedienti da essere rimproverati, ad esempio nel passaggio dei sacrifici umani ai sacrifici simbolici ritualizzati presente nel mito di Abramo e Isacco, o del vino e dell'ostia (ostia = vittima, etimologicamente parlando) nel Nuovo Testamento. Vedi ad esempio la Sezione Racism/Fascism/Exclusivism in questo stesso sito o nel mio sito http://lacommune1871.tripod.com assieme ai brani tradotti in lingua italiana (...) nella Sezione Italia del stesso sito, ad esempi quello sopra gli Antidoti e quello sopra l'Elogio della Ragione.

 

Mi fermo qui, aggiungendo solo una parola: la politica di selezione universitaria, la politica di traduzione e di pubblicazione filo-semita nietzschiane attuali, fanno proprio schifo: non solo costituiscono un arma di guerra contro la cultura scientifica, quella del proletariato. Ma, in oltre, si dovrebbe anche tollerare, pagati e pubblicati con fondi pubblici, tizi come gli asini Bellofiore e Bertinotti! Avrete naturalmente capito che la loro storia a ritroso non è altro che una variante di secondo o terza classe dei slittamenti di senso demagogici di Derrida, della scellerata filologia anti-Goethe e anti-Herder, dunque anti-Vico e anti-Marx, del rettore nazi Heidegger, ed infine dei " ritorni " del Grande Maestro sifilitico Nietzsche (si tratta ovviamente qui di ritorni anti-ricorsi nel senso della Scienza Nuova di Vico, geniale precursore del hegelianismo e del materialismo storico. (Dopo Marx, Paul Lafargue fu l'unico ad avere capito Vico salutandone il contributo con una onesta che non si ritrova in tanti (numerosi) altri ... ) Questi servi e servi in camera hanno degli Idoli particolari, che adorano per preservare l'ordine di casta massonico sotto-giacente alla democrazia ed al suffragio universale. Noi invece non adoriamo nessuno Idolo, rimaniamo convinti dell'uguaglianza di tutte le coscienze possibili in ogni universo possibile, punto di partenza e di arrivo del primato della necessaria uguaglianza, prima pure di ogni libertà soggettiva. In accordo con Gioacchino da Fiore noi crediamo che il tempo delle figure arcaiche del Padre e del Figlio è passato ed in via di essere ovunque definitivamente superato, non si ritorna indietro. Queste sono figure pre-moderne proprie ad epoche nelle quali non esisteva né democrazia né educazione pubblica, generale ed obbligatoria. Così non crediamo neanche in nessuna teoria o pratiche del segreto e dell'iniziazione: queste sono pratiche non solo arcaiche ma ovviamente scellerate se si considera il significato della scienza e quello del pensiero quasi-magico che Levi-Strauss chiamava il pensiero sintetico. Le narrazioni filo-semite nietzschiane od altre non rappresentano un'alternativa alla scienza ed al materialismo storico, rappresentano invece la loro negazione assieme alla negazione dei progressi ugualitari della civiltà umana nelle sue varie forme. Quelli che pretendono il contrario sono chiaramente e pubblicamente gli apostoli più spietati e demagogici della falsa rappresentanza. Le logge massoniche e segrete debbono essere proibite quando cercano di avere un'incidenza segreta nella vita culturale e politica delle repubbliche, perché sono anti-democratiche prime di essere anti-partiti. Sono roba regressiva da casta e da oscurantismo. Le loro strumentalizzazioni, anche quando godono di complicità nelle sfere giuridiche, accademiche ed istituzionali, rimangono dei crimini gravi contro la Res Pubblica e contro i principi cardini delle nostre costituzioni e delle Dichiarazioni domestici e internazionali dei diritti umani. Crediamo nel Principe Moderno di Gramsci, quello che riconosce e garantisce a tutti, tramite la sua piena partecipazione individuale e collettiva, l'uguaglianza e la libertà; crediamo ad un mondo dove ognuno ha diritto al frutto del proprio lavoro quando questo lavoro non è di sfruttamento degli altri, e più ancora in un mondo dove si chiederà ad ognuno secondo le sue capacità, dando ad ognuno secondo i suoi bisogni. Il nostro credo rimane : Né dio, né maestro!

Paul De Marco, professore marxista.

Copyright © Paul De Marco 30-06-2007-13-07-2007

Copyright © La Commune, 2011.

11) Note:

1. A parte il Premio Nobel del walrasiano realista Maurice Allais, scientificamente errato anche questo ma rigorosamente onesto, tutti gli altri Premi Nobel di economia sono una semplice mistificazione che crede di potere mascherare la sua infamia scientifica di classe dietro un inutile apparato statistico, che al meglio fa uso di statistiche anche loro in gran parte false e al meglio empirico baconiane

2. Proprio nel libro dove mi frega i contenuti e anche espressioni tipiche, ad esempio diritto di inquinare per caratterizzare i certificati verdi da me per primo criticati credo in modo definitivo sin dall'origine - per denaturarli, sopra la questione degli OGM, Claude Allègre racconta dei cattivi abitudini di plagio americani. Ne sembra trarre la conclusione che tutto è OK se sei il primo a pubblicare. Questo tizio era ministro dell'educazione, cioè ha il dovere di difendere la scienza ed i veri professori quando vengono esclusi o maltrattati. Ma sembra che il compagno socialista delle scienza abbia una cattiva idea delle scienze sociali. Forse perché giudica a partire dei numerosi pitre francesi attuali. Ma come avrebbe mai potuto proporre come paradigma economico del imputo-output adatto all'ecologia quello di Wasilly Leontief quando io ho presentato il mio ecomarxismo? Quando non si ha le qualifiche per commentare, meglio allora tacere. O allora si deve dire come si può concepire nel ambito dell'economia politica e della sua critica, la differenza tra salario e quantità di prodotti agricoli - tra parentisi intesi da Allègre come " alimenti "? Ma crede proprio Allègre che per ottenere la sua medaglia abbia lavorato più de me? Cosa dire poi di De Robien che, con la sorveglianza di 24 su 24 ore mi frega la riproposta del metodo sillabico per insegnare il francese, senza alzare un dito per impedire gli abusi perpetrati contro di me e dei miei alluni mentre davo i miei corsi, e senza esigere il rispetto del mio statuto di intellettuale e chiedere la mia reintegrazione con le scuse e le riparazioni dovute? Burattini a fili anche loro. Indegni del mondo dell'educazione e del mondo accademico.

3. In Così parlava Zarathustra Nietzsche cerca di strumentalizzare il cretinismo in vari modi: come metodo di iniziazione, come consiglio agli iniziati a rischio di diventare dei pitre incoscienti ma vanitosi, come strumento di dominio di casta. Bellofiore e Bertinotti in quale categoria cadono? Fatto sta che si sente solo " hi-han "! in tipico charabia pubblicato incestuosamente.

4.

5.

 12) Pastiche del metodo di investigazione e di esposizione del professore Bellofiore:

''Hihan! Prendere con i sottotitoli la prima parole o frase di ogni paragrafo, poi aggiungere le congiunzioni necessari per formare frasi con sintassi accettabili. Voilà! Hihan! Hihan!''

XX

13) Lettere relative a Halevi, Bellofiore e il Manifesto (a, b, c, d)

 

a) To redazione@ilmanifesto.it, Tuesday, January 17, 2006 2:55 PM

 

Al Signore Francesco Parten2

Direttore editoriale del Manifesto,

 

Egregio Signore,

 

Ho letto con un grande stupore l'articolo di Riccardo Bellofiore e Joseph Halevi intitolato ''Tendenze del capitalismo contemporaneo, destrutturazione del lavoro e limiti del keynesismo. Per una critica della politica economica.''

Si tratta di una lunga parafrasi di secondo ordine, ma senza appropriato riferimento del abbozzo, datato dal primo maggio 2005, del mio ultimo libro bilingue intitolato Keynésianisme, Marxime, Stabilité Economique et Croissance pubblicato dalle Editions La Commune, 2005. Non importa quello che il Manifesto o alcuni dei suoi collaboratori possono pensare delle usanze accademiche, della falsa rappresentanza o del furto della proprietà altrui. Rimane la deontologia universitaria e la legge. Perciò, vi chiedo di aggiungere immediatamente il riferimento completo al mio libro all'articolo citato qui sopra.

Inoltre, vi chiedo di trasmettere con urgenza questa lettere ai Signori Bellofiore e Halevi con l'invito di considerare che non entra nelle mie abitudini di lasciare parlare la gente in nome mio, sopra tutto quando si tratta di teoria marxista. Non ho bisogno di volgarizzatori. Se mai, mi interessano le lettrici e i lettori seri e onesti. Oppure, al limite, servono traduttori e editori italiani. Sarà per oblio, mancanza di abitudine o per altre cause (personalmente, io crede che sia per causa delle abitudini indegni del Manifesto, specialmente nei miei confronti, abitudini da me già denunciate), comunque la loro parafrasi rappresenta una gravissima ingiustizia commessa verso i miei potenziali lettrici, lettori e critici. Costituisce, di più, una gravissima ingiustizia verso di me, il cui nome va taciuto. Eventuali lettrici e lettori dovranno così fidarsi alla loro parafrasi senza mai avere la minima possibilità di riferissi al testo originale, il quale, modestamente, vale molto di più. Purtroppo, quando si scopre con molto ritardo l'importanza del ''lavoro vivo'' senza dire una parola sulla mia risoluzione del problema della produttività economica inserita nella riproduzione (cioè, la risoluzione del falso problema della trasformazione dei valori in prezzi di produzione) si commette un crimine contro la scienza, contro l'economia politica e la sua critica in generale, e contro lo spirito e la deontologia accademici.

Vi prego di considerare questa mia lettera con la massima serietà. Non ho, in generale, molto pazienza con certe occultazioni e certe esclusioni filo-semite nietzschiane, e nemmeno con certe abitudini illegali del Manifesto.

Cordialmente,

Paul De Marco, professore di Relazioni Internazionali (Economia Politica Internazionale)

b) To: de-marco@sympatico.ca , j.halevi@econ.usyd.edu.au, Wednesday, January 18, 2006 8:58 AM

 

Egregio professor De Marco,

ricevo la sua lettera - riferita a un articolo pubblicato sulla Rivista

de il manifesto e non sul giornale - e la giro a uno degli articolisti

da lei citati. Il nostro collaboratore sta leggendo in copia e immagino

ci risponderà.

Nell'attesa la saluto cordialmente

Francesco Patern2

c) de-marco@sympatico.ca ; j.halevi@econ.usyd.edu.au, Wednesday, January 18, 2006 11:48 AM

 

Egregio professore,

dopo un'ulteriore indagine non ho trovato traccia dell'articolo da lei

citato né sul manifesto, né sulla Rivista, il cui ultimo numero è uscito

per altro nel dicembre del 2004.

Sarebbe così cortese nel farmi sapere dove e quando è uscito l'articolo?

 

Cordialmente

Francesco Paternò

 

d) To: de-marco@sympatico.ca, Wednesday, January 18, 2006 2:25 PM

 

La ringrazio per la nota,

fp

 

Joe De Marco ha scritto:

 

> Egregio Signore Paternò,

>

> L'articolo di Bellofiore e Halevi, intitolato ''Tendenze del capitalismo

> contemporaneo, destrutturazione del lavoro e limiti del 'keynesismo'. Per

> una critica della politica economica.'', si trova nella sezione

> ''Interventi: primarie e dintorni. Rive Gauche. La critica della politica

> economica e le linee programmatiche delle coalizioni progressiste'' del sito

> web del Manifesto. L'abbozzo del 1 maggio 2005 e il mio libro (notato Livre

> III) possono essere consultati nelle sezioni Libres

> ''download'' del sito http://lacommune1871.tripod.com.

>

> Cordialmente,

>

> Paul De Marco.

>

> ----- Original Message -----

> From: "Francesco Paternò" <fpaterno@ilmanifesto.it>

> To: <de-marco@sympatico.ca>; <j.halevi@econ.usyd.edu.au>

> Sent: Wednesday, January 18, 2006 10:48 AM

> Subject: [Fwd: articolo su rivista il manifesto]

>

> > Egregio professore,

> > dopo un'ulteriore indagine non ho trovato traccia dell'articolo da lei

> > citato né sul manifesto, né sulla Rivista, il cui ultimo numero è uscito

> > per altro nel dicembre del 2004.

> > Sarebbe così cortese nel farmi sapere dove e quando è uscito l'articolo?

> >

> > Cordialmente

> > Francesco Patern2

> >

XXX

14) Appendice: Gödel, Wittgenstein ed un esempio delle inettitudini del metalinguaggio accademico senza oggetto.

 

Marxist Critique of Gödel's Theorem II Sunday, September 16, 2007 12:47 AM (e-mail a me stesso per misura di protezione)

 

Two necessary additions ( and then this will have to be edited)

a) The best reference I came across on the subject intended for all those who want to understand the issue: Gödels Theorem: an HTML Introduction by Siegfried.

 

b) Add this to the conclusion: In his excellent Gödel, Escher, Bach, Douglas Hofstädter interprets recurrence in a very fertile way, as it is applied to computerized languages or what he calls MU systems

 

Now if the computerized MU systems in particular computerized calculus were to be indeterminate, it be the end of the world, we would float in a bath of ignorance but unfortunately not the (illusory but friendly) regenerative Bakounin kind! Of course, the problem with this computerized system of calculus is real but quite specific to the material conditions of existence of its specific universe, namely the treatment of fractional reminders …. Not a trifle and it logically increase with the time you run the machine and the complexity of the algorithms!

Marxist Critique of Gödel's Theorem

 

Gödel's spiritualist stance is known; his critique cannot push that under the rugs because it actually over-determines his search for paradox, not to be confused forhis working of a scientific critic since the first is distinct from the second and colors it, and for what ultimately makes sense in the world.

 

From Peano's original set of axioms derived from a long mathematical search re-launched by the German modern mathematicians, Gauss in particular, Russell tried to definitively found mathematics as the queen of logic, and to do so set theory was thought to offer the necessary connection, indeed the best illustration. Set theory was then thought as more parsimonious and more powerful.

 

We are concerned here with their problems only insofar as they touch on philosophy and logic thus implying the dialectic critique of Logic: back to Hegel-Marx-

 

Russell came on the known paradox: what is the set that encompasses all other sets?

 

The illustration is thus: In a giant Library, you have two catalogs, A contains all the books that make no reference to themselves; Catalog B contains all the books that have at least one reference to themselves. Where would you index B? If in A, then where would you index A?

 

This is Gödel's starting point. It just happens that it is equally Wittgenstein's starting point. The first offers a paradox, which turns out to be quite limited. The second rediscovers Dialectical Logic and for the first time applies it consciously and scientifically to the field of formalized languages, of which mathematics (plural) and Logic in its dialectic meaning.

 

We can sum up like so:

 

1) Logic (as, say Aristotelian logic, leaving geometry aside because of its later topological developments.)

 

What kind of proof is available here? We are essentially dealing here with the syllogistic form. Therefore proof is internal. Either we are working with Ideal Beings (ie numbers or mathematical symbols.) Or, we are dealing with practical applications and therefore the verification depends on the reality of the premises and the result i.e. the experience of the application.) This explains why Aristotle was so busy working on his taxonomy.

 

2) Complex systems (and recurrence, but in system based on their truth-values) This is where Gödels tries to make his case

 

Gödel's Theorem wants to proof that any such system is undecidable because it will always need external confirmation.

 

Note that this would make it illogical in the Aristotelian sense for Ideal Beings (you cannot hope to change their properties remaining within the same system although you can develop compatible systems.) Or else, this would be strictly nonsensical for practical logic and for its concrete applications. (I.e. the Zenone d'Elea paradox makes sense only if you forget that a point is an Ideal Being not a concrete reality in time and space.)

 

But when dealing with Ideal Beings (numbers are reinterpreted in the Peano-Russell's axiomatic set) the whole thing gravitates around the concept and validity - of truth-value. Or on the pertinence of the minimal set of axioms.

 

This is where the First Wittgenstein enters into the picture.

 

Look at the history of numbers (and of math in the excellent history of Mathematics by Carl B. Boyer, revised by Uta C. Merzbach) The sets are coherent but sometimes they have different property (you can effectuate operations on some but not other such as permutability etc)

 

This is confirmed, of course, when you go from arithmetic to mathematics. Ex Probability (Pascal's games) But also very clearly, for less mathematically inclined, for vectorial analysis (which is made congruent with set theory but reset some aspects of it to work its theorems for instance the meaning of zero (0).

 

3) Logic and Dialectics as the Queen of Logic.

 

In short this starts with the elucidated pre-conditions a) becoming is the first concerte concept; b) each science needs to be congruent with its object of study (Kant, Marx). It follows that each science does not necessarily exhibit a full scientific understanding of itself until it reaches its concrete in thought but can know that it is on the right track. (This from Marx's critique of Leibniz's mode, relations and substance and the difference between Simple Ideas and Complexes Ideas, both agreeing on the fact that Absolute Ideas are the least interesting ones so to speak, and that from the inventor of infinitesimal calculus. I.e. abstract versus concrete.)

 

Each system needs then to be treated with the same rigor as the Aristotelian Ideal Beings.

 

The fundamental question then relates not on the idiocy of metasystem but on the connection (s) and nature of such connection(s) between given universes. In reality what Escher tried to illustrate in an artistic-topologically rigorous sense. Coxeter and certainly not in a metaphysical-cabalistic sense. (See Leibniz again on the legitimate uses of combinations, where this is already made crystal clear!)

 

A word then on recurrence (or the mystification between the pure logical level and determined applications of practical logic.) As you can see, there is a tremendous ambiguity here (coming straight from Russell's set theory)

 

But generally it simply means this: a system that can allow n + 1. In other word a system which can prolong itself without internal contradiction (but necessarily in a self-conscious knowledge of its own limitations or more accurately of its own attributes.)

 

History is again important here: Necessarily, I have to get my hand on a good history of the invention of infinitesimal calculus (and the binary system without totally confusing both.) Again computerized algorithms should not be confused with Logic itself. (Or with the tasks ahead = if these tasks are different from the Ideal Being universes for instance Artificial Intelligence.)

 

The whole thing gravitates around the development of the concept of force in a long and painful confrontation with Aristotles entelechies and Descartes's transmission of movement through chocks. (Aristotle > Descartes -> Kepler -> Newton (with the scale schemata of Brainwaith etc ) and Leibniz; and of course what Leibniz calls the infinite series of small perceptions.

 

Leibniz is not a spiritualist like Gödel but he believes in the existence of the soul as a mathematical deduction; nonetheless, in fact, when your replace Leibniz's soul by Herder's language and culture Leibniz transforms almost naturally into the dialectic science of Marx by way of Hegel and Feuerbach). What is of interest here is that this now scientifically refuted Leibnizian belief of the mathematical existence of the soul acquires an extremely important epistemological signification: it allows to get a clear handles on the (silent and sometimes occulted) presuppositions used and thus can serve to get a clear picture of what is meant by truth values (which send you back to Marx's dialectics and the stages between concepts and any concrete in thought, elaborated with a clear conscience by Althusser against Popper's positivism as Levels P1, P2, P3 etc i.e. from what Koyré called Baconian empiricism to general and then universal laws (universal as congruent to its universe) Look also at the methodological Footnotes of my third book entitled Keynesianism, Marxism, Economic Stability and Growth in the Books section of http://lacommune1871.tripod.com)

 

We can then backtrack on the difference between

 

- undecidability

- incompleteness

- self-referencing (or recurrence in this precise sense)

 

Conclusion: Look now at the starting problem stated by Gödel as both a problem and a solution in itself in need of a rigorous proof. It states:

 

R is the set of all sets which are not members of themselves. Thus the statement: Set R is a member of itself is indeterminate.

 

Well, what do you put in R, rational numbers, and all their brothers and sisters including set symbols (they should be popular...) and which other formalized languages. It is not that the problem is indeterminate, it is that because of a petition of principle on the real mystical sense of the world, neither Gödel nor Russell nor any one else knows the limitation of the specific universes they are dealing with! It is that simple! They operate with an Aristotelian logic not a Dialectical one: integrate the two dialectics and the global dialectic in Wittgenstein's work and you can continue your work scientifically and concretely without taking confusion for paradox!

 

One might say: but there remains the problem of the metalanguage in the sense of Hegel's axiom: what is real is rational and vice-versa._ But this proposition is only true if you interpret it with the right Marxian dialectic. Hegel's Logic remains prisoner of the illusion that Mind (spirit) dominates Everything (even the Epiphenomenology, for that matter) and ends up literally on its head. Marx was not joking! He was not a joker … like so many who pretend to go beyond Marx, that is to say against him !

 

Marx's Dialectics is therefore the uncontested Queen of all sciences in all branches of sciences but with their specificity: either they fall in the dialectic of nature for instance astrophysics or the comprehension of productive forces; or in the dialectic of history or in the global dialectic (the series of idioms that allow Man to consciously and thus harmoniously reproduce Itself in Nature and History) Wittgenstein started to understand this. Once the two dialectics and the Global dialectics are made clear then all residual confusion disappears But becoming being what it is problems will remain to be scientifically and dialectically solved.

XXX

L'impostura tipica di Gödel (Nota aggiuntiva di Agosto 2011 in italiano)

In 2008 Francesco Berto ha pubblicato un eccellente libro sulla questione, intitolato Tutti pazzi per Gödel !, Ed Laterza. Berto è facilmente ingannato dalla catena dei solipsismi di Gödel, anche se poi, tutto sommato, restringe l'utilità della critica di Gödel a quasi niente, o comunque ad un piccolissimo nocciolo formale, cioè il sistema dell'Aritmetica Tipografica (o sistemi altrettanto formalizzati.) Essendo pero un studioso molto rigoroso, ci fornisce tutti gli elementi per capire la problematica, permettendoci di arrivare alla nostra propria posizione critica.

Intanto, io mantengo quello che ho detto anni fa qui sotto in particolare per quello che riguarda i problemi fondamentali legati l'unità. Quando sarò pronte, aggiungerò un saggio sulla questione. I punti cardini si aggireranno sopra gli elementi seguenti. Gödel, come pure troppa gente, confonde la logica, l'aritmetica e la teoria degli insiemi; inoltre non fa la differenza tra matematiche, storia e scienze della natura.

La ragione profonda tiene al fatto secondo il quale, con Peano-Frege, Russell ecc, si è creduto di potere aritmetizzare tutte le matematiche, anzi tutte le conoscenze umane, trasformando la formalizzazione quantitativa, anche positivista come quella di Popper, in un ragionamento di tipo aritmetico, dunque presunto rigoroso. Quando propone il suo programma nei discorsi di Parigi e di Bologna, Hilbert viene appena di completare un'opera sulla geometria euclidea, considerata allora come paragone di rigore dimostrativo ... I teorici delle scienze sociali (vedi ad esempio i casi emblematici e pionieri di Vico nella sua Scienza nuova e di Lenin nel suo Materialismo e empiriocriticismo) non hanno mai creduto che questo progetto fosse possibile. Hanno invece denunciato un imperialismo paradigmatico inaccettabile e riduttore, in particolare quelli che avevano letto e capito Vico, Kant e Marx, per citare solo questi.

Intanto, il progetto finì male, al punto che Russell dovette ammettere che sboscava in una seria letale di paradossi. Per sfortuna Gödel aggiunse i suoi sofismi, acclamati come sinfonia'' logica (sic!) anche da gente avvertite come Berto.

La logica si occupa di proposizioni da stabilire scientificamente (''empiricamente'', anche per le fictiones, nel mondo delle fictiones) come premesse, per poi tirare da queste premesse le conclusioni necessarie secondo le quatto forme canoniche dei sillogismi, oppure alternativamente rigettare l'argomento come fallaccio. Queste forme ci dicono già che il Mentitore non è un ragionamento accettabile perché non si può affermare che ''tutti'' i Cretesi siano dei mentitori ''sempre'', creando cosi un falso sistema auto-referenziale. Tutti, sempre, una tale impostazione creerebbe una situazione letale per questa specie peculiare o almeno per l'insieme dei Cretesi: dice Platone nella Repubblica: anche tra banditi c'è bisogno di qualche leggi minime per garantire la coesione e la sopravvivenza del gruppo … Io credo personalmente che il Mentitore (il più celebre falso paradosso) era un trucco inventato dai Pitagorici per scartare i semplicioti come pure i teorici troppo servili e creduli; è verro che permetteva una selezioni più potente da quella operata con il famoso bicchiere bucato riservato ai visitatori ordinari ... nonostante sia diventato una narrazioni fondata sull' '' Autorità '' ma non dissimile, nelle sue origini e le sue funzioni, alla pseudo-Sibilla romana ed altre invenzioni del genere ...

L'aritmetica si occupa della logica derivata dall'adozione di una unità di misura astratta sopra la quale si recitano i classici (5 e a volta 7) assiomi (diciamo, quelli di Peano.) Questi assiomi, accettati come proposizioni ''evidenti'', perché giudicate congruenti con la realtà esaminata, danno luogo ad operazioni induttive e deduttive. Al contrario di quello che pretende Gödel, l'aritmetica non è finitista. L'unità si aggiunge a l'unità, al risultato si aggiunge di nuovo l'unita e via discorrendo; ma non c'è nessuno bisogno di conoscere tutti i numeri (o Tutto l'Insieme di tutti i numeri) per sapere con certezza aritmetica (diciamo con Kant ) che 5 + 7 = 12 (il che, dice Kant, sembra ovvio, ma lo rimane pure ad esempio per numeri molto più grandi dei quali noi non siamo familiari.)

Senza cadere qui in una discussione sopra il movimento olistico moderno, dobbiamo presentare qui alcuni rapidi commenti relativi alle nozioni di platonismo e di Tutto. Va ricordato per prima che se si legge Platone nel testo, in particolare la Repubblica, per Socrate come per il suo allievo (i quali furono tutti i due in contato con i Pitagorici in Magna Grecia) i Numeri non sono proprio delle Idee, ma solo delle tecniche intermedie tra la realtà e le Idee. Le Idee rappresentavano il livello più puro e immutevole della realtà. In effetti, si anticipa qui la nozione moderna di ''concetto'' (Kant e Marx) solo che, secondo la critica definitiva di Kant, le Idee platoniche esistevano aldilà della realtà, mentre per Kant tutto emerge sempre dalle sensazioni anche ai livelli più alti, ad esempio quelli dell'analitico o del sintetico a priori (infatti, questi a priori kantiani costituiscono il primo riconoscimento rigorosamente scientifico del fatto che la ''realtà è razionale e il razionale è reale'' come dirà in seguito Hegel.)

Comunque Socrate e i Pitagorici sono molti lontani dal conformismo classista di Aristotele secondo il quale le categorie sono solo delle costruzioni generali (tassonomia fondata sopra la differenza tra il particolare e il generale, ma senza concetto di universalità scientificamente operativo, appunto quello che era invece il cuore della ricerca dei Pitagorici e dell'Accademica.) Come sappiamo secondo questo semplicismo pre-sociologico, l'Idea del cane non abbaia. Kant dimostrò in modo definitivo che una categoria generale può fare parte della investigazione scientifica ma non dell'esposizione. E ancora provisoria. Mentre il geniale Kant un filosofo ''steady state'', Marx sviluppò questa teoria in modo dialettico con il materialismo storico proponendo il concetto di ''concreto pensato'' cioè un punto di ancoragio universale congruente con il suo oggetto di studio e dunque con l'evoluzione delle sue forme storiche.

Questo richiamo è importante perché il ''platonismo'' viene sempre compreso con grande confusione: ad esempio Hilbert appartiene alla categoria dei matematici che hanno un idea volgare del platonismo secondo il quale i Numeri sono delle Idee. Al tempo di Hilbert, il Circolo di Vienna era platonista in questa simile maniera. I Pitagorici come pure i fondatori dell'Accademia ateniese erano atei o almeno agnostici; al minimo, erano in favore del libero arbitrio e della responsabilità personale e sociale nel cammino verso il Bene. La Repubblica finisce con il richiamo del mito di Er panfilo vera fonte almeno strutturale della Divina commedia di Dante - cioè con il problema dell'anima ed della sua risurrezione o reincarnazione strettamente legato al comportamento individuale e collettivo anteriore, dunque fuori di ogni determinismo finale, malgrado le potenzialità di ciascuno di raggiungere il Bene (memoria socratica, pedagogia, ecc.) Questo messaggio sarà ripreso nella prosopopea socratica del Banchetto, il quale, prefigurando Cristo senza i preti, da la priorità all'uguaglianza e alla coscienza sulla Legge fondata sopra la gerarchia sociale e l''' autorità '' religiosa. (I punti forti del messaggio del Vangelo derivano di una sintesi dei messaggi più progressisti delle vecchie società antiche, dalla resurrezione presa dagli Egizi all'uguaglianza ed ai doveri della coscienza dei Pitagorici ecc ...) Ora la scienza è la Via Reale verso il Bene (e dunque anche la ''pratica teorica'' nel spirito collettivista, almeno tra guardiani, dell'autore della Repubblica, perciò odiato da Popper, altro ebreo religioso. Gioacchino di Fiore con le sue 3 Eta del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo secolarizzato nella storia, Eta poi riprese da Vico aveva già spiegato il ruolo della disciplina morale (Padre) e dell'intermediazione morale (Figlio) nelle società non ancora collettivamente emancipate dallo Spirito (e dall'educazione universale.) Ed è proprio questa strada verso l'Albero della Scienza che viene bloccata ovunque dagli interpreti rabbinici del Vecchio Testamento (proprio quelli che odiavano Spinoza, il quale sapeva che l'uguaglianza umana è strettamente legata alla scienza astratta di ogni narrazione ideologica. Di fatti, peccato imperdonabile, il giovane Spinoza, lettore attento di Ibn Ezra, aveva iniziato una lettura critica moderna del Vecchio Testamento, non tanto favorevole a quello che denunciava come i ''deliri'' dei rabbini ...)

Di conseguenza, il programma di aritmetizzazione di tutte le matematiche e dunque di tutti i modi di formalizzare le altre conoscenze creava il rischio di evacuare dio a favore della scienza matematica. Il pericolo era ancora aggravato dalla potenza delle macchine (ed in particolare quelle di Babbage bene analizzate dal grande marxista americano H. Braverman, e quelle dette universali di Alan Turing.) Ecco perché, secondo un modello ormai conosciuto e facile a rintraciare nella storia, il giovane ebreo religioso Gödel si da il mandato di fare cadere queste certezze scientifiche. Ma non lo fa per contribuire una critica positiva ma soltanto per sgonfiare le pretese della scienza. Oggi molti pitre fanno la stessa cosa, con i stessi slittamenti logici,come sanno benissimo quelle/i che hanno già visitato questo sito. Di fatti Gödel non ha contribuito niente alla scienza a parte la sua impostura logica.

Gödel non era e non fu mai un platonista: fu sempre un credente ebreo come Feuerbach, e per le stesse ragioni: l'oddio del camino umano verso la scienza e l'emancipazione individuale e collettiva. Ognuno a diritto alla sua fede, ma questa non ha nessuno ruolo legittimo nella scienza, nella sua ontologia, la sua epistemologia, il suo metodo e dunque le sue teorie, altrimenti si alimenta solo oscurantismo con ulteriori scopi di caste e di classe. Come ricorda Amir D. Aczel in Le carnet secret de Descartes, JC Lattès, 2007, edizione originale 2005 citato sopra) alla morte di Descartes, il giovane Leibniz fu mandato a Parigi per esaminare in segreto i suoi manoscritti (Descartes allievo dei Gesuiti e poi probabilmente rosicruziano come Leibniz era stato sospettato di essere atea.) Quando John Locke emesse l'opinione di essere in grado di provare l'esistenza di dio con metodo unicamente empirico, Leibniz si lanciò subito nel progetto di difesa dell'ordine religioso, ma lo fece utilizzando la scienza (i.e. le sue idee di percezioni infinitesimali, di modi e di sostanza combinate secondo un ordine divino prestabilito, trasformando pero così dio in grande matematico, o in un Grande Orologiaio secondo lo scherzo di Voltaire. Kant, il primo vero scienziato laico occidentale, si eleverà contro queste pretese religiose leibniziane dimostrando che l'esistenza di dio o quella dell'anima erano forse questioni importanti ma non questioni scientifiche. Rimane che Leibniz e Kant avanzano le loro idee in modo rigorosamente scientifico, mentre Gödel propone solo un incatenamento manipolatorio di sofismi. Di più il suo concetto di Tutto non ha niente di classico: ancora una volta è un concetto religioso, anzi biblico e talmudista, quello infinito, e incomprensibile alla mente umana, di ''dio'' (del quale non si può neanche pronunciare il nome …) Come vedremo questo concetto ideologico del Tutto gioca un ruolo centrale nell'impostura autoreferenziale dei Teoremi (di Incompletezza) di Gödel.

I paradossi aritmetici o assimilati (insiemisti) fanno parte del problema dell'unita, cioè un di dato astratto, confuso con un spazio (una sostanza o anche un pezzo di tempo) o meglio con una dimensione. (Il più celebre rimane quello di Zenone d'Elea.) Passando ad altre dimensioni, o anche ad una variata di superficie, i Greci classici si trovarono confrontati (come i tutti gli altri prima di loro, dai Babilonesi agli Egizi ecc...) a nuove categorie di numeri diversi dai numeri naturali, reali ... Il problema di trovare una unità omogenea che rimanesse omogenea non sparisce, neanche quando viene aggirato dal calcolo integrale (calcolo infinitesimale.) Il raddoppio del cubo, il famoso problema Deliano, mi pare essere una illustrazione emblematica di questa problematica intesa genericamente.

Si nota che i teoremi della matematica come quelli della geometria sono dimostrati (e perciò sono detti ''veri'' senza che si possa qui distinguere falsamente tra semantica (congruenza delle premesse con la realtà) e sintattica (sviluppi logici e coerenti sulla base di quest'ultima): Cioè, la verità è almeno una verità di esistenza. I teoremi corrispondono alla realtà delle premesse - qui l'unità sancita dalla natura dei numeri in questione - e alle conclusioni comprovate tirate su di esse (coerenza). Dopo, e soltanto dopo che si sia arrivato alla dimostrazione di un teorema, questo teorema può essere incluso nei libri di scienza e al limite tradotto sotto forma di algoritmo - o di ''set di istruzioni'' secondo l'espressione più umile e più pragmatica di Turing - per una macchina universale di Turing : Dato certi elementi come input, la macchina può allora, con il suo metodo ricorsivo, arrivare (computare) o meno ad una soluzione, per definizione vera perché contenuta nel set di istruzioni. Se si utilizza operazioni sbagliate con i semplici calcolatori questi danno subito come risultato: ''Error'' e a volta (forse per Gödel) ''bliss''. Ma la macchina non dimostra niente di per se; applica soltanto istruzioni algoritmiche date ad essa sotto forma di istruzioni.

Perciò, Gödel confonde verità (semantica: cioè rapporto con la realtà) e dimostrazione (sintattica, coerenza sistematica). Si taglia fuori artificialmente sintatticamente - della prima, sboscando nelle nuvole gödeliane, di un modo senza realtà di referenza. Sulla base di questa confusione originale artificialmente e coscientemente voluta, mette in gioco i ''metalinguaggi'' di Hilbert e la ''diagonale'' di Cantor in modi molto abusivi (la gödelizzazione e la diagonalizzazione.) Per stabilire il suo fasullo Teorema di Incompletezza, lo fa, tra l'altro, confondendo l'autoreferenza con quello che Wittgentesin (e Roland Barthes dopo di lui) chiamerà altrove ''tautologie significanti''. Queste ultime sono valide: io credo anche che sono le sole forme di auto-riferimento accettabili per le proposizioni, altrimenti le proposizioni sono più comunemente affare analitico o sintetico di soggetto e di predicato (oppure non appartengono al mondo della scienza ma delle narrazioni, nel migliore dei casi della scienza-fiction. Forse oggi riprendendo il termine del pitre Freud si direbbe che Gödel fa un ''romanzo-fiction'' della logico a scopo suo, ma di identica ispirazione ...)

Gödel per parte sua confonde coscientemente assiomi, proposizioni e teoremi solo perché questa confusione gli permette di creare artificialmente una forma astratta di autoreferenza che poi viene ''verificata'' in modo meccanico con la ''lista'' dei teoremi esistenti in un dato sistema formale. Siccome questa autoreferenza presenta la caratteristica di potere essere vera e falso al stesso tempo, mediante le sue sostituzioni gödeliane, il sistema viene detto ''incompleto''; anzi tutti i sistemi formali sono similarmente detti incompleti. Nessuna verifica ricorsiva darà risultati.

Dio è salvo. Non perché dio sia importante per questi tizi ma perché un mondo senza dio sarebbe un mondo senza rabbini, senza preti, senza servi in camera e senza altri intermediari e, ovviamente, senza pseudo logici del tipo di Gödel. Non sarebbe più un mondo di narrazioni e di falsa rappresentanza. Ma non credo che se esistesse realmente (oppure una coscienza più avanzata di quella umana attuale) sarebbe troppo contento di fronte a tali inettitudini infantili e malintenzionate: Perché la ''lista'' verificata meccanicamente nel sistema di Gödel secondo il suo abuso dei concetti di enumerazione e di decidibilità, rappresenta il Tutto, ma il Tutto concepito in un modo sempliciotto (in realtà, importato paralogicamente dal paradosso degli insiemi dei insiemi con l'abuso aggiuntivo del senso dell'infinita creato dalla diagonale di Cantor, presa fuori contesto. La diagonale di Canto riguarda i numeri decimali, cioè l'intervallo tra due unità, il che apre su altri problemi, notabilmente sopra quelli della periodicità.)

Ora per fortuna nessuna scienza, neanche l'aritmetica, ha bisogno di conoscere tutti i suoi teoremi per sapere se una sua proposta è accettabile o se un teorema è giusto (cioè, dimostrato); vedi quello che fu detto sopra relativamente all'induzione ed alla deduzione. Di fatti, l'incompletezza non ha affatto le conseguenze volute ideologicamente da Gödel: si può chiedere quale sia la cifra ennesima del numero Pi in tal modo che non sia calcolabile manualmente; come la divisione può essere facilmente messa in forma algoritmica, la macchina universale di Turing ci darà la risposta giusta se la lasciamo andare abbastanza; è siamo sicuri del risultato (la macchina essendo già stata testata per i soliti bug, un bel problema oggi, comunque, visto la taglia dei programmi ...) Ma non per questo conosciamo o dobbiamo conoscere ex ante ''tutto'' il numero Pi, del quale sappiamo che può presentare una strana andatura (tanti 7 consecutivi, dice Berto) senza sapere se avrà mai una fine, o se sia realmente un numero trascendente (come si afferma oggi.)

Notiamo che gli algoritmi non debbono essere per forza del tipo formalizzati per analogia con l'aritmetica, altrimenti con ci sarebbe nessuna speranza per l'Intelligenza Artificiale (IA), la quale sarà sempre un'approssimazione creata dagli umani, anche se con capacita di autoapprendimento. I sistemi digitali di riconoscenza visuale o auditiva possono servire di illustrazione (sono già operazionali e generalizzati con la cosiddetta lotta la terrorismo; si procede con patterns riconoscibili perché ''sovrapposti'' o ''matched'', questi patterns possendo essere avvicinati in modo probabilistico in un modo digitale anche in prolungamenti del tipo puzzle come si fa con i frammenti dei vecchi manoscritti.) Ma è chiaro che questo metodo è generalizzabile a tutti i sensi (emulati dai sensi umani, oppure creati in modo artificiale usando le tecniche disponibili: si nota che l'uomo cominciò a volare solo dopo che messi a contribuzione le conoscenze scientifiche adatte, smettendo di imitare gli uccelli, anche se l'imitazione della natura ha sempre molte cose da impararci.) Si può dunque sviluppare degli algoritmi che non siano matematici, ma che dipendono invece di certi elementi decisori secondo sistemi appropriati di raccolta e di trattamento dei dati. Sopra questa base un sistema che può arrivare ad una sintesi viabile nel suo ambiente (o universo) può concepibilmente scegliere, imparare e anche memorizzare i dati ritenuti viabili nel suo ambiente specifico: Ci avviciniamo così alla IA. La ricorsività sarà sovradeterminata dagli algoritmi e sopratutto dagli elementi decisori ritenuti, come pure dalle istruzioni date per arrivare alla sintesi (emulazione biologica se si vuole e non semplicemente chimica-matematica.) Come vediamo Gödel non serve neanche qui … per fortuna!

Il progetto di sabotaggio di Gödel consisteva nell'importazione del paradosso del Mentitore nel tentativo scientificamente sbagliato ma il più alto all'epoca di aritmetizzazione delle matematiche e di tutte le conoscenze umane, introducendo in somma il verme nel frutto; si ristabiliva così la prerogativa dei rabbini e dei preti in un mondo ''fatalmente'' senza certezza e miserabilmente ridotto all'umana incompletezza ... Se può creare un trucco secondo il quale una ''proposta'' formale (Gödel non distingue più qui tra assioma, enunciato o teorema perché ha bisogno di autoreferenza) diventa indecidibile perché può simultaneamente essere falsa e vera, allora avrà guadagnato: avrà messo la comunità scientifica nello stato di mente disperato di Epimenide!!! Il problema di Gödel era, come sempre in questi casi, semplicemente un problema di plausibilità. E, di fatti, Gödel non si rischiò ad offrire la sua critica prima del contributo di Turing (enumerabilità, ricorsività, computabilità ecc.) da lui manipolato (cioè non si rischiò prima che il cerchio vicino a Russell e Russell stesso abbiano riconosciuto l'esistenza di paradossi: coraggioso, ma non temerario il Gödel!)

Questa plausibilità gödeliana viene stabilità sopra due grandi manovre: la gödelizzazione (in realtà la manipolazione della trasformazione hilbertiana di enunciati matematici in metamatematica con la speranza di arrivare ad un sistema più rigoroso.); e l'autoreferenzialità (oppure la verifica della coerenza o omega-coerenza.) Berto ha ragione di notare che l'enunciato: ''(S) L'enunciato ''L'enunciato è composto da sette parole'' è composto da sette parole'' non è realmente autoreferenziale perché è più lungo dell'enunciato sotto considerazione. (p 118) Berto cita Hofstädter: ''Nelle parole di Hosftädter: nessuna stringa dell'AT (Aritmetica Tipografica) può contenere il numerale del proprio numero di Gödel, perché quel numerale contiene sempre pi9 simboli della stringa medesima'' Come risolviamo la difficoltà?'' (p 119) Avendo chiesto la questione centrale Berto segue docilmente quello cammino sofista che confonde per una ''sinfonia'' logica, mentre rimane solo una volgare mistificazione.

Questo può essere mostrato molto più facilmente di quanto si crede: il metalinguaggio (sarebbe certo meglio tenere Hilbert fuori di queste sciocchezze e parlare invece di gödelizzazione!!!) vale solo se aggiunge rigore al linguaggio formale che trascrive. Ora in matematica non ci può essere autoreferenza; tuttalpiù ci può essere tautologia che trascrive unicamente una uguaglianza. Ad esempio p = p può essere formulato ''esiste un p tale che p sarà sempre p''. In modo che se si arriva ad una proposta del tipo: ''esiste un p tale che sarà p e la negazione di p'' questa proposta che non sarebbe accettata come un enunciato (non un teorema ma un semplice enunciato) aritmetico, non potrà nemmeno essere accettato nella sua trasposizione metalinguistica; doppo una seria di sostituzioni lo sarà nella sua gödelizzazione perché la gödelizzazione appunto non è questione di scienza ma di narrazione plausibile e mistificatrice. Un buon critico avrebbe attaccato il progetto di Peano-Frege (e poi quello di Russell in veste insiemistiche) questionando a) la relazione degli assiomi con la realtà; e b) la nozione di unità astratta o non astratta che rimanda ad (a). Non vale allora la pena di seguire Gödel nelle sue sostituzioni gödeliane per trasformare proposte sintattiche in proposte autoreferenziali: tali proposte non fanno nemmeno parte della scienza e nemmeno della ''lista'' di enunciati e di teoremi poi da verificare meccanicamente in modo ricorsivo. Perciò Tarski pretendeva che è più facile dimostrare quello che era falso (dunque costruendo scienza su base solide poco a poco) invece di volere provare la verità o dimostrabilità di un enunciato quando non si possiede ancora i messi per farlo (o per falsificarlo)

L'idea di questa mistificazione sarà probabilmente venuta a Gödel dopo che sia venuto a conoscenza della diagonale di Cantor. La diagonale di Cantor è totalmente fallacia perché trasforma un dato di fatto (tirato della sua tabella) in un argomento specioso spora l'infinità più grande dell'infinità e via dicendo (cosa che si ritrova poi, per le stesse ragioni, nel falso paradosso del insieme degli insiemi, degli insiemi …) Tutto questo riposa sopra la confusione relativa al statuto dell'unità (astratta oppure non-astratta.) Ora se si considera un intervallo (i.e. per passare da una unità ad un'altra) il trucco consiste solo a cambiare di intervallo, quello che si fa comunque in geometria e aritmetica applicate. Ma rimane che operiamo sempre con la stessa unità (omogenea), l'intervallo rimane lo stesso e dunque si ha le stesse possibilità di divisibilità astratta per ogni intervallo (che di conseguenza non ha niente a che fare con l'infinità nel senso del l'infinito piccolo) Per l'infinito grande le cose si presentano un può diversamente visto che non ipotizziamo (dico: ipotizziamo) un intervallo e neanche un Tutto finito. Da questa investigazione cantoriana con l'uso manipolatorio di Turing, Gödel partorirà la sua tesi dell'Incompletezza, cioè di enunciati formali che non possono mai essere stabiliti in modo ricorsivo. Va ricordato che le operazioni ricorsive non dimostrano purtroppo niente, soltanto applicano algoritmicamente dei teoremi o delle procedure già dimostrate. (Si nota, en passant, che la macchina universale di Turing non aspetta la risposta completa per Pi, o una definizione rabbinica-papale del Tutto e dell'infinito, per operare un altro passo algoritmo, ma si accontenta della formula usuale di arrotondamento con il numero di decimali scelto. Si nota che secondo il Le Monde l'anno scorso le più grandi istituzioni finanziarie hanno ricavato 14 miliardi di profitti speculativi supplementari usando di numeri decimali più grandi nelle vendite e gli acquisti, sfruttando gli effetti dei volumi anche con guadagni frazionari. Se poi sono capaci di provocare questi spostamenti borsistici o valutari allora il gioco diventa … autobenefico, ma sempre pericolosamente ancorato sul ''credito senza collaterale''.)

Il problema di Cantor era prosaicamente la natura dei numeri, e quello che si considerava le loro contraddizioni oppure le loro difficoltà, da oltrepassare con una aritmetizzazione più forte, con un metalinguaggio matematico più completo e più rigoroso, progetto sbagliato sin dall'inizio visto che riposa sempre sopra il problema astratto-reale dell'unita e la sua omogeneità ex ante impossibile da mantenere. La diagonale di Cantor è una diagonale di numeri decimali. D'altronde, la commensurabilità rimane un problema centrale di tutte le scienze quantitative, ma anche dell'economia politica per quello che riguarda la quantificazione del valore di scambio, come sanno bene quelle/i che conoscono il mio contributo marxista.

Ora prendiamo tutti i primi numeri del sistema decimale. Facciamo una seria di divisioni dell'unità, con 1, 2, 3, ...9. Ma in particolare ovviamente con i numeri dispari. Risultano più cose: prima, la periodicità si manifesta a parte per il 7 . Secondo, ritornando alla nostra problematica dell'intervallo il rapporto 1/3 = 0, 33333 al infinito; purtroppo se moltiplichiamo questo risultato con il divisore, per definizione ritorniamo all'unità. Il che conferma la problematica dell'unità e della sua omogeneità mai ex ante.

A questo punto seguendo la storia delle matematiche, abbiamo lo stesso problema che si presenta in altre veste; prima per le superficie (in particolare con Pi, ma anche con le proposizioni di Eudosso riprese da Euclide o quelle di Archimede.) Poi andando ad un'altra dimensione abbiamo il problema dei solidi: le radici, molto difficili da raggiungere in modo che si stabiliscono con fatica (gli human computers di referenza per Turing) le tabelle trigonometriche per facilitare le cose (prima che le operazioni sulla base di cose già dimostrate, siano affidate in modo ricorsivo ai calcolatori) E via dicendo.

Ora Gödel usa il Mentitore (autoreferenza classica: tutti i Cretesi, sempre) e la diagonale di Cantor per arrivare alla sua mistificazione. A dire vero, è un poco inquietante vedere tanti universitari applaudirlo. Se la gödelizzazione del Mentitore permette via sostituzioni formali di arrivare a enunciati autoreferenziali questi non sarebbero accettabili nel sistema formale originale e dunque vanno rigettati perché fuori dei parametri scientifici (congruenza con la realtà, almeno verità di esistenza che non può essere contraddittoria con se stessa) e verrebbe gettata nel cestino, come se lo merita, perché risulterebbe essere una proposta fallacia. La matematica e la logica permettano delle tautologie significanti non permettano autoreferenzialit0, in particolare per quello che riguarda il vero sintattico (i.e. la dimostrabilità) e il falso: se non si può scegliere allora questi enunciati vaghi non appartengono al corpus dell'esposizione scientifica ma possono rimanere delle questioni in sospesa.

Concludiamo con una parola sopra Simon e Cyert del MIT: di fronte al problema della scelta scientifica tra vero e falso, ma parlando di scienze sociali, proposero la teoria secondo la quale per ogni problema non esiste necessariamente una sola risposta vera, e a volte ci deve scegliere tra vari trade-off. Non credo che nessuno Marxista che abbia letto l'introduzione del 18 Brumaio (l'Uomo fa la sua storia ma non unicamente secondo la sua propria volontà, il passato pesando come le Alpi ecc.) sarà spaventato da questa proposta. Ma, al contrario di Simon e Cyert nel loro pretendere che le scienze sociali non sono capaci di predizioni perché soggette appunto all'azione umana che può falsificare queste predizioni, i marxisti potranno mostrane le base scientifiche tanto delle predizioni fatte sulla basa di quello che è scientificamente conosciuto (dunque, già oggettivato), quanto sulla base delle possibilità reale di intervento umano individuale e collettivo: in particolare per le scelte da fare nel campo economico con la lotta e le alleanza di classe (o con la democrazia socialista nel caso delle priorità da adottare per la pianificazione socialista). Anni fa, teorici inglesi (concetto del backplanning) avevano fatto notare che le predizioni sociali non debbono necessariamente essere interamente precise per essere efficaci visto, appunto, la capacità sociale di determinare degli obbiettivi da raggiungere e poi di correggere il tiro per raggiungerli effettivamente (ad esempio, con la pianificazione quinquennale corretta democraticamente tutti gli anni, anzi tutti i trimestri, tramite statistiche socialiste fondate sopra la legge del valore marxista.)

Per finire, dirò solo una parola sugli insiemi: il progetto dell'aritmetizzazione della conoscenza era un progetto borghese molto confuso ma fondato sopra la ricerca della più grande operazionalità tecnica delle applicazioni aritmetiche - dunque meno contraddittorie - per dominare o capire il mondo. Credendo andare oltre al problema della mancanza di omogeneità dell'unità aritmetica e dunque degli inevitabili paradossi, si sviluppò il metodo degli insieme. Ma facendo questo venne dimenticato l'essenziale: cioè che gli insiemi si riferiscono a quantità di oggetti diversi. La logica insiemistica ha la sua più grande validità nel permettere di distinguere questi oggetti tra di loro (inclusione, appartenenza, proprietà dando luogo a nuovi insiemi ecc.) Nel momento in cui si cerca di trasformate l'insieme in una collezione di misure unitarie omogenee è chiaro che si finisce nei braccia della contraddizione più spietata (una fine non del tutto nuove, ma senza nemmeno la speranza faustiana iniziale o meglio ancora senza quella mozartiana di imparare qualcosa in un Gran Finale accettando la mano della Statua di pietra in mo di insubordinazione integrale à la Jonas. Per parte sua, Gödel non chiede questioni: all'immagine di Abramo, prima di essere salvato … da se stesso ..., combatte l'Idolo della scienza perché è sottomesso anima e corpo ad un Idolo solo, nemico della razionalità e dell'uguaglianza umana.)

Per concludere, vanno ricordati due punti fondamentali tirati dalle opere esemplari di Kant e di Marx, cioè dalle loro investigazioni ed esposizioni, due metodi rigorosamente diversi tra di essi anche se necessariamente complementari, ma totalmente ignorati dall'abuso gödeliano della distinzione tra semantica e sintattica tra l'altro presa da Frank Ramsey e da Wittgenstein:

a) Le sensazioni sono alla base di ogni conoscenza, anche se debbono essere raffinate sotto forma di giudizi e di concetti, e se si deve sempre tenere conto delle tre realtà di Vico: natura, storia e istituzioni, e fictiones. Il concetto deve essere congruente con il suo oggetto di studio. Questo rimane vero per l'intuizione (vedi sopra il mio contributo alla psicologia marxista) se non altro perché l'intuizione non opera mai fuori delle tre realtà vichiane conosciute dagli individui concernuti. (Anche se la paura del misticismo ha fatto mettere fine all' ''età dei miracoli'' (!), la secolarizzazione della credenza religiosa nella divina providenza è ormai stabilità nella forma del divenire storico, anche se in certi quartieri certo incapaci di moltiplicare i pani come il 5 per mille e gli esoneri di tasse, si fa sempre fatica per ammetterlo, anche in questo inizio XXI secolo.)

b) La realtà stessa rimane sempre fuori dei concetti Marx parla più giustamente di ''concreto pensato'' - anche se questi concetti una volta delucidati hanno valore di concetti universali e non più unicamente di leggi generali stabilite sopra la base di una collezione coerente di fatti. I concetti debbono essere congruenti con i loro oggetti di studio (dixit Kant)

Si raggiunge qui l'aspetto storico della congiunzione tra induzione e deduzione. I ''concreti pensati'' si svelano nella storia perché i bisogni materiali ed intellettuali creano più esempi empirici sopra i quali si spende tempo, ragionandoci sopra. Lo sviluppo della scienza è così legato alla storia umana. Comunque, succede che la potenza di computazione (non necessariamente secondo algoritmi matematici ma anche di altri tipi) può virtualmente creare un numero fenomenale di dati destinati a rimanere dei dati ''empirici baconiani'' (secondo l'espressione di Koyré) se non vengo organizzati da teorie adeguate. Purtroppo succede anche nel caso dell'indicizzazione dei dati Internet che le teorie rispondo più a motivi di realizzazione del profitto e di priorità ideologiche, nonché a motivi scientifici. Vecchia storia. Non per questo la raccolta di questi fatti grossolani o preliminari deve essere messa da parte. Dobbiamo rimanere pragmatici, ma nel stesso tempo esigere una buona distribuzione dei fondi pubblici per questo tipo di ricerca, dunque con fini più alti da quelli unicamente legati al solo profitto.)

Notiamo pero il contributo di Leibniz alla teoria delle probabilità: al contrario di un moderno Karl Popper, sempre felice di triturare ad nauseum false opposizioni tra determinismo e indeterminismo, Leibniz, pure essendo rosicruziano e credente, rimaneva prima di tutto un uomo di scienza. Per lui le probabilità non permettevano certo di dare una risposta scientifica definitiva, ma permettevano comunque di avvicinare la realtà con occhi nuovi. La sociologia borghese confonde spesso le probabilità (e le tendenze, dimenticando spesso nel processo le condizioni iniziali) con i fatti, e, a volta, con la verità dei fatti. (La fisica moderna fa ancora peggio prendendo il modello probabilistico dell'elettrone per la realtà stessa!!!) Oggi, c'è il rischio che, con la potenza di computazione meccanica ma con algoritmi sviati in modo selettivo e ideologico (contenuti ricercati ecc), questo traverso borghese sia ancora più nocivo di prima. Anche qui bisogna dunque essere pragmatici ma svegli.

Paul De Marco

Copyright © La Commune, 2011

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Here is a little illustration of the method applied to indexing and the critique of the metaphysical metalanguage: From a copyright protected email dated 8-10-2007

 

Commentaire protégé par droit d'auteur. Copyright protected comment. Keep off.

15) Indexation, noosphère et lubies indigestes

Pierre Lévy dans l'article " Nouvelle responsabilité des intellectuels " (Le Monde diplomatique, août 2007) distingue entre sciences partageant une noosphère et celles qui ne seraient pas aussi formalisables, ce qui rendrait la découverte d'un langage universel, utile pour la recherche en ligne, difficile à formuler de manière opérationnelle.

 

Il y a ici une grande confusion, me semble-t-il, entre les inepties déversées sur les " métalangages " et la simple indexation. Aujourd'hui, celle-ci est limitée arbitrairement par l'application simpliste de la méthode booléenne: On recherche des mots (suites uniques de lettres) et on utilise les espaces blancs, nécessaires à la lecture, comme les limites du champ à rechercher, puis on recommence en liant avec le signe " plus " (+) ou bien des conjonctions telles " et ", " ou " etc.

 

Or, il suffirait d'élargir le champ de recherche consécutif en supprimant l'espace blanc pour augmenter la puissance de la recherche et sa " prédictabilité ". (Note août 2011: il s'agit bien entendu des blancs internes à une expression ou phrase recherchée; nous ne cherchons pas noise au système de Turing nécessaire pour intégrer le code et le contenu sur la même " bande " … On comprend que la puissance de la recherche sera décuplée si au lieu d'un mot mais de manière identique le système de recherche débusquera une phrase complète contenant précisément tous les mots la composant dans le bon ordre; ce qui peut ensuite ouvrir sur la liste des phrases plus longues définies par des points (début et fin) mais incluant les mots de la phrase recherchée avec des résultats classés selon la précision évaluée par le pourcentage et par l'ordre des mots recherchés dans les phrases retenues.) Car, c'est la contigüité qui compte avec cette méthode non pas le " sens " qui est pour sa part introduit par celui qui a formulé la recherche ou par le lecteur des résultats.

 

Mais le vrai problème de l'indexation est politique: Outre, les manipulations du Mossad pour tout ce qui touche la priorisation des résultats, surtout si la recherche regarde Israël ou le Moyen-Orient (essayez d'utiliser Hamas comme mot clé pour voir!), l'indexation est " mainstream " et, de plus, elle est dictatorialement politique. J'en veux pour preuve mon propre site Internet!

 

Mais comme le métalangage doit également inclure la connerie et les effets de la dictature intellectuelle bourgeoise dans son ensemble d'ensembles ...

 

En outre, il serait possible de faire participer les auteurs - plus que les maisons d'éditions - à la rédaction des vedettes matières. De la sorte, un livre apparaîtrait au moins toujours dans les champs de recherche désirés par l'auteur.

 

Paul De Marco, professeur de relations internationales.

 

Copyright © Paul De Marco 10- 08-2007

 

Vendredi 10 août 2007

 

Voilà: There is no way out from Marx, no more than there would be a way out from science!

 

Copyright © Paul De Marco, Saturday, September 15, 2007.

 

 

 

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